domenica 19 Ottobre 2025
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American Bitcoin: cos’è la criptovaluta lanciata dalla famiglia Trump

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Alla sua prima giornata di quotazione sul Nasdaq, la società American Bitcoin (ticker ABTC), creata da Eric Trump e Donald Trump Jr., ha visto il trading sospeso per ben cinque volte a causa di brusche fluttuazioni di prezzo. Le azioni sono schizzate fino a un +85%, raggiungendo circa 14 dollari per azione, per poi ritirarsi intorno a 9,80 dollari al momento della ripresa delle contrattazioni. Questo debutto estremamente volatile ha spinto la Borsa a fermare il processo di compravendita diverse volte solo nella prima ora di scambi. Al momento della chiusura, il titolo ha comunque chiuso con un guadagno significativo di circa il 16-17%, segnalando tanto entusiasmo quanto fragilità strutturale. Questa successione di stop-trade è sintomatica: da un lato l’alto mostra l’interesse speculativo e l’attenzione di Wall Street verso il settore crypto in maturazione, dall’altro l’instabilità di un asset che è insieme simbolo politico e prodotto finanziario. Il debutto caotico ha acceso dubbi sulla solidità dell’iniziativa e sui rischi di speculazione, mentre la visibilità resta amplificata dal “marchio Trump”, che mantiene un fascino indiscutibile nei circuiti globali e tra certi investitori.

La nascita di American Bitcoin può essere fatta risalire alla primavera del 2025, come spin-off da attività nel settore delle infrastrutture digitali, ma le sue radici affondano in una serie di incontri informali e articolati. Tutto è cominciato intorno a fine 2024, quando Eric Trump e alcuni dirigenti di alto profilo del settore energia e mining di Hut 8 si ritrovarono a bordo campo del Trump Golf Club di Jupiter, in Florida, a discutere del potenziale di un’alleanza per il mining di bitcoin. Quel confronto informale divenne l’incubatore di una nuova realtà: una società creata per trasformare visione e know-how in un progetto minerario concreto, fondata formalmente il 1º aprile. La struttura del gruppo riflette un preciso quadro societario: l’80% è controllato da Hut 8, di cui il CEO Asher Genoot è il maggiore investitore, mentre il restante 20% è detenuto dalla famiglia Trump e dai precedenti soci di American Data Centers, la loro precedente impresa tecnologica. Eric Trump, oltre che cofondatore è il responsabile della strategia aziendale ed è diventato miliardario dopo che le azioni di American Bitcoin, sono schizzate alle stelle al debutto in Borsa. Il suo ruolo consiste, tra l’altro, nel trasformare capitali e notorietà in opportunità d’investimento, grazie sia a una rete di contatti globali, sia all’appeal narrativo legato al progetto e al cognome “Trump”.

La struttura operativa non riguarda solo il capitale: sin dal lancio, l’azienda ha puntato su tre linee di azione integrate. La prima sfrutta gli impianti di mining, situati in zone con energia a buon costo, per produrre bitcoin a costi inferiori rispetto all’acquisto sul mercato. L’impegno economico è, infatti, enorme: oltre alle infrastrutture, l’azienda deve sostenere costi operativi elevati per garantire efficienza e sicurezza. A maggio, il presidente ha firmato un ordine esecutivo per promuovere l’espansione dell’energia nucleare negli Stati Uniti, il che rappresenterebbe una agevolazione per i centri dati di ogni tipo. In parallelo, la società usa i profitti per accumulare una riserva di bitcoin considerata patrimonio strategico. In questo modo, non si limita a produrre criptovaluta, ma si propone anche come custode di un asset percepito come “oro digitale“, diversificando i ricavi tra estrazione e apprezzamento di mercato. Infine, pianifica un’espansione che tocchi settori legati all’ecosistema bitcoin, mirando a diventare una piattaforma solida e strutturata. Il modello di business poggia su solide fondamenta industriali: impianti aperti sul territorio americano e canadese, con capacità energetiche che superano il gigawatt, e un parco macchine all’avanguardia. American Bitcoin ha, infatti, ereditato una vasta flotta di dispositivi ASIC (Application Specific Integrated Circuit, macchine essenziali per estrarre bitcoin e criptovalute), oltre a diritti contrattuali per ulteriori decine di migliaia di macchine in arrivo. Questo conferisce al gruppo una posizione operativa imponente, con un potenziale di generazione significativamente superiore a molte aziende pure-play, che si concentrano su un unico settore, evitando la diversificazione. Se nel primo trimestre di attività, aveva già prodotto 215 bitcoin e raccolto capitali importanti, in un documento depositato presso la SEC nel settembre 2025, la società ha dichiarato di possedere 2.443 bitcoin, per un valore di circa 269 milioni di dollari.

