venerdì 9 Maggio 2025
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Le Università americane si schierano con Harvard contro la repressione del governo

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Oltre 260 rettori di università e college statunitensi hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui si schierano apertamente contro «l’ingerenza governativa e l’interferenza politica che stanno mettendo a repentaglio l’istruzione superiore americana». La lettera arriva dopo la decisione dell’amministrazione Trump di congelare i finanziamenti per la ricerca all’Università di Harvard per essersi rifiutata di soddisfare le richieste avanzate da Trump, che chiedeva di adeguare le politiche interne all'ateneo alle linee governative. Tra le firme si contano sette delle otto università della c...

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India: chiuso un confine con il Pakistan e cacciati diplomatici

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L’India ha annunciato una serie di misure per allentare i suoi legami con il Pakistan, accusando il Paese di sostenere i ribelli a cui ha attribuito gli attacchi di ieri nel Kashmir, in seguito a cui sono state uccise 26 persone. L’India, di preciso, attribuisce l’attentato ai gruppi separatisti della regione, che il Pakistan ha sempre negato di sostenere attivamente. In seguito alle accuse, i consiglieri della Difesa dell’Alto Commissariato pakistano a Nuova Delhi sono stati dichiarati persone non grate e sono stati invitati ad andarsene. Inoltre uno dei più importanti punti di confine con il Pakistan è stato chiuso ai pakistani dotati di visto speciale.

La Commissione modifica il bilancio dell’UE per sostenere il riarmo

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Nel contesto del piano di riarmo intrapreso dalla Commissione europea, giustificato con la necessità di difendere il Continente europeo dalla percepita minaccia russa e volto a compensare la perdita dell’ombrello statunitense in materia di sicurezza, i vertici di Bruxelles hanno proposto ieri di modificare il bilancio comunitario per sostenere l’aumento delle spese nel settore bellico. Nello specifico, è stato proposto un nuovo regolamento relativo al bilancio dell’UE, teso a stimolare e semplificare gli investimenti nell’ambito della difesa, con l’obiettivo di rafforzare la preparazione militare per il 2030 e attuare il piano ReArm Europe. “Le modifiche proposte miglioreranno la capacità dell’UE e degli Stati membri di sviluppare, ampliare e innovare le principali capacità di difesa, semplificando nel contempo l’accesso ai fondi dell’UE per i progetti nel settore della difesa”, si legge sul sito della Commissione. L’insieme delle modifiche proposte sono pensate per completare il pacchetto omnibus di semplificazione della difesa, che la Commissione presenterà nel giugno 2025 e “Semplificherà ulteriormente i regolamenti e i processi dell’UE per consentire investimenti e cooperazione più rapidi ed efficienti nel settore della difesa in tutti gli Stati membri”.

Il nuovo regolamento introdurrebbe un’ulteriore flessibilità nell’utilizzo dei finanziamenti dell’UE: in particolare, la cosiddetta “clausola di sbarco” consentirebbe agli Stati membri, su base volontaria, di trasferire le risorse loro assegnate nell’ambito dei fondi della politica di coesione al Fondo europeo per la Difesa (FED) e alla legge a sostegno della produzione di munizioni (programma ASAP). Quest’ultimo si propone di incrementare la capacità di produzione di munizioni in tutta Europa e, con ciò, aiutare gli Stati membri a rifornire le proprie scorte e a fornire munizioni all’Ucraina. L’ASAP è stato prorogato fino al 31 dicembre 2026. Le modifiche proposte dovrebbero anche ampliare alcuni programmi, tra cui quello relativo alla Piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa (STEP) e il Programma Europa digitale (DEP). Relativamente al primo, le modifiche serviranno a includere nel programma le tecnologie e i prodotti per la difesa, in particolare quelli identificati come capacità prioritarie nel recente Libro bianco sulla preparazione 2030 in materia di difesa europea. STEP garantirebbe così lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia essenziali per la preparazione dell’UE in materia di difesa. Il programma Europa digitale, invece, sarà ampliato per includere le applicazioni a duplice uso, civile e militare, garantendo lo sviluppo e la gestione delle Giga fabbriche di IA. Come si legge nel comunicato stampa della Commissione, “queste fabbriche sono vitali per aumentare la produzione di tecnologie avanzate con capacità a duplice uso che sono rilevanti sia per il settore civile che per quello della difesa”.

