venerdì 21 Novembre 2025
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Ex Ilva, il Consiglio di Stato impone che l’attività continui nonostante i rischi per la salute

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Il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza con la quale il 15 febbraio scorso il Tar di Lecce aveva imposto la chiusura di sei degli impianti produttivi. L’acciaieria di Taranto, potrà quindi continuare la produzione. Il Tar di Lecce ne aveva imposto il fermo a causa della «Situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini» sottolineando che a causa degli impianti vecchi c’è il «rischio che si ripetano fenomeni inquinanti». Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato dall’azienda. motivando nella sentenza che «L’istruttoria procedimentale e quella processuale non evidenziano un pericolo ‘ulteriore’ rispetto a quello ordinariamente collegato allo svolgimento dell’attività produttiva dello stabilimento industriale e gestito attraverso la disciplina dell’Autorizzazione Integrata Ambientale». A Tarando, insomma, per il Consiglio di Stato è tutto nella norma, inclusi fumi nocivi e tumori fuori controllo.

Era stato lo stesso Governo italiano a scendere in campo appoggiando il ricorso dell’azienda, con il Ministro Cingolani (proprio quello che secondo l’incarico ricevuto si occupa della “transizione ecologica”) che aveva parlato di «sentenza superficiale ed ideologica».

A Taranto è stata registrata una mortalità in eccesso rispetto alla media nazionale. A confermarlo anche il quinto report dello Studio Epidemiologico Sentieri. Aumento dei casi di tumore al polmone, mesotelioma della pleura e diverse malattie dell’apparato respiratorio, queste alcune delle patologie legate all’inquinamento atmosferico prodotto dall’insediamento siderurgico. Si tratta di studi che hanno influenzato anche la giurisprudenza, visto che all’inizio di quest’anno la magistratura ha per la prima volta stabilito il nesso diretto tra l’inquinamento ambientale prodotto dalla fabbrica e la morte di un cittadino, ovvero il piccolo Lorenzo Zanatta, avvenuta nel 2014. Insomma, le evidenze che la produzione di acciaio produca danni evidenti sulla salute non solo dei lavoratori, ma della popolazione tarantina in genere, sono provate. Ad essere ideologica, viene il dubbio, è più che altro la determinazione del Governo a voler continuare la produzione ad ogni costo.

Ucraina-Gran Bretagna: cooperazione militare in funzione anti-russa

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Ucraina e Gran Bretagna firmeranno, lunedì prossimo, un memorandum che incrementerà la cooperazione militare tra i due paesi. L’accordo è stato raggiunto sulla HMS Defender, un cacciatorpediniere britannico per la difesa aerea arrivato a Odessa la scorsa settimana, ed è stato firmato dal Vice-Ministro della Difesa ucraino, Alexander Mironyuk, e dal Ministro britannico per gli appalti della difesa, Jeremy Quin. L’accordo precede di una settimana i giochi di guerra con navi NATO nel