Ieri, a Palm Springs, località californiana a circa 160 km a est di Los Angeles, è esplosa una bomba nei pressi di una struttura per la fertilità, uccidendo una persona e ferendone almeno altre quattro. La persona uccisa si trovava vicino a un veicolo rimasto coinvolto nell’esplosione della clinica, gestita dall’American Reproductive Centers. L’edificio è rimasto gravemente danneggiato dall’esplosione, aprendo un varco nelle pareti della struttura, e sembra che diversi altri edifici nella zona abbiano subito danni. Da quanto comunica Akil Davis, vicedirettore dell’FBI, le autorità hanno individuato un sospetto; i media statunitensi parlano di un 25enne di Twentynine Palms. Lo stesso FBI parla di un «atto di terrorismo intenzionale».
La Libia sta sprofondando nuovamente nel caos
Da circa una settimana, la Libia sta sprofondando nel caos. Tutto è iniziato con l’uccisione di Abdel Ghani Al Kikli, detto Gheniwa, capo dello Stability Support Apparatus (SSA), un’importante milizia armata del Paese affiliata al governo. Dopo la notizia della sua morte, a Tripoli sono scoppiati scontri per il controllo del territorio che tra escalation e apparenti momenti di stabilità sono andati avanti per giorni. Nel frattempo, nella Cirenaica, regione controllata dalla Libyan National Army (LNA) del generale Haftar, la situazione rimane incerta con Haftar che potrebbe approfittare delle tensioni per consolidare il suo potere nell’area orientale del Paese ed estendersi verso ovest. Il clima di instabilità ha raggiunto la stessa popolazione, che si è sollevata per chiedere le dimissioni del primo ministro Abdulhamid Dbeibah spingendo tre ministri ad abbandonare il governo e a prendere le parti dei cittadini.
La situazione di tensione in Libia è esplosa lo scorso lunedì 12 aprile, con l’uccisione di Al Kikli. Secondo le ricostruzioni apparse nei giorni seguenti sui media, Gheniwa sarebbe stato ucciso con un colpo alla testa da un proiettile di precisione mentre si trovava all’interno del quartier generale della 444ª Brigata di Combattimento nella zona di Salah al-Din, a sud di Tripoli. Diversi analisti sostengono che la natura dell’operazione indicherebbe un attentato pianificato e sospettano che dietro l’uccisione di Al Kikli ci possa essere lo stesso Dbeibah, che avrebbe voluto ridimensionare il sempre maggiore potere dell’SSA. L’SSA è una delle tante milizie affiliate al governo accusata di essere coinvolta nelle violenze sui migranti. In Italia si era recentemente parlato di Al Kikli poco dopo lo scoppio del caso Almasri, perché si era scoperto che anche lui, come il carceriere libico, era stato in visita in Italia.
Dopo la notizia dell’uccisione di Gheniwa, nella notte tra lunedì e martedì, Tripoli è stata teatro di violenti scontri iniziati per il controllo del territorio. Martedì il governo centrale ha annunciato la sospensione di tutti i voli all’aeroporto di Mitiga, nell’area metropolitana della capitale e ha in un primo momento dichiarato di avere ripreso il controllo della situazione. Tra martedì e mercoledì, tuttavia, gli scontri sono esplosi nuovamente: i più duri si sono verificati tra la Brigata 444, allineata al premier Dbeibah, e la Forza di Deterrenza Speciale (RADA), milizia a cui fa capo lo stesso Almasri subordinata al Consiglio presidenziale libico, ma ampiamente lontana dall’essere sotto il suo controllo. Gli scontri si sono concentrati nei quartieri di Souq al Juma e Ain Zara, ma hanno raggiunto la maggior parte della città. Mercoledì il ministero della Difesa del governo centrale ha annunciato un cessate il fuoco e lo schieramento di «forze neutrali» per ristabilire l’ordine. Secondo le prime ricostruzioni, questi scontri avrebbero provocato almeno sei morti, ma probabilmente la stima è ribassata. In totale, le fonti non ufficiali parlano di almeno una sessantina di vittime.