Infine, è previsto che il sostegno alla mobilità militare e alle infrastrutture digitali a duplice uso sarà rafforzato mediante modifiche al meccanismo per collegare l’Europa (MCE). Secondo la Commissione, ciò “creerà condizioni più favorevoli affinché gli Stati membri trasferiscano i fondi di coesione all’MCE per progetti di infrastrutture di trasporto a duplice uso. In secondo luogo, amplierà il programma digitale dell’MCE per sostenere le capacità digitali a duplice uso, come il cloud, l’intelligenza artificiale e i sistemi 5G, tra gli altri”.

Ad annunciare battaglia contro la proposta per modificare il bilancio comunitario a favore di investimenti militari è stato il deputato europeo dei Cinque Stelle Danilo Della Valle, secondo il quale «la Commissione europea tira dritto nella sua testarda e ostinata escalation militare e approva un nuovo regolamento per facilitare gli investimenti nella difesa, uno stratagemma per scippare fondi europei ai territori più poveri e dirottarli verso l’industria delle armi». La modifica al bilancio UE per incentivare le spese nella difesa è l’ultimo atto di una politica sempre più ostile nei confronti della Russia e sempre più convinta della necessità di un riarmo dei Paesi dell’Ue, soprattutto da quando il presidente statunitense Donald Trump spinge per un aumento delle spese militari dei membri della NATO. Il tutto a scapito di altre voci della spesa pubblica e della ricerca di soluzioni diplomatiche nell’ambito del conflitto russo-ucraino.

USA, incendi nel New Jersey

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Da ieri sera il New Jersey è colpito da un grande incendio. Le fiamme sembrano essere iniziate a divampare dalla Greenwood Forest Wildlife Management Area, vicino a Barnegat Township. In totale, l’incendio interessa un’area di 8.500 acri (circa 34 chilometri quadrati). Circa 3.000 residenti sono stati evacuati e più di 1.300 strutture sono state minacciate dalle fiamme. Su richiesta del Forest Fire Service, è stata interrotta la fornitura di energia elettrica a circa 25.000 clienti della Jersey Central Power and Light Company, mentre le scuole superiori sono state adibite a rifugio per gli sfollati. È ancora ignoto cosa abbia causato l’incendio, che al momento risulta contenuto solo al 10%.

Negli allevamenti islandesi sono morti 1,2 milioni di salmoni in quattro mesi

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Tra novembre 2024 e febbraio 2025, quasi 1,2 milioni di salmoni sono morti negli allevamenti a rete aperta di Kaldvík, negli Eastfjords islandesi, trasformando un comparto in forte espansione in uno dei capitoli più neri dell’acquacoltura europea. L’Autorità islandese per la sicurezza alimentare e veterinaria (MAST) ha definito «gravi» le violazioni riscontrate e la polizia ha avviato un’inchiesta formale per negligenza, condizioni di trasporto estreme e acque di mare insufficientemente ossigenate. La portata del disastro ha scatenato un’ondata di indignazione e una battaglia legale storica per salvare il salmone selvatico dell’Atlantico del Nord.

La svolta è arrivata dopo le segnalazioni di operatori e attivisti, che hanno documentato reti stracolme e migliaia di cadaveri galleggianti. In pochi mesi, i tecnici di MAST hanno riscontrato sovraffollamento, mancanza di adeguate correnti d’acqua e gestione approssimativa dei trasporti: condizioni incompatibili con i parametri europei sul benessere animale. La polizia islandese ha quindi avviato un’indagine formale sulle presunte violazioni del benessere degli animali nell’allevamento di salmoni di Kaldvik a causa di presunte «gravi cattive manovre, difficili condizioni di trasporto e cattive condizioni dell’acqua del mare». Contestualmente, i proprietari dei fiumi islandesi, sostenuti dall’Icelandic Wildlife Fund e finanziati in parte dall’artista islandese Björk, hanno intentato una causa senza precedenti contro Arctic Sea Farm e le stesse autorità nazionali. L’obiettivo primario è quello di annullare le autorizzazioni per gli allevamenti a rete aperta nei fiordi di Patreksfjörður e Tálknafjörður, impedendo «l’ulteriore distruzione ambientale e la contaminazione genetica delle popolazioni di salmone selvatico islandesi».

