La Lituania ha portato la Bielorussia davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, accusandola di avere orchestrato operazioni di traffico di migranti attraverso il confine condiviso, violando il diritto internazionale. A dare l’annuncio è il ministro degli Esteri lituano che ha parlato di presunte violazioni del Protocollo delle Nazioni Unite contro il traffico di migranti via terra, mare e aria da parte della Bielorussia. La Bielorussia, di preciso, avrebbe favorito l’entrata di migranti irregolari verso il Paese vicino costringendoli ad attraversare il confine scortati dai propri militari. La Lituania ha chiesto un risarcimento completo per i presunti danni subiti, tra cui rientrano le spese relative al rafforzamento delle frontiere.
Venere potrebbe essere un pianeta più simile alla Terra di quanto si pensasse
Al contrario di quanto ipotizzato in precedenza, Venere potrebbe essere un pianeta molto più attivo e simile alla Terra di quanto si pensasse, in quanto esisterebbero prove di attività tettonica in corso sulla sua superficie: è quanto emerge da una nuova analisi condotta da un team internazionale di ricercatori, dettagliata all’interno di un nuovo studio scientifico sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Science Advances. Elaborando i dati radar e gravitazionali raccolti oltre trent’anni fa dalla sonda Magellan della NASA, gli esperti hanno scoperto che le “corone”, ovvero particolari strutture ovali larghe decine o centinaia di chilometri, presentano caratteristiche compatibili con processi tettonici ancora attivi. Secondo gli autori, ciò non solo dovrebbe cambiare il nostro modo di vedere Venere, ma offrirebbe anche una finestra unica sul passato della Terra, in quanto il nostro pianeta potrebbe aver ospitato dinamiche simili. «Combinando i dati gravitazionali e topografici, questa ricerca ha fornito una nuova e importante visione dei possibili processi del sottosuolo che attualmente modellano la superficie di Venere», ha commentato Gael Cascioli, coautore e assistente ricercatore presso l’Università del Maryland e presso il Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt.

A differenza della Terra, spiegano gli scienziati, la superficie di Venere non mostra evidenti segni di placche tettoniche in movimento. Se sulla Terra, infatti, tali placche si spostano, collidono e si riciclano nel mantello, modellando la superficie in un ciclo continuo, su Venere, invece, la crosta appare rigida e priva di questi movimenti orizzontali. Tuttavia, da tempo gli scienziati sospettano che il pianeta possa essere deformato da dinamiche interne, come la risalita di pennacchi di materiale caldo dal mantello. Le “corone”, strutture geologiche circolari e fratturate osservate in gran numero sulla superficie di Venere, sono per questo da anni al centro di questo dibattito, anche se finora, però, le limitazioni nei dati gravitazionali non avevano permesso di chiarirne la natura. Per questo motivo, gli autori hanno deciso di combinare modelli geodinamici tridimensionali con le misurazioni di gravità e topografia della sonda Magellan per identificare diversi stadi di attività e scenari evolutivi delle corone. Inoltre, la ricerca ha mostrato come l’uso congiunto di dati topografici e gravitazionali consenta di distinguere tra strutture inattive e quelle ancora alimentate da dinamiche del mantello.

