venerdì 21 Novembre 2025
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Parlamento UE chiede sospensione dei brevetti vaccini anti-Covid

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Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione – 355 favorevoli e 263 contrari – con la quale si chiede una deroga temporanea all’accordo denominato Trips, nel quadro delle norme della World Trade Organization (WTO). Gli eurodeputati hanno quindi chiesto una sospensione della protezione dei diritti di proprietà intellettuale sui vaccini anti-Covid al fine di rendere più accessibile e rapida la produzione e la distribuzione globale.

Come funziona e da chi è finanziata l’Ema

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L'Ema (Agenzia europea per i medicinali) è l'ente dell'Unione europea responsabile della valutazione scientifica, del controllo e del monitoraggio dei medicinali sia umani che veterinari sviluppati dalle aziende farmaceutiche per essere commercializzati all'interno del territorio dell'Ue. Dato tale delicato ruolo, le decisioni prese dall'Ema devono basarsi su un modo di operare all'insegna dell'imparzialità, dell'indipendenza e della trasparenza: è quanto si apprende dal codice di condotta dell'Agenzia, il quale si rifà a tali principi. «I membri del consiglio di amministrazione, quelli delle ...

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Booking accusata di evasione da 153 milioni di euro

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Il sito di prenotazioni Booking.com – con sede in Olanda – è accusato di avere evaso in Italia oltre 150 milioni di Iva. Booking avrebbe guadagnato, dal 2013 al 2019, circa 700 milioni di euro su oltre 800 mila transazioni. Dall’esame dei documenti fiscali è emerso come la società olandese era solita emettere fatture senza Iva.

Ue: avviata procedura contro Italia su mercato mutui

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La Commissione Ue ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia per la mancata totale applicazione della direttiva dell’Unione europea sul credito ipotecario. Nello specifico si tratta delle disposizioni su libertà di stabilimento, libera circolazione e vigilanza dei servizi degli intermediari del credito. Bruxelles ha sottolineato come lo scopo della direttiva sia quello di aumentare la protezione dei consumatori all’interno del settore dei mutui e di promuovere la concorrenza aprendo, tra l’altro, i mercati nazionali agli intermediari. In tal senso, «una maggiore concorrenza andrebbe a vantaggio dei consumatori, consentendo una scelta più ampia ed a costi inferiori».

Dai Paesi del G7 ancora più soldi alle fossili che alle rinnovabili

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Tra gennaio 2020 e marzo 2021, le nazioni del G7 hanno finanziato carbone, petrolio e gas per un totale di 182 miliardi di dollari. Mentre, nello stesso periodo – ha rivelato un’indagine dell’organizzazione umanitaria Tearfund – 147 miliardi sono stati ceduti a favore delle energie pulite. In risposta alla pandemia, il documento ha inoltre evidenziato come le economie più avanzate del Pianeta abbiano investito monetariamente per favorire la ripresa. Più di 8 dollari su 10 – è emerso – sono stati impegnati in combustibili fossili. I settori più ‘sporchi’ e privi di requisiti per la riduzione dell’inquinamento ne hanno quindi beneficiato per la maggiore. Invece, appena 1 dollaro su 10 è stato destinato a misure ‘verdi’, come le energie rinnovabili o l’efficienza energetica.

Per giungere a queste conclusioni, l’indagine ha analizzato le nuove politiche e misure relative alla produzione e al consumo di energia approvate dal Gruppo dei sette e dalle altre nazioni invitate a partecipare al vertice dei leader del G7 2021. Il rapporto, utilizzando i dati dell’Energy Policy Tracker, ha quindi valutato le misure di sostegno diretto e le politiche di ripresa a lungo termine di Australia, Canada, Francia, India, Italia, Giappone, Germania, Repubblica di Corea, Sud Africa, Regno Unito e Stati Uniti.

Gli investimenti di queste economie sono risultati quindi in contrasto con l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni. Senza contare poi che sarebbero in totale controtendenza con il recente annuncio, avanzato proprio dai ministri dell’ambiente del G7, di voler fermare ogni finanziamento a favore di centrali a carbone entro la fine del 2021. Degli 11 stati analizzati, 8 hanno però migliorato sensibilmente le loro ambizioni future in un’ottica di maggiore sostenibilità. Ma solo quattro – Canada, Francia, Germania e Regno Unito – hanno sviluppato ‘piani di ripresa’ realmente ecologici. In definita, i Paesi che dovrebbero guidare la transizione ancora non investono a sufficienza in tecnologie che accelerino la decarbonizzazione delle loro economie. «Inoltre – commentano gli autori del report – hanno rinunciato alla creazione di nuovi posti di lavoro che sarebbero derivati da una risposta più ecologica al post-pandemia».