Questa impostazione differenzia American Bitcoin da meme coin e stablecoin “politici” (come quelli legati al nome Trump o al governo argentino di Javier Milei), che si reggono sull’hype, ossia sull’eccitazione e sull’interesse speculativo rapido intorno all’attività di mining: queste esperienze hanno mostrato come i cosiddetti meme coin siano spesso assimilabili a oggetti digitali da collezione, scarsamente regolamentati, più utili a operazioni di immagine e a dinamiche speculative che a costruire ecosistemi economici solidi. In American Bitcoin, invece, c’è un approccio industriale fatto di impianti tecnologici, consumo energetico, personale qualificato, logistica e un’infrastruttura che punta a consolidarsi tra i grandi operatori globali, seppur esposta alla volatilità tipica del settore. Sebbene Eric Trump abbia respinto come “folli” le accuse sul conflitto di interessi, la dimensione politica resta centrale. Insieme alle precedenti azioni crypto dei Trump, che includono un meme coin, una stablecoin e un investimento di tesoreria in bitcoin di 2,5 miliardi di dollari per Trump Media & Technology Group, American Bitcoin sta contribuendo a consolidare ulteriormente l’influenza della famiglia su questo ecosistema finanziario in crescita e sempre più legato a istituzioni e governi. La società si inserisce in questa strategia multilivello, dove solidità operativa e visibilità politica si intrecciano. Se il mining rappresenta la parte “marginale” e meno glamour delle criptovalute, il legame con la presidenza lo trasforma in un progetto simbolico. La differenza con i token effimeri è evidente, ma il confine tra impresa e propaganda resta labile. È in questa zona grigia che si gioca il futuro di American Bitcoin: un progetto che si presenta come industriale e operativo, ma che porta con sé le stesse dinamiche di volatilità, speculazione politica e spettacolarizzazione che hanno contraddistinto – suppure su basi diverse – l’epoca delle monete meme.

Regno Unito: 900 arresti tra i manifestanti in supporto di Palestine Action

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La polizia britannica ha annunciato di aver arrestato 890 persone durante una manifestazione a sostegno di Palestine Action, gruppo di attivisti che si batte per i diritti del popolo palestinese portando avanti azioni di sabotaggio messo al bando dal governo britannico. I manifestanti sono stati arrestati in seguito a una protesta tenutasi sabato nei pressi del parlamento del Paese, nel centro di Londra. Si tratta del numero più alto di arresti in una singola protesta nel Regno Unito. La Gran Bretagna ha messo al bando Palestine Action lo scorso luglio, dichiarandola una organizzazione terrorista. La decisione dell’esecutivo britannico è arrivata dopo che alcuni attivisti hanno fatto irruzione in una base della Royal Air Force danneggiando aerei militari.

