lunedì 7 Ottobre 2024

La Regione Toscana ha ordinato uno studio completo sui rischi della rete 5G

La Regione Toscana ha avviato un’indagine approfondita in merito agli effetti dei campi elettromagnetici prodotti dalle nuove antenne 5G. Il progetto, commissionato all’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpat) e all’Agenzia regionale di Sanità (Ars) della Toscana, prevede uno studio che esaminerà se e in quale misura tali impianti possano rappresentare un rischio per la salute, con particolare riguardo all’incidenza di malattie come i tumori. Questo monitoraggio è stato stabilito dalla giunta regionale lo scorso 16 settembre, che andrà a finanziare con 220 mila euro un’analisi in parte teorica e in parte pratica. L’indagine includerà misurazioni sul campo, nonché l’acquisizione di nuova strumentazione.

La ricerca, richiesta nella scorsa primavera dal Consiglio regionale toscano, includerà studi epidemiologici per analizzare il legame tra l’esposizione ai campi elettromagnetici e malattie come tumori infantili, leucemie e linfomi. In prima battuta, Arpat sarà chiamata a occuparsi dell’analisi normativa e dello sviluppo del 5G nelle sei principali città toscane (Firenze, Prato, Livorno, Pisa, Lucca e Arezzo), sviluppando un modello matematico che consideri popolazione, impianti e caratteristiche delle abitazioni per valutare l’impatto delle onde elettromagnetiche sia all’esterno che all’interno delle case. Successivamente, Ars valuterà l’impatto sui cittadini, suddivisi per territorio, età e condizioni socioeconomiche, con particolare attenzione agli studenti nei grandi centri urbani. «In seguito alla valutazione della IARC del 2013, che aveva definito i campi elettromagnetici a radiofrequenze come possibili cancerogeni per gli effetti su tumori della testa legati all’uso prolungato del cellulare, sono stati condotti numerosi studi che hanno indagato le associazioni tra l’esposizione a lungo termine a campi elettromagnetici e vari problemi di salute, oncologici e non – si legge all’interno della delibera –. Le esposizioni derivanti non dall’uso del telefono cellulare, ma da altri sorgenti, quali le stazioni radiobase (SRB), sono di natura diversa, soprattutto perché i possibili effetti non sono limitati alla testa e, come appare da studi di monitoraggio, sono di minore intensità. Ad oggi gli studi sugli effetti sulla salute dell’esposizione alle stazioni radiobase forniscono risultati contrastanti ed evidenze ancora inconcludenti». Nel mentre, gli operatori della telefonia mobile nazionali avrebbero già discusso questa settimana del “caso Toscana” in occasione di una riunione di Asstel e sarebbero pronti a procedere per vie legali nel caso in cui la Toscana non ritirerà l’atto.

In Italia, la questione delle antenne 5G è da tempo al centro dell’attenzione mediatica. Non sono infatti pochi i comuni che ostacolano la loro creazione, invitando alla prudenza e chiedendo maggiori evidenze scientifiche che rassicurino circa gli effetti sulla salute dei cittadini. A mobilitarsi contro la costruzione di antenne sono anche privati cittadini, come nel caso delle comunità del piccolo borgo di Cassol, in Veneto, o di Siderno, in Calabria, o come nel caso Fleximan di questo marzo, che, sempre in Veneto, ha preso di mira proprio un antenna 5G. Nel frattempo, lo scorso giugno, il Senato ha approvato con voto di fiducia un emendamento al cosiddetto “Decreto Coesione”, destinato a cambiare le sorti del Piano “Italia 5G”. Nello specifico, il provvedimento stabilisce che «la localizzazione degli impianti nelle aree bianche oggetto dell’intervento è disposta anche in deroga ai regolamenti comunali di cui all’articolo 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001, n. 36». Allo Stato centrale, dunque, sarà consentito di passare sopra l’amministrazione locale in merito alla installazione delle antenne per le reti 5G, anche quando i Comuni si oppongono.

[di Stefano Baudino]

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