martedì 15 Luglio 2025
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Garante Privacy: le scuole non possono chiedere lo stato vaccinale dei ragazzi

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«Agli istituti scolastici non è consentito conoscere lo stato vaccinale degli studenti del primo e secondo ciclo di istruzione, né a questi (a differenza degli universitari) è richiesto il possesso e l’esibizione della certificazione verde per accedere alle strutture scolastiche». Lo specifica il Garante della privacy in una lettera indirizzata al ministero dell’Istruzione, ponendo i paletti su richieste indebite del passaporto vaccinale ed anche su possibili “domande impertinenti” ai ragazzi.

Non solo. Il Garante, nel sensibilizzare «le scuole sui rischi per la privacy derivanti da iniziative finalizzate all’acquisizione di informazioni sullo stato vaccinale degli studenti e dei rispettivi familiari» mette in guardia «sulle possibili conseguenze per i minori, anche sul piano educativo, derivanti da simili iniziative». Come a sottolineare che nelle scuole si stia sviluppando una abitudine al controllo e alle intromissioni nella privacy personale e delle famiglie che oltrepassa quello che per il Garante è il livello di allerta.

Un altro passaggio della lettera fa riflettere: «Per quanto riguarda i familiari, le amministrazioni scolastiche non possono trattare informazioni relative all’avvenuta o meno vaccinazione, ma limitarsi a verificare, mediante il personale autorizzato, il mero possesso della certificazione verde all’ingresso dei locali scolastici». Anche qui il Garante, tra le righe, sembra sottolineare un problema che in molte scuole si sta verificando, ovvero che i dirigenti scolastici, almeno in alcuni casi, non si stiano accontentando di verificare il possesso della “certificazione verde” ma vogliano indagare sullo stato vaccinale di studenti e genitori.

Anche in merito all’ipotesi dell’eliminare l’obbligo della mascherina nelle sole classi dove tutti gli studenti siano vaccinati il Garante, pur rendendosi come ovvio disponibile a collaborare alla ricerca di soluzioni per applicare la norma, ribadisce la necessità «che vengano in ogni caso individuate modalità che non rendano identificabili gli studenti interessati, anche al fine di prevenire possibili effetti discriminatori per coloro che non possano o non intendano sottoporsi alla vaccinazione».

Arrestato in Sardegna il leader indipendentista catalano Puigdemont

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L’ex presidente della Catalogna Carles Puigdemont è stato arrestato appena sbarcato all’aeroporto di Alghero, le forze dell’ordine italiane hanno eseguito un mandato di cattura europeo emesso dalla magistratura spagnola per reati contro l’ordine e la sicurezza nazionale. Puigdemont si trovava in Belgio dal 2017 dopo che in Spagna era ricercato in seguito al referendum per l’indipendenza della Catalogna svoltosi senza il consenso di Madrid. Il leader catalano è stato portato in carcere a Sassari e questa mattina il giudice dovrà stabilire se rilasciarlo o estradarlo in Spagna.

Trattativa Stato-mafia, tutti assolti: per i giudici il fatto non costituisce reato

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Una trattativa tra gli uomini dello Stato e i mafiosi di Cosa Nostra ci fu, ma ciò non costituisce reato: è questa la sintesi più cruda della sentenza pronunciata ieri nell’aula bunker del carcere Pagliarelli dalla Corte d’Assise di Appello di Palermo, presieduta da Angelo Pellino, che va a chiudere il secondo grado di giudizio del processo sulla trattativa Stato-mafia. I contenuti del dispositivo riformano quasi integralmente il verdetto di primo grado dell’Aprile 2018.

Gli alti ufficiali del Ros dei Carabinieri che in primo grado avevano subìto pesanti condanne per il reato di “Violenza o minaccia a corpo politico dello Stato”, ovvero Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, sono stati assolti “perché il fatto non costituisce reato”. Insieme a Marcello Dell’Utri, già condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa nel 2014 ma assolto in questo processo “per non aver commesso il fatto” (dopo una condanna a 12 anni in primo grado), erano stati imputati poiché ritenuti responsabili di avere veicolato la minaccia di Cosa Nostra contro le istituzioni italiane nel periodo compreso tra il ’92 e il ’93 (i Carabinieri) e il ’94 (Dell’Utri).