In particolare, delle 75 corone analizzate, 52 hanno mostrato anomalie gravitazionali compatibili con la presenza di materiale caldo e galleggiante sotto la superficie, il che sarebbe segno di processi tettonici in corso. In alcuni casi, come nelle corone “Eithinoha” e “Atahensik”, i dati hanno suggerito agli autori una dinamica simile alla subduzione terrestre – dove porzioni della crosta vengono spinte verso il basso e riciclate nel mantello – mentre in altri, come “Pavlova” e “Aruru”, i segnali hanno indicato pennacchi mantellari incapsulati sotto una crosta più spessa, senza riciclo del materiale superficiale. I ricercatori, inoltre, hanno anche identificato possibili casi in cui la scarsa risoluzione dei dati Magellan potrebbe aver mascherato la presenza di attività interna, come nel caso della corona Demeter. Tutte caratteristiche che, secondo l’esperta Anna Gülcher, indicano che la formazione delle corone è guidata da processi attivi. «Le corone non si trovano oggi sulla Terra ma, tuttavia, potrebbero essere esistite quando il nostro pianeta era giovane e prima che si stabilisse la tettonica a placche», concludono i coautori, aggiungendo che missioni future aggiungeranno risoluzioni fino a quattro volte superiori rispetto a quelle ottenute grazie a Magellan, le quali potrebbero chiarire definitivamente la natura di queste strutture. Secondo la coautrice Suzanne Smrekar, infine, questa nuova generazione di dati potrebbe «rivoluzionare la nostra comprensione della geologia di Venere e delle implicazioni per la Terra primordiale».
La Russia ha dichiarato Amnesty organizzazione non desiderata
La Procura generale della Federazione Russa ha deciso di riconoscere le attività dell’organizzazione non governativa internazionale Amnesty come indesiderate sul territorio del Paese. «L’organizzazione», si legge nel comunicato stampa della Procura, «si posiziona come attiva sostenitrice della tutela dei diritti umani nel mondo, ma in realtà, la sede londinese è il centro di preparazione di progetti russofobi globali, finanziati dai complici del regime di Kiev». La Russia di preciso, accusa l’ONG di sostenere organizzazioni estremiste e di finanziare le attività di agenti stranieri.
Livorno, 11 arresti per assalto a furgone portavalori
Nelle province di Nuoro, Pisa e Bologna sono state arrestate questa mattina 11 persone per l’assalto alla portavalori Battistolli, avvenuto lo scorso 28 marzo lungo l’Aurelia, nei pressi di Livorno. I rapinatori, che erano riusciti a fuggire, avevano sottratto una cifra pari a circa 3 milioni di euro. Le accuse sono di rapina pluriaggravata, detenzione e porto illegale di armi da guerra ed esplosivi, furto aggravatoi e ricettazione.
Gaza: Israele autorizza l’ingresso di una “quantità base di cibo”, ma non ferma il massacro
L’esercito israeliano ha dato ufficialmente avvio all’operazione Carri di Gedeone, che prevede un’intensificazione delle aggressioni terrestri nell’ottica di un’occupazione militare permanente della Striscia, da affiancare a una nuova modalità di gestione degli aiuti umanitari. L’ufficio del Primo Ministro ha fatto sapere che, con l’adozione di questo nuovo sistema, Israele riaprirà il valico di Rafah, per fare entrare «la quantità base di cibo» dopo oltre 70 giorni di blocco totale degli aiuti. Una decisione «difficile», ha specificato il premier davanti alle numerose critiche: le operazioni non possono proseguire, se la comunità internazionale preme perché entrino gli aiuti a Gaza. «Non stiamo liquidando la questione, ma per farlo dobbiamo fare in modo che non ci fermino». Gli aiuti umanitari, insomma, vengono trattati alla stregua di una questione diplomatica, come del resto provano gli incessanti bombardamenti sulla Striscia: solo nella giornata di ieri l’esercito dello Stato ebraico ha ucciso oltre 150 persone in tutta Gaza, di cui almeno 36 in un bombardamento nel campo di Al Mawasi, in teoria individuato come area umanitaria.