L’evento, organizzato dal gruppo Defend Our Jury, ha visto circa 1.500 persone radunarsi in Parliament Square, a Westminster, nella cornice di una protesta pacifica ma deliberatamente sfidante verso il divieto imposto lo scorso luglio. I manifestanti si sono seduti tenendo in mano cartelli con la scritta «Mi oppongo al genocidio, sostengo Palestine Action». Alle 13:00, ora locale, hanno alzato i loro cartelli in un gesto simbolico e coordinato. La risposta della polizia è stata immediata: gli agenti hanno iniziato gli arresti poco dopo, con passanti che gridavano «Vergognatevi» e «Met Police, scegliete da che parte stare, giustizia o genocidio». Nello specifico, secondo la Metropolitan Police, 857 arresti sono stati effettuati per aver espresso sostegno a un’organizzazione proibita, reato punibile fino a 14 anni di carcere. Altri 33 riguardano differenti violazioni, tra cui 17 per aggressioni a pubblici ufficiali. Gli organizzatori hanno respinto le accuse definendole «francamente ridicole», ribadendo a gran voce che la protesta è stata pacifica e che a intraprendere condotte aggressive siano stati invece i membri della polizia. Molti degli arrestati, hanno sottolineato, sono pensionati e attivisti non violenti. Defend Our Juries ha denunciato una repressione sproporzionata e l’impossibilità pratica di applicare il divieto, parlando di «spreco di energie e risorse pubbliche».

A luglio, il governo laburista di Keir Starmer, su iniziativa dell’allora ministra degli Interni Yvette Cooper, ha vietato Palestine Action ai sensi del Terrorism Act. La decisione è seguita all’irruzione di alcuni attivisti in una base della Royal Air Force (RAF), dove hanno danneggiato due aerei cisterna imbrattandoli di vernice rossa, in segno di protesta contro il sostegno militare del Regno Unito a Israele. Palestine Action, nato nel 2020, ha spesso preso di mira aziende del settore difesa, tra cui Elbit Systems UK, accusata di legami diretti con l’esercito israeliano. Gli attivisti colpiscono anche aziende complici, come Leonardo, Thales, Teledyne e grandi gruppi finanziari come Barclays e JP Morgan, attraverso blocchi, occupazioni, sabotaggi e danneggiamenti. Le loro azioni hanno avuto un impatto concreto: diverse aziende hanno interrotto i rapporti con Elbit, fabbriche sono state chiuse o vendute, e importanti contratti – come il progetto Watchkeeper da 2,1 miliardi di sterline – sono stati cancellati. Palestine Action, movimento che si sta ora espandendo anche fuori dal Regno Unito, ha ottenuto risultati senza ricorrere a petizioni o appelli politici, ma puntando sull’interruzione diretta della produzione bellica.

Gli arresti degli attivisti si susseguono dal giorno della messa al bando del movimento. Lo scorso 9 agosto, erano state ben 466 le persone fermate dalla polizia nel quadro di un’ondata di proteste a Londra, segnando – almeno fino a sabato scorso, in cui la quota è stata sostanzialmente doppiata – un nuovo record per il numero più alto di arresti mai effettuati nella storia dalla polizia metropolitana in una singola protesta. Le autorità sostengono che le azioni del gruppo abbiano provocato danni milionari e compromesso la sicurezza nazionale. Anche il nuovo ministro dell’Interno, Shabana Mahmood, ha difeso la linea dura affermando che «sostenere la Palestina e sostenere un gruppo terroristico proscritto non sono la stessa cosa». Tuttavia, i leader del movimento hanno presentato ricorso contro la decisione del governo, ottenendo una prima sentenza favorevole dall’Alta Corte: il governo ha impugnato e un’udienza è prevista per il prossimo 25 settembre.

Attacco su un autobus a Gerusalemme: almeno 7 morti

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Questa mattina a Gerusalemme si è verificato un attacco su un bus nei pressi dell’incrocio Ramot, a nord della Città Santa. Da quanto riportano i media ebraici, gli autori dell’attacco, due persone armate, sarebbero arrivati in auto da Qatanah, nell’area di Ramallah. I due sarebbero saliti sul bus e avrebbero iniziato a chiedere i documenti ai passeggeri, identificandosi come controllori; uno di loro avrebbe poi aperto il fuoco, ferendo 11 persone e uccidendone almeno cinque. I due autori dell’attacco sono stati uccisi da un soldato e da un civile. In seguito all’attacco, le autorità hanno blindato Gerusalemme, mentre il ministro della Sicurezza Ben Gvir si è diretto sul posto.