Il contesto in cui ebbe origine la trattativa Stato-mafia riguarda il delicato periodo immediatamente successivo alla pronuncia della sentenza di Cassazione del Maxiprocesso che, nel gennaio 1992, sferrò un colpo senza precedenti a Cosa Nostra, avvalorando l’impianto accusatorio del pool di Falcone e Borsellino. In quel frangente, come hanno testimoniato diversi collaboratori di giustizia, la Cupola deliberò l’uccisione di una serie di prestigiosi uomini politici che avevano garantito ai mafiosi di insabbiare il Maxiprocesso, non riuscendo però a concretizzare la loro promessa. Per questo motivo, nel marzo del ’92, la mafia uccise Salvo Lima, uomo di Andreotti in Sicilia e tradizionale figura di “ponte” tra i punciuti di Cosa Nostra e la Democrazia Cristiana, preparandosi a colpire gli altri personaggi presenti nella sua lista nera. I Carabinieri del Ros, dopo la morte di Giovanni Falcone nel maggio del ’92, cercarono dunque di “allacciare” gli esponenti dell’associazione criminale palermitana per trovare un accordo: a tal fine si servirono di Vito Ciancimino, politico democristiano corleonese e mafioso, avendolo inquadrato come figura funzionale al raggiungimento di un’interlocuzione con l’allora capo di Cosa Nostra Totò Riina. Il quale, infatti, rispose subito all’invito al dialogo con il famosopapello”: un insieme di richieste presentate allo Stato in cambio della fine delle violenze, tra cui spiccavano la revisione della sentenza del Maxiprocesso e della Legge Rognoni-La Torre, l’annullamento del 41-bis, la riforma della legge sui pentiti e una lunga serie di benefici carcerari, oltre alla chiusura delle supercarceri di Pianosa e Asinara.

Se i vertici del Ros e Marcello Dell’Utri sono stati assolti in Appello, ciò non è avvenuto per Leoluca Bagarella e Antonino Cinà, i due mafiosi imputati nel medesimo processo (Riina e Provenzano sono, nel frattempo, deceduti). Se per il primo i giudici hanno derubricato il reato in “tentata minaccia”, applicando un leggero sconto sulla pena (27 anni di reclusione, uno in meno rispetto ai 28 comminati in primo grado), per Cinà, medico di Riina, la condanna non ha subito modifiche rispetto alla sentenza del 2018, trovando invece integrale conferma: 12 anni di reclusione. Un dato estremamente importante dal momento che, secondo l’accusa, egli avrebbe “preso in consegna” il papello di Riina, poi pervenuto a Vito Ciancimino. Segno evidente del fatto che l’effettiva sussistenza di quel segmento di trattativa, sebbene non sussunta dalla Corte sotto una fattispecie di reato, sia stata attestata anche dai giudici di secondo grado.

L’esistenza della trattativa, già sancita in altre sentenze passate in giudicato, è stata peraltro confermata dagli stessi attori istituzionali che ne sono stati protagonisti. Basti ascoltare la deposizione resa in Aula il 27 gennaio 1998 da Mario Mori a Firenze, in cui l’ex Ufficiale ha ricordato i dettagli di un dialogo avuto con Vito Ciancimino nell’estate del 1992: «Cominciai a parlare con lui e gli dissi: Signor Ciancimino, che cos’è questa storia? Ormai c’è un muro contro muro, da una parte c’è Cosa Nostra e dall’altra c’è lo Stato. Ma non si può parlare con questa gente?». Mori asserì inoltre davanti ai giudici che il successivo 18 ottobre Ciancimino gli avrebbe confermato che, a determinate condizioni, «quelli [i mafiosi, ndr] accettano la trattativa». Un invito al dialogo da parte istituzionale che, secondo i giudici di primo grado, avrebbe suscitato nei mafiosi di Cosa Nostra la convinzione che “alzare l’asticella” del ricatto per mezzo delle stragi potesse condurre all’ottenimento di ulteriori benefici per l’organizzazione: ecco, dunque, la bomba di via D’Amelio del 19 Luglio ’92 (in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino, avvertito della trattativa pochi giorni prima di morire, insieme a cinque uomini della sua scorta) e quelle di Roma, Firenze e Milano del ‘93 (che provocarono complessivamente la morte di dieci persone, tra cui due piccole bambine, oltre al ferimento di decine di individui), culminate con il fallito attentato allo stadio Olimpico del 23 Gennaio 1994.

