L’autorità francese per la concorrenza ha inflitto a Google una multa da 500 milioni di euro. L’autorità contesta alla società statunitense di non aver negoziato «in buona fede» con gli editori della stampa per ciò che concerne l’applicazione dei cosiddetti diritti connessi. Non solo, Google dovrà «presentare un’offerta di remunerazione per l’attuale uso dei contenuti protetti» di agenzie di stampa ed editori se non vorrà subire ulteriori maxi-sanzioni. La società statunitense ha espresso delusione per il verdetto, ritenendo che la multa non consideri gli «sforzi messi in campo» per arrivare ad una soluzione ed ignori «la realtà di come funzionano le notizie sulle nostre piattaforme».
Vaccini Covid: dal nuovo report dell’Aifa emergono 76mila sospette reazioni avverse
L’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) ha recentemente pubblicato il nuovo (il sesto) Rapporto di Farmacovigilanza sui Vaccini Covid-19, il quale ha ad oggetto tutte le sospette reazioni avverse ai 4 sieri in uso segnalate dagli italiani dal 27 dicembre 2020 al 26 giugno 2021. Dal documento si apprende che, su un totale di oltre 49 milioni di dosi somministrate, sono state effettuate 76.206 segnalazioni: si tratta di 154 eventi avversi ogni 100.000 dosi. Come riportato nei precedenti rapporti, «la reazione si è verificata nella maggior parte dei casi (80% circa) nella stessa giornata della vaccinazione o il giorno seguente e solo più raramente l’evento si è verificato oltre le 48 ore successive». L’età media delle persone che hanno avuto un sospetto evento avverso è di 49 anni: il tasso di segnalazione è maggiore nelle fasce di età comprese tra i 20 ed i 60 anni, mentre è minore in quelle più avanzate.
Inoltre, nonostante una somministrazione del vaccino pressoché identica nelle donne e negli uomini (54% delle dosi somministrate nel sesso femminile e del 46% nel sesso maschile), il 73% delle segnalazioni riguardano le donne ed il 26% gli uomini, indipendentemente dal vaccino e dalla dose somministrata. L’1% mancante, invece, è determinato dal fatto che il sesso non è stato riportato appunto nell’1% delle segnalazioni. Quella della prevalenza femminile nelle segnalazioni, si sottolinea all’interno del rapporto, è una tendenza osservabile anche negli altri Paesi europei.
Per quanto riguarda poi il modo in cui ciascun vaccino contribuisce al numero delle segnalazioni, al primo posto vi è quello Pfizer/BioNTech, causa del 69% delle stesse. Va detto però che tale primato è legato al fatto che si tratta del siero finora più utilizzato nella campagna vaccinale (70,6% del totale dosi somministrate). Ad esso segue il vaccino AstraZeneca (17,3% del totale delle dosi effettuate) da cui dipendono il 24,7% delle segnalazioni, il vaccino Moderna (9,6% del totale delle dosi somministrare) con il 5,2% delle segnalazioni e, infine, quello della Johnson & Johnson (2,5% delle dosi somministrate), causa del 1,1% delle segnalazioni.
Detto ciò, l’87,9% degli eventi avversi segnalati non sono gravi e riguardano sintomi come: dolore in sede di iniezione, febbre, stanchezza e dolori muscolari. Gli eventi gravi, invece, rappresentano l’11,9% del totale, una percentuale maggiore rispetto a quella riportata in tutti i report precedenti. Inoltre, «il 46% di tutte le segnalazioni gravi valutate è correlabile alla vaccinazione, il 33% è indeterminato, il 19% è non correlabile e il 2% inclassificabile». Il 60% di questi eventi si è risolto con la guarigione o un miglioramento già al momento della segnalazione mentre il 24% dei soggetti risultano non guariti in quel momento.
Andando nello specifico, poi, si nota che tra le reazioni avverse gravi sono stati segnalati anche problemi cardiaci legati ai vaccini ad mRna (Pfizer e Moderna): 55 casi di pericardite (età media 52,6 anni) e 14 casi di miocardite (età media 32,3 anni) segnalati per il vaccino Pfizer, mentre 9 di pericardite (età media 51 anni) e 5 di miocardite (età media 29 anni) per il Moderna. Si tratta di un problema già sottolineato dal Centers for disease control and prevention (Cdc), l’agenzia federale di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti.
