domenica 23 Novembre 2025
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Italia, sempre più psicofarmaci a bambini e ragazzi: ricette triplicate in dieci anni

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In dieci anni, il consumo di psicofarmaci tra bambini e ragazzi è quasi triplicato: se nel 2016 venivano prescritte 20,6 confezioni ogni mille bambini, il numero ammontava a 59,3 confezioni nel 2024, raddoppiando nei soli quattro anni successivi alla pandemia. È questo il quadro dipinto dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), nell’ultimo Rapporto OsMed sull’uso dei farmaci in Italia nel 2024. I dati sono in linea con quanto rilevato ormai da anni da studiosi e ricercatori: il peggioramento della salute mentale dei giovani e dei giovanissimi, soprattutto a seguito della pandemia.

Il rapporto specifica che i farmaci descritti sono, in particolare, antipsicotici, antidepressivi e farmaci per l’ADHD (il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività), con un andamento crescente per età: il massimo viene raggiunto nella fascia 12-17 anni, nella quale il consumo è di 129,1 confezioni ogni 1000, ovvero l’1,17% della popolazione affetta da disturbi di qualche tipo. Secondo il report, si tratta di un trend in crescita in linea con i risultati di altri studi epidemiologici internazionali, nei quali si riscontra un generale aumento del numero di prescrizioni di questo genere di farmaci in quasi tutti i Paesi del mondo – in particolare, dopo la pandemia da Covid-19. E che le politiche di restrizione sociale imposte per il contenimento di quest’ultima abbiano rappresentato un acceleratore del disagio giovanile è ormai un fatto conclamato, anche se non rappresentano l’unico fattore di disagio.

Già nel 2023, l’ISS (Istituto Superiore della Sanità) rilevava che disturbi alimentari quali l’anoressia, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata (che al 90% riguardano persone di sesso femminile) fossero aumentati del 40% tra il 2019 e il 2021, mentre l’età di esordio dei disturbi si abbassava al punto che il 30% della popolazione affetta aveva meno di 14 anni. Lo stesso ministero della Salute specificava inoltre che il dato potrebbe essere enormemente sottostimato, dal momento che gran parte dei soggetti affetti da queste patologie non arriva alle cure. In contemporanea, è stato rilevato un aggravarsi della situazione dei giovani che, prima dell’arrivo della pandemia, soffrivano già di disturbi alimentari. Nel solo Ospedale Pediatrico Bambin Gesù gli accessi al pronto soccorso per disturbi del comportamento alimentare csono raddoppiati tra il 2021 e il 2022, mentre i ricoveri sono aumentati di oltre il 50% (dai 180 casi pre-pandemia ai 300 del 2022). La situazione non è migliorata con il passare del tempo, con le diagnosi di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione che sono aumentate del 64% trail 2019 e il 2025 nel solo Ospedale Bambin Gesù, con età di insorgenza che si è abbassata fino agli 8 anni. Un ruolo nell’aggravarsi dell’incidenza di disturbi di questo genere (e del peggioramento generale dela salute mentale dei giovani) lo giocano anche i social media, i quali aumentano dinamiche di confronto sociale e di ossessione per l’esercizio fisico.

Tra il 2019 e il 2022 è inoltre raddoppiato il numero di giovani che si isolano e smettono di incontrare gli amici all’infuori della scuola, tanto che gli esperti parlano di un fenomeno ormai strutturale e non legato a specifiche condizioni socio-economiche o geografiche. Lockdown e didattica a distanza hanno infatti accelerato il passaggio delle interazioni umane a quelle della sfera virtuale, con conseguenze tangibili sulla salute mentale. In contemporanea, sono peggiorate le relazioni familiari, è diminuita la fiducia negli altri ed aumentata l’esposizione al cyberbullismo.

Secondo l’UNICEF, il peggioramento della salute mentale dei giovani a causa dell’isolamento sociale imposto dalle politiche di contenimento della pandemia è stato senza precedenti. Se già prima del 2020 il disagio mentale giovanile era un problema ampiamente diffuso, e non solo in Italia, le restrizioni imposte con il Covid hanno fatto da acceleratore di queste dinamiche. Nel 2021, il suicidio era la prima causa di morte dei giovani tra i 15 e i 19 anni in Europa settentrionale e Asia centrale, la seconda in Nord America, Europa occidentale e Africa occidentale e centrale.