Occorrerà leggere le motivazioni del verdetto di Appello, che saranno pubblicate entro 90 giorni, per appurare come i giudici abbiano concepito l’intricato complesso di tali vicende nei loro rapporti causa-effetto. Nel frattempo, una parte consistente dell’universo antimafia è sulle barricate: questa sentenza segna, inequivocabilmente, la fine di un’epoca.

[di Stefano Baudino]

 

 

La soluzione per estrarre idrogeno dall’acqua marina si avvicina?

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Un gruppo di ricercatori dell’Università della Florida è riuscito a sintetizzare un composto in grado di ottimizzare l’estrazione di idrogeno dall’acqua marina. Una svolta molto importante, soprattutto per l’ambiente, poiché questo elemento chimico è un rilevante vettore energetico la cui combustione, rispetto ai combustibili fossili, è pulita e non produce inquinamento. Sul nostro pianeta, però, l’idrogeno si trova nelle molecole combinato ad altri elementi chimici, come l’acqua, la quale è formata da due atomi di idrogeno e da uno di ossigeno (H2O). Questo dato di fatto pone la necessità di  separarlo per ottenerlo allo stato puro, processo che richiede un certo dispendio di energia.

Da tempo scienziati di ogni parte del mondo si impegnano nella ricerca di processi atti all’estrazione di questo gas. Ancora oggi, però, la maggior parte delle tecnologie impiegate per ricavarlo richiede fonti idriche dolci e tendenzialmente pulite. Ottimizzare la sua estrazione dall’acqua salata è, quindi, un notevole salto in avanti, soprattutto perché offre la possibilità di ottenerlo espandendo i confini geografici della produzione. Per effettuare l’elettrolisi dell’acqua salata, i ricercatori hanno dovuto trovare qualcosa che fungesse da catalizzatore. Nello specifico, nella trasformazione chimica, il processo di generazione dell’ossigeno durante la rottura della molecola di acqua, entra in contrasto con la reazione di evoluzione del cloro perdendo, di conseguenza, stabilità ed efficienza. Il catalizzatore individuato dal team scientifico americano è quindi una sostanza chimica in grado di facilitare le reazioni. Si tratta di film nanoporosi di seleniuro di nichel drogati con ferro e fosforo, combinazione di elementi che ha permesso di raggiungere un’elevata efficienza e una stabilità a lungo termine per oltre 200 ore. Il prossimo passo sarà quello di migliorare ancora di più la portata del materiale cercando, inoltre, opportunità e finanziamenti per la sua commercializzazione.

[di Eugenia Greco]

Eutanasia legale: superato 1 milione di firme per il referendum

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Il Referendum Eutanasia Legale è stato sottoscritto da oltre un milione di cittadini italiani: lo ha reso noto Filomena Gallo, Segretario della Associazione Luca Coscioni. Le firme, precisamente 640.621 cartacee e 372.000 digitali, sono state raccolte a due settimane dalla consegna delle stesse in Corte di Cassazione, prevista per l’8 ottobre. A tal proposito, va quindi ricordato che l’obiettivo delle 500.000 firme necessarie per il deposito è stato raddoppiato, tuttavia non tutte le sottoscrizioni sono state già certificate. In tal senso, sono 513.540 quelle pronte ad essere depositate: proprio nelle scorse ore è stata infatti completata la certificazione della soglia minima.

I cibi che fanno bene al cervello: come contrastare il declino cognitivo a tavola

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E’ possibile contrastare l’invecchiamento, la perdita di memoria e il declino cognitivo anche attraverso un’alimentazione ricca di cibi che la scienza riconosce come funzionali per la salute del cervello. Ma con un occhio, come sempre, alle trappole del marketing quando si va a fare la spesa.
Negli ultimi anni si sente molto parlare di medicina e nutrizione antiaging. Un termine inglese che in italiano si traduce in senso letterale con la parola “antinvecchiamento” e che indica quelle teorie e pratiche scientifiche mirate a contrastare o rallentare i processi di invecchiamento e morte cellular...