Per quanto riguarda i casi fatali, invece, sono 423 le segnalazioni che «riportano l’esito decesso» con un tasso dello 0,85 ogni 100mila dosi somministrate, in leggera flessione rispetto ai rapporti precedenti. Il 51,5% dei casi riguarda donne, il 48% uomini mentre lo 0,5% non riporta questo dato. L’età media è di 77 anni, in 244 casi il decesso è stato registrato dopo la prima dose ed in 127 dopo la seconda.
Il vaccino con il più alto tasso di segnalazione di casi fatali è il Moderna (1,58 ogni 100.000 dosi), segue il Johnson&Johnson (1,15), l’AstraZeneca (0,84) ed il Pfizer (0,75). Tuttavia nel documento si ricorda che «il differente tasso di segnalazione di eventi con esito fatale è in larga parte dipendente dalla diversa popolazione target dei singoli vaccini e dalla diversa esposizione». Detto questo, per quanto riguarda il nesso tra vaccinazione e decesso, si sottolinea che «il 63,4% delle segnalazioni ad esito fatale presenta una valutazione di causalità con l’algoritmo OMS utilizzato per la vaccinovigilanza, in base al quale il 59,6% dei casi è non correlabile, il 33,6% indeterminato e il 4,2% inclassificabile per mancanza di informazioni necessarie. In sette casi (2,6% del totale), la causalità risulta correlabile».
Infine, nel rapporto vengono riportati anche i dati che riguardano la vaccinazione eterologa, ovvero il richiamo con un vaccino a mRNA per gli under 60 vaccinati in prima dose con AstraZeneca. La seconda dose è stata fatta nell’86% dei casi con il vaccino Pfizer/BioNTech e nel 14% con quello Moderna: sono state inserite 27 segnalazioni su un totale di 233.034 somministrazioni, con un tasso di segnalazione di 12 ogni 100.000 dosi effettuate. Dunque, si tratta di numeri più bassi rispetto a quelli totali, un risultato che potrebbe definirsi alquanto inaspettato dato che il mix vaccinale è stato approvato dall’Aifa sulla base di due ricerche scientifiche non attendibili.
[di Raffaele De Luca]
Bolivia: bus precipita in burrone, 34 morti
Sono 34 le persone che hanno perso la vita e dieci quelle rimaste ferite a causa di un incidente avvenuto nel sudest della Bolivia: il pullman su cui viaggiavano le vittime è precipitato in un burrone di oltre 150 metri. Si tratta della peggior tragedia stradale dall’inizio dell’anno nel Paese, la quale nello specifico si è verificata all’alba nel dipartimento di Chuquisaca, sulla strada per la città di Sucre. La polizia ha annunciato un’indagine sulle cause dell’incidente.
Indonesia, la moratoria sull’olio di palma sta salvando le foreste pluviali
L’Indonesia detiene un terzo delle foreste pluviali tropicali del mondo. Tesori da preservare, poiché habitat di uccelli, leopardi, rinoceronti, tigri, oranghi e tribù indigene. Per questo motivo, dal 2014, il presidente Joko Widodo, ha introdotto delle riforme atte a migliorare lo sfruttamento del terreno. Provvedimenti che hanno portato ad una rilevante diminuzione della deforestazione tanto che, nel 2020, il paese ha raggiunto un calo annuo del 75%. Non solo. L’Indonesia è sempre stato il più grande produttore di olio di palma, tanto da permettere a chiunque potesse di avviare una coltivazione. Tuttavia, di recente, una moratoria sui permessi riguardanti le piantagioni ne ha rallentato la produzione.
Un cambiamento radicale dopo i numerosi incendi che hanno raso al suolo vaste aree verdi indonesiane. Come nel 2015, quando sono stati dati alle fiamme oltre 2,6 milioni di ettari di foreste, torbiere e altri terreni, con emissioni di CO2 che si attestavano su una media di 15,95 milioni di tonnellate al giorno. Il tutto per le coltivazioni di palme da olio. Da qui, la presa di posizione del governo indonesiano, con l’introduzione di una moratoria sulla conversione di foreste primarie e terreni torbosi. Una strategia che, in concomitanza del calo dei prezzi dell’olio di palma, ha influito tantissimo sul rallentamento della deforestazione. Come indicato da un recentissimo studio, non ancora sottoposto a revisione paritaria, un calo dei prezzi dell’1% è correlato a una diminuzione dell’1,08% delle nuove piantagioni e a una diminuzione dello 0,68% della deforestazione.
