Dopo l’annuncio ufficiale dell’avvio delle trattative per la vendita dell’intero gruppo Gedi, il comitato di redazione di Repubblica ha lanciato lo stato di agitazione, mentre La Stampa ha annunciato di trovarsi in assemblea permanente per decidere i prossimi passi da compiere. Ieri mattina, i siti dei due quotidiani non sono stati aggiornati per protesta contro l’azienda. Il governo, intanto, ha convocato i vertici aziendali, mentre il PD ha suggerito l’utilizzo del Golden Power per fermare la cessione. Il gruppo GEDI è di proprietà di Exor, la società della famiglia Agnelli-Elkann, e riunisce anche il sito di informazione HuffPost e le radio Deejay, Capital e M2o. La notizia di una possibile vendita del gruppo era nell’aria da tempo, ma è stata ufficializzata solo mercoledì in una mail interna. Le trattative in corso sono con il gruppo greco Antenna e si trovano ormai in fase avanzata: la vendita è prevista a gennaio.
I giornalisti delle due testate storiche hanno appreso i dettagli dai rappresentanti dei gruppi editoriali in occasione di incontri che hanno definito «sconcertanti, sconfortanti e umilianti». La trattativa in esclusiva con il gruppo Antenna, di proprietà della famiglia greca Kyriakou, è stata prolungata fino a fine gennaio. Tuttavia, è emerso che l’acquirente sarebbe interessato principalmente a Repubblica e alle radio (Deejay, Capital, m2o), mentre per La Stampa si cercano altri compratori, con la trattativa più avanzata con il gruppo veneto NEM. Questo scenario prospetta una frammentazione del gruppo, con gravi incognite operative: per La Stampa, ad esempio, significherebbe essere separata dalle infrastrutture digitali e tecniche comuni a tutto il GEDI.
Di qui la decisione della protesta. I giornalisti torinesi de La Stampa hanno proclamato lo stato di agitazione permanente e hanno già incrociato le braccia, lasciando il giornale fuori edicola. I colleghi di Repubblica hanno seguito l’esempio, proclamando lo sciopero per venerdì 11 novembre, con il sito non aggiornato per 24 ore e il giornale assente in edicola sabato. «L’obiettivo sarebbe di chiudere in parallelo le due operazioni di vendita nel giro di due mesi. Rispetto alle nostre richieste non è stata data alcuna garanzia sul futuro della testata, sui livelli occupazionali, sulla solidità del potenziale compratore, sui destini delle attività messe in comune a livello di gruppo, dalle infrastrutture digitali alla produzione dei video, e quindi senza nessuna garanzia di poter continuare a svolgere il nostro lavoro così come abbiamo fatto fino a oggi», ha commentato la rappresentanza sindacale dei giornalisti de La Stampa. L’assemblea di Repubblica si è dichiarata pronta a una «stagione di lotta dura a tutela del perimetro delle lavoratrici e dei lavoratori e dell’identità del nostro giornale a fronte della cessione ad un gruppo straniero, senza alcuna esperienza nel già difficile panorama editoriale italiano e il cui progetto industriale è al momento sconosciuto».
La vicenda ha immediatamente travalicato i confini aziendali, investendo il mondo politico in maniera trasversale. Il presidente dei senatori del PD, Francesco Boccia, ha lanciato un appello forte al governo, evocando persino lo strumento del Golden Power. Anche la segretaria dem, Elly Schlein, ha espresso forte allarme, chiedendo «garanzie occupazionali per il futuro dei dipendenti del gruppo» e affermando la necessità di assicurare «principi costituzionali di pluralismo dell’informazione e di libertà di stampa». Ribadendo vicinanza ai giornalisti coinvolti, il M5S, AVS, Azione e il PD hanno chiesto un’informativa urgente al governo sulla vendita del gruppo, mentre rappresentanti sindacali e delegazioni interne chiedono l’inserimento di clausole vincolanti che garantiscano posti di lavoro e la continuità produttiva. La palla passa ora all’esecutivo. L’incontro convocato dal sottosegretario Barachini con i vertici GEDI e i Cdr, che andrà in scena la prossima settimana, sarà il primo banco di prova per capire che piega potrà assumere la vicenda.
A spingere verso la cessione sono i conti in rosso del gruppo. I dati sono infatti eloquenti: Repubblica, il giornale fondato da Eugenio Scalfari, ha perso, solo nel 2024, oltre 191.000 lettori (-6 per cento), scendendo a 98.400 copie cartacee con una perdita del 10,7 per cento. La Stampa ne ha salutati quasi 313.000 (-15,8 per cento), precipitando a 60.300 copie. Il digitale non offre sollievo: Repubblica ha quasi dimezzato le copie (da 36.975 a poco più di 20.000). Il gruppo Gedi nel 2024 ha chiuso con 224 milioni di fatturato e 15 milioni di perdite.