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Isole Faroe: prosegue la “Grindadrap”, uccise 52 balene pilota

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Secondo quanto riportato dal tabloid tedesco Bild, 52 balene pilota sono state uccise durante la cosiddetta “Grindadrap”, la tradizionale caccia nei confronti di vari tipi di cetacei che da secoli viene effettuata presso le Isole Faroe. Tale mattanza si è consumata a soli dieci giorni da un altro massacro, ossia quello che ha coinvolto i delfini, con 1428 esemplari che sono stati uccisi.

 

Il Chiapas a rischio guerra civile, l’EZLN avvisa il governo: la pazienza è finita

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«Smettete di giocare con il fuoco perché state per bruciare», sono parole scritte nel comunicato reso pubblico il 19 settembre da parte dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). «Dalle montagne del Messico sud-orientale. A nome del CCRI-CG dell’EZLN; Subcomandante Insurgente Galeano», si legge in calce. Il gruppo rivoluzionario indigenista e anarco-socialista dello stato messicano del Chiapas mette in guardia dal possibile scoppio di una guerra civile nel paese. Gli accusati principali sono chiari e sono due, otre al sistema generale di oppressione capitalista e di tutte le sue ramificazioni contro cui l’EZLN si batte da sempre: Rutilio Escandón e Victoria Cecilia Flores Pérez, rispettivamente Governatore del Chiapas e Segretario Generale del medesimo. Anche l’accusa è molto netta: ostacolo al processo di pace e continua oppressione delle comunità zapatiste del Chiapas tramite sabotaggi, rapimenti e uccisioni di membri del movimento di liberazione, di associazioni e organi di governo autonomi, tramite l’utilizzo di gruppi paramilitari e alle alleanze e amicizie con i cartelli narcos.

L’ultimo episodio in ordine di tempo è il rapimento di Sebastián Núñez Pérez e José Antonio Sánchez Juárez, autorità autonome della Junta de Buen Gobierno de Patria Nueva, durato otto giorni, dall’11 settembre al 19 settembre – giorno della liberazione e della pubblicazione del comunicato da parte dell’EZLN. Il sequestro, come denunciato dagli zapatisti, è avvenuto per mano di un’organizzazione politico-militare chiamata ORCAO, che sarebbe al soldo del governo dello Stato del Chiapas, finanziata tramite i “programmi sociali” organizzati dal governo regionale e che permettono loro di avere uniformi, armi, equipaggiamento e mezzi coi quali attaccano ogni giorno le comunità zapatiste del Chiapas.

«Il crimine di rapimento è punibile dalle leggi del malgoverno e dalle leggi zapatiste. Mentre il governo dello Stato del Chiapas si sovrappone e incoraggia questi crimini, e non fa nulla, l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale ha proceduto a prendere le misure necessarie per liberare i rapiti e arrestare e punire i responsabili del crimine», si legge nel comunicato.

Il movimento zapatista lancia un preciso monito e rende noto che la corda è stata troppo, e troppo a lungo, tesa e che adesso sta per spezzarsi. L’EZLN si dice pronto a difendere in ogni modo le comunità zapatiste della regione, prendendo atto che le vie del dialogo sono ormai giunte a termine poiché il governo dello Stato del Chiapas non ha intenzione di modificare il proprio operare violento e oppressivo.

Allo stesso tempo, viene comunicato che prosegue, nonostante il tentativo di sabotaggio da parte delle istituzioni messicane, l’opera movimentista che l’EZLN sta portando avanti fuori dai propri confini territoriali. Il 13 settembre scorso, dall’aeroporto di Città del Messico, è partita alla volta dell’Europa la delegazione zapatista La Extemporánea per continuare la “lotta per la vita” iniziata lo scorso maggio. La spedizione aviotrasportata prosegue infatti la missione movimentista inaugurata con la traversata oceanica compiuta dallo Squadrone 421 – di cui vi abbiamo parlato – a bordo della nave battezzata per l’occasione La Montaña, in una simbolica quanto concreta contro-invasione dell’Europa da parte di coloro che furono invasi cinquecento anni prima, nel tentativo di risvegliare l’animo degli oppressi del “vecchio continente”.