Dopo l’annuncio del cessate il fuoco, le forze della RADA si sono ritirate dalla città, mantenendo tuttavia salde alcune postazioni nei quartieri orientali di Tripoli, a Tariq al Shok, Dawwar ‘Awdat al Hayat, e al Istiraha al Hamra. Diversi Paesi, tra cui il governo italiano, hanno fatto evacuare i propri cittadini e la capitale sembra essere entrata in un precario equilibrio. Le manifestazioni sono sorte proprio nel mezzo di questa atmosfera di tensione: giovedì centinaia di cittadini sono scesi in piazza a Tripoli chiedendo le dimissioni di Dbeibah e secondo alcune ricostruzioni sarebbero stati repressi violentemente dalle forze dell’ordine, che avrebbero sparato sulla folla. Il giorno dopo, le proteste sono continuate, e migliaia di cittadini libici hanno marciato verso il palazzo presidenziale. Secondo i media locali, alcuni dimostranti hanno tentato di entrare nell’edificio, lanciando pietre e sfondando le recinzioni. Durante l’attacco, un agente di polizia sarebbe stato ucciso da colpi d’arma da fuoco sparati da ignoti. Dopo le proteste il ministro dell’Economia e del Commercio Mohammed al-Hawij, il ministro del Governo locale Badreddine al-Toumi e il ministro del settore abitativo Abu Bakr al-Ghawi hanno rassegnato le dimissioni in solidarietà al moto cittadino.
Nel frattempo, risultano ancora oscure le possibili conseguenze che il caos scoppiato nella capitale potrebbe avere sull’area orientale del Paese. Questa ruota attorno al governo di Bengasi, controllato dalla famiglia del generale Khalifa Haftar. Secondo alcune testimonianze, Haftar starebbe approfittando del momento di instabilità per consolidare il proprio potere verso ovest, e avrebbe iniziato a marciare verso Sirte, ma non sembrano esserci conferme ufficiali a riguardo. A rendere ancora più caotica la situazione è arrivato l’annuncio che il governo libico avrebbe dichiarato la propria intenzione di riconoscere la Corte Penale Internazionale, spingendo la Corte a rilanciare la richiesta di arrestare Almasri. Anche l’ONU, attraverso l’UNSMIL – la missione delle Nazioni Unite in Libia – si è espresso, chiedendo che venisse rispettato il cessate il fuoco.
Aviaria: diversi Paesi sospendono le importazioni di pollame dal Brasile
Messico, Cile e Uruguay hanno sospeso le importazioni di pollame dal Brasile dopo che il Paese ha confermato la presenza di un focolaio di influenza aviaria in un allevamento commerciale. L’annuncio è arrivato nella sera di ieri, sabato 17 maggio, e segue una analoga decisione presa da Cina e Unione Europea. Lo stop alle importazioni di pollame riguarda tutti i prodotti a base di carne di pollo, uova fertili ed esemplari di pollo vivi. Il Brasile è uno dei principali produttori ed esportatori mondiali di pollame e rappresenta circa il 14% della produzione mondiale di carne di pollo.
Torino: corteo per la Palestina occupa il raccordo autostradale
Un migliaio di cittadini che protestavano per chiedere la fine del genocidio israeliano in Palestina hanno fatto irruzione nel raccordo autostradale che collega Torino all’aeroporto internazionale Sandro Pertini. L’occupazione, cominciata attorno alle ore 17, è durata circa 40 minuti, durante i quali è stato affisso su un cavalcavia uno striscione con la scritta “Stop Genocidio” e sono stati verniciati sull’asfalto altri slogan per la liberazione della Palestina. In giornata, sempre a Torino, un gruppo di attivisti aveva contestato la presenza del ministro della Difesa, Guido Crosetto, al Salone del Libro.
Una sentenza ha riconosciuto il collegamento tra PFAS e il decesso di un operaio
Con una sentenza storica, per la prima volta un tribunale italiano ha riconosciuto un collegamento diretto tra la morte di un lavoratore e l’esposizione prolungata ai PFAS, sostanze chimiche classificate come pericolose per la salute umana e per l’ambiente. A emettere il verdetto è stato il Tribunale di Vicenza in relazione al caso di Pasqualino Zenere, ex dipendente della Miteni di Trissino, che per oltre un decennio è stato impiegato nel trattamento delle acque reflue ed è poi deceduto nel 2014 per un tumore alla pelvi renale. Gli eredi di Zenere avevano fatto causa all’Inail e, dopo una lunga battaglia nelle aule giudiziarie, il Tribunale ha dato loro ragione. Questa pronuncia potrebbe costituire un precedente significativo, mentre volge al termine il processo che vede imputati i dirigenti della Miteni per disastro ambientale.