Le radici di una problematica di questa entità affondano nel sistema culturale ed economico che contraddistingue la società moderna. E se un ripensamento e un percorso di profonda autocritica da parte del sistema attuale sembra imprescindibile, nell’immediato sarebbe utile implementare politiche statali che aiutino ad arenare il disagio delle generazioni più giovani, implementando anche i finanziamenti a settori quali lo sport e la cultura parallelamente al supporto a strutture e strumenti di cura. Eppure, la situazione sembra quantomeno incerta, alla luce di provvedimenti quali quello previsto nella Legge di Bilancio del 2025, dove sono stati eliminati tutti i finanziamenti per le case di cura specializzate in disturbi alimentari esistenti su territorio nazionale. In generale, fondi e operatori della salute mentale in Italia scarseggiano, con l’Italia fanalino di coda tra i Paesi ad alto reddito europei per la quota di spesa per l’assistenza psichiatrica.

In Italia nel 2024 sono stati piantati oltre 3 milioni di nuovi alberi

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Nel 2024 in Italia sono stati messi a dimora 3.048.933 nuovi alberi, pari a quasi 4.000 ettari di nuove superfici verdi. Un incremento del 31% rispetto all’anno precedente, che conferma un’accelerazione nelle politiche di forestazione a livello nazionale. A certificarlo è l’Atlante delle Foreste, pubblicazione curata da Legambiente e AzzeroCO2 con il supporto tecnico di Compagnia delle Foreste per Il Sole 24 Ore, che ha analizzato 294 progetti avviati su tutto il territorio, sia in ambito urbano che extraurbano.
Secondo il quadro emerso, in cima alla classifica delle Regioni spicca ancora una ...

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Pakistan, scontri al confine con l’Afghanistan: uccisi 20 miliziani

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L’esercito pakistano ha ucciso 20 miliziani del gruppo Tehrik-e-Taliban Pakistan in un attacco condotto nell’area nordoccidentale del Paese, al confine con l’Afghanistan. Parallelamente, riporta l’esercito, un altro gruppo di militanti avrebbe tentato di assaltare un collegio a Wana, una città nel distretto del Waziristan meridionale, anch’essa situata nel nord-ovest; l’esercito ha risposto aprendo il fuoco contro gli assalitori, uccidendo altri due miliziani. Gli scontri avvengono in un contesto di tensione tra Pakistan e Afghanistan, che hanno recentemente siglato un cessate il fuoco; sabato 8 novembre il Pakistan ha interrotto i colloqui con Kabul, mantenendo tuttavia attiva la tregua.

Germania, la cannabis legale funziona: meno reati e nessuna crescita del consumo

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Germania cannabis riforma dati

Era il primo aprile del 2024 quando in Germania entrò in vigore la legge (KCanG) che ha reso legale l’autoproduzione di cannabis in forma domestica e associata nei Cannabis Social Club, oltre che il consumo per i maggiorenni, con alcune limitazioni. Una legge che non rappresenta una completa legalizzazione, perché non sono presenti negozi con licenze deputati alla vendita, ma che in Europa ha stabilito uno spartiacque nelle politiche sulla cannabis perché, nonostante Malta e Lussemburgo ne avessero approvate di simili, è arrivata dalla più grade economia europea che ha la forza di indicare la strada anche agli altri Stati membri.

Mentre infatti in Europa la EUDA (European Union Drugs Agency) sta promuovendo il progetto Cannapol per fornire strumenti di policy che accompagnino governi nazionali nel disegnare regolamentazioni basate su evidenza scientifica, vale la pena ricordare che, se le legalizzazioni americane sono arrivate principalmente per ragioni economiche, la svolta nel cuore dell’Europa è arrivata per motivi sociali e sanitari. “Mi preoccupo di proteggere e aiutare le persone, non di punirle. Con la vendita controllata e regolata della cannabis in Germania, faremo la storia europea” aveva infatti sottolineato Burkhard Blienert, l’allora commissario tedesco per le droghe, spiegando che l’approccio sarebbe stato rivoluzionario e avrebbe portato un “vero cambiamento di paradigma nella politica delle droghe e delle dipendenze”.