La preoccupazione più grave riguarda le fughe di massa: migliaia di salmoni d’allevamento già nel 2023 erano finiti nei fiumi, mescolandosi con le popolazioni selvatiche. Gli incroci forzati minacciano di cancellare migliaia di anni di adattamento locale, aggravando il declino del salmone atlantico del Nord, oggi al 25% dei livelli del 1970 a causa del cambiamento climatico e dell’acidificazione degli oceani. L’acquacoltura intensiva rischia così di trasformare specie preziose in semplici ibridi fragili. Il malcontento non è solo legale, ma anche sociale: un sondaggio Gallup Islanda di settembre 2024 indica che il 65,4% degli islandesi è contrario all’allevamento in reti aperte e il 59,5% vorrebbe il suo completo divieto. Nell’ultimo anno, oltre quattro milioni di pesci hanno perso la vita negli impianti a rete aperta, 72 volte il totale dei salmoni selvatici del paese. Il dissenso è trasversale, coinvolgendo tutti i partiti e le fasce demografiche.

Nel frattempo, continua la forte pressione pubblica contro gli allevamenti di salmone in reti aperte: oltre 4mila cittadini da tutto il mondo (542 dall’Italia) hanno inviato e-mail di protesta ai ministri islandesi dell’Industria e dell’Ambiente, chiedendo leggi più rigorose. All’estero, casi simili hanno portato colossi come Mowi a pagare 1,3 milioni di dollari per pratiche di marketing ingannevoli e grandi rivenditori USA a rimuovere etichette fuorvianti sulla «sostenibilità». Il Parlamento islandese discuterà entro l’anno un disegno di legge sull’acquacoltura. Spinta dalla mobilitazione civile e dal sostegno di ONG come l’Icelandic Wildlife Fund, la nuova normativa dovrebbe introdurre standard più stringenti: limiti di densità di carico, monitoraggio continuo della qualità dell’acqua e, in prospettiva, il passaggio a impianti a terra o in sistemi chiusi.

Dazi, il Fondo Monetario Internazionale taglia le previsioni di crescita globale

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Il FMI ha pubblicato un aggiornamento del suo World Economic Outlook, in seguito all’annuncio delle tariffe commerciali da parte del nuovo presidente statunitense Donald Trump, prevedendo un rallentamento della crescita globale e tagliando, dunque, le stime di crescita per gli Stati Uniti, la Cina e la maggior parte dei Paesi del mondo a causa dell’introduzione dei dazi. In particolare, l’ente finanziario internazionale ha rivisto al ribasso le sue previsioni di crescita globale di 0,5 punti percentuali al 2,8% per il 2025 e di 0,3 punti percentuali al 3%, rispetto alle previsioni di gennaio, secondo cui la crescita avrebbe raggiunto il 3,3% in entrambi gli anni. Ha previsto anche che l’inflazione diminuirà più lentamente, rispetto a quanto pronosticato a gennaio, raggiungendo il 4,3% nel 2025 e il 3,6% nel 2026, con revisioni al rialzo “notevoli” per gli Stati Uniti e altre economie avanzate. Il nuovo rapporto del FMI, redatto in soli dieci giorni dall’annuncio dell’introduzione dei dazi, è una “previsione di riferimento” che si basa sugli sviluppi fino al 4 aprile, tenendo conto dell’estrema complessità della situazione attuale.

Ciò che rileva maggiormente nella condizione economica attuale è il grande riassetto generale del commercio globale. Lo stesso capo economista del FMI, Pierre-Olivier Gourinchas, ha dichiarato ai giornalisti che «Stiamo entrando in una nuova era, poiché il sistema economico globale che ha funzionato negli ultimi 80 anni sta subendo un riassetto» e mentre le regole esistenti stanno cessando di essere applicate, quelle nuove devono ancora essere create. Secondo Gourinchas, inoltre, «Queste tensioni commerciali avranno un impatto significativo sul commercio globale». Si prevede che la crescita di quest’ultimo sarà più che dimezzata, passando dal 3,8% dello scorso anno all’1,7% di quest’anno e che i dazi avranno un impatto diverso nei vari Paesi. A pesare maggiormente sulla crescita del commercio globale è l’aumento drastico dei dazi tra Stati Uniti e Cina, che si tradurrà in un commercio bilaterale molto più basso tra le due maggiori economie del mondo, secondo il capo economista dell’FMI. Gourinchas ha anche spiegato che il commercio continuerebbe, ma costerebbe di più e sarebbe meno efficiente: «Ripristinare la prevedibilità e la chiarezza nel sistema commerciale, in qualsiasi forma, è assolutamente fondamentale», ha dichiarato in un’intervista all’agenzia di stampa Reuters.

