mercoledì 17 Settembre 2025
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Solvay di Rosignano: un caso esemplare di inquinamento e sperpero di risorse

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Il Gruppo Solvay fu fondato in Belgio da Ernest Solvay nel 1863. La multinazionale, con sede a Bruxelles, opera a livello internazionale nel settore chimico e delle materie plastiche. Attualmente è presente in 64 paesi ed ha un numero di dipendenti complessivo pari a circa 24.100 unità. Nel 2019 ha realizzato un fatturato di 10.2 miliardi di euro. L’industria Solvay è particolarmente nota per la produzione di carbonato di sodio, il cui processo produttivo viene realizzato mediante l’applicazione del cosiddetto “processo Solvay all’ammoniaca”, ideato dallo stesso fondatore della fabbrica ed oggi internazionalmente utilizzato. La multinazionale Solvay rappresenta attualmente uno dei più importanti gruppi chimici presenti in Italia. La forza lavoro italiana è formata da 1.900 unità, distribuite all’interno di sette siti produttivi localizzati a: Ospiate (Milano), Spinetta Marengo (Alessandria), Mondovì (Cuneo), Livorno, Massa, Rosignano Solvay (Livorno) e Bollate (Milano). In quest’ultima località è presente la direzione nazionale e uno dei più importanti centri di ricerca del Gruppo su scala mondiale. Un’attività che da sempre comporta danni ambientali e di salute rilevanti, sui quali non vi è mai stata la volontà politica di fare chiarezza né tantomeno di agire per proteggere lavoratori e cittadini.

L’accordo di programma del 2003

Nel luglio 2003 la Solvay firmò con gli enti territoriali coinvolti un accordo di programma che prevedeva sostanzialmente tre punti: la riduzione degli scarichi a mare del 70% entro l’anno 2007 (da 200.000 a 60.000- tonnellate annue di solidi sospesi); la cessazione del processo produttivo di produzione di cloro e di soda caustica basato sull’elettrolisi a mercurio (altamente inquinante) e sostituzione con quello basato su tecnologia a membrana; la diminuzione dei consumi di acqua dolce di 4 milioni di metri cubi l’anno. In aggiunta ai 30 milioni di euro stanziati in seguito alla firma dell’accordo di programma del luglio 2003, l’anno successivo la Solvay ha ricevuto ulteriori 13 milioni di euro di risorse pubbliche provenienti dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con la Regione Toscana, la Provincia, il Comune e ARPAT e finalizzate al miglioramento delle condizioni ambientali dello stabilimento di Rosignano. Infine, nel 2017, il Ministero dello Sviluppo economico e la Regione Toscana hanno dato il via libera a degli investimenti da parte di Solvay: 52 milioni di euro per un piano di sviluppo per la “tutela ambientale” ma tramite Invitalia hanno dato contributi pubblici per circa 9,5 milioni, che sono ancora oggi da rendicontare.

Le indagini del 2008 e il patteggiamento di Solvay

Nel 2008 l’Associazione “Medicina Democratica” presentò un esposto alla Procura di Livorno nei confronti della Solvay in merito al non rispetto dell’Accordo di programma del 2003 e alla presenza di quattro scarichi abusivi sconosciuti all’ARPAT (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana) e all’utilizzo di una procedura finalizzata a diluire i fanghi di scarico, aggirando così i limiti all’emissione di sostanze nocive previsti dalla normativa vigente. Nel maggio 2013 «dopo quattro anni di indagini, la Procura di Livorno accertò lo scarico illecito di fanghi da parte di Solvay nell’area delle spiagge bianche attraverso “un sistema di scarichi non mappati che permettevano all’azienda di diluire sostanze come mercurio, piombo, selenio e fenoli affinché nel momento in cui questi arrivavano a valle risultavano in regola con i parametri previsti dalle normative di legge».