[di Eugenia Greco]
Iraq: incendio in ospedale, almeno 52 morti
Almeno 52 persone sono morte ed altre 22 sono rimaste ferite a causa di un incendio scoppiato ieri sera in un reparto per pazienti Covid (dotato di 70 posti letto) dell’ospedale Al-Hussein di Nassiriya, in Iraq. Sono state le autorità locali a rendere nota la tragedia, in seguito alla quale il primo ministro Mustafa al-Kazimi ha convocato ministri e funzionari della sicurezza per analizzare i motivi e le conseguenze dell’incendio. Inoltre, il direttore dell’ospedale ed il capo della protezione civile della provincia di Dhi Qar, da cui dipende la città di Nassiriya, sono stati interrogati dalla polizia.
Russia: Ue proroga sanzioni economiche per destabilizzazione Ucraina
Il Consiglio Ue ha deciso di prorogare di altri sei mesi, ossia fino al 31 gennaio 2022, le sanzioni in alcuni specifici settori economici della Russia a causa della destabilizzazione dell’Ucraina. Questa decisione arriva in seguito all’ultima valutazione dello stato di applicazione degli accordi di Minsk. In tal senso, le sanzioni economiche sono state introdotte nel luglio 2014, successivamente rafforzate nel settembre dello stesso anno e, nel mese di marzo 2015, il Consiglio Ue ha stabilito che la loro durata dovesse appunto essere legata alla completa attuazione degli accordi.
Il voto elettronico è insicuro e a rischio brogli, l’Italia ne avvia l’introduzione
Il 9 luglio 2021, il Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e il Ministro per l’Innovazione Ecologica e la Transizione Digitale Vittorio Colao hanno adottato un decreto per la sperimentazione del voto elettronico.
Il decreto prevede una gradualità nella sperimentazione: ci sarà una fase iniziale di simulazione in cui il voto digitale sarà privo di valore legale e poi una seconda fase in cui il voto avverrà in un contesto elettorale e acquisirà valore legale. La sperimentazione interesserà almeno 7,5 milioni di italiani (3 milioni di fuorisede e 4,5 di residenti all’estero), che potranno votare digitalmente e a distanza. Probabilmente però toccherà molte più persone, perché chiunque si troverà al di fuori del proprio comune per ragioni di lavoro, studio o salute sarà autorizzato a votare a distanza.
Il decreto è partito dall’inizativa del Presidente degli Affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia (del Movimento 5 Stelle), che nel 2019 aveva istituito un fondo di un milione di euro per l’introduzione del voto elettronico.
Sono numerose le voci critiche. L’e-voting è considerato da molti una procedura inadeguata: falle nei sistemi, violazioni della privacy degli utenti, fino anche ad alterazioni dei dati elettorali elettronici sono solo alcune delle ragioni che hanno portato a denunce contro l’e-voting negli Stati Uniti, dove il sistema è in uso. Oltretutto, in Italia c’è un forte ‘digital divide’, che precluderebbe a molti questa risorsa e rinforzerebbe quindi disuguaglianze già esistenti. Per quanto si possa poi ribadire che il processo è ufficiale, trasparente e verificato, i sistemi elettronici sono esposti sia a problemi tecnici che a fenomeni maligni come l’hackeraggio.
Ma la principale ragione del diffuso scetticismo è l’estrema difficoltà a verificare e riconteggiare i voti ad elezioni fatte. I dati elettronici possono essere cancellati o perdersi, mentre è difficile che questo avvenga per delle schede cartacee. Gli unici sistemi di votazione elettronica sicura sembrerebbero essere quelli in cui è presente una qualche forma di supporto cartaceo (solitamente si tratta di una ricevuta che viene poi inserita in un’urna come avviene nelle elezioni tradizionali). Non è questo il caso del voto elettronico in corso di sperimentazione, che quindi è passibile di alterazioni.
In molti paesi europei, la votazione elettronica è già stata testata e accantonata, e a volte addirittura dichiarata incostituzionale, per via della sua insicurezza. Perché l’Italia non sta tenendo conto di queste esperienze e si sta avviando su una via complessa, estremamente cara e particolarmente fragile?
