Un sisma di magnitudo 6,1 è stato registrato ieri sera alle ore 22:40 (ora locale) nella regione occidentale della Turchia, con epicentro cittadino a Sindirgi, nella provincia di Balıkesir. La scossa, che ha avuto una profondità stimata di circa 5,9 km, è stata avvertita persino a Istanbul e in altre aree metropolitane vicine. Una seconda scossa minore di magnitudo 4,2 ha seguito l’evento principale: tre edifici abbandonati sono crollati, fortunatamente senza registrare vittime. Le autorità locali, tramite AFAD (l’Agenzia turca per la gestione delle emergenze), hanno invitato la popolazione a evitare spazi prossimi a strutture vulnerabili e a prepararsi a possibili repliche.
Pfizergate: chiusi i conti corrente a Frédéric Baldan, l’uomo che ha denunciato von der Leyen
«Le banche si sono arrogate il diritto di chiudermi i conti bancari senza alcuna motivazione». Frédéric Baldan, autore del saggio Ursula Gates. La von der Leyen e il potere delle lobby a Bruxelles, si è visto chiudere tutti i conti bancari, personali e aziendali, compreso il conto di risparmio del figlio di cinque anni. Le banche belghe Nagelmackers e ING hanno comunicato la rescissione dei rapporti senza motivazioni plausibili, chiedendogli la restituzione delle carte di credito. Un caso di “debanking” politico che colpisce chi ha osato toccare il cuore opaco del potere europeo: il cosiddetto caso Pfizergate. Baldan, ex lobbista accreditato presso la Commissione UE, è l’uomo che ha denunciato Ursula von der Leyen per gli SMS, inviati tra gennaio 2021 e maggio 2022, mai resi pubblici con l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla. Ora, oltre all’isolamento istituzionale, subisce l’esclusione finanziaria.
Raggiunto da noi telefonicamente, Baldan ci ha spiegato che «le banche hanno iniziato a crearmi problemi simultaneamente, pur non comunicando tra loro. L’unica spiegazione plausibile è che esista un elemento scatenante: penso si tratti di un ordine impartito dai servizi segreti dello Stato belga, su pressione dell’Unione Europea, di trasmettere tutte le mie transazioni finanziarie». Al contempo, Baldan ha espresso la sua determinazione a non lasciarsi intimidire: «Sul mio account X, l’annuncio di questa informazione è stato visualizzato 600.000 volte in 24 ore. Ho ricevuto molti messaggi di sostegno e ringrazio il pubblico internazionale per questo. Forse l’obiettivo è quello di delegittimarmi, ma in realtà sta accadendo l’opposto. Sarò semplicemente temporaneamente impossibilitato a ricevere i diritti d’autore, ma il mio editore italiano, Guerini, potrà continuare a diffondere le verità contenute in questo libro, ed è questo l’aspetto essenziale per me». Baldan è un tecnico del sistema che ha deciso di testimoniarne pubblicamente la degenerazione e il suo atto d’accusa parte dall’“SMSgate”, i messaggi tra von der Leyen e Bourla sui contratti Pfizer, mai consegnati alla magistratura europea. L’indagine della Procura di Liegi, cui ha depositato querela, è stata ostacolata dal muro di gomma delle istituzioni comunitarie. Nonostante l’ostracismo, a maggio di quest’anno, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha condannato la Commissione Europea, stabilendo che la Commissione europea ha agito in modo illegittimo rifiutando di pubblicare gli SMS, in quanto tali comunicazioni rientrano nei documenti ufficiali dell’Unione e devono essere accessibili al pubblico. La Commissione europea ha successivamente lasciato scadere il termine per impugnare la sentenza: un’ammissione implicita di responsabilità politica.