Sversamenti di ammoniaca e morie di pesci lungo le coste di Rosignano

Nel corso degli anni si sono verificati episodi di sversamento ingente di sostanze tossiche nel tratto di costa prospiciente l’impianto Solvay di Rosignano Marittimo. Il 19 giugno del 2007, un black-out elettrico, originò uno sversamento di azoto ammoniacale nelle acque antistanti lo scarico dello stabilimento e l’emissione di fumo dalla torcia dell’impianto di stoccaggio etilene e dalla torcia dell’impianto di produzione polietilene. L’ARPAT quantificò lo sversamento di azoto ammoniacale in circa 11,7 tonnellate (in un periodo di 24 ore) rispetto alle circa 3,67 tonnellate che l’impianto avrebbe scaricato in condizioni di normale funzionamento. La stessa Agenzia in un rapporto conclusivo sottolineò che il disservizio elettrico occorso, pur rappresentando una situazione eccezionale, aveva fatto emergere diversi aspetti critici legati alla sicurezza dell’impianto e relativi, in particolare, alle procedure e dispositivi d’emergenza finalizzati al confinamento di ammoniaca 11. A distanza di dieci anni, in data 29 agosto 2017, in conseguenza di un ulteriore black-out elettrico, si è verificato un nuovo sversamento in mare di ammoniaca che ha determinato una moria di pesci. Le analisi realizzate da ARPAT evidenziarono un aumento della presenza di ammoniaca in mare in una quantità tuttavia non elevatasi al di sopra dei limiti di legge. Le analisi effettuate sui pesci prelevati dall’Istituto di Zooprofilassi di Pisa non vennero effettuate in quanto il cattivo stato di conservazione dei campioni raccolti non ne permise l’analisi.

Le problematiche ambientali derivanti dallo stabilimento Solvay di Rosignano: alcuni dati

Nella relazione ARPAT Toscana del 7 giugno 2017 (doc. 2049/1/9), citata nella Relazione Territoriale sulla Regione Toscana, viene elencato, tra i siti oggetto di attività di bonifica, quello di Solvay, avente un’estensione di oltre 220 ettari, che «presenta una contaminazione dei terreni, nonché delle acque sotterranee (falda superficiale e falda profonda) da arsenico, mercurio, composti organoclorurati e PCB [policlorobifenili]. In particolare, per quanto riguarda i composti organoclorurati, le concentrazioni nelle acque sotterranee risultano superiori alle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione) di 3-4 ordini di grandezza. La contaminazione è dovuta alle lavorazioni che sono state effettuate nel corso degli anni nello stabilimento Solvay e ai rinterri di scarti delle lavorazioni avvenuti nel passato. I bersagli della contaminazione delle acque sotterranee sono: 1) i lavoratori esposti ai vapori indoor/outdoor; 2) i pozzi ad uso irriguo delle abitazioni ubicate nelle immediate vicinanze del sito; 3) le acque superficiali del fiume Fine; 4) le acque superficiali del Mar Ligure (spiagge bianche di Rosignano e Vada)».

Scriveva la giornalista Marta Panicucci nel 2015: «Secondo le stime infatti, nel mare turchese delle Spiagge bianche sarebbe concentrato il 42,8% dell’arsenico totale riversato nel mare italiano. Ed il mercurio scaricato dal fosso bianco inquina il tratto di mare di fronte alla fabbrica fino a 14 chilometri dalla costa. La Solvay dai primi anni del ‘900 tramite il fosso che collega direttamente gli impianti al mare, sversa in mare solidi pesanti e metalli come mercurio, arsenico, cadmio, cromo, ammoniaca e solventi organici potenzialmente cancerogeni». Secondo le stime per difetto realizzate dal Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) di Pisa nella sabbia bianca la Solvay avrebbe scaricato 337 tonnellate di mercurio ed altri veleni tra i quali figurano arsenico, cadmio, nickel, piombo, zinco, dicloroetano.

Secondo Legambiente nel tratto di mare antistante lo stabilimento Solvay di Rosignano Marittimo sarebbero state scaricate 500 tonnellate di mercurio, dato riportato anche nel Verbale dell’Osservatorio sull’accordo di programma 2003, vergato presso il Ministero dell’ambiente nel luglio 2009.

Per sapere quali sono le sostanze scaricate attualmente in mare dalla Solvay è necessario consultare la dichiarazione PRTR raccolta nell’E-PRTR, l’European Pollutant Release and Transfer Register, un registro che contiene le informazioni su inquinanti in aria, terra e acqua di tutti gli stabilimenti presenti sul territorio europeo. Consultando la dichiarazione relativa all’anno 2016 si evince che Solvay ha scaricato in mare 2,67 tonnellate di arsenico e derivati (erano 1,449 t. nel 2011), 248 kg di cadmio (erano 91 kg nel 2011 e 183 kg nel 2012), 1,59 t di cromo e 52,6 kg di mercurio (erano 71 kg nel 2011 e 46 kg nel 2012). Rispetto all’anno 2012 nel 2016 è aumentata la quantità scaricata di cadmio e di mercurio mentre è diminuita la quantità scaricata di arsenico e derivati. All’ultima rilevazione disponibile, nel solo 2017, Solvay dichiara di aver scaricato in mare 3,88 tonnellate di arsenico, 3,7 tonnellate di cromo, 59 chili di mercurio e svariati altri inquinanti.