Nello specifico, il Tribunale ha confermato che Zenere sarebbe deceduto a causa dell’esposizione ai PFOA e PFOS, che l’uomo ha inalato e ingerito e che sarebbero entrati a contatto con la sua pelle durante l’orario lavorativo. «La documentazione riguarda sia le mansioni di lavoro svolte sia il nesso tra queste e la malattia che ha portato al decesso – ha spiegato l’avvocato Adriano Caretta, legale dei familiari di Zenere –. Questa sentenza non agisce sulle responsabilità, ma sulla correlazione tra lavoro e malattia: la materia è di natura previdenziale e attiene appunto a quelli che sono i diritti previsti dalla tutela Inail». Questo storico verdetto, che per la prima volta in assoluto certifica in modo chiaro e documentato il legame tra i PFAS e un caso specifico di decesso per tumore, arriva mentre, sempre a Vicenza, è agli sgoccioli il processo ai 15 ex dirigenti della Miteni, imputati per disastro ambientale a causa della contaminazione della falda acquifera nelle province di Vicenza, Padova e Verona, che ha coinvolto almeno 350mila persone. La Procura alla Corte d’Assise di Vicenza, al termine di una lunga e dettagliata requisitoria, lo scorso febbraio ha chiesto 121 anni e 6 mesi di carcere complessivi per nove dei quindici imputati. Se la sentenza confermasse l’impianto accusatorio dei pubblici ministeri, potrebbe diventare una pietra miliare nella giurisprudenza ambientale, segnando un precedente per la responsabilità delle multinazionali nell’inquinamento di interi territori.
Studi scientifici dimostrano che i PFAS – sostanze di sintesi utilizzate in molti processi industriali e prodotti di consumo – possono provocare danni al sistema endocrino, al fegato, alla tiroide, al sistema immunitario e alla fertilità. Alcuni PFAS, come il PFOA e il PFOS, sono stati classificati come cancerogeni o possibili cancerogeni. Lo scorso 13 marzo, il governo ha dato il via libera a un Decreto Legge urgente, attualmente al vaglio del Parlamento, volto ad abbassare i livelli permessi di PFAS nelle acque potabili e a inserire limiti per il TFA (acido trifluoroacetico), molecola della classe dei PFAS fino a oggi non soggetta a restrizioni. Il decreto è stato approvato in seguito alla diffusione dei risultati dell’indagine indipendente “Acque senza veleni”, condotta dall’organizzazione ambientalista Greenpeace tra settembre e ottobre 2024, che ha portato alla creazione della prima mappa nazionale della contaminazione da PFAS. Nello specifico, la ricerca ha attestato che, nel nostro Paese, il 79% dell’acqua potabile è contaminato da PFAS: dei 260 campioni raccolti in 235 città di tutte le regioni e province autonome, infatti, ben 206 contengono queste sostanze tossiche.
Missouri, tornado colpisce St. Louis: 5 morti e ingenti danni
Un violento tornado ha colpito St. Louis, Missouri, causando almeno cinque morti e gravi danni a circa 5.000 proprietà. L’evento ha divelto tetti, abbattuto linee elettriche e paralizzato il traffico durante l’ora di punta. Il sindaco Cara Spencer ha parlato di una «distruzione orribile» e annunciato un coprifuoco notturno nelle zone più colpite per evitare ulteriori feriti e saccheggi. Circa 500 soccorritori, inclusi 17 team di ricerca, sono stati mobilitati. Non è ancora chiaro il numero totale dei feriti. Il National Weather Service ha registrato diversi tornado in Missouri, Illinois e fino al New Jersey.