Perché è questo il punto sul quale si gioca tutto: scegliere se continuare con l’impostazione fallimentare della “guerra alla droga”, che non tocca quasi mai gli interessi dei grandi gruppi criminali e porta in carcere semplici consumatori, facendoci spendere cifre assurde per controlli e processi, in un cortocircuito che si autoalimenta, oppure smetterla di criminalizzare chi consuma sostanze per iniziare a inquadrare la questione dal punto di vista sociale, sanitario e dei diritti umani. Siamo talmente abituati alla logica attuale, che pensare a un consumatore di cannabis in carcere non ci crea grandi problemi, nonostante non ci sia né un reato né un’offesa alla cosa o alla salute pubblica. Ma cercare di risolvere il problema delle droghe nella società, presenti da millenni e a tutte le latitudini, mettendo in galera chi le consuma, è come pensare di risolvere il problema dell’obesità arrestando chi mangia tanto.

Ecco perché è importante analizzare i dati che arrivano dalla Germania, per capire quale strada sia meglio scegliere. Ekocan è il progetto che valuta gli effetti della legge tedesca a partire dai dati, e la prima analisi è stata pubblicata a fine settembre.

Mercato della cannabis
Le prime analisi indicano che nel 2024 la domanda complessiva di cannabis in Germania – considerando sia l’uso medico che quello ricreativo – si è attestata tra le 670 e le 823 tonnellate. Solo una piccola parte di questo fabbisogno, pari al 9-13%, è stata soddisfatta attraverso il canale medico, mentre i club di coltivazione associati hanno coperto meno dello 0,1%. Il resto della domanda proviene principalmente dall’autoproduzione domestica o dal mercato illegale.

Tutela dei giovani
“I dati finora disponibili non rivelano effetti a breve termine sull’utilizzo dei servizi di prevenzione da parte dei giovani”, spiega il rapporto, mettendo in chiaro che: “Tuttavia, vi sono indicazioni sia di una diminuzione delle segnalazioni relative alla cannabis agli uffici di assistenza ai minori, sia di una diminuzione del numero di sedute di consulenza per le dipendenze a cui i giovani accedono. Questi sviluppi possono essere in parte spiegati dal calo del consumo di cannabis tra i giovani, osservato dal 2019 e che sembra continuare anche dopo la legalizzazione parziale”.

Tutela della salute
“Non si sono osservati chiari cambiamenti nell’attuale tendenza al consumo di cannabis tra gli adulti. L’aumento percentuale di adulti che hanno fatto uso di cannabis negli ultimi 12 mesi, osservato a partire dal 2011 circa, dovrebbe proseguire nel 2024 e nel 2025 senza drastici cambiamenti. Anche i risultati del monitoraggio delle acque reflue di undici città non indicano un aumento improvviso del consumo di cannabis”, si legge nello studio.

Reati correlati
Il punto principale è che “la legge sulla cannabis rappresenta la depenalizzazione più significativa nella storia della Repubblica Federale Tedesca in termini quantitativi”. Secondo le autorità tedesche: “Ha un impatto considerevole sul lavoro delle forze dell’ordine. I cosiddetti “reati di consumo” ai sensi della legge sugli stupefacenti (BtMG), precedentemente considerati dalla legge, hanno in gran parte cessato di essere perseguiti dal 1° aprile 2024. Tuttavia, con la definizione di nuovi reati amministrativi (ad esempio, il consumo in presenza di minori) e reati penali (ad esempio, la coltivazione di più di tre piante di cannabis), sono emersi anche nuovi compiti e responsabilità per le autorità, alcuni dei quali sono ancora poco chiari”. Ad ogni modo nello studio viene scritto chiaramente che: “I dati disponibili indicano che il numero totale di reati correlati alla cannabis denunciati è diminuito del 60-80%”.

Stragi di mafia: Mori querela Salvatore Borsellino, l’ex terrorista Bellini verso l’archiviazione

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Il dibattito politico-culturale e l’iter giudiziario sulle stragi di mafia del 1992-1993 continuano a riservare grosse sorprese. Negli ultimi giorni, infatti, il fratello di Paolo Borsellino, fondatore del Movimento delle Agende Rosse, si è visto recapitare un avviso di conclusione indagini in seguito a una querela indirizzata nei suoi confronti dall’ex ufficiale dei ROS Mario Mori, risultando dunque indagato per diffamazione. Imputato (uscito assolto) al processo “Trattativa” e attualmente indagato per concorso in strage ed eversione dalla Procura di Firenze, Mori si è sentito diffamato da una dichiarazione del fratello del giudice, che lo ha accusato di conoscere il contenuto della famosa agenda rossa trafugata in via D’Amelio dopo l’esplosione della bomba e di pilotare la Commissione Antimafia. Parallelamente, a Caltanissetta, la Procura ha chiesto l’archiviazione per Paolo Bellini, ex estremista nero condannato come esecutore della strage di Bologna, che prima della consumazione delle stragi degli anni Novanta fu in stretti rapporti con Nino Gioè, uno dei boia di Capaci e “cerniera” tra Cosa Nostra e il mondo dei servizi.