Cloruri

Un “inquinante” del tutto particolare riversato in mare sono i cloruri: non tanto per l’impatto sul mare stesso, ma per quanto dimostra circa l’inefficienza del processo Solvay e per lo spreco di risorse preziose come il sale del volterrano: 901.000 tonnellate nel 2015, 663.000 t. nel 2016, 890.000 t. nel 2017, secondo le dichiarazioni della stessa Solvay al Registro europeo, su un totale di 2.000.000 tonn/anno prelevate da Solvay dalle saline di Volterra: quasi la metà del prelievo di salgemma viene sistematicamente sprecato in mare , con l’aggravante che lo stesso prelievo è costato 6,5 milioni di metri cubi di acqua dolce, sottratta all’uso prioritario della popolazione. L’inefficienza del processo Solvay nel non riuscire a utilizzare tutto il sale immesso nel processo è d’altra parte noto da sempre: lo testimonia il libro celebrativo di Jacques Bolle, Solvay 1863-1963.

L’abuso di acqua dolce e la rivendicazione di un dissalatore di acqua di mare

Abbiamo già visto che il Rapporto Cheli-Luzzati (Università di Pisa) stimava nel 48% l’uso di acqua dolce del territorio da parte di Solvay. L’altra metà della risorsa idrica doveva e deve soddisfare i consumi prioritari di popolazione ed agricoltura. Un rapporto invertito rispetto ai criteri stabiliti dalla Legge Galli (1994). Nel 2011 la Provincia di Livorno per contrastare “l’uso sconsiderato” dell’acqua da parte dell’industria (non solo Solvay) alza il canone del 3%, che viene fissato in 16.932,11 euro a modulo, cioè 3 milioni di metri cubi, cioè 5 millesimi di euro al metro cubo. Se abbiniamo questo canone stracciato dell’acqua dolce a quello altrettanto stracciato del salgemma, fissato dal Ministero delle finanze (oggi Min. Economia e finanze MEF) in lire 1700 a tonnellata (in euro 0,87 centesimi) nel 1996, si capisce perché Solvay resista a costruire un dissalatore di acqua di mare, da cui ricavi acqua e sale, necessari al suo stabilimento di Rosignano.

Le emissioni in atmosfera

Le emissioni in atmosfera di Solvay nel 2016 erano dichiarate in 168 tonn. di ossidi di azoto, 327.000 tonn. di anidride carbonica, 6.260 tonn. di ossido di carbonio, 365 di Ammoniaca (NH3), oltre ai biocidi contenuti nei vapori, mai dichiarati dall’azienda.

Si noti che il polo Solvay, comprese le due centrali elettriche a gas metano, è il secondo emettitore di CO2 in Toscana con 2.200.000 tonn/anno, preceduta dalla geotermia, con 3.000.000 tonn/anno circa, e seguita dalla raffineria ENI di Livorno con 1.100.000 tonn/anno. Il mercurio disperso in atmosfera, inoltre, è stato rilevato in 4 grammi per 1000 kg di cloro prodotto, corrispondenti a 480 kg di mercurio l’anno in atmosfera.

Grossi finanziamenti pubblici alla Solvay di Rosignano

Ai finanziamenti pubblici già visti sopra, si aggiungono anche i 108 milioni di euro concessi dal MISE (Governo Renzi) e dalla Regione Toscana il 1 dicembre 2016, senza alcuna contropartita, sia occupazionale che ambientale da parte di Solvay.

Alcuni aspetti epidemiologici

Rosignano Marittimo è un comune della costa toscana di 30.807 abitanti, che ospita con grande disagio dal 1913 l’unica sodiera italiana, con forti scarichi in aria e in mare (spiagge bianche), due centrali elettriche a gas, un impianto per la produzione di cloro e soda caustica, un altro di polietilene ed uno di acqua ossigenata. Dal 1953 al 1978 ha marciato nell’ambito Solvay l’impianto CVM (cloruro di vinile monomero), chiuso nel 1978 per un’indagine epidemiologica che dimostrava gli effetti cancerogeni e teratogeni dello stesso CVM sulla popolazione di Rosignano Solvay, la frazione più popolata (l’indagine è disponibile presso l’autore e sul sito di MD Livorno). Fuori dagli impianti, Solvay ospita con grande disagio dal 1982 la discarica di Scapigliato, una delle più grandi della Toscana, e dal 2001 il porto turistico Cala dei Medici per 600 posti barca a motore. Vi transita l’Autostrada Genova-Rosignano.

