sabato 22 Novembre 2025
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Il Marocco si scontra con la Spagna usando i migranti come arma

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Tra la notte di domenica 16 e il pomeriggio di lunedì 17 maggio 2021, più di 8000 migranti, prevalentemente marocchini, sono riusciti a raggiungere l’enclave spagnola di Ceuta. Tra questi c’erano anche almeno 1500 minorenni. Si sono mossi a piedi, con piccole imbaracazioni o a nuoto, approfittando della bassa marea. La Spagna ha risposto immediatamente, mandando l’esercito a bloccare gli arrivi e rimpatriando circa la metà dei migranti.

Il presidente di Ceuta Juan Jesús Vivas ha attribuito questo episodio, di portata senza precedenti, ad una “passività” delle autorità marocchine. Queste avrebbero lasciato che i migranti oltrepassassero i confini senza esercitare alcun tipo di controllo. Arrivi di migranti nordafricani attraverso le enclave di Ceuta e Melilla non sono una novità per la Spagna. Numeri così alti, però, non si erano ancora mai visti. Considerate le relazioni molto tese tra il Marocco e la Spagna, il sospetto generalizzato è che dietro questo episodio ci siano delle motivazioni di carattere politico.

Secondo il ministro dell’interno spagnolo Fernando Grande-Marlaska, a motivare questa lassità negligente da parte del Marocco sarebbe il fatto che la Spagna ha recentemente accolto in ospedale Brahim Ghali, considerato dalle autorità marocchine un nemico pubblico. Al momento l’uomo, che ha 73 anni ed è malato di covid, si trova a Logroño, nei Paesi Baschi.

Ghali è il leader del Fronte Polisario, movimento indipendentista dei Saharawi, un popolo berbero del Sahara occidentale. Quando il Marocco era colonia spagnola, il tribunale dell’Aja, nel 1975, aveva stabilito il diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi. Il Marocco però aveva negato loro tale diritto, portando ad una violenta ribellione. Nel 1991, il Marocco ha poi stipulato degli accordi con il popolo saharawi, ma ne ha nuovamente violato le condizioni. Recentemente, i Saharawi hanno quindi ripreso la lotta. Dopo più di 40 anni di conflitto, il Marocco ancora non riconosce il Fronte Polisario come legittimo. Le Nazioni Unite, e quindi anche la Spagna, invece lo riconoscono. Per questo il Fronte Polisario è al centro della rivalità tra i due paesi.

Per quanto un arrivo di migranti massiccio e motivato da ostilità politiche sia un fatto nuovo e inaspettato almeno per la Spagna, l’Europa è da un po’ che assiste a meccanismi di questo tipo. I migranti vengono utilizzati sempre di più come armi contro l’Unione Europea. Da anni la Turchia usa questo genere di tattica per ricattare l’Europa e lo stesso sembra star facendo anche la Russia con i rifugiati siriani. Oltre al fatto aberrante che dei disperati siano strumentalizzati politicamente da stati potenti e con forti interessi geopolitici, colpisce anche la fragilità dell’Europa, effettivamente terrorizzata e messa in scacco dalla sola idea di dover accogliere qualche migliaio di persone.

[di Anita Ishaq]

Embarco: presidio permanente dei lavoratori davanti sede Regione Piemonte

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Davanti alla sede della Regione Piemonte, in piazza Castello (Torino), è in corso un presidio permanente dei lavoratori dello stabilimento ex Embraco di Riva di Chieri. Nella giornata di oggi, i dipendenti della fabbrica hanno appeso in piazza le 400 lettere di licenziamento che hanno recentemente ricevuto. «In Italia lavorare è un diritto, tutto questo è vergognoso», hanno affermato i lavoratori.

Programma “Signature Reduction”: il reparto segreto del Pentagono è stato rivelato

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pentagono usa

In questi giorni la testata Newsweek ha portato alla luce i risultati di due anni di indagini che hanno esplorato alcuni impressionanti retroscena del Pentagono. Nello specifico, il giornale è riuscito a dipingere uno spaccato delle operazioni occulte che cadono in seno al Dipartimento della Difesa statunitense, evidenziando con una certa brutalità quanto il sistema di controllo a stelle e strisce sia a suo agio con l’aggirare quelle stesse regole che vorrebbe imporre alle altre nazioni.