Ucraina: imponente attacco aereo russo, in fiamme il palazzo del governo

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Ieri, domenica 7 settembre la Russia ha lanciato quello che sta venendo descritto come uno dei più imponenti attacchi sull’Ucraina dall’inizio della guerra, colpendo anche la capitale Kiev. L’attacco, sostengono le fonti ucraine, avrebbe impiegato 810 droni e 13 missili, e ha colpito il centro, il sud e l’est del Paese; secondo quanto riporta la stampa ucraina avrebbe provocato 4 vittime, e decine di feriti. A Kiev, il palazzo del governo ha preso fuoco, ma non è chiaro se l’edificio sia stato preso di mira direttamente dalle forze russe; il Cremlino sostiene di non avere attaccato il palazzo e i medi ufficiali russi si sono limitati a riportare la notizia dell’incendio. In seguito all’attacco, il presidente ucraino Zelensky ha criticato duramente la Russia, sostenuto dai propri alleati occidentali, compresa la premier italiana Giorgia Meloni; il presidente degli Stati Uniti Trump, invece, è tornato a parlare di sanzioni, minacciando ritorsioni verso Mosca.

L’attacco di ieri è stato lanciato nella notte ed è durato circa sette ore. Secondo quanto riporta il presidente ucraino Zelensky, la Russia avrebbe utilizzato 13 missili, di cui 9 missili da crociera e 4 balistici, e parte dei droni avrebbe attraversato il confine tra Ucraina e Bielorussia. Il ministero della Difesa sostiene di avere intercettato 747 droni e 4 missili da crociera. In totale sono state colpite 37 località ucraine, capitale compresa. A Kiev, riportano le fonti ucraine, sarebbero stati colpiti 12 edifici residenziali, e l’artiglieria russa sarebbe arrivata anche a Piazza Maidan e presso l’edificio del gabinetto dei ministri, che ha preso fuoco; limitandosi a guardare le stesse fonti, non risulta chiaro quali obiettivi siano stati colpiti intenzionalmente e quali siano stati danneggiati dai detriti causati dai sistemi di difesa ucraini. L’Ucraina riporta anche che a Zaporizhia sarebbero state colpite 20 case e un asilo; a Kryvyj Rih, invece, sarebbero stati presi di mira dei magazzini. Sarebbero infine stati attaccati un grattacielo residenziale a Odessa, la città di Safonivka (nella regione di Sumy), quella di Kremenchuk (a Poltava), e la regione di Černihiv. In totale, l’attacco avrebbe causato 4 morti, tra cui un bambino e la madre, e 44 feriti. La Russia ha smentito di avere preso di mira edifici residenziali e il palazzo governativo di Kiev, affermando che gli unici obiettivi dell’attacco fossero di natura militare.

Con l’attacco di ieri, la già precaria situazione diplomatica ha fatto passi indietro. I leader europei hanno fatto fronte comune con Zelensky, che sostiene di avere parlato con il presidente francese Emmanuel Macron. In generale, la linea è quella di una generale condanna, contornata da accuse nei confronti della Russia di volere continuare la guerra e da una generale chiamata alle sanzioni. Anche gli Stati Uniti hanno discusso del tema delle sanzioni, con il Segretario del Tesoro Scott Bessent che ha detto che il Paese è pronto a inasprire le contromisure nei confronti della Russia. «Faremo crollare l’economia russa», ha detto Bessent, «ma serve che gli alleati europei ci seguano». Bessent ha suggerito l’idea di varare “sanzioni secondarie” nei confronti degli idrocarburi russi, ossia di colpire chi compra gas e petrolio da Mosca.