Le previsioni di crescita sono state viste al ribasso negli USA, in Europa e in Asia: per quanto riguarda gli Stati Uniti, le sue stime di crescita sono state abbassate di 0,9 punti percentuali all’1,8% nel 2025 (un punto percentuale in meno rispetto alla crescita del 2,8% del 2024) e di 0,4 punti percentuali all’1,7% nel 2026, citando l’incertezza politica e le tensioni commerciali. Sebbene non sia prevista una recessione negli USA, le probabilità di una flessione sono aumentate da circa il 25% al ​​37%, mentre l’inflazione complessiva dovrebbe raggiungere il 3% nel 2025, un punto percentuale in più rispetto alle previsioni di gennaio. Relativamente all’area euro, invece, secondo le previsioni, la crescita rallenterà allo 0,8% nel 2025 e all’1,2% nel 2026, con entrambe le previsioni in calo di circa 0,2 punti percentuali rispetto a gennaio. In particolare, il FMI ha ridotto le sue stime di crescita per la Germania di 0,3 punti percentuali, allo 0,0% nel 2025, e di 0,2 punti percentuali, allo 0,9% nel 2026, nonostante l’allentamento fiscale previsto dalla nazione teutonica dopo le modifiche costituzionali riguardanti il cosiddetto freno al debito. Sul fronte asiatico, invece, le tensioni commerciali e i dazi potrebbero ridurre di 0,5 punti percentuali l’attività economica del Giappone nel 2025 rispetto alle previsioni di gennaio, con una crescita prevista dello 0,6%. In Cina è prevista un’espansione economica del 4% per il 2025 e il 2026, riflettendo rispettivamente revisioni al ribasso di 0,6 punti percentuali e 0,5 punti percentuali rispetto alle precedenti congetture.

In generale, si delinea un panorama economico-commerciale in rapido mutamento, caratterizzato da cambiamenti epocali, rappresentati da quello che sembra il definitivo tramonto del periodo della globalizzazione, progettata e sostenuta con forza dagli stessi Stati Uniti a scapito delle economie emergenti e, successivamente, anche di quelle considerate avanzate. In tale scenario non mancano criticità e sconvolgimenti dell’economia globale, conseguenza delle tariffe imposte unilateralmente dalla potenza a stelle e strisce come soluzione al suo deficit commerciale e, in generale, a un sistema economico che presenta diversi squilibri come frutto del paradigma economico liberale. Secondo il FMI, «In questa fase critica, i paesi dovrebbero lavorare in modo costruttivo per promuovere un ambiente commerciale stabile e prevedibile e per facilitare la cooperazione internazionale, affrontando al contempo le lacune politiche e gli squilibri strutturali a livello nazionale».

Il telescopio Webb è riuscito a documentare la distruzione di un pianeta

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Una squadra internazionale di astronomi è riuscita a documentare quella che si ritiene la prima distruzione di un pianeta da parte della sua stella avvenuta non come evento improvviso, ma come processo lento e inesorabile. È quanto emerge da un nuovo studio condotto sfruttando le analisi effettuate grazie al telescopio James Webb, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica The Astrophysical Journal. Al contrario di quanto si pensava in precedenza, le immagini ad alta risoluzione hanno mostrato che non c’è stata nessuna espansione stellare ma, piuttosto, una progressiva perdita orbitale del pianeta, culminata poi con la sua distruzione. «Dato che si tratta di un evento così inedito, non sapevamo bene cosa aspettarci quando abbiamo deciso di puntare il telescopio nella sua direzione», ha commentato il coautore e ricercatore Ryan Lau, aggiungendo che lo studio ha permesso l’acquisizione di «preziose informazioni sul destino finale dei sistemi planetari, tra cui forse il nostro».