L’operazione Carri di Gedeone è iniziata ieri, domenica 18 maggio. Carri di Gedeone prevede un allargamento su larga scala delle operazioni militari, che finiranno per interessare tutta la Striscia simultaneamente, col fine di consentire una occupazione militare dell’intera area. Nel frattempo, la popolazione verrà spostata a sud, dove rimarrà l’unica area umanitaria di tutta Gaza. Carri di Gedeone è pensata per viaggiare in parallelo alla nuova modalità di gestione degli aiuti umanitari: questo nuovo metodo prevede l’installazione di punti di distribuzione sorvegliati dalle IDF verso cui potrebbe dirigersi un solo rappresentante per famiglia per andare a ritirare gli aiuti. La distribuzione verrà affidata a Gaza Humanitarian Foundation, neo-istituita agenzia statunitense. «Israele consentirà l’ingresso di una quantità minima di cibo per la popolazione, al fine di impedire lo sviluppo di una crisi di carestia nella Striscia di Gaza» ha spiegato ieri l’ufficio del primo ministro, ripreso da vari quotidiani israeliani.
L’annuncio della fine del blocco umanitario ha spaccato a metà la coalizione governativa israeliana, con il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir che ha duramente contestato Netanyahu. Questa mattina, dunque, il premier ha risposto alle critiche rilasciando una dichiarazione video sul proprio canale Telegram, in cui spiega le ragioni dietro la sua decisione. Gli alleati di Israele insistono con il fatto che non possono accettare immagini di gente affamata: «Per ottenere la vittoria, dobbiamo in qualche modo risolvere il problema», spiega Netanyahu. Ecco dunque che fino a che le IDF non avranno ottenuto il controllo militare della Striscia, «dovremo fornire una sorta, un minimo, di mediazione» e rispettare le richieste degli alleati: non lasciare morire la gente di fame. Resta ancora da capire quando verrà realmente rimosso il blocco degli aiuti umanitari. I giornali israeliani sostengono che l’entrata dei camion di aiuti nella Striscia dovrebbe ripartire «immediatamente», ma nella sua dichiarazione video Netanyahu ha affermato che i punti di distribuzione verranno istituiti solo «nei prossimi giorni». Il destino delle migliaia di camion che aspettano sul confine per Rafah, insomma, è ancora oscuro.
Col lancio di Carri di Gedeone, Israele non ha solo annunciato la possibile riapertura delle frontiere per fare entrare gli aiuti umanitari, ma anche intensificato notevolmente i bombardamenti sulla Striscia. Dopo le centinaia di morti e feriti di ieri, stamattina l’aviazione israeliana ha bombardato l’ospedale di Nasser a Khan Younis uccidendo almeno 6 persone nella città. Sempre oggi, inoltre, il portavoce delle IDF in lingua araba Avichay Adraee ha rilasciato una mappa che ritrae l’intera area di Khan Younis come zona di combattimento, per spingere i civili ancora più a sud. Khan Younis sta venendo infatti attaccata anche dalla fanteria israeliana, destino che condivide con il Governatorato di Nord Gaza, altra località dove le operazioni sembrano concentrarsi con forza. In totale oggi, a partire dall’alba, Israele ha ucciso almeno 23 palestinesi.
Dall’escalation del 7 ottobre, Israele ha distrutto o danneggiato il 92% delle case (l’ultimo aggiornamento risale a prima del cessate il fuoco del 19 gennaio), l’82% delle terre coltivabili (i dati più recenti sono di ottobre 2024), l’88,5% delle scuole (dato del 25 febbraio 2025) e, in generale, il 69% di tutte le strutture della Striscia (1 dicembre 2024). Il 59% del territorio della Striscia risulta sotto ordine di evacuazione o interdetto ai civili. In totale, l’esercito israeliano ha inoltre ucciso direttamente almeno 53.339 persone, anche se il numero totale dei morti potrebbe superare le centinaia di migliaia, come sostenuto da un articolo della rivista scientifica The Lancet e da una lettera di medici volontari nella Striscia.