Mori contro Borsellino

«Sono incriminato ai sensi dell’articolo 595, comma 2, per diffamazione aggravata, pronunciata in luogo pubblico, con l’aggravante dell’offesa consistente nell’attribuzione di fatti determinati. Dopo trenta anni di lotta per la Verità e la Giustizia sono io, fratello di Paolo Borsellino, ad essere incriminato. Ma ne sono contento. Finalmente, davanti ad un giudice, si potrà parlare del furto dell’Agenda Rossa». Salvatore Borsellino commenta con queste parole l’avviso di conclusione delle indagini preliminari relative a una denuncia per diffamazione aggravata presentata da Mario Mori, che lo vedono incriminato per alcune frasi proferite lo scorso 18 luglio in un convegno organizzato da Antimafia Duemila a Villa Trabia (Palermo). Come ricorda lo stesso Borsellino, in occasione dell’incontro il fratello di Paolo ha affermato che, «dato che l’Agenda Rossa è stata sottratta dal luogo della strage dai servizi, Mario Mori, essendo stato a capo dei servizi stessi, ne conosce il contenuto e sa dove viene occultata e ha utilizzato il contenuto di questa agenda e il potere che gli deriva da questa conoscenza per influenzare la Commissione Parlamentare Antimafia e le sue scelte relative ai consulenti da nominare». Mario Mori è passato alle vie di fatto, querelandolo. A commentare l’accaduto è stato il legale di Borsellino, Fabio Repici, il quale ha annunciato che il procedimento che si aprirà «rappresenta l’insperata occasione di fare passi avanti sulla ricerca della verità, anche sulla sottrazione dell’agenda rossa», aggiungendo che, dal momento che «il diritto di difesa del fratello di Paolo Borsellino non è conculcabile da nessuno, chiederemo al procuratore Melillo e al procuratore De Lucia (della Procura di Palermo che, nello specifico, è stata investita della questione, ndr) di attivarsi per metterci a disposizione le intercettazioni disposte su Mori dalla Procura di Firenze, che dimostrano proprio come il generale abbia pilotato l’attività della Commissione Antimafia». Il tema era stato oggetto di una puntata di Report, andata in onda lo scorso giugno, dal titolo “Mori va alla guerra”.

La posizione di Bellini

«Contemporaneamente oggi mi è arrivata dal Tribunale di Caltanissetta anche la notifica della richiesta di archiviazione, a firma del PM Valeria Andolina, del procedimento penale a carico di Paolo Bellini – ha annunciato Salvatore Borsellino – Lo stesso Paolo Bellini che è stato recentemente condannato in via definitiva all’ergastolo per la sua partecipazione, come autore materiale, alla strage di Bologna. Io indagato, Paolo Bellini archiviato. GIUSTIZIA E’ FATTA». Effettivamente, lo scorso luglio la Procura di Caltanissetta ha chiesto di archiviare l’indagine su Paolo Bellini in relazione alle stragi del 1992, aperta nel 2022. Giovane membro del MSI e poi di Avanguardia Nazionale, legatissimo a Stefano Delle Chiaie, coperto (secondo la Corte d’assise che lo ha condannato) dai servizi segreti dopo aver ucciso, nel 1975, il militante di Lotta Continua Alceste Campanile, negli anni Novanta Paolo Bellini divenne killer di ‘Ndrangheta, per poi pentirsi e confessare 13 omicidi. Nel giugno del 2023, Bellini era stato perquisito e interrogato dagli inquirenti: nel decreto venivano ricostruiti i suoi viaggi in Sicilia nel 1992, che sarebbero stati effettuati anche per incontrare il boss di Altofonte Nino Gioè, poi protagonista di uno strano “suicidio” in carcere nel 1993. Recentemente, Bellini è stato condannato all’ergastolo per essere uno degli esecutori della strage di Bologna del 2 agosto 1980 e archiviato dal gip di Firenze in relazione alle stragi degli anni Novanta.