Il James Webb è uno dei più potenti telescopi spaziali mai costruiti. Lanciato nel 2021, è un progetto congiunto tra NASA, Agenzia Spaziale Europea (ESA) e Agenzia Spaziale Canadese (CSA), progettato per osservare l’universo nel dettaglio attraverso la luce infrarossa, quella che riesce a penetrare polveri e nubi cosmiche. Si tratta di una capacità che, sfruttata adeguatamente, permette allo strumento di scrutare fenomeni distanti e oscurati tra cui, appunto, la distruzione di un pianeta. Per quanto riguarda il caso in questione, l’evento XTF SLRN-2020 è stato individuato inizialmente da un progetto chiamato Zwicky Transient Facility – che osserva il cielo ogni notte per catturare fenomeni temporanei come esplosioni o bagliori – ma, in questo caso, fu rilevato con un insolito lampo ottico nel 2020. Inoltre, un anno prima, un altro strumento spaziale della NASA aveva già rilevato un aumento della luminosità nell’infrarosso, facendo sospettare la presenza di polveri: gli scienziati ipotizzarono quindi che la stella stesse invecchiando e si fosse gonfiata a tal punto da inghiottire il pianeta. Tutte ipotesi che, con le nuove osservazioni di Webb, sono state scartate. Attraverso gli strumenti NIRSpec (che analizza lo spettro della luce nel vicino infrarosso) e MIRI (che lo fa nel medio infrarosso) è stata effettuata una vera e propria “autopsia” dell’evento e, combinando i dati, i ricercatori hanno capito che la stella non aveva subito una trasformazione così avanzata.

Le osservazioni del telescopio spaziale James Webb della NASA su quello che si ritiene essere il primo evento di inglobamento planetario mai registrato hanno rivelato un disco di accrescimento caldo che circonda la stella, con una nube di polvere più fredda in espansione che avvolge la scena. Webb ha anche rivelato che la stella non si è gonfiata fino a inghiottire il pianeta, ma che l’orbita del pianeta si è in realtà lentamente deprezzata nel tempo, come si vede in questa rappresentazione artistica. Credit: NASA, ESA, CSA, R. Crawford (STScI)

In realtà, spiegano gli autori, la stella era rimasta relativamente stabile, simile per massa e dimensioni al nostro Sole, ma ancora in fase giovanile. In particolare, gli strumenti del Webb hanno rivelato che si tratta di una stella di tipo K, ovvero una categoria che include stelle più fredde e meno luminose del Sole che possono restare stabili per decine di miliardi di anni. Nessun segno, quindi, di un’espansione tipica delle fasi finali della vita stellare. Il pianeta, piuttosto, ha orbitato così vicino alla stella che, lentamente, è precipitato nella sua atmosfera. «Alla fine, il pianeta ha iniziato a sfiorare l’atmosfera della stella. Da quel momento in poi, è iniziato un processo di caduta incontrollata», ha spiegato il coautore Morgan MacLeod, del Center for Astrophysics di Harvard, aggiungendo che, durante la caduta, il pianeta si è disgregato e ha generato una nube di gas e polveri. I dati di Webb, inoltre, hanno mostrato anche la presenza di un disco circumstellare caldo — ovvero una struttura di gas che ruota attorno alla stella — e hanno rilevato la presenza di molecole come il monossido di carbonio. «Con un telescopio così innovativo come Webb, era difficile avere aspettative su ciò che avremmo trovato nelle immediate vicinanze della stella. Bisogna dire che non ci saremmo mai aspettati di vedere ciò che ha le caratteristiche di una regione di formazione planetaria, anche se qui non si formano pianeti, in seguito a un’immersione. Questo è davvero il punto di arrivo dello studio di questi eventi. È l’unico che abbiamo osservato in azione, e questa è la migliore rilevazione delle conseguenze dopo che le cose si sono calmate. Speriamo che questo sia solo l’inizio del nostro campione», concludono i coautori.

UE, multe da 500 milioni per Apple e di 200 milioni per Meta

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L’Unione Europea ha erogato due multe a Apple e Meta, rispettivamente del valore di 500 milioni di euro e di 200 milioni di euro. Si tratta, spiega una nota, delle prime sanzioni dell’Antitrust nell’ambito del Digital Markets Act, il regolamento sui mercati digitali. Le sanzioni arrivano a seguito di un’indagine durata un anno, condotta dalla Commissione Europea, che accusa le multinazionali di fare concorrenza sleale contro le aziende di minore entità. Apple ha detto che impugnerà la sanzione, mentre per ora Meta si è limitata a criticare la scelta dell’UE.