Dal sito di ARS (Agenzia regionale sanità) risultano i seguenti dati riguardanti il comune di Rosignano. La mortalità per tutte le cause è in eccesso sulla Toscana di 13,53 punti nel decennio 2007-2016. La mortalità per malattie dell’apparato genito urinario è in eccesso sulla Toscana di 2,58 punti, 2007-2016. La mortalità per tumore alla mammella è in eccesso a Rosignano sulla Toscana di 9,02 punti, equivalenti al 27,6% di eccesso nel decennio 2006-2015 nella vecchia versione del sito ARS. Sulla nuova versione questo dato di mortalità non appare più, incomprensibilmente. Su 86 femmine decedute nel decennio 2006-2015 per tumore alla mammella, 23,7 sono decedute in eccesso sulla Toscana. I ricoveri per tumori sono in eccesso sulla Toscana di 0,20 punti, 2015-2019. I ricoveri per tumore alla mammella sono in eccesso sulla Toscana di 0,19 punti, 2015-2019. Malformazioni: i nati vivi o soggetti a Interruzione Volontaria Gravidanza che presentavano almeno una malformazione nel decennio 2005-2014 sono in eccesso sulla Toscana di 4,12 punti. I nati vivi di basso peso alla nascita sono in eccesso sulla Toscana di 0,77 punti nel decennio 2009-2018. I malati cronici di diabete mellito sono in eccesso sulla Toscana di 4,1 punti nel 2019. I malati cronici di demenza sono in eccesso sulla Toscana di 0,81 punti nel 2019. Gli Accessi per visite specialistiche sono in eccesso a Rosignano sulla Toscana di 61,19 punti nel 2019.

Mesoteliomi, malattie del sistema nervoso ed Alzheimer

Nello studio a cui partecipò Claudio Marabotti, 2016, si traccia un paragone epidemiologico tra Rosignano (con industria e discarica) e Cecina: “In tutta la Bassa Val di Cecina si sono osservati valori significativamente elevati per i tassi standardizzati di mortalità dovuti a mesotelioma, cardiopatie ischemiche, malattie cerebrovascolari, Alzheimer e altre malattie degenerative del sistema nervoso. Nel comune di Rosignano è stato confermato un eccesso significativo di mortalità per tutte le patologie di questo gruppo. Al contrario, il comune di Cecina mostra solo un tasso significativamente elevato di mortalità dovuta a cardiopatie ischemiche.” “Un legame causale tra la vicinanza agli impianti industriali e il mesotelioma sembra confermato dai presenti dati che mostrano un incremento di mortalità per mesotelioma solo nell’area industrializzata di Rosignano Marittimo.” (…) ” Sia la mortalità per l’Alzheimer che per le malattie cerebrovascolari è significativamente elevata nel comune di Rosignano Marittimo, ciò suggerisce un possibile ruolo patogenetico delle sostanze inquinanti in queste malattie.”

[di Maurizio Marchi – Medicina Democratica]

Avanza la ricerca per produrre energia sulla Luna

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L’University of Technology (TalTech) di Tallinn, in Estonia, sta studiando un nuovo metodo per fornire energia agli insediamenti lunari tramite la creazione di celle solari rivoluzionarie direttamente sulla Luna. La ricerca mira a sfruttare materiali facilmente reperibili nel suolo del satellite, con la previsione di impiegarli nel rifornimento di elettricità per i futuri avamposti dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) – e dei suoi partner internazionali – la quale ha individuato il polo sud della Luna come potenziale sito per una base. Questo, infatti, non solo è sempre esposto alla luce del sole, ma potrebbe anche rivelare la presenza di acqua.

La chiave della creazione di queste particolari celle solari, risiederebbe nei piccolissimi cristalli di pirite (FeS2) i quali sono costituiti da ferro e zolfo, elementi reperibili con facilità nella regolite (insieme eterogeneo di sedimenti e polvere che compone lo strato più esterno della superficie dei pianeti rocciosi come la Terra, e dei corpi celesti come le lune) della Luna. L’obiettivo è quindi creare una tecnologia formata da diversi strati di polimeri e integrare in ognuno di questi cristalli di pirite grandi come un granello di sabbia (circa quattro centesimi di millimetri), capaci di assorbire la luce del sole e convertirla in energia. Nello specifico si tratterebbe di una cella solare a strato monogranulo, in cui ogni minuscolo cristallo funzionerebbe come cella solare individuale. Anche se l’energia generata da ognuna di queste non sarebbe tanta, non ci saranno limiti in termini di dimensioni e forma.