[di Michele Manfrin]

Green Pass bis: Senato approva fiducia sul dl

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Il Senato ha dato il via libera al cosiddetto decreto “Green Pass bis”, il quale regola l’utilizzo del lasciapassare sanitario nelle scuole, nelle università e nei mezzi di trasporto. La fiducia posta dal governo sullo stesso è stata infatti approvata dal Senato con 189 voti a favore, 31 contrari e nessun astenuto, il tutto dopo l’approvazione di ieri da parte della Camera. In questo modo, dunque, è stato dato il via libera definitivo alla conversione in legge del decreto.

Confermato il carcere per la No Tav Nicoletta Dosio: una vicenda vergognosa

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Nicoletta Dosio si rifiutò di rispettare i domiciliari che le erano stati imposti dal Tribunale di Torino, condanna che aveva vissuto come una ingiustizia e una persecuzione per essere uno dei membri più attivi del movimento No Tav. Per questo è stata arrestata per una lunga scia di “evasioni”. Ieri sera la Corte d’Appello ne ha confermato la condanna a 8 mesi di carcere, a darne notizia un comunicato della rete NoTav.info.

I fatti: nel 2012 Nicoletta Dosio venne arrestata. Per cosa? Perché ai primi di marzo di quell’anno insieme ad alcune centinaia di manifestanti in Valle Susa presidiò per trenta minuti il casello dell’autostrada ad Avigliana. Non ci fu alcun blocco del traffico, i manifestanti sollevarono le sbarre dei caselli e fecero passare gratis gli automobilisti, mentre veniva detto da un megafono: oggi paga Monti (allora presidente del Consiglio). Nel 2016 per questi fatti arrivò la condanna: 8 mesi da scontare ai domiciliari. La militante, che nella vita faceva l’insegnante di greco e latino e già all’epoca aveva 70 anni, rifiutò di accettare la condanna. Sul suo blog scrisse: «voglio evadere dal loro arbitrio, dalle loro norme che tutelano i potenti e criminalizzano i deboli negando diritti umani e naturali e devastando il futuro di tutti e di ognuno, significa lottare per un mondo diverso, più giusto e vivibile : esserci, contro».

E così fece: iniziò ad evadere dai domiciliari. Per partecipare alle attività del movimento, per vedere le amiche, per passeggiare nella “sua” Val di Susa. La polizia iniziò gli appostamenti e nel 2020 venne arrestata e tradotta in carcere, con l’accusa di essere evasa almeno 130 volte dagli arresti. La Dosio, all’età di 75 anni, si ritrovò così tra le mura della prigione Le Vallette di Torino come una criminale. Ieri il processo di Appello ha confermato la condanna a 8 mesi per aver violato ripetutamente i domiciliari. E non è finita. «Lunedì 27/09 è prevista la seconda puntata – comunica il movimento No Tav – continuerà il processo di primo grado per le 130 “evasioni” che le vengono addebitate. Sfileranno ancora i testimoni della accusa per confermare i giorni, le ore, i minuti in cui i controlli a casa sua restavano senza risposta».

Quella di Nicoletta Dosio non è una vicenda isolata, ma è la rappresentazione di quanto accadde quotidianamente in Val di Susa, dove gli apparati dello stato hanno scelto da tempo la repressione, poliziesca e giudiziaria, come unica via per cercare di imporre un’opera che i cittadini non vogliono e contrastano con ogni mezzo da ormai 30 anni. E la situazione sta peggiorando. È in atto una evidente strategia di logoramento del movimento popolare contro l’opera che nelle ultime settimane si è rafforzata lungo più direttrici: dalla mobilitazione di 10.000 agenti contro le proteste, allo stanziamento di 8 milioni di euro di fondi pubblici per l’attuazione di campagne di comunicazione in favore dell’opera. Fino all’ultimo tassello: l‘utilizzo delle restrizioni pandemiche come arma contro i manifestanti, colpiti da centinaia di multe per aver violato le norme sul distanziamento.

[di Francesca Naima]