La posta in gioco

Attenzione, però, a dare tutto per scontato: già nel 2022 la Procura di Caltanissetta tentò di arrivare all’archiviazione dell’inchiesta sui presunti mandanti esterni della strage di via D’Amelio. La gip Graziella Luparello, però, si oppose, dando impulso a nuove indagini ed esplicitando anche i “binari” sui quali far convogliare le energie investigative dei pm: la possibile rilevanza della «pista ‘istituzionale’», incentrata sul «concorso nelle stragi di personaggi delle istituzioni deviate, eventualmente organizzati in organismi paramilitari»; quella dell’eventuale presenza «di un anello, di carattere politico, individuabile in un personaggio o in un partito politico che potrebbe aver concorso a definire la strategia della tensione, allo scopo di legarsi, in un reciproco ‘do ut des’, a Cosa Nostra» e quella della «pista nera», che evidenzi le possibili «collusioni tra mafia siciliana ed esponenti di destra eversiva» nell’ambito della «lettura coordinata dei diversi delitti eccellenti degli anni ’80-’90». Tra le figure che, secondo la gip, meritano un accurato approfondimento investigativo, c’è ovviamente anche quella di Paolo Bellini. Quest’anno è arrivata un’altra richiesta di archiviazione da parte dei pm, su cui Luparello deve ancora pronunciarsi.

Mori e Bellini

Nel 1992, i destini dei protagonisti di queste storie incrociate, Mori e Bellini, si incontrarono. In quella fase storica, infatti, il carabiniere Roberto Tempesta inviò Bellini, in qualità di infiltrato, dai membri di Cosa Nostra con l’obiettivo di recuperare alcune opere d’arte rubate dalla pinacoteca di Modena. Bellini si rapportò in via diretta con Nino Gioè, capomafia di Altofonte, che aveva conosciuto nel carcere di Sciacca nel 1981. Gioè fornì a Bellini un biglietto contenente i nomi di cinque importanti mafiosi allora detenuti, chiedendo per loro “arresti domiciliari o ospedalieri” per la buona riuscita della trattativa. Il documento arrivò sul tavolo del colonnello Mori, che reputò subito improponibili le richieste ma che, senza sequestrarlo né informare l’Autorità Giudiziaria, trattenne il biglietto e lo distrusse. Mori è oggi sotto inchiesta per i reati di strage, associazione mafiosa e associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell’ordine democratico nell’indagine sui mandanti delle stragi del 1993. Tra le altre cose, infatti, la Procura di Firenze afferma che Mori sarebbe «stato informato già nell’agosto 1992, dal maresciallo Roberto Tempesta del proposito di Cosa Nostra, veicolatogli dalla fonte Paolo Bellini, di attentare al patrimonio storico, artistico e monumentale italiano, in particolare alla Torre di Pisa». Al momento, comunque, si tratta solo di accuse.

Obroni Wawu October: una storia di resistenza tessile e spirito di comunità

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Resilienza, resistenza, creatività e comunità: questi sono gli ingredienti principali del festival Obroni Wawu October, evento giunto alla sua quarta edizione in quel di Accra (Ghana), vicino al “famoso” mercato di Kantamanto, il più grande cestino dei rifiuti tessili del mondo dove ogni settimana vengono scaricati circa 15 milioni di articoli.

Non potendo assimilare e smaltire questa quantità infinita di prodotti, l’ingegno e la voglia di fare hanno trovato una via di fuga. Inondate il nostro Paese con i vostri rifiuti? Noi li trasformiamo in bellezza. 

È così che Rawlings Park, alla fine del mese scorso, si è trasformato in un’esplosione di colore e spirito di comunità per la celebrazione del OWO Day 2025, evento finale di un mese dedicato all’upcycling, pratica di recupero e trasformazione di “scarti” in pezzi di design dal valore nettamente superiore ormai entrata nel vocabolario comune del mondo moda, ma non solo. Arte in cui gli abitanti di Accra sono diventati non solo abili , ma quasi maestri, grazie alla forza, alla visione e alle abilità artistiche delle persone che vivono e danno vita a una delle economie dell’usato più dinamiche al mondo. 