L’innovazione principale della ricerca consiste nello strato di assorbimento della luce costituito dalla polvere monocristallina contenente elementi abbondanti e a basso costo. Un aspetto rivoluzionario considerando che, da anni, numerose realtà – compresi molti governi – si stanno impegnando nella ricerca di tecnologie che consentano di stabilire una base sulla Luna o su altri corpi celesti (Marte). Per fare ciò, è fondamentale tenere in considerazione come sostenere le persone in luoghi così lontani dal nostro Pianeta. Ecco perché la questione energetica è la prima da risolvere cercando, senza abusarne, di produrla con materia prima rintracciabile in loco, e la TalTech sembra sulla buona strada. Questa ha spiegato di aver iniziato le ricerche mettendosi in contatto con l’ESA circa sei anni fa, e di aver testato l’idoneità e la resistenza del progetto in un ambiente spaziale considerato ostile. La tecnologia ha superato il test.

[di Eugenia Greco]

Covid: introvabile in tutta Italia antibiotico più utilizzato

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Risulta essere introvabile nelle farmacie italiane da giorni l’antibiotico maggiormente utilizzato per evitare che i malati covid contraggano eventuali infezioni batteriche concomitanti, lo Zitromax, così come il generico, l’Azitromicina. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Ansa, a mancare sarebbe la molecola necessaria per produrre il farmaco, il quale viene prescritto in associazione con gli antiinfiammatori. Negli ultimi 2 mesi le persone hanno usufruito molto dell’antibiotico in questione a causa della crescita dei contagi, motivo per cui il medicinale è divenuto introvabile. Inoltre, sottolinea sempre l’Ansa, ciò potrebbe però essere dovuto anche alle persone che, nonostante non abbiano contratto la malattia, per paura del contagio si sono assicurate il farmaco.

Covid, l’odissea burocratica dei positivi in Lombardia

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La nuova ondata pandemica ha visibilmente generato svariati inghippi gestionali in tutta Italia. Un rebus burocratico che accomuna buona parte del Paese ma con differenze territoriali, come ovvio in un sistema sanitario gestito a livello regionale. In seguito alle segnalazioni ricevute, L’Indipendente ha raccolto testimonianze e dati per capire la realtà di un caso specifico, quello della regione Lombardia. Tante le storie di chi ha incontrato importanti difficoltà nel riottenere il green pass dopo il famigerato tampone risultato positivo. Tanto i residenti quanto i domiciliati nella regione Lombardia e soprattutto nella popolosa città di Milano, hanno lamentato gravi ritardi nel ricevere assistenza sanitaria. Uno dei punti più complessi per i cittadini, specialmente prima del Decreto-legge n. 229, è stato ricevere la necessaria chiamata dell’ATS (Agenzia Tutela della Salute) per effettuare il tampone di fine isolamento. Fino al 31 dicembre 2021 infatti, giorno in cui è entrato in vigore il Decreto-legge n. 229, per i positivi era previsto l’isolamento di dieci giorni e se ancora positivi al decimo giorno, altri sette giorni obbligatori fino a un massimo di ventuno. Al decimo giorno, con un tampone molecolare negativo si poteva porre fine alla quarantena.

Con il centralino dell’ATS spesso saturo e problemi riscontrati anche sul sito per il troppo sovraccarico, il cittadino positivo in attesa di prenotare il tampone e impossibilitato a seguire tempi ancora più lunghi del previsto, si è trovato costretto spesso a dover “fare da sé”. Intere famiglie hanno dovuto pagare ingenti somme presso strutture private vista la mancata assistenza pubblica. Ad alcuni, la famigerata chiamata da parte dell’ATS è giunta dopo ben 14 giorni, ad altri, invece, non è mai arrivata. Nonostante la segnalazione da parte di farmacie, medico di base o strutture competenti arrivi immediatamente, così come l’sms con link in cui inserire i propri dati e segnalare eventuali ultimi contatti stretti, prenotare un tampone dopo dieci giorni è risultato, per molti e il più delle volte, una procedura ai confini dell’impossibile. Tra l’altro, la misura del tampone, rigorosamente molecolare, per potere terminare il proprio isolamento è stata abbandonata secondo quanto previsto dal nuovo DPCM, dove basta anche un tampone rapido per mettere fine all’isolamento. Probabilmente anche prendendo nota dell’impossibilità pratica di portare avanti la procedura di fronte al picco dei contagi. 