A impressionare non è tanto il fatto che esistano manovre sottobanco – quello è scontato -, piuttosto la loro portata: il rapporto pubblicato stima che l’“armata segreta” sia composta da almeno 60.000 collaboratori, una mole umana che supera di decine di volte le dimensioni degli operatori clandestini che sono a disposizione della CIA. Anche messa così, si tratta di una stima per difetto, visto che ovviamente non esiste alcuna traccia formale dell’esistenza del programma – noto informalmente come “signature reduction” – e che molte di queste strategie vengano subappaltate ad aziende private che ben si guardano dallo scoprire le proprie carte.

Contratti classificati da 900 milioni di dollari all’anno sarebbero infatti siglati con circa 130 ditte che si preoccuperebbero in prima persona di intavolare manovre che violano le leggi nazionali, i codici di condotta militari e le Convenzioni di Ginevra. Circa la metà di queste si occuperebbe del gestire i famigerati “contractors” militari, ovvero coloro che un tempo venivano più opportunamente etichettati come “mercenari”; soldati ombra e personale sotto copertura che si fa pochi problemi a intervenire abusivamente nelle aree critiche del mondo, soprattutto in Medio Oriente e in Africa, ma anche nella Corea del Nord.

Non mancano all’appello neppure ditte che si destreggiano in quel genere di attività tipicamente legate ai film di spionaggio: modellazione di protesi in lattice con cui mascherare gli agenti sul campo, creazione di documenti e identità falsi, produzione tecnica di accessori di spionaggio, gestione della burocrazia legata alle identità fasulle messe in circolazione e così via.

Ultimi, ma non ultimi, ci sono gli informatici, icyber fighters” che si occupano di rastrellare il web per recuperare tutte quelle “informazioni pubblicamente accessibili” che potrebbero garantire un vantaggio strategico sui propri avversari. All’interno del programma signature reduction, costituiscono la branca che sta crescendo più rapidamente, cosa che dovrebbe destare più di qualche preoccupazione.

Oltre a lanciarsi nello spionaggio sfrenato, questi team di esperti fungono infatti da omologhi a stelle e strisce delle cosiddette troll farm” russe, ovvero adottano identità digitali contraffatte per intavolare strategie atte a influenzare, manipolare e inquinare le discussioni in atto sui social media. Molti di questi operativi rispondono, direttamente o indirettamente, alla National Security Agency (NSA), l’Intelligence della Difesa, tuttavia si starebbe progressivamente creando una costola separata e ufficiosa, ma anche estremamente attiva.

A rendere il tutto più controverso è proprio il fatto che signature reduction sia stato creato tra gli interstizi che dividono le competenze ufficiali governativi, a cavallo tra il mondo della CIA e quello delle forze dell’ordine. Il programma si muove in un’area grigia con l’intento esplicito di giostrare manovre e azioni che aderiscono a quel genere di conflitto che il mondo militare definisce opportunamente “Gray Zone” e che identifica le schermaglie occulte con cui influenzare o distruggere la competizione senza che però si lasci traccia di un intervento formale e armato.

L’incrementale importanza di questo settore torbido sarebbe fomentata paradossalmente dalla crescente trasparenza pretesa dai Governi e dalle Amministrazioni. Molti Paesi stanno infatti ormai intavolando o adottando norme condivise che tracciano con meticolosità merci e viaggiatori, inoltre anche la sfera virtuale sta avendo a che fare con numerosi stravolgimenti che depotenziano quelle dinamiche che hanno consentito anni di abusi malcelati. Un mondo più cristallino obbliga insomma i promotori dello status quo a inabissarsi ancor più nel fango e sembra che nessuno ne sia veramente esentato, men che meno la nazione che per prima critica questi atteggiamenti di viscida aggressività.

[di Walter Ferri]

Il Marocco richiama ambasciatrice in Spagna

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Il governo marocchino ha richiamato la sua ambasciatrice a Madrid, Karima Benyaich, per consultazioni, poco dopo che la diplomatica è stata convocata alla sede del ministero degli Esteri in Spagna in merito all’arrivo di migliaia di migranti a Ceuta, l’enclave spagnola sulla costa africana.

Usa, report omesso nell’era Trump conferma l’origine umana del cambiamento climatico

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L’Ente per la protezione ambientale statunitense (Epa) ha affermato per la prima volta che il cambiamento climatico è causato, almeno in parte, dagli esseri umani. Il rapporto è del 2017, ma – almeno secondo le ricostruzioni di alcuni media americani– affiora solo ora poiché l’amministrazione Trump ne aveva impedito la pubblicazione. Di certo c’è che, sotto la guida dell’ex presidente repubblicano, il sito web degli indicatori sui cambiamenti climatici dell’agenzia non è stato aggiornato con la dovuta regolarità. Un membro dello staff dell’Epa, al tempo, aveva dichiarato a E&E News che il personale non era autorizzato ad aggiornare il sito web e che gli incaricati politici temevano che eventuali modifiche avrebbero avuto una rischiosa risonanza mediatica. Il rapporto presenta – trapela da un comunicato stampa dell’Epa – prove convincenti e chiare di una crisi climatica. Il leader repubblicano, date le sue posizioni scettiche, probabilmente per questo ne aveva rinviato, volutamente o indirettamente, la pubblicazione.