Fonte foto: Obroni Wawu October

Il tema dell’edizione di quest’anno è stato:  Kantamanto! – una celebrazione della forza e della determinazione della comunità, una spinta a risollevarsi e risorgere dalla “spazzatura” uniti e creativi, pronti ad essere riconosciuti come hub globale per la circolarità tessile. Riutilizzo, riparazione, rigenerazione e upcycling sono le chiavi e gli strumenti che hanno animato questo che non è un semplice festival, ma una celebrazione dell’innovazione e della creatività; uno spazio dove si celebrano talento e competenze, mentre si creano momenti dedicati all’istruzione e all’emancipazione grazie ai tessuti. Arti di filo come terapia, tessuti come tele di libertà, fili che intrecciano vite e formano corde di salvataggio e vie di fuga da quell’economia mondiale che cerca di affossare uno dei luoghi dove la voglia di fare vibra in ogni angolo. E che dovrebbe essere presa come esempio da tutto il mondo.

Il processo che ha portato all’evento finale è iniziato nel mese di luglio, dove la OWO School ha messo in atto un programma educativo di quattro mesi per i professionisti dell’upcycling di Kantamanto. Un accelleratore di moda upcycled, dove rappresentanti della Or Foundation hanno fornito risorse, laboratori pratici, consulenze professionali, connessioni con punti vendita e con altri professionisti, per lo sviluppo del proprio marchio, oltre che tecniche pratiche per la costruzione dei propri capi/accessori. 

Sono state create sette collezioni collaborative, il cui scopo era esplorare e raccontare storie di piacere, resilienza, creatività, gioia. 

Eventi per riunire la comunità ed affrontare in maniera pratica argomenti come sostenibilità e solidarietà sono stati organizzati durante tutto il mese di Ottobre dalla Fondazione Or, in collaborazione con la Kantamanto Obroni Wawu Businesses Association, la Kantamanto Women’s Association e la Kantamanto Upcyclers Association.

A partire da una pulizia della spiaggia per raccogliere i rifiuti tessili lungo tutta la costa di Accra; insieme ai membri della comunità di Kantamanto, allo staff della Fondazione e ai volontari del pubblico, sono state prelevate circa 29 tonnellate di rifiuti prima che entrassero nell’oceano; una bella dimostrazione di responsabilità ambientale e azione collettiva. A seguire una serata dedicata alle donne che lavorano come capo-facchini al mercato di Kantamanto, la Kayayei Night (kayayei è il nome con cui vengono indicate queste signore) e un grande “Block Party” che ha animato lo Shoe Yard del mercato a ritmo di musica trap locale e venditori di articoli di seconda mano. Il tutto ha condotto alla serata finale, l’ultima domenica di ottobre: una spettacolare celebrazione a base di usato, riciclo creativo, artigiani e upcycler e cibo di strada del posto. 

Fonte foto: Obroni Wawu October

Le strade si sono colorate di moda, non quella blasonata e griffata, ma quella fatta da chi ha veramente passione e visioni, tra creativi e grande pubblico, che ha sfoggiato look originali gareggiando per l’ambito titolo di Best Dressed. Il premio del Talent Show ha omaggiato con un premio di 2.000 cedis il vincitore della gara.

Ma il premio morale va a tutta questa comunità che, nonostante la situazione critica in cui verte il territorio, ha saputo rialzarsi, creare, gioire e fungere da esempio virtuoso per tutti: il talento non ha bisogno di grandi scuole, ma di volontà, visione e collaborazione. Questo festival ha il potere di mettere davanti al mondo occidentale, e al sistema moda globale, la loro totale inefficienza e a fare i conti con il loro modello di business obsoleto basato sullo spreco.

L’UE limita i visti ai cittadini russi: «rischio di sabotaggi e guerra ibrida»

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«Viaggiare nell’UE è un privilegio, non un diritto acquisito». La guerra diplomatica ed economica tra l’Europa e la Russia, si arricchisce di un nuovo capitolo: il 7 novembre l’Unione europea ha introdotto nuove restrizioni agli ingressi dei cittadini russi sul suo territorio. La stretta sui visti era nell’aria da settimane ed è stata ufficializzata dall’Alto Rappresentante Kaja Kallas: «Scatenare una guerra in Europa e pretendere di viaggiare liberamente nel continente è piuttosto difficile da giustificare», ha scritto Kallas su X. Da ora, i cittadini russi non potranno più ottenere visti per ingressi multipli, ma solo per un unico ingresso, ha precisato la Commissione europea.