Novità utile per snellire le procedure ma che ha generato un senso di frustrazione in chi, fino al giorno prima, ha incontrato svariate difficoltà per il tanto necessario tampone molecolare. Viene da chiedersi cosa sia cambiato, visto che il cosiddetto tampone rapido rimane comunque di gran lunga meno efficace del molecolare. Lo scoppio della pandemia di SARS-CoV-2, ha senza dubbio messo in crisi svariati settori e a dura prova il Servizio sanitario nazionale. Con la consapevolezza della comprensibile crisi generatasi, risulta comunque difficile “giustificare” alcune importanti mancanze, tanto più a due anni di distanza dall’inizio della pandemia. È stata poi sì, presa la scelta di introdurre procedure semplificate che, comunque, generano interrogativi. Se in tanti, dopo le peripezie vissute in quanto positivi, hanno avuto ulteriori problemi e snervanti attese per ottenere nuovamente il Green Pass, per altri la revoca del certificato verde non è mai avvenuta, anche e soprattutto dopo il 31 dicembre 2021. Il paradosso più smaccato è quello vissuto da tanti positivi a quali, per ritardi burocratici, è stato lasciato il green pass attivo per gran parte del periodo di positività (potendo quindi formalmente continuare ad accedere ai locali) per poi essere sospeso a pochissimi giorni dalla fine della quarantena, trovandosi di conseguenza privi di green pass anche per diversi giorni dopo l’esser tornati negativi.

Ora, con il nuovo Dpcm, riavere il Green Pass in quanto guariti sembra invece un processo meno complesso, vista la possibilità di effettuare il tampone di fine isolamento o quarantena anche rapido e anche presso una farmacia, la quale può provvedere per consegnare direttamente il certificato verde. Intanto, però, dall’inizio della nuova ondata la confusione ha regnato sovrana, con pecche nel sistema e gravi crisi da parte dei cittadini, sentitosi abbandonati e all’interno di un vortice in cui ogni organo competente sembrava “passarsi il testimone” della responsabilità, in quelle volte in cui finalmente il centralino era reperibile. In molti infatti – e le foto di alcune città come Milano parlano da sé – hanno preso iniziativa andando a cercare disperatamente di effettuare tamponi, con file di persone fuori dalle farmacie e strutture private libere di richiedere somme molto importanti perché, spesso, rappresentavano l’unica soluzione.

[di Francesca Naima]

 

Cosenza: manifestano contro il Governo Draghi, colpiti da una raffica di multe

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I partecipanti alla manifestazione contro il Governo Draghi svoltasi lo scorso 4 dicembre 2021 a Cosenza stanno ricevendo in queste ore un gran numero di multe, motivate dal mancato rispetto delle misure di distanziamento sociale. Si tratta di un provvedimento, denuncia il sindacato USB Confederazione Cosenza, che segue numerose altre misure repressive, anche di natura penale, attuate nei confronti di attivisti di comitati locali e sindacali. I lavoratori, che tentavano di riportare l’attenzione del Governo sulla critica situazione occupazionale e lavorativa e sulle problematiche della Regione, si trovano così ad essere sanzionati per aver manifestato il proprio dissenso.

Stanno fioccando a centinaia le multe sui manifestanti cosentini che, il 4 dicembre scorso, si erano riuniti per sfilare in un corteo regolarmente autorizzato e protestare contro le decisioni del Governo Draghi. A denunciarlo è stata una nota diffusa dal sindacato USB Confederazione Cosenza. Le sanzioni amministrative, dal valore di centinaia di euro, sono motivate dal mancato rispetto delle misure di distanziamento sociale durante lo svolgersi della manifestazione. “Non solo foto e video smentiscono facilmente” scrive USB, “ma a sottolineare la pretestuosità di questi provvedimenti basta il fatto che a pochi metri di distanza migliaia di cosentini, alle prese con lo shopping natalizio, affollavano corso Mazzini”.

I lavoratori che si trovavano in piazza il 4 dicembre protestavano per la poca attenzione mossa dal Governo Draghi nei confronti della “regione più povera d’Italia”, dalla quale centinaia di giovani sono costretti a spostarsi ogni anno per avere prospettive di vita migliori. I manifestanti chiedevano così al Governo iniziative che migliorassero le prospettive lavorative e occupazionali in una realtà dove “quasi tutti i lavoratori dipendenti operano nella maggior parte dei casi con contratti illegittimi, sottopagati, sottoposti perennemente a ricatti resi possibili dai tassi altissimi di disoccupazione”.

Il sindacato USB definisce la decisione della questora Petrocca e del dirigente della Digos De Marco di sanzionare i manifestanti un “preoccupante attacco” alle attività svolte dalle organizzazioni sociali e sindacali e “ai diritti sanciti dalla Costituzione”, che “contribuisce ad aggravare il clima da caccia alle streghe che si registra in città”.