[di Simone Valeri]

 

Green pass: via libera definitivo del Parlamento Ue

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Il Parlamento Ue ha dato il via libera definitivo al certificato digitale Covid, che servirà a facilitare gli spostamenti all’interno del territorio dell’Unione europea. Il testo dovrà ora essere formalmente adottato dal Consiglio e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, per poi entrare in vigore ed essere applicato a partire dal primo luglio 2021. Il certificato servirà ad attestare l’avvenuta vaccinazione anti Covid o la negatività ad un recente test oppure la guarigione dal virus. Esso sarà rilasciato gratuitamente dalle autorità nazionali e sarà disponibile in formato digitale o cartaceo con un codice QR.

Regno Unito: gli animali saranno riconosciuti come esseri senzienti

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Il Regno Unito è pronto a riconoscere gli animali come esseri senzienti: il governo ha presentato al Parlamento l’Animal Welfare (Sentience) Bill, un disegno di legge volto a classificare gli animali vertebrati come esseri che possono provare sentimenti quali dolore o gioia. Tale misura rientra nel piano di azione per il benessere animale adottato dal governo, il quale stabilisce una serie di obiettivi da raggiungere nell’ambito della tutela degli stessi, tra cui appunto quello oggetto dell’Animal Welfare (Sentience) Bill. Il disegno di legge, nello specifico, prevede che ogni nuovo intervento legislativo all’interno di tale materia dovrà tenere conto del fatto che gli animali siano esseri senzienti. Il tutto grazie alla creazione di un “Comitato sulla sensibilità degli animali” che sarà composto da esperti del settore: i ministri del governo dovranno aggiornare il parlamento sulle raccomandazioni formulate dal Comitato.

Ma, seppur tutto questo rappresenti un importante progresso nell’ambito della tutela degli animali, sia il disegno di legge che il piano di azione del Regno Unito non soddisfano pienamente le associazioni ambientaliste. In tal senso, il primo non protegge gli animali invertebrati come astici ed aragoste: il governo, però, ha promesso che prenderà in considerazione ulteriori forme di tutela per crostacei e cefalopodi. Il secondo, invece, non contiene l’obiettivo di bandire le gabbie dagli allevamenti, divieto che invece potrebbe essere introdotto in Europa grazie all’iniziativa dei cittadini europei denominata “End the Cage Age”, un appello che ha raccolto 1,4 milioni di firme in un anno con cui è stato appunto chiesto di vietarle.

Detto ciò, anche l’Italia si sta muovendo a favore della protezione degli animali. Il mese scorso, infatti, la commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato all’unanimità l’introduzione della tutela degli animali all’interno dell’articolo 9 della Costituzione. E sebbene tale voto non costituisca un via libera definitivo, si tratta di uno storico passo in avanti.

[di Raffaele De Luca]

I G7 approvano la tassa minima sulle multinazionali, le big tech la pagheranno?

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Durante il summit tenutosi a Londra, in cui si sono riuniti i ministri delle finanze dei paesi del G7 (Regno Unito e Stati Uniti compresi), si è siglato un accordo storico. Per la prima volta dopo una battaglia di 4 anni, si è imposta una tassa minima globale per i Big Tech. Lo scopo è quello di limitare il fenomeno (dilagante) dell’elusione fiscale da parte dei giganti del settore tecnologico. L’aliquota minima per le grandi imprese è fissata al 15% e colpirà soprattutto le aziende con quartieri generali offshore.

Nella difficile transizione verso un mondo digitale, l’imposizione di questa tassa globale sulle imprese è un momento chiave. È da anni che l’Unione Europea e i singoli governi nazionali cercano di rivendicare contributi dai Big Tech della Silicon Valley, sostenendo che a dover essere tassate sono le transazioni, per quanto digitali e quindi intangibili. La situazione è sempre la stessa: una grande azienda come Google o Facebook sceglie come sua sede ufficiale un paese come l’Irlanda, l’Olanda o il Lussemburgo, dove le tasse sulle corporazioni sono ai minimi europei, e poi vende i suoi prodotti in giro per il continente, senza dover rendere conto a nessuno al di fuori dei governi dei paradisi fiscali stessi.

Adesso, con l’aliquota, si andrà a limitare proprio questa possibilità, perché le multinazionali dovranno pagare le tasse nei paesi in cui operano anziché nei paesi in cui sono situati i loro uffici generali. Tutti i paesi del G7 saranno tenuti ad imporre la tassa, fissata al 15%. Un secondo articolo dell’accordo prevede anche un’ulteriore imposta, del 20%, sulla quota eccedente il 10% dei profitti nei paesi in cui questi sono stati fatti.

Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare le multinazionali hanno accolto con un favore questo accordo. Alcuni, come Mark Zuckerberg, ne hanno addirittura parlato con entusiasmo. In parte il motivo è che così possono risolvere ostilità e problemi con molti governi, a condizioni che considerano accettabili. Non bisogna però illudersi: un’aliquota del 15% non va certo a mettere i bastoni tra le ruote a delle aziende che fanno miliardi in profitto ogni anno. Oltretutto, come hanno sottolineato le voci più critiche, il piano di tassazione presenta delle lacune che, in fondo, permetterebbero ai Big Tech di pagare molto meno di quanto non si dica sulla carta. Molte multinazionali con pagano tasse sugli utili per il semplice fatto che non ufficialmente non ne fanno, facendo passare tutti i ricavi come investimenti in nuovi rami d’azienda, come nel caso di Amazon.

Per quanto il piano possa avere i suoi limiti, va comunque riconosciuto che è un notevole passo avanti. Ovviamente, si poteva imporre più del 15% – Biden stesso aveva inizialmente proposto un’aliquota al 21%, ma il cambiamento potrebbe essere graduale. Per ora, i firmatari dell’accordo sperano di coinvolgere anche i paesi del G20, che si terrà questo luglio a Venezia.

[di Anita Ishaq]

Omicidio ambasciatore Attanasio: indagato funzionario del World Food Programme

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C’è un primo indagato nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma sulla morte dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, avvenuta il 22 febbraio scorso in Congo. Si tratta di un funzionario congolese del Wfp (World Food Programme) ossia il Programma alimentare mondiale, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistenza alimentare. L’uomo era il responsabile della sicurezza del convoglio sul quale viaggiavano Attanasio e Iacovacci ed è accusato di omesse cautele in relazione all’omicidio dei due italiani.

Bologna: daspo Universitario per gli studenti che violano le regole anti-covid

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Alla fine di maggio era andata in scena una discussione circa gli studenti di Bologna che ha coinvolto politici e istituzione universitaria. La candidata alla carica di Sindaco, Isabella Conti, aveva lanciato l’idea del Daspo o dell’espulsione per gli studenti universitari che si fossero resi responsabili di gesti e azioni deplorevoli e/o contrari alle norme anti-Covid fuori dall’orario universitario: sotto attacco è la movida notturna. L’Ateneo ha subito fatto sapere che ciò non è possibile perché il diritto allo studio prevale e che l’Università non può essere responsabile per ciò che accade la notte. Adesso però, il Consiglio studentesco vota per l’inserimento del Daspo nel regolamento degli studenti.

«Come Ateneo desideriamo rimanere fuori dalla diatriba delle primarie», aveva detto il Rettore vicario Mirko Degli Esposti. L’espulsione degli studenti, o Daspo, chiesto anche da Fratelli d’Italia, tiene a precisare il vicario, «non è contemplata nei regolamenti disciplinari universitari, perché il diritto allo studio rimane sempre. Al massimo è prevista la sospensione fino a un anno. Ma anche se fosse possibile l’espulsione degli studenti, questa deve passare prima da una chiara identificazione di chi commette illeciti, come ripetiamo da anni. Ma l’identificazione non la possiamo fare noi, la fanno le Forze dell’ordine o la Polizia locale. Se sono le Forze dell’ordine a identificarli, perché non si possono fare sanzioni o denunce? Mi pare che si stia solo scaricando la responsabilità sull’Università. L’Ateneo emette periodicamente sanzioni disciplinari agli studenti che commettono illeciti o atti vandalici all’interno delle strutture dell’Alma Mater o durante le attività universitarie ma al di fuori di queste, gli studenti sono liberi cittadini e se commettono reati o illeciti non possiamo essere noi a intervenire».

Una mozione di Azione universitaria ha chiesto e ottenuto – con 14 voti a favore e 13 contrari –  di rivedere il regolamento degli studenti rispetto a sanzioni disciplinari specifiche per la loro condotta in zona universitaria, anche se al di fuori della responsabilità diretta dell’istituzione universitaria, con assembramenti e violazioni delle norme anti-Covid. «Una mozione sulla scia del clamore mediatico dell’ultima settimana che narra piazza Verdi e la zona universitaria come un luogo problematico per colpa degli studenti. Abbiamo votato contrari alla mozione. È inaccettabile che si spinga l’università ad assumere il ruolo di sceriffo», dice Lorenzo Baldino coordinatore di Link. Baldino annuncia anche che il 15 giugno andrà in scena, in piazza Verdi, una proiezione gratuita.

Intanto, l’11 giungo, alle 14.30, presso l’Università di Bologna, si discuterà della questione con Francesca Curi (Università di Bologna), Rossella Selmini (Università di Bologna), Stefania Crocitti (Università di Bologna), Monica Brandoli (ASP Città di Bologna), Carlo Francesco Salmaso (Piazza Grande), all’incontro che prende il nome di Daspo urbano, contrasto al degrado e marginalità sociale, all’interno della rassegna intitolata Sicurezza integrata e Welfare di comunità.

[di Michele Manfrin]