Le ondate di calore – si legge nel rapporto – sono passate da due all’anno negli anni ’60 a sei all’anno nel primo decennio del 2000. Dal 1960, poi, il livello del mare è aumentato lungo le coste statunitensi. In particolare – ha evidenziato il documento – intorno alla costa medio atlantica e del Golfo, dove alcune stazioni hanno misurato aumenti di oltre 20 centimetri. Le inondazioni costiere – confermano invece le ultime evidenze – stanno diventando più comuni: ora, sono cinque volte più frequenti nelle città esaminate rispetto agli anni ’50. E il ghiaccio marino artico si sta assottigliando: l’estensione minima della sua copertura si è ridotta ogni estate.

Nel complesso, quindi – ha appurato l’Epail clima della Terra sta cambiando. Cosa che è sempre avvenuta nel corso delle ere geologiche ma mai a queste velocità. Le temperature sono ovunque in aumento, l’andamento delle precipitazioni è alterato e gli eventi climatici più estremi sono già una realtà. “Molti di questi cambiamenti osservati – ha affermato l’agenzia – sono legati all’aumento dei livelli di anidride carbonica e altri gas serra generati dalle attività umane“. Le evidenze contenute nel rapporto, emergono dall’analisi di una serie di indicatori sviluppati dall’Epa e sottoposti a revisione paritaria da parte di ricercatori specializzati indipendenti.

[di Simone Valeri]

Israele-Gaza, proposta all’Onu per un cessate il fuoco

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In coordinamento con Egitto e Giordania, la Francia ha presentato all’Onu – presso il Consiglio di Sicurezza – una risoluzione che punta ad un cessate il fuoco tra Israele e Gaza. L’ambasciatore cinese all’Onu, Zhang Jun, ha dato il pieno appoggio della Cina. Nessuna risposta è ancora arrivata da parte USA.

Covid, l’Italia blocca il vaccino nazionale e sceglie di stare sotto Big Pharma

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La Corte dei Conti ha bloccato il finanziamento per lo sviluppo e la produzione del vaccino anti Covid dell’azienda italiana ReiThera, per il quale doveva essere effettuata la terza ed ultima fase di sperimentazione. La magistratura contabile ha infatti comunicato tramite una nota di non aver registrato il decreto relativo all’Accordo di sviluppo sottoscritto dal ministero dello Sviluppo economico, da Invitalia spa e dalla Società ReiThera srl, che prevedeva un finanziamento da 50 milioni di euro su un totale di 80 milioni previsti dal cosiddetto “Decreto rilancio”. Esso è stato ricusato per motivi tecnico-giuridici, di cui però non si conosco i dettagli. Così, in seguito a tale pronunciamento sono subito arrivate le reazioni dei ricercatori ReiThera, tra cui Paolo Maggi, l’infettivologo che coordina la sperimentazione. «Questione tecnica e amministrativa, i cui dettagli sono oscuri anche a me», ha affermato Maggi, che ha sottolineato come il siero italiano abbia una «efficacia buona ed effetti collaterali ridotti, in linea con gli altri vaccini». A tal proposito, ha anche aggiunto che non sviluppare un marchio italiano equivalga ad essere «schiaffo di Big Pharma e delle aziende straniere».

Il vaccino ReiThera sarebbe stato pronto in autunno (periodo in cui la campagna vaccinale potrebbe essere quasi conclusa), ma da tempo ricercatori e autorità danno praticamente per scontato che si procederà con richiami periodici negli anni a venire. A tal proposito, la stessa Pfizer ha profetizzato che in futuro si passerà da una situazione pandemica ad una situazione endemica ed il prezzo dei suoi vaccini aumenterà. Già al giorno d’oggi i paesi europei versano a Pfizer un costo medio di 15,50 euro per ogni dose. Moltiplicandolo anche solo per 40 milioni di italiani si ottiene una spesa di 600 milioni di euro. Una cifra di gran lunga maggiore rispetto a quella che sarebbe stata spesa per lo sviluppo e la produzione dei vaccini ReiThera. A tutto ciò si aggiunga il fatto che, secondo quanto dichiarato da Paolo Maggi, il vaccino italiano non sarebbe stato utile solo nella campagna vaccinale anti-Covid ma anche a sviluppare la ricerca su altre malattie. «In futuro avremo bisogno delle stesse tecnologie per creare vaccini contro influenza, Hiv, cancro e tanto altro» e conseguentemente si sarebbe potuto «risollevare un settore scientifico in cui abbiamo le carte in regola per tornare a primeggiare».