L’agibilità democratica è fortemente minata” denuncia il sindacato. La tendenza a muoversi in questo senso non è di certo nuova per questo esecutivo, dal momento che vi è stato un notevole dispiegamento delle Forze dell’Ordine per sopire le iniziative di protesta in diversi contesti, a partire da scuole e università. E in un Paese democratico il diritto fondamentale ad esprimere dissenso non può certo essere silenziato da azioni coercitive e punitive.

[di Valeria Casolaro]

“Partygate”, richieste dimissioni di Johnson anche da suo stesso partito

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Sono molte le personalità politiche a richiedere le dimissioni del premier inglese Boris Johnson a seguito delle rivelazioni sulla sua partecipazione ad un evento organizzato nei giardini della residenza ufficiale in Downing Street nel maggio 2020, in pieno lockdown per la pandemia da covid-19. Johnson si è scusato ufficialmente ieri 12 gennaio, ma tanto non è bastato per quietare le critiche nei suoi confronti. Tra coloro che ne richiedono le dimissioni, oltre al fronte dell’opposizione, vi sono anche figure di spicco appartenenti al suo stesso partito, come i leader conservatori scozzesi William Wragg e Douglas Ross, che definiscono la sua posizione “insostenibile”. Per mettere seriamente in bilico la posizione del premier, tuttavia, servirebbe una lettera di sfiducia firmata da almeno 54 deputati conservatori su 360 presenti in Parlamento.

Guadagno di funzione, Fauci e la nascita del virus: fact-checking su Veritas

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Project Veritas ha recentemente pubblicato un’esclusiva che potrebbe rivoluzionare la lettura dei rapporti tra USA e i laboratori di Wuhan, una lettera-rivelazione inviata dal Maggiore Joseph Murphy all’Ispettore Generale del Dipartimento della Difesa il 13 agosto 2021, con in allegato un report investigativo circa l’origine del virus Sars-Cov2. Il documento collegherebbe gli Stati Uniti alla creazione del coronavirus stesso, la sua portata sarebbe storica se non fosse che Project Veritas e il suo fondatore, James O’Keefe, non sono certamente celebri per la loro integrità etico-giornalistica. ...

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Italia, la Camera approva una legge per controllare le lobby

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È stato approvato ieri alla Camera, con 339 voti favorevoli e 42 astenuti, il testo unico sull’attività delle lobby. Nata dalla sintesi delle proposte di tre forze politiche (Iv, M5s e Pd), si tratta della legge che, ove il Senato ponesse il suo timbro definitivo, regolerà l’attività di influenza dei gruppi di pressione sui decisori pubblici.

Nello specifico, il testo prevede l’istituzione di un Registro per la trasparenza dell’attività di rappresentanza di interessi presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Per interfacciarsi con i decisori pubblici, i rappresentanti di interessi saranno obbligati ad iscriversi al Registro attraverso l’inserimento dei propri dati, di quelli riferiti alle “risorse umane ed economiche” delle quali dispongono per “svolgere le attività” e di quelli che identificano il titolare degli interessi in vista dei quali il rappresentante opera.

I portatori di interessi, come ricorda il dettato del progetto di legge, sono “persone, enti, società o associazioni che, per lo svolgimento delle attività di rappresentanza di interessi particolari, incaricano rappresentanti di interessi” e “i committenti che conferiscono ai rappresentanti di interessi uno o più incarichi professionali aventi ad oggetto lo svolgimento delle citate attività”. Vengono invece inquadrati come decisori pubblici i Parlamentari, i membri del Governo (Presidente del Consiglio, Ministri, Viceministri e Sottosegretari); i presidenti, gli assessori e i consiglieri regionali; i presidenti e i consiglieri provinciali e delle città metropolitane; i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali dei comuni capoluogo di Regione; i membri delle autorità indipendenti; i titolari degli incarichi di vertice degli enti territoriali e degli enti pubblici; i responsabili degli uffici di diretta collaborazione di sindaci o ministri.

Il registro sarà suddiviso in due sezioni: una riservata ai soggetti iscritti e alle Amministrazioni Pubbliche, l’altra consultabile da tutti i cittadini, i quali potranno effettuare l’accesso con lo SPID o la carta d’identità elettronica.

In parallelo, è stato introdotto lo strumento dell’Agenda degli incontri tra i decisori pubblici e i rappresentanti di interessi iscritti al Registro per la trasparenza: obbligatorio sarà, per questi ultimi, aggiornarla settimanalmente.