È l’ennesima misura dal forte valore simbolico, in cui ogni gesto di Mosca viene letto come una potenziale minaccia e ogni decisione di Bruxelles appare come una difesa preventiva contro un nemico ormai percepito come onnipresente. Le autorità europee hanno giustificato la nuova politica con la necessità di «proteggere la sicurezza interna» e di ridurre il rischio di «sabotaggi, spionaggio e guerra ibrida». «In un momento in cui aumentano gli atti di sabotaggio e le intrusioni di droni, abbiamo il dovere di proteggere i nostri cittadini», ha spiegato Kallas. Secondo l’UE, l’aumento dei droni rinvenuti nei pressi di infrastrutture strategiche sarebbe la prova di una “pressione” russa volta a destabilizzare l’Europa. La misura va ben oltre il piano della sicurezza e rappresenta una scelta politica prebellica, che segna l’ennesimo passo nel progressivo isolamento culturale e sociale della Russia dal resto del continente. Bruxelles ha stabilito che potranno ottenere un visto solo i russi che viaggiano per motivi familiari urgenti, giornalisti indipendenti, difensori dei diritti umani o dissidenti del Cremlino.

Non sorprende che Mosca abbia reagito con durezza. Il Ministero degli Esteri russo ha parlato di decisione discriminatoria, definendo l’UE «ostaggio della propria russofobia». La portavoce Maria Zakharova ha accusato Bruxelles di preferire «disertori ucraini e migranti illegali ai turisti russi con capacità di spesa». Secondo il Cremlino, si tratta di un atto politico dettato da interessi geopolitici e pressioni interne, non da reali esigenze di sicurezza. Mosca ha evidenziato come l’Unione Europea sembri ormai intrappolata in una narrativa bellica permanente, dove ogni azione russa – reale, presunta o inventata – serve a consolidare un fronte politico compatto contro un nemico esterno. È una logica di blocco che riporta l’Europa indietro di decenni, alla guerra fredda. Oggi, la “guerra ibrida” ha preso il posto della “minaccia sovietica”, ma la dinamica è la stessa: costruire l’immagine del pericolo per rafforzare il consenso interno e deviare l’attenzione dalle fratture economiche e sociali che attraversano l’UE.

L’Unione Europea, che un tempo si presentava come garante della libertà di movimento e dei diritti universali, appare oggi sempre più chiusa in un sistema di regole e controlli. Il sospetto è diventato la cifra dominante di una burocrazia che tende a giudicare non ciò che una persona fa, ma ciò che rappresenta. La logica del “rischio potenziale” ha trasformato la sicurezza in un filtro ideologico che restringe spazi e diritti, censura le opinioni divergenti, sostituendo la fiducia con il controllo. Così l’Europa, nata per abbattere muri e confini, finisce per innalzarne di nuovi, più invisibili ma altrettanto rigidi. Le parole di Kaja Kallas, che ha definito i viaggi nell’UE un “privilegio”, segnano un cambio di paradigma: la libertà non è più un diritto da tutelare, ma un favore da concedere. Nel tentativo di difendersi da un nemico percepito come onnipresente, l’Europa rischia di rinchiudersi in una nuova cortina di sospetti e divieti che ne limita lo spirito originario più di qualunque minaccia esterna.

Esplosione a Nuova Delhi: almeno 8 morti

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A Nuova Delhi, capitale dell’India, almeno 8 persone sono morte e altre 24 sono rimaste ferite a causa di una esplosione. L’esplosione è avvenuta nei pressi del Forte Rosso, edificio patrimonio dell’umanità situato nel centro della città. Ancora ignote le cause dell’esplosione, che ha causato un grande incendio. Dalle prime notizie diffuse dai media locali, sembra sia esplosa un automobile.