Nel suo libro, pubblicato in Italia da Guerini Edizioni nella collana Scintille diretta dal giornalista ed ex Presidente RAI Marcello Foa, Baldan descrive da insider i meccanismi e le tecniche di manipolazione delle lobby che, secondo lui, hanno colonizzato Bruxelles. Nel libro non racconta soltanto la genesi del caso Pfizergate, ma ricostruisce la struttura profonda che lo ha reso possibile: una rete di interessi, fondazioni e lobby che dominano Bruxelles e che si dipana tra le istituzioni UE, le multinazionali farmaceutiche e i think tank legati al World Economic Forum. L’autore spiega come durante la crisi sanitaria il confine tra pubblico e privato sia stato cancellato, e come l’“affare Pfizer” rappresenti il simbolo di una Commissione che ha agito al di fuori del mandato democratico. Nella sua prefazione, Foa definisce Baldan «un testimone scomodo» che paga il prezzo del suo coraggio e lo descrive come «un uomo che ha rotto il tabù del suo mestiere», scegliendo di non chiudere gli occhi davanti all’abuso di potere. Un gesto di ribellione che gli è costato caro: la Commissione gli ha revocato l’accredito di lobbista nel 2023 e ora due banche gli hanno chiuso i conti bancari. Una sanzione economica e simbolica insieme, quest’ultima, che sa di vendetta e di messaggio a chiunque volesse seguire le sue orme. La rappresaglia economica è la versione finanziaria della censura: il “debanking” è divenuto, infatti, il nuovo strumento di esclusione sociale dei dissidenti. Non servono più scomuniche o tribunali, basta un algoritmo di compliance o una decisione del “risk management”. In nome di qualche codice etico si eliminano le voci fuori dal coro o fastidiose per il Sistema. Baldan lo scrive con amara ironia: «Il diritto di resistere agli abusi del potere, oggi, passa per il diritto di avere un conto corrente». Dietro la freddezza burocratica delle lettere bancarie che precedono la chiusura dei conti si intravede il messaggio politico: chi accusa la Commissione rischia di essere cancellato anche come cittadino economico.
La chiusura dei conti bancari non è un dettaglio: in Belgio, come altrove, la libertà economica è precondizione della libertà d’opinione. Quando il sistema bancario decide chi può operare e chi no, la democrazia diventa condizionata. Le prime avvisaglie le abbiamo avute in Canada, quando il governo Trudeau ha congelato i conti dei camionisti del Freedom Convoy durante le proteste anti-Green Pass. Nel Regno Unito il “debanking” è ormai una realtà: la chiusura di conti correnti per motivi ideologici colpisce cittadini, imprese e giornalisti. Il caso più noto è quello di Nigel Farage, a cui la banca Coutts – controllata in parte dal governo – ha chiuso il conto non per ragioni economiche, ma per le sue opinioni sulla Brexit e i legami con Trump. Secondo un’inchiesta del Daily Mail, nel Paese vengono chiusi circa mille conti al giorno. Le banche giustificano le decisioni con l’“etica aziendale” o con la definizione di “politically exposed person”, ma di fatto esercitano un potere censorio che limita la libertà individuale. Non solo privati, ma anche aziende, enti di beneficenza e giornalisti vengono colpiti per il reato di opinione. Tra le vittime figurano il giornalista Simon Heffer e il blogger scozzese Stuart Campbell. Questa deriva, aggravata dalla progressiva eliminazione del contante, mette a rischio la democrazia, trasformando le banche in arbitri delle opinioni politiche e strumenti di censura economica. In Germania è accaduto ad Alina Lipp, giornalista divergente e corrispondente dal Donbass, in Italia la scure finanziaria ha colpito l’emittente Visione TV e l’associazione Vento dell’est con l’accusa di “filoputinismo”.
La reazione delle istituzioni finanziarie nei confronti di Baldan non può che suscitare preoccupazioni tra coloro che vedono in questo comportamento un tentativo di silenziare le voci divergenti. La chiusura dei conti e le ritorsioni subite dall’autore sono state interpretate come un segnale di come le lobby possano influenzare non solo le politiche, ma anche la vita privata e professionale di chi osa sfidarle. Il caso Baldan mette a nudo un cortocircuito tra potere finanziario e governance europea. L’autore di Ursula Gates aveva invocato la trasparenza sui contratti Pfizer e sulla catena di decisioni che, dal World Economic Forum all’OMS, hanno condizionato le politiche sanitarie dell’Unione. Oggi viene trattato come un paria. Nel suo ultimo messaggio su X scrive: «L’intimidazione non funziona. Rafforza solo il nostro impegno». La solidarietà che chiede non è ideologica ma civile: acquistare il libro, diffondere la notizia, rompere il silenzio. Perché la libertà d’espressione, privata di mezzi e voce, si spegne nell’indifferenza. Il Pfizergate non è soltanto uno scandalo di contratti segreti, ma il simbolo di un nuovo ordine in cui le istituzioni che predicano l’inclusione praticano, invece, l’esclusione. Baldan diventa così il volto di una resistenza che attraversa l’Europa: quella di chi rifiuta di essere silenziato per via bancaria e che pretende verità e trasparenza. La vicenda belga dimostra che questa battaglia non è finita: è appena iniziata. E si combatte oggi sul terreno più fragile, quello della libertà economica, ultimo baluardo della libertà politica e civile.