Individuata una galassia gemella della Via Lattea: è la più distante mai osservata
Presenta caratteristiche che la rendono sorprendentemente simile alla Via Lattea, è nata quando l’Universo aveva appena un miliardo di anni ed è stata scoperta per puro caso grazie al telescopio spaziale James Webb (JWST): è la galassia con struttura a disco e bracci a spirale più distante mai osservata, denominata Zhúlóng dal nome di un drago della mitologia cinese. Lo riporta il lavoro di un team di scienziati guidato da ricercatori dell’Università di Ginevra, i quali hanno dettagliato i loro risultati all’interno di un nuovo studio scientifico sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Astronomy & Astrophysics. Secondo gli autori, la galassia non stupisce solo per la sua forma ordinata, ma anche per il suo rigonfiamento centrale antico e un vasto disco di formazione stellare, ovvero tutte caratteristiche che si ritenevano appannaggio di galassie molto più evolute e recenti. «Abbiamo chiamato questa galassia Zhúlóng, che nella mitologia cinese significa ‘Drago Torcia’. Nel mito, Zhúlóng è un potente drago solare rosso che crea il giorno e la notte aprendo e chiudendo gli occhi, simboleggiando la luce e il tempo cosmico», commentano i ricercatori.
Fino a poco tempo fa, si riteneva che galassie a spirale grandi e ben strutturate – come la nostra Via Lattea – richiedessero miliardi di anni per formarsi. Durante il primo miliardo di anni dopo il Big Bang, infatti, l’Universo era considerato un ambiente turbolento, popolato da galassie piccole, caotiche e irregolari. Tuttavia, spiegano i ricercatori, le osservazioni nell’infrarosso del JWST stanno ribaltando questa visione, in quanto immagini sempre più dettagliate mostrano galassie massicce e sorprendentemente mature già in queste epoche remote, il che costringe inoltre gli astronomi a riconsiderare i tempi e i meccanismi della formazione galattica. Per quanto riguarda Zhúlóng, si tratta di una galassia scoperta in modo fortuito grazie alla modalità “parallela pura” del JWST, che consente di ottenere immagini di vaste aree del cielo anche durante l’osservazione di altri obiettivi. «È una modalità che permette al JWST di mappare vaste aree del cielo, il che è essenziale per scoprire galassie massicce, poiché sono incredibilmente rare. Questa scoperta evidenzia il potenziale dei programmi puramente paralleli per scoprire oggetti rari e distanti che mettono alla prova i modelli di formazione delle galassie», spiega l’astronoma Christina Williams.
Grazie al programma PANORAMIC – pensato proprio per sfruttare tale modalità nella ricerca di oggetti rari e distanti – Zhúlóng è stata individuata ad un redshift – che fornisce una misura della distanza di un oggetto cosmico: più è alto il valore, più antica è l’immagine che osserviamo – di 5,2, corrispondente a circa un miliardo di anni dopo il Big Bang. Si estende per oltre 60.000 anni luce e possiede una massa stellare stimata superiore a 100 miliardi di masse solari. Inoltre, possiederebbe un rigonfiamento centrale rosso e quiescente, contornato da un disco stellare attivo e da bracci a spirale ben definiti, ovvero tutte caratteristiche che, secondo gli autori, indicherebbero una crescita “dall’interno verso l’esterno”. Nonostante l’attività del disco, però, la galassia presenta un tasso di formazione stellare relativamente basso – circa 66 masse solari all’anno – molto inferiore a quello di altre galassie ultra-massicce della stessa epoca. «Questa scoperta mostra come il JWST stia cambiando radicalmente la nostra visione dell’Universo primordiale», commenta il Prof. Pascal Oesch – professore associato presso il Dipartimento di Astronomia della Facoltà di Scienze dell’UNIGE e co-ricercatore principale del programma PANORAMIC – anche se ulteriori osservazioni risulteranno essenziali per confermare le proprietà rilevate e svelare ulteriori dettagli sulla sua storia di formazione.
USA, Corte Suprema blocca le deportazioni accelerate
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha bloccato temporaneamente le deportazioni accelerate di detenuti venezuelani volute dall’amministrazione Trump, accogliendo un ricorso d’urgenza degli avvocati degli interessati. I venezuelani erano ristretti in carcere in Texas e accusati di essere membri di bande criminali, circostanza che, secondo Trump, consentirebbe l’espulsione rapida in base a una legge del 1798. Trump ha criticato duramente la decisione. Il caso non affronta la legittimità dell’uso della legge, ma il diritto di contestare l’espulsione. Intanto, il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale ha chiesto 20mila soldati della Guardia Nazionale per supportare le retate degli immigrati in tutto il Paese.