Nonostante l’ampissima maggioranza delineatasi alla Camera per la sua approvazione in prima lettura, non sono mancati gli spunti di perplessità e critica sul testo, che, come ha ammesso il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, dopo avere plaudito al risultato del voto di oggi, è stato frutto di una mediazione tra posizioni politiche molto distanti.

Una delle maggiori problematicità riguarda, ad esempio, il fatto che il divieto di iscrizione nel Registro dei rappresentanti di interessi per gli ex decisori pubblici che sono stati membri del Governo nazionale o regionale valga solo per un anno dalla chiusura dell’incarico, mentre il testo base redatto dalla Deputata Vittoria Baldino del Movimento 5 Stelle indicava in origine un lasso di tempo di 3 anni: l’opposizione di centro-destra e Italia Viva ha portato ad un faticoso accordo finale su un testo che, tra l’altro, ha escluso dai soggetti coinvolti da tale divieto gli ex deputati (i quali avrebbero dunque la possibilità di iscriversi al Registro anche subito dopo la conclusione del loro mandato).

Inoltre, dall’obbligo di iscrizione al Registro e dalla redazione settimanale dell’Agenda saranno esclusi Confindustria, con tutte le sue articolazioni settoriali, ed i sindacati, producendo il “film già visto” secondo cui i ‘pesci piccoli’ saranno (giustamente) soggetti a regole molto stringenti, mentre i ‘grandi attori’ potranno godere di un trattamento nettamente meno rigido. Molto folto il fronte dei parlamentari che hanno spinto per l’inserimento di tale esenzione all’interno del provvedimento: tra di loro, esponenti di Lega, Fi, Pd e gruppi centristi.

Ad ogni modo, grande entusiasmo è stato manifestato dal leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, che ha parlato di un «traguardo storico del Parlamento grazie all’azione del M5S».

Lobbying4Change, associazione nata nel 2020 per promuovere l’approvazione di una legge che disciplinasse l’attività di lobbying, pur esprimendo «soddisfazione per un passo in avanti verso una norma necessaria per il corretto funzionamento della nostra democrazia», palesa la propria «preoccupazione per gli effetti negativi di un compromesso al ribasso sul testo di legge», evidenziando il rischio che, sulla base dell’esclusione di Confindustria e dei sindacati dall’obbligo di iscrizione al Registro, si possano creare «interessi di serie A e interessi di serie B» e giudicando negativamente la «definizione ristretta di decisore pubblico» che esclude dall’obbligo di firma «figure apicali e alti dirigenti con potere di firma», nonché i contenuti delle «disposizioni troppo blande previste dalla legge in merito alle porte girevoli fra politica e affari».

Il testo, in ogni caso, è in viaggio verso il Senato. La partita è ancora aperta.

[di Stefano Baudino]

Yemen, preoccupazione ONU per escalation violenza militare

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Solamente nell’ultimo mese sono 15 mila le persone sfollate e 350 i civili uccisi in seguito all’aumento delle azioni militari in Yemen, il Paese più povero del mondo arabo nel quale dal 2014 è in atto una guerra tra i ribelli Houti e le forze leali al governo. Durante l’incontro del 12 gennaio del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’inviato speciale ONU Hans Grundberg ha espresso preoccupazione per l’aumento delle azioni militari, la peggiore alle quali lo Yemen abbia assistito negli ultimi anni. L’ONU prevede siano necessari per quest’anno all’incirca 3,9 miliardi di dollari in aiuti umanitari alla popolazione yemenita, ma i drastici tagli ai finanziamenti e la difficoltà ad accedere al territorio per ragioni di sicurezza potrebbero rendere gli interventi difficili da realizzare.

Caso Epstein: principe Andrea andrà a processo negli Stati Uniti

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Il principe Andrea d’Inghilterra, coinvolto nello scandalo sessuale legato alla frequentazione del defunto miliardario americano Jeffrey Epstein, andrà a processo negli Stati Uniti. Un giudice americano, infatti, ha rigettato la richiesta del terzogenito della regina Elisabetta di archiviare la causa civile intentata dalla sua accusatrice Virginia Giuffrè. Quest’ultima, oltre ad aver accusato il defunto finanziere Epstein e la compagna Ghislaine Maxwell di aver abusato sessualmente di lei quando era minorenne, nel 2001, ha altresì raccontato di essere stata obbligata ad avere rapporti sessuali con il principe Andrea all’età di 17 anni. Ha intentato dunque una causa civile nei confronti del principe ad agosto, parlando anche di percosse e stress emotivo provocato nei suoi confronti intenzionalmente.