giovedì 28 Marzo 2024

Covid, l’odissea burocratica dei positivi in Lombardia

La nuova ondata pandemica ha visibilmente generato svariati inghippi gestionali in tutta Italia. Un rebus burocratico che accomuna buona parte del Paese ma con differenze territoriali, come ovvio in un sistema sanitario gestito a livello regionale. In seguito alle segnalazioni ricevute, L’Indipendente ha raccolto testimonianze e dati per capire la realtà di un caso specifico, quello della regione Lombardia. Tante le storie di chi ha incontrato importanti difficoltà nel riottenere il green pass dopo il famigerato tampone risultato positivo. Tanto i residenti quanto i domiciliati nella regione Lombardia e soprattutto nella popolosa città di Milano, hanno lamentato gravi ritardi nel ricevere assistenza sanitaria. Uno dei punti più complessi per i cittadini, specialmente prima del Decreto-legge n. 229, è stato ricevere la necessaria chiamata dell’ATS (Agenzia Tutela della Salute) per effettuare il tampone di fine isolamento. Fino al 31 dicembre 2021 infatti, giorno in cui è entrato in vigore il Decreto-legge n. 229, per i positivi era previsto l’isolamento di dieci giorni e se ancora positivi al decimo giorno, altri sette giorni obbligatori fino a un massimo di ventuno. Al decimo giorno, con un tampone molecolare negativo si poteva porre fine alla quarantena.

Con il centralino dell’ATS spesso saturo e problemi riscontrati anche sul sito per il troppo sovraccarico, il cittadino positivo in attesa di prenotare il tampone e impossibilitato a seguire tempi ancora più lunghi del previsto, si è trovato costretto spesso a dover “fare da sé”. Intere famiglie hanno dovuto pagare ingenti somme presso strutture private vista la mancata assistenza pubblica. Ad alcuni, la famigerata chiamata da parte dell’ATS è giunta dopo ben 14 giorni, ad altri, invece, non è mai arrivata. Nonostante la segnalazione da parte di farmacie, medico di base o strutture competenti arrivi immediatamente, così come l’sms con link in cui inserire i propri dati e segnalare eventuali ultimi contatti stretti, prenotare un tampone dopo dieci giorni è risultato, per molti e il più delle volte, una procedura ai confini dell’impossibile. Tra l’altro, la misura del tampone, rigorosamente molecolare, per potere terminare il proprio isolamento è stata abbandonata secondo quanto previsto dal nuovo DPCM, dove basta anche un tampone rapido per mettere fine all’isolamento. Probabilmente anche prendendo nota dell’impossibilità pratica di portare avanti la procedura di fronte al picco dei contagi. 

Novità utile per snellire le procedure ma che ha generato un senso di frustrazione in chi, fino al giorno prima, ha incontrato svariate difficoltà per il tanto necessario tampone molecolare. Viene da chiedersi cosa sia cambiato, visto che il cosiddetto tampone rapido rimane comunque di gran lunga meno efficace del molecolare. Lo scoppio della pandemia di SARS-CoV-2, ha senza dubbio messo in crisi svariati settori e a dura prova il Servizio sanitario nazionale. Con la consapevolezza della comprensibile crisi generatasi, risulta comunque difficile “giustificare” alcune importanti mancanze, tanto più a due anni di distanza dall’inizio della pandemia. È stata poi sì, presa la scelta di introdurre procedure semplificate che, comunque, generano interrogativi. Se in tanti, dopo le peripezie vissute in quanto positivi, hanno avuto ulteriori problemi e snervanti attese per ottenere nuovamente il Green Pass, per altri la revoca del certificato verde non è mai avvenuta, anche e soprattutto dopo il 31 dicembre 2021. Il paradosso più smaccato è quello vissuto da tanti positivi a quali, per ritardi burocratici, è stato lasciato il green pass attivo per gran parte del periodo di positività (potendo quindi formalmente continuare ad accedere ai locali) per poi essere sospeso a pochissimi giorni dalla fine della quarantena, trovandosi di conseguenza privi di green pass anche per diversi giorni dopo l’esser tornati negativi.

Ora, con il nuovo Dpcm, riavere il Green Pass in quanto guariti sembra invece un processo meno complesso, vista la possibilità di effettuare il tampone di fine isolamento o quarantena anche rapido e anche presso una farmacia, la quale può provvedere per consegnare direttamente il certificato verde. Intanto, però, dall’inizio della nuova ondata la confusione ha regnato sovrana, con pecche nel sistema e gravi crisi da parte dei cittadini, sentitosi abbandonati e all’interno di un vortice in cui ogni organo competente sembrava “passarsi il testimone” della responsabilità, in quelle volte in cui finalmente il centralino era reperibile. In molti infatti – e le foto di alcune città come Milano parlano da sé – hanno preso iniziativa andando a cercare disperatamente di effettuare tamponi, con file di persone fuori dalle farmacie e strutture private libere di richiedere somme molto importanti perché, spesso, rappresentavano l’unica soluzione.

[di Francesca Naima]

 

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2 Commenti

  1. …e purtroppo sembra abbiano ragione a considerarci tali visto la mole di consensi a tali procedure che continuano a creare confusione e problemi.. ed ora con le ultime perle hanno di fatto negato la possibilità di espatriare a quanti non vogliono vivere in questo “clima”.

  2. Tampone rapido che è attendibile solo quando pare a loro, direi! Se devi pagare il pizzo per lavorare allora va bene, se devi prendere un caffè al bar però non è attendibile, per andare dal parrucchiere è attendibile, ma per andare al cinema no, ed ora anche per attestare la non positività dopo la quarantena a dispetto di quello che dicevano poco prima! Io penso che questi cialtroni ci considerano degli emeriti imbecilli…

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