Israele intensifica gli attacchi sulla Striscia e arresta decine di persone in Cisgiordania

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I bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza continuano senza sosta. Nella notte tra ieri e oggi, mercoledì 23 aprile, l’aviazione dello Stato ebraico ha preso di mira una scuola utilizzata come rifugio per gli sfollati, uccidendo almeno dieci persone. Il bombardamento sull’edificio ha fatto scoppiare un incendio che ha ucciso un bambino, bruciato vivo nelle fiamme. L’attacco di questa notte avviene sullo sfondo di una generale intensificazione delle aggressioni su tutta la Striscia, in seguito alla quale, solo nella mattinata di ieri, sono stati uccisi 32 palestinesi. Proseguono senza sosta anche gli assalti in Cisgiordania, dove, secondo l’agenzia di stampa Wafa, le truppe israeliane hanno arrestato decine di palestinesi. Nel frattempo, a seguito di una telefonata con il presidente Netanyahu, Trump ha dichiarato che la conversazione è andata «molto bene» e che entrambi si trovano «dalla stessa parte su ogni questione».

L’attacco alla scuola è stato riportato attorno all’1.30 di oggi. Di preciso, a venire colpito è stato un istituto situato nel quartiere di Tuffah, a Gaza City. Dalla ripresa dei bombardamenti massicci, Tuffah (così come Shuja’iyya) è uno dei quartieri della capitale in cui Israele sta concentrando maggiormente le proprie operazioni. L’intensificazione dei bombardamenti e delle aggressioni terrestri, però, sta raggiungendo in generale tutta la Striscia. A lanciare l’allarme è stato due giorni fa il governo palestinese, ripreso dall’agenzia di stampa statale Wafa, seguito dalla protezione civile di Gaza e dai giornalisti di Al Jazeera sul posto. Tra le 23 e le 2 di oggi, nel Governatorato di Nord Gaza Israele ha lanciato due bombardamenti su Beit Lahia, uno su Beit Hanun e uno su Jabaliya, che ha ferito due operatori della protezione civile; A Gaza City, Israele ha portato avanti le operazioni di demolizione a Tuffah, e ha lanciato un altro bombardamento in un quartiere occidentale. Bombe anche sul campo di Nuseirat, nel Governatorato di Deir al Balah, e su Khan Younis, colpita anche da colpi di artiglieria.

Nel frattempo, continuano anche i raid in Cisgiordania, dove solo nella giornata di oggi sono state arrestate almeno 16 persone. L’ultima incursione è avvenuta presso il villaggio di Kobar, a nord di Ramallah. Ieri, invece, i raid hanno interessato i Governatorati di Jenin, Tulkarem, Hebron, e Nablus. A Gerico si sono verificati attacchi da parte dei coloni e in generale in tutta la Cisgiordania sono continuate le operazioni di demolizione delle case e delle strade palestinesi. A venire prese di mira, una abitazione a nord di Gerusalemme e diverse case a Tulkarem, cinta da un assedio da 87 giorni; raid anche a Ya’bad, città a sudest di Jenin, e Kafr Qud, villaggio a sud della medesima città; Jenin, come Tulkarem, è sotto assedio da 93 giorni.

A Gaza, invece, dall’escalation del 7 ottobre, l’esercito israeliano ha ucciso direttamente almeno 51.266 persone, anche se il numero totale dei morti potrebbe superare le centinaia di migliaia, come sostenuto da un articolo della rivista scientifica The Lancet e da una lettera di medici volontari nella Striscia. Dalla ripresa delle aggressioni su larga scala del 18 marzo, invece, Israele ha ucciso almeno 1.890 persone.

Spagna: 2% del PIL in spese militari entro il 2025

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Il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, ha annunciato un aumento delle spese militari di 10,5 miliardi di euro da investire entro la fine del 2025. Con tale investimento, il Paese iberico raggiungerebbe i 33 miliardi di euro di spese nel settore della difesa, arrivando alla soglia del 2% del PIL richiesta dalla NATO. L’annuncio è arrivato in occasione di una conferenza stampa in cui il premier spagnolo ha presentato il «piano per lo sviluppo e l’impulso della tecnologia e dell’industria della sicurezza e della difesa» recentemente approvato. Precedentemente, Sánchez aveva annunciato il raggiungimento della soglia del 2% del PIL in spese militari entro il 2029.