[di Anita Ishaq]
Firenze: 422 lavoratori della Gkn licenziati via mail occupano la fabbrica
Sono in presidio continuo i lavoratori della fabbrica della Gkn situata a Campi Bisenzio (Firenze): si tratta di una multinazionale britannica che si occupa di componenti destinate al settore automobilistico, dalla quale nella notte tra giovedì e venerdì sono stati licenziati senza preavviso via mail tutti i 422 dipendenti, ossia 4 dirigenti, 16 quadri, 67 impiegati e 335 operai. Perciò i lavoratori, con le rsu ed i sindacati, hanno aperto nella giornata di venerdì un’assemblea permanente all’interno dello stabilimento ed oggi timbreranno ugualmente il cartellino in segno di protesta.
Per quanto concerne le motivazioni di questi licenziamenti, Gkn ha affermato che le previsioni di fatturato dello stabilimento del comune fiorentino per il 2025 si attestino a circa 71 milioni di euro, una cifra inferiore di circa il 48% rispetto al fatturato del 2019. Ed a causa della contrazione dei volumi del comparto automobilistico, ha spiegato l’azienda, la prospettiva è quella di una non sostenibilità della fabbrica, motivo per cui si è deciso di chiuderla. Inoltre, va sottolineato anche il fatto che si tratti di esuberi strutturali, dato che secondo l’azienda non vi sarebbero le condizioni per ricorrere ad ammortizzatori sociali.
Motivazioni che però non sembrano convincere i lavoratori: in tal senso Massimo Barbetti, Delegato Fiom Cgil Firenze Gkn, ha affermato che «questa non è un’azienda che non ha lavoro, abbiamo lavorato, abbiamo fatto straordinari anche nei mesi scorsi e da almeno un anno nessuno è in cassa integrazione. Dunque non c’è alcuna ragione affinché questo sito chiuda, se non una speculazione di tipo finanziario».
Detto ciò, sono state numerose dall’annuncio dei licenziamenti le manifestazioni di vicinanza e le parole di solidarietà espresse nei confronti dei lavoratori di Gkn, ma senza dubbio le più importanti sono quelle che due giorni fa ha pronunciato il ministro del Lavoro Andrea Orlando. «Il Mise si sta muovendo per verificare le condizioni in cui è avvenuto l’episodio, ma si tratta di modalità che non possono essere accettate e su cui bisogna trovare tutti gli elementi per scongiurarle», ha affermato. Ed in tal senso proprio nella giornata di oggi si apprende della convocazione per giovedì alle ore 14:00 al Mise di un tavolo per affrontare il problema dei licenziamenti dei lavoratori Gkn. Ad esso parteciperanno ministero del Lavoro, le organizzazioni sindacali, i rappresentanti di Gkn Firenze, Gkn Automotive e Melrose (fondo di investimento proprietario della Gkn), la Regione Toscana e il Sindaco di Firenze.
[di Raffaele De Luca]
Ora lo dice anche Crisanti: “Noi pensiamo che coi vaccini si risolva tutto, ma non è così”
«Noi pensiamo che coi vaccini si risolva tutto, ma non è così. Per un virus che cambia come questo basare tutto su di essi a mio avviso non avrà l’effetto sperato, perché non abbiamo la capacità di aggiornare i vaccini alle varianti alla velocità con cui il SARS-CoV-2 muta». Parole dette niente meno che da Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Microbiologia dell’Università di Padova, uno degli esperti che solitamente riempiono i salotti dei talk show televisivi a tema Covid, già consulente tecnico della regione Veneto durante il periodo più critico della prima ondata.
Nell’intervista, rilasciata a Radio Cusano Campus, Crisanti specifica il motivo per il quale la vaccinazione non sarà a suo avviso risolutiva: «Per riformulare il vaccino ci vogliono un paio di mesi e mezzo anno per distribuirlo, nel frattempo il virus ha galoppato. Una cosa è vaccinare centinaia di migliaia di persone all’anno per l’influenza, altra cosa è vaccinare ogni anno decine di milioni di persone». Insomma, secondo Crisanti, il successo della campagna vaccinale in atto non comporterà la sconfitta del virus, il quale nel frattempo avrà con buone probabilità continuato ad evolversi in nuove forme sempre più adatte ad aggirare i sieri attualmente in commercio fino a renderli sempre meno efficaci.