Nordstream: estradizione per il cittadino ucraino arrestato
La Corte d’Appello di Bologna ha disposto l’estradizione verso la Germania per Serhii Kuznetsov, cittadino ucraino accusato di avere manomesso i gasdotti Nordstream 1 e Nordstream 2 nel 2022. La decisione della Corte d’Appello segue una analoga disposizione adottata lo scorso settembre, fermata dalla Cassazione. Kuznetsov è stato arrestato a Rimini lo scorso 21 agosto, su mandato d’arresto europeo emanato dalla Germania. Nord Stream 1 e Nord Stream 2 (che non entrò mai in funzione) erano due gasdotti sottomarini situati nel Baltico usati dall’agenzia energetica russa Gazprom per trasportare gas russo verso la Germania. Nel 2022, i due gasdotti furono oggetto di un attentato che le indagini valutarono come un atto di sabotaggio. Nessuno ha reclamato l’attacco.
Lituania: chiuso il confine con la Bielorussia
La Lituania ha deciso di chiudere temporaneamente tutti i confini con la Bielorussia dopo che diversi palloni aerostatici sarebbero entrati nel territorio del Paese con il fine di contrabbandare sigarette. La decisione di chiudere i confini segue l’analoga chiusura dell’aeroporto di Vilnius avvenuta ieri; il prossimo mercoledì 29 ottobre è stata fissata una riunione di governo per confermare la misura. La Lituania ha anche detto che si riserva il diritto di abbattere eventuali palloni aerostatici che entrano nel proprio territorio, accusando la Bielorussia di agevolarne il transito come forma di «guerra ibrida». Minsk ha condannato la mossa della Lituania.
L’intelligenza artificiale è sempre più protagonista delle truffe sulle fatture
Molte aziende che avevano accolto l’arrivo dell’intelligenza artificiale con l’obiettivo di sfoltire i costi e aumentare vertiginosamente la produttività si trovano ora ad affrontare un uso imprevisto, ma estremamente comune, dello strumento: la frode. Negli ultimi mesi, sempre più imprese hanno segnalato la circolazione di note spese, fatture e ricevute contraffatte generate con strumenti di IA per la creazione di immagini che, complice la rapida evoluzione tecnologica, sono sempre più in grado di produrre falsificazioni sofisticate quasi indistinguibili dai documenti autentici.
Piattaforme di controllo delle spese come AppZen e Ramp hanno registrato un’impennata di casi sospetti: AppZen ha rilevato che a settembre 2025 circa il 14% dei documenti fraudolenti individuati era generato da sistemi di intelligenza artificiale, mentre solo l’anno precedente la percentuale era prossima allo zero. Ramp, dal canto suo, ha intercettato oltre un milione di dollari di fatture false in appena un trimestre. Questi numeri indicano una diffusione capillare della falsificazione digitale, anche perché le nuove ricevute sintetiche non sono più semplici immagini grossolane bensì riproduzioni accurate di documenti autentici, complete di loghi, codici a barre, numeri fiscali coerenti, subtotali aritmeticamente corretti e persino texture e pieghe della carta. La qualità è tale che anche revisori esperti e addetti ai controlli faticano a distinguere con certezza un documento reale da uno generato da un algoritmo.
I dati, riportati inizialmente dal Financial Times, evidenziano come l’intelligenza artificiale abbia reso estremamente semplice e rapida la creazione di contenuti visivi realistici, abbattendo in maniera sensibile la necessità da parte dei truffatori di padroneggiare competenze grafiche o di avere accesso a strumenti professionali. Bastano pochi comandi testuali per generare ricevute credibili, mentre i sistemi di controllo tradizionali basati su verifiche visive o riconciliazioni manuali faticano a individuare le manipolazioni prodotte da modelli avanzati. Inoltre, le immagini sintetiche possono eludere facilmente i controlli digitali rimuovendo i metadati o trasformando i file in screenshot, il che rende quasi impossibile risalire alla loro origine.