I Savoia continuano a reclamare un tesoro da 300 milioni dallo Stato italiano
Un cofanetto sigillato da 78 anni, nascosto nel caveau della Banca d’Italia, custodisce migliaia di diamanti e perle per un valore stimato tra i 20 e i 300 milioni di euro. Ma non tornerà, almeno per ora, nelle mani della famiglia Savoia: il Tribunale civile di Roma ha infatti respinto la richiesta di Emanuele Filiberto, figlio di Vittorio Emanuele (scomparso nel 2024), e delle zie Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice, che rivendicano la proprietà di questi beni. Secondo i giudici, il tesoro appartiene allo Stato italiano, in quanto «gioie di dotazione della Corona» e non beni personali. La battaglia legale, però, continuerà: la famiglia non demorde, annunciando addirittura ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il contenzioso giudiziario affonda le radici in una fase dirimente della storia italiana. Il tesoro venne depositato il 5 giugno 1946, tre giorni dopo il referendum istituzionale che sancì la nascita della Repubblica. A consegnarlo all’allora governatore della Banca d’Italia, Luigi Einaudi, fu il ministro della Real Casa Falcone Lucifero, su incarico dell’ultimo re d’Italia, Umberto II. Il verbale ufficiale dell’epoca parlava chiaramente di «gioie di dotazione della Corona del Regno d’Italia», e questa definizione è risultata decisiva per il Tribunale: essendo legate alla funzione monarchica e non alla proprietà privata dei Savoia, le preziose gemme rientrano oggi nel patrimonio dello Stato. Nonostante la sconfitta, la famiglia Savoia non si arrende. Emanuele Filiberto ha annunciato sui social il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, affermando che la battaglia continuerà anche «per la restituzione, da parte dello Stato italiano, del valore di tutti gli immobili appartenuti alla famiglia Savoia».
Il contenuto del cofanetto è straordinario: 6.732 brillanti, 2.000 perle, diademi, spille e collier, tra cui spiccano la celebre tiara con nodo Savoia della regina Margherita e un raro diamante rosa montato su una spilla a fiocco. Le stime più prudenti parlano di 20 milioni di euro, ma secondo i criteri delle aste internazionali – dove il valore simbolico e storico influisce pesantemente – la cifra potrebbe salire fino a 300 milioni. Nonostante vengano spesso indicati da molti organi di informazione come “gioielli della famiglia reale”, i tesori non sono in realtà beni privati dei Savoia, poiché non furono acquistati con risorse personali della casata; essi furono invece simboli pubblici della monarchia e, in quanto tali, sono rimasti patrimonio della collettività dopo la nascita della Repubblica.
Il verdetto, pronunciato nella giornata di giovedì, va a chiudere una lunga vicenda giudiziaria iniziata nel 2021, quando gli eredi di Umberto II presentarono una prima richiesta di restituzione, immediatamente respinta. L’anno successivo presero avvio le azioni legali vere e proprie, contro Banca d’Italia, Presidenza del Consiglio e Ministero dell’Economia. Il Tribunale civile di Roma ha definito «manifestamente infondata» la questione di legittimità costituzionale sollevata nel corso del procedimento. A nulla sono valse le memorie private di Luigi Einaudi – e i pareri a lui attribuiti – secondo cui le gioie potessero spettare alla famiglia reale. Il giudice ha chiarito che si tratta di riflessioni personali, prive di valore giuridico. Nessuna prova, inoltre, dimostrerebbe che quei beni fossero effettivamente destinati ai figli del re.
È stata diagnosticata una forma di cancro a Biden
L’ex presidente degli Stati Uniti Joe Biden è affetto da una «forma aggressiva» di cancro alla prostata che si è diffuso alle ossa. A dare la notizia è stato il suo ufficio in un comunicato ieri, domenica 18 maggio. Da quanto si apprende, Biden avrebbe ricevuto notizia della diagnosi venerdì scorso, dopo aver manifestato sintomi urinari. L’ex presiednte e la sua famiglia stanno valutando le opzioni terapeutiche con i medici, si legge nel comunicato. Dopo la notizia, il presidente Trump ha rilasciato un messaggio di vicinanza all’ex rivale democratico, augurandogli pronta guarigione.