Parole che dovrebbero quanto meno aprire un dibattito, anche perché rappresentano la riformulazione all’interno del confronto mainstream di dubbi da tempo espressi nella comunità scientifica. Settimane fa venne non solo emarginato dalla discussione pubblica ma addirittura ridicolizzato sui sedicenti siti di fact-checking il dott. Pierluigi Garavelli, primario di Malattie Infettive dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, che disse cose molto simili, affermando che fosse un grande rischio vaccinare durante il picco epidemico e che la strategia di contrasto al virus avrebbe dovuto basarsi innanzitutto su comportamenti responsabili e cure domiciliari «assolutamente disponibili e valide».
Le opinioni espresse ora anche da Crisanti, tra l’altro, sono le stesse di uno studio scientifico pubblicato su Plos Biology nel 2015, dal quale era emerso che i virus possono diventare più aggressivi e pericolosi quando si usano vaccini “imperfetti”, ovvero che prevengono la malattia ma non la trasmissione del virus ad altri individui. I ricercatori statunitensi e britannici avevano analizzato vari tipi di vaccini, concludendo che quelli che funzionano perfettamente, come i vaccini contro vaiolo, polio, orecchioni, rosolia e morbillo, sono capaci di prevenire la malattia ed anche la trasmissione del virus, mentre quelli imperfetti consentono al virus di sopravvivere, circolare ed evolvere verso forme più aggressive.
La raccolta fondi è finita, la vera sfida ha inizio: L’Indipendente è qui per restare
Era il 12 aprile quando ci presentavamo ai lettori con una sfida un po’ pazza: costruire da zero un nuovo giornale online onesto, senza filtri, coraggioso, ancorato ai fatti, senza padroni politici o economici. Per farlo avevamo bisogno che più lettori possibili ci supportassero ed avevamo attivato una campagna di sottoscrizioni con l’obiettivo di raccogliere 25.000 euro in tre mesi per dare vita al nostro sogno. Tre mesi sono passati e la campagna di crowfunding si è conclusa ieri sera. Il risultato? Di euro ne abbiamo raccolti 69.895, grazie a 1.859 sottoscrittori.
È un risultato incredibile che ha superato ogni nostra aspettativa. Per prima cosa vogliamo ringraziare tutti voi che ci avete dato fiducia, mettendo mano al portafogli o parlando di noi con colleghi e amici. Nel panorama attuale di totale e giustificata sfiducia verso i media quella che abbiamo costruito è una vera impresa che testimonia quanto sia avvertita da tanti la necessità di un giornale realmente senza padroni, quindi libero di raccontare semplicemente le cose per come stanno.
Naturalmente questo successo per noi è anche una grande responsabilità. Siamo nati per restare e vogliamo costruire un giornale capace di crescere passo dopo passo, facendo il nostro meglio ogni giorno per offrire sempre più contenuti e di sempre maggiore qualità. Crediamo (speriamo) di essere riusciti già a dare un segnale in questi primi mesi del nostro lavoro e della nostra linea. Continueremo a seguirla. I fondi raccolti ci hanno permesso di allestire una piccola redazione (per ora online) e di iniziare nuovi progetti dei quali vedrete i frutti già nei prossimi giorni.
Tante sono le novità in cantiere: dal prossimo mese gli abbonati, oltre alla nostra rassegna stampa quotidiana che già ricevono via mail ogni mattina, inizieranno a ricevere il “Monthly Report”, ovvero il nostro mensile con inchieste e contenuti esclusivi. Il primo numero si intitolerà “Post-pandemia. Il nuovo mondo in preparazione” e siamo certi che farà parlare e riflettere. Inoltre nuove rubriche del sito sono in allestimento e abbiamo intenzione di aumentare la frequenza con la quale vi proponiamo inchieste e reportage, capaci di far conoscere senza filtri la realtà di quanto accade in Italia e nel mondo. Un passo per volta, questo è quanto vogliamo riuscire a mettere in campo, mantenendo sempre la barra dritta sulla nostra linea, quella di pubblicare notizie importanti, verificate e senza filtri. Senza utilizzare titoli clickbait e con un’adesione totale alle fonti e alla loro verifica.
Senza dilungarci, perché vogliamo continuare a far parlare i fatti. Vi ringraziamo ancora tutti, uno per uno. E vi chiediamo di continuare non solo a sostenerci, ma anche ad essere lettori esigenti e critici, perché ci aiuterete a fare sempre meglio. Da oggi è possibile abbonarsi per ricevere i nostri contenuti extra oppure effettuare una donazione libera per sostenere il nostro lavoro direttamente sul sito.
La sfida è appena cominciata, siamo qui per restare!