Torino, operaio muore cadendo dal cestello di una gru

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Tragedia sul lavoro questa mattina in via Genova a Torino, dove un operaio di 69 anni, di origini egiziane, ha perso la vita cadendo dal cestello di una gru che operava a circa dodici metri d’altezza. L’incidente è avvenuto intorno alle 7.30, per cause ancora da chiarire. Un altro lavoratore è rimasto ferito. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118 Azienda Zero, i carabinieri della stazione Lingotto e gli ispettori dello Spresal. Nella medesima via, il 19 dicembre 2021, tre operai avevano perso la vita in un crollo analogo, precipitando da 40 metri mentre stavano assemblando una torre edile con una gru.

Bruxelles: decine di migliaia di persone in piazza per la Palestina

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Decine di migliaia di persone sono scese in piazza per manifestare a sostegno del popolo palestinese e chiedere all’UE di prendere misure contro Israele. Le forze dell’ordine parlano di 70mila manifestanti, ma secondo gli organizzatori la manifestazione avrebbe visto la partecipazione di 110mila persone. Tra i presenti, diverse ONG e organizzazioni umanitarie. Nel corso del corteo, i dimostranti hanno tracciato una linea rossa per simboleggiare che Israele ha superato il limite.

L’Australia istituisce un parco nazionale per proteggere i koala e le foreste

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In Australia, nello Stato del Nuovo Galles del Sud, il governo Minns ha annunciato la creazione di un nuovo parco nazionale, il Great Koala National Park, allo scopo di proteggere i koala. Il governo ha anche disposto il divieto immediato (seppur temporaneo) di abbattere alberi all'interno del parco, integrato da un piano a sostegno dei lavoratori dell'industria e delle piccole imprese del legname delle comunità locali della regione. L'annuncio è considerato «storico» da parte delle comunità locali, che da oltre un decennio cercavano di spingere i governi a creare un parco per proteggere i koa...

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L’Italia femminile di pallavolo è campione del mondo

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La nazionale italiana femminile di pallavolo ha vinto il campionato mondiale del 2025, ospitato dalla Thailandia. In finale, le azzurre si sono scontrate contro la Turchia, vincendo con un punteggio di 3 a 2. La nazionale femminile si è portata avanti al primo set, vincendo per 25 a 23; al secondo set, la Turchia ha accorciato le distanze, ma l’Italia è tornata in vantaggio al terzo. Dopo un’ulteriore vittoria turca, le azzurre hanno chiuso la partita al Tie Break per 15 a 8. Con questa vittoria, l’Italia femminile conquista il proprio secondo titolo mondiale, portandosi al quinto posto del medagliere generale. Le italiane avevano vinto il primo oro nel 2002, in una finale con gli Stati Uniti.

Mar Rosso, danno ai cavi sottomarini: interrotto internet

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I cavi sottomarini del Mar Rosso sono stati danneggiati, causando problemi di connettività in diversi Paesi dell’Asia. Secondo le ricostruzioni dei media e dei siti di monitoraggio, i cavi sarebbero stati tagliati, ma non è chiaro cosa abbia causato l’incidente. Il colosso tecnologico Microsoft ha annunciato che la regione mediorientale potrebbe subire rallentamenti della linea internet, e il sito di monitoraggio NetBlocks parla di interruzioni in India e Pakistan. Secondo NetBlocks, i tagli avrebbero interessato i sistemi di cavi SMW4 e IMEWE vicino a Jeddah, in Arabia Saudita.

Giappone: il premier si dimette

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Il premier giapponese Shigeru Ishiba ha annunciato le proprie dimissioni. L’annuncio arriva dopo le richieste da parte dell’opposizione, che hanno seguito la grave sconfitta alle elezioni dei parlamentari. Il premier si era inizialmente rifiutato di dimettersi per portare avanti le trattative con Trump. Ishiba, 68 anni, è un membro del Partito Democratico Liberale, ed era salito al potere meno di un anno fa. Rimarrà al governo fino a che non sarà trovato un successore.