Insomma, tramite tale decisione si è impedito all’Italia di poter controllare e gestire la produzione di vaccini, in una prospettiva di autonomia e maggior tutela pubblica. Ma, a quanto pare, si è scelto di dipendere ancora una volta dalle multinazionali estere.

[di Raffaele De Luca]

Nave militare USA nello stretto di Taiwan, ira di Pechino

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Il cacciatorpediniere Uss Curtis Wilbur ha attraversato lo Stretto di Taiwan provocando la reazione avversa della Cina che ha accusato gli Stati Uniti di minacciare la pace e la stabilità regionale. Sul proprio sito, la Settima Flotta ha definito l’operazione come di «routine»  e in linea con il diritto internazionale, a dimostrazione «dell’impegno degli USA per un Indo-Pacifico libero e aperto».

In 20 anni le foreste sono aumentate di un’area grande quanto la Francia 

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Bellissima notizia per il nostro pianeta che, grazie a venti anni di piani di conservazione, oggi ha una superficie forestale grande quanto la Francia. Dal 2000, infatti, è avvenuta la ricrescita di circa 60 milioni di ettari in grado di assorbire 5,9 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Una quantità di gas che supera quella emessa annualmente dagli Stati Uniti. Lo conferma Force of Nature – Mapping Forest Regeneration Hotspots pubblicato da WWF, Birdlife International e Wildlife Conservation Society (WCS) su Trillion Trees: si tratta della rigenerazione di un grandissimo bosco che conta tra i 22 e i 25 miliardi di nuovi alberi. Solo una piccola parte di questo è dovuta alle piantumazioni, il resto si deve alle misure di preservazione che hanno permesso la ricrescita spontanea della flora. Si parla quindi di rigenerazione delle foreste naturali, che consiste nell’adottare un approccio il quale permette il ripristino dei boschi limitando al minimo l’intervento umano. Ciò significa piantare alberi autoctoni, recintare il bestiame e quindi delimitare le aree di pascolo, rimuovere le specie invasive o non fare proprio nulla.

Le tre ONG hanno redatto una mappa servendosi di dati satellitari e analisi del telerilevamento, con il contributo di esperti provenienti da 29 paesi. Mappatura che presenta la panoramica delle aree dove il verde ha iniziato a riprendere vita. In Europa, ad esempio, è avvenuta una rigenerazione naturale nelle zone dei Balcani, al nord della Grecia e in tutta la dorsale centrale della Scandinavia. Stessa cosa in Mongolia settentrionale, Siberia, Cuba, Canada nord-occidentale e nell’Amazzonia brasiliana, “l’hotspot” più promettente con 4,2 milioni di ettari rigenerati. Questa forte ripresa della natura in alcune aree della Terra è indubbiamente un avvenimento più che positivo, ma che non deve far mollare la presa sulla preservazione dell’ambiente. A gennaio il WWF ha pubblicato uno studio riguardante 24 aree del mondo dove, dal 2004 al 2017, la deforestazione ha portato alla rovina un’area grande quasi quanto il doppio del Regno Unito. 

Gi studiosi sono quindi stati chiari: per far fronte al pericoloso cambiamento climatico, è più che necessario arrestare la deforestazione e ripristinare le foreste. È stato confermato che, la rigenerazione naturale, è spesso più economica e migliore per la biodiversità, rispetto alle foreste piantate attivamente. Pertanto, questa ricerca, mostrandoci dove e perché la flora selvatica sta rinascendo, ci suggerisce come ricreare tale condizione in altre parti del globo.

[di Eugenia Greco]

 

Migranti: naufragio al largo della Tunisia, almeno 57 morti

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Il naufragio di un’imbarcazione di fortuna al largo della Tunisia ha provocato la morte di almeno 57 migranti. Lo ha comunicato la Mezzaluna Rossa tunisina su Twitter, la quale ha anche affermato che altre 33 persone presenti sulla barca sono invece state salvate. L’imbarcazione era diretta in Europa.