Il problema si inserisce in un quadro più ampio di crescita generale delle frodi digitali. Secondo quanto divulgato da UK Finance del Regno Unito, nel primo semestre del 2025, le perdite totali per attività fraudolente hanno superato i 629 milioni di sterline, con un incremento del 3% rispetto all’anno precedente. Tra le forme più diffuse si segnalano truffe sugli investimenti e frodi legate alle criptovalute, spesso alimentate da deepfake o da falsi endorsement digitali. Secondo la Polizia Postale, nel 2024, in Italia, le segnalazioni di truffe online sono aumentate del 15% rispetto il campione dell’anno precedente, mentre le somme sottratte sono passate da 137 milioni di euro a 181 milioni, un incremento di circa il 32%. Nella maggior parte questi casi sono caratterizzati da tecniche ben note – phishing, raggiri, schemi piramidali –, tuttavia un report di Experian Italia avvisa che il 73% degli esperti intervistati in Italia e all’estero ritiene che l’IA generativa abbia modificato in modo permanente il panorama delle frodi.
Uno spaccato più ampio era stato offerto nel maggio 2024 da Deloitte, la quale stimava che l’impatto complessivo delle frodi basate su intelligenza artificiale nel settore finanziario potrebbe arrivare a toccare i 40 miliardi di dollari entro il 2027, qualora non vengano adottate misure di contenimento efficaci. La stessa Deloitte ha poi prodotto per il governo australiano un rapporto che, appoggiandosi sui modelli di intelligenza artificiale, conteneva al suo interno numerose citazioni inventate di sana pianta. Colta in flagrante, il gigante della consulenza fiscale ha rimborsato in parte i costi della sua commissione.
Il fenomeno delle ricevute generate dall’IA è la punta dell’iceberg di una trasformazione più ampia e contrastare questa ondata di frodi richiederà una revisione profonda dei meccanismi di controllo e delle strategie di sicurezza aziendale. Le difese devono includere soluzioni tecnologiche avanzate, magari basate a loro volta sull’IA, ma anche cambiamenti organizzativi profondi: aggiornamento delle policy interne, controlli incrociati sistematici, formazione mirata del personale e l’adozione di una cultura del controllo continuo. Le aziende devono promuovere un maggiore grado di attenzione e di spirito critico, valori che si muovo in antitesi a quella fantasia manageriale che vorrebbe scaricare sulle macchine funzioni cognitive al fine di aumentare il carico di lavoro pro capite dei singoli dipendenti.
Libano: l’UNIFIL abbatte un drone israeliano
La Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite (UNIFIL) hanno annunciato di avere abbattuto un drone israeliano. Il drone è stato abbattuto ieri pomeriggio attorno alle 17:45, nei pressi della zona di Kfarkila, nel sud del Libano, perché il velivolo si era avvicinato a una pattuglia ONU e aveva sganciato una granata. «Pochi istanti dopo», comunica l’UNIFIL, «un carro armato israeliano ha sparato contro le forze di peacekeeping». Non sono stati registrati feriti. Israele ha commentato la vicenda sostenendo che il drone stesse svolgendo una missione di ricognizione. L’episodio di ieri segue diverse altre aggressioni lanciate da Israele nei confronti dei militari dell’ONU, una delle quali nella medesima area.
L’Argentina non si è stancata del liberismo: Milei vince le elezioni di metà mandato
«Oggi è una giornata storica»: così il presidente argentino Javier Milei ha celebrato la sorprendente vittoria alle elezioni legislative di metà mandato di ieri, domenica 26 ottobre. Con la promessa all’elettorato di proseguire con le riforme economiche intraprese, ha inoltre annunciato che l’Argentina avrà il parlamento «più riformista della storia». Si votava per rinnovare circa la metà dei seggi della Camera dei Deputati e un terzo di quelli del Senato: il partito di Milei, La Libertad Avanza (LLA), ha ottenuto quasi il 41% dei voti e ha vinto nelle sei più grandi province del Paese, tra cui quella di Buenos Aires, dove aveva subito una pesante sconfitta nelle elezioni provinciali del 7 settembre scorso. La principale forza di opposizione, la coalizione peronista di centrosinistra, si è fermata al 31%. L’affluenza è stata del 67,85%, un dato record dal ritorno della democrazia nel 1983, che conferma un calo della partecipazione degli elettori. La vittoria, che ribalta tutti i pronostici, è stata celebrata sui social dal presidente statunitense Donald Trump, che è intervenuto direttamente nella campagna elettorale con un piano di aiuti all’economia argentina e ha più volte minacciato di interromperlo nel caso in cui il suo alleato Milei fosse uscito sconfitto dalle urne.
L’Argentina, invece di archiviare la stagione delle ricette ultraliberiste, sembra volerla rilanciare, come se il dolore economico fosse solo un effetto collaterale necessario della “cura Milei”. Una cura che molti economisti definiscono “tossica”, ma che l’elettorato ha deciso di confermare, scommettendo ancora una volta sul presidente argentino, nonostante il calo di popolarità. Alcuni scandali, infatti, lo hanno coinvolto personalmente, a partire dal caso del meme-coin “Libra”, una cripto-moneta che Milei aveva promosso sui social, poi tracollata in borsa rovinando centinaia di investitori. Negli ultimi sei mesi, era sembrato che La Libertad Avanza dovesse ridimensionare i suoi obiettivi in queste elezioni, abbandonando le speranze di cambiare radicalmente la situazione in parlamento, controllato dalle opposizioni. Nell’ultimo comizio che si è tenuto giovedì nella città di Rosario, Milei già non brandiva più l’iconica motosega e ha chiamato gli elettori a «non arrendersi» e a «cambiare l’Argentina sul serio», promettendo per la seconda parte del mandato «le riforme di cui il Paese ha bisogno».
Dietro la narrazione trionfalista, l’Argentina resta un Paese lacerato. Dal suo insediamento nel dicembre 2023, Javier Milei ha promesso una “rivoluzione libertaria” fondata su drastici tagli allo Stato, deregolamentazione e più potere al mercato. Con il decreto urgente 70/2023 ha smantellato numerose leggi sociali e liberalizzato settori strategici come affitti, sanità, commercio estero e ambiente. In pochi mesi, l’inflazione – pur ridottasi rispetto ai picchi del 2023 – ha continuato a erodere i redditi, mentre i salari pubblici sono stati congelati e le sovvenzioni energetiche cancellate. Il deficit ha superato i tre miliardi di dollari nel secondo trimestre del 2025, aggravando la crisi sociale. Le classi medie si sono impoverite, i ceti popolari sono precipitati nella precarietà e le proteste sono tornate a moltiplicarsi nelle strade di Buenos Aires e nelle province. In questo scenario, gli Stati Uniti sono intervenuti con una linea di credito da 20 miliardi di dollari per sostenere le riserve della banca centrale argentina, un salvataggio politico che somiglia a un guinzaglio: l’Argentina, ancora una volta, si ritrova legata agli interessi geopolitici e finanziari degli Stati Uniti, che non regalano denaro, ma comprano influenza. Il prestito prevede nuove privatizzazioni, ulteriori tagli e un’apertura ancora più ampia al capitale straniero, accentuando la dipendenza del Paese da interessi esterni e riducendo la sua autonomia politica. L’appoggio plateale di Donald Trump alla campagna di Milei, culminato in un endorsement entusiasta, è il segnale più chiaro di questa convergenza: due populismi, due volti dello stesso capitalismo selvaggio.
Eppure, molti argentini hanno visto in Milei l’unico uomo disposto a “fare piazza pulita”. Il linguaggio della rottura, della rabbia contro “la casta”, ha funzionato meglio di qualsiasi programma economico. Le sue comparsate in televisione, i discorsi infuocati, il richiamo all’ordine e alla libertà assoluta hanno sedotto un elettorato esasperato, disposto a sacrificare persino le tutele sociali pur di punire il sistema politico tradizionale. Oggi, l’Argentina si risveglia con un governo più forte e un popolo più fragile. Milei può vantarsi di aver vinto la battaglia politica, ma la guerra economica è tutt’altro che conclusa: la sua “motosega” non ha tagliato gli sprechi, ha tagliato semmai il tessuto sociale. Dietro i sorrisi delle piazze e i tweet di congratulazioni americani, si intravede una nazione che rischia di essere svenduta a pezzi, tra shock economico e dipendenza estera. La sua vittoria non è la prova che l’Argentina crede nel neoliberismo: è la prova che non riesce più a immaginare un’alternativa. Milei potrà contare ora su un Parlamento più favorevole, ma il suo programma resta divisivo e incerto nei risultati. Il prezzo della fedeltà dell’Argentina al liberismo rischia di essere altissimo: un Paese più disciplinato nei conti, ma più diseguale, più vulnerabile e meno sovrano. E finché la libertà verrà confusa con la legge del più forte, la motosega continuerà a ronzare, scavando solchi sempre più profondi tra chi ha tutto e chi non ha più nulla.