Boeing si salva da ogni accusa per i disastri aerei di cui è protagonista

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Nel 2018 e nel 2019, Boeing è stata protagonista di due disastri aerei che hanno messo a nudo le falle più profonde delle sue pratiche industriali e gestionali. Due tragedie che sono costate la vita a 346 persone e che hanno acceso come non mai i riflettori sulle criticità sistemiche di un modello d’impresa orientato al contenimento dei costi e alla massimizzazione dei profitti, spesso a scapito della sicurezza. Giovedì 6 novembre, su richiesta del Governo statunitense, il giudice federale incaricato del caso ha deciso di archiviare il procedimento, approvando un accordo che consente a Boeing di evitare qualsiasi ammissione di colpa.

La decisione ha scatenato comprensibilmente un’ondata di indignazione tra i familiari delle vittime, i quali chiedono da anni giustizia e trasparenza. I due incidenti, avvenuti rispettivamente in Indonesia e in Etiopia, coinvolgevano il modello Boeing 737 MAX, un aereo dotato di un sistema automatico di controllo del volo (MCAS) progettato per correggere l’assetto in determinate condizioni, ma che, a causa di un singolo sensore difettoso e di un addestramento inadeguato dei piloti, si è trasformato in una trappola mortale. Nel periodo successivo, indagini hanno inoltre messo in luce la sistematica manipolazione di documenti tecnici e di manutenzione da parte dell’azienda, un modus operandi che conferma una cultura dirigenziale che ha in spregio la sicurezza delle persone. 

Nonostante simili premesse, l’Amministrazione Biden aveva negoziato un compromesso con Boeing: in cambio dell’archiviazione delle accuse più gravi, l’azienda avrebbe riconosciuto la propria responsabilità per frode e ostruzione alle indagini, pagato una multa, risarcito le famiglie e accettato una supervisione esterna per tre anni da parte di un organismo indipendente. Con l’insediamento del presidente Donald Trump, i termini dell’accordo sono però stati ulteriormente addolciti. Un’eventuale ammissione di colpevolezza avrebbe però inciso negativamente sugli appalti assegnati dal Dipartimento della Guerra a Boeing, sia sul piano aeronautico che sul frangente spaziale, quindi la Casa Bianca ha ben deciso di rimuovere questo requisito, eliminando nel frattempo anche l’istituzione di un meccanismo di vigilanza. 

Nella formulazione più recente, l’impresa si impegna a versare 1,1 miliardi di dollari tra multe, risarcimenti e investimenti interni all’azienda, nonché ad assumere alle proprie dipendenze dei “consulenti indipendenti per la conformità”. Una soluzione che, tuttavia, lascia ampi dubbi sulla reale efficacia del controllo e sulla capacità del sistema giudiziario di garantire responsabilità in casi di tale portata. I familiari delle vittime hanno chiesto al giudice distrettuale Reed O’Connor di respingere l’accordo, ma quest’ultimo, pur riconoscendone la debolezza, ha dichiarato di non avere il potere di opporsi alla volontà dell’esecutivo. Nelle sue stesse parole, “l’accordo non assicura il livello di responsabilità necessario a garantire la sicurezza del pubblico volante”, tuttavia rappresenta, secondo il governo, una scelta strategica nell’interesse pubblico. Gli avvocati delle famiglie hanno già annunciato che presenteranno ricorso.

Da parte sua, l’amministrazione statunitense difende la decisione sostenendo che Boeing abbia migliorato le proprie procedure di sicurezza e che la Federal Aviation Administration (FAA) ne stia monitorando da vicino le operazioni. Una posizione opinabile: appena pochi giorni fa, un velivolo cargo Boeing operato da UPS è precipitato, provocando la morte di dodici persone. Un nuovo segnale, tragicamente concreto, che la fiducia nei cieli — e nei colossi che li dominano — è ancora lontana dall’essere pienamente riconquistata.

La Thailandia sospende l’accordo di pace con la Cambogia

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La Thailandia ha annunciato la sospensione dell’accordo di pace con la Cambogia. L’annuncio è arrivato dopo il ferimento di due soldati thailandesi di pattuglia nei pressi del confine con Phnom Penh, avvenuto dopo l’esplosione di una mina; dopo l’incidente, uno dei due soldati avrebbe perso il piede. Il portavoce del governo thailandese ha affermato che con la sospensione dell’accordo non verranno rilasciati i 18 soldati cambogiani che sarebbero dovuti rientrare nel Paese. L’accordo di pace tra Cambogia e Thailandia era stato siglato con la mediazione di Trump dopo una serie di bombardamenti reciproci scoppiati a causa di diversi scontri avvenuti sul confine.