Israele lancia la nuova “operazione Gedeone” su Gaza e uccide 115 palestinesi in un giorno
Gli attacchi israeliani sono continuati per tutta la notte, in quella che l’esercito israeliano ha ribattezzata l’operazione “carri di Gedeone”, di fatto una nuova fase della guerra il cui obiettivo è occupare e prendere il controllo di una vasta zona di Gaza, giustificando il tutto come una necessità per «completare il lavoro e sconfiggere Hamas». Dall’alba di venerdì sono almeno 115 i palestinesi uccisi dagli attacchi israeliani, tra essi intere famiglie e decine di bambini, mentre nella Striscia gli aiuti umanitari non vengono lasciati entrare da 75 giorni. «L’intensificarsi dei bombardamenti e la negazione degli aiuti umanitari sottolineano che sembra esserci una spinta verso un cambiamento demografico permanente a Gaza, una violazione del diritto internazionale che equivale a una pulizia etnica», ha affermato l’Alto Commissario dell’ONU, Volker Turk. Ma la verità è che ancora una volta nessuna potenza mondiale sembra realmente determinata a fermare Israele, meno che mai gli Stati Uniti, con Donald Trump che ieri dal Qatar è tornato a dire che «sarebbe orgoglioso se gli Stati Uniti prendessero Gaza per trasformarla in una zona di libertà», tornato in pratica a ribadire il folle piano di comprare Gara per trasformarla in una riviera di lusso senza palestinesi.
L’operazione “carri di Galeone” è stata approvata dall’esercito israeliano all’inizio di maggio. Si tratta di un piano che mira, in prospettiva, a mantenere a tempo indeterminato quello che il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha definito il «controllo operativo» su Gaza (ossia la sua occupazione militare), sfollando la popolazione palestinese nella parte meridionale della Striscia di Gaza, l’unica dove Tel Aviv prevede di far ripartire la distribuzione di aiuti umanitari per la popolazione palestinese allo stremo. Naturalmente, a parole, l’obiettivo sbandierato da Israele è sempre e solo quello di «sconfiggere Hamas», anche se negli ultimi giorni è stato addirittura il Washington Institute (ossia il centro studi statunitense fondato dall’American Israel Public Affairs Committee, la più potente lobby sionista presente in America) a criticare Netanyahu affermando che il piano di occupazione prolungata di Gaza potrebbe finire per rafforzare la resistenza armata palestinese «dando luogo a una guerriglia estesa».
Le nuove operazioni militari hanno ucciso sessanta persone solo a Khan Younis, dove intere famiglie sono state massacrate. Nella stessa città un raid aereo ha ammazzato il giornalista Hassan Samour, conduttore radiofonico di Al-Aqsa Voice Radio, morto insieme a undici membri della sua famiglia. Un altro reporter, Ahmed al-Helou, tecnico di Quds News Network, è stato ucciso insieme a suo fratello. Salgono così a 216 i giornalisti uccisi in Palestina, un segno ulteriore di come chi racconta il massacro in corso sia visto dall’esercito israeliano come un obiettivo da eliminare.
In questo scenario non sembra ancora vedersi all’orizzonte una soluzione, mentre molti media internazionali continuano a parlare di un presunto piano di Donald Trump che tuttavia non si vede e forse non c’è. Prima di volare per l’appena terminato viaggio nei Paesi arabi il presidente americano aveva annunciato che avrebbe fatto un «grandioso annuncio», con molti analisti che aveva prefigurato che quest’ultimo sarebbe potuto essere un piano di pace per il Medio Oriente o addirittura il riconoscimento dello Stato di Palestina. Gli unici annunci fatti da Trump sono stati invece quelli relativi all’accordo stretto con l’ex jihadista Ahmad al Sharaa, oggi capo della “nuova” Siria, e gli accordi da duemila miliardi di dollari annunciati con Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi. Gli stessi Paesi che teoricamente fungono da mediatori per la fine del conflitto a Gaza, ma che più che a fermare Israele sembrano interessati a concludere affari con il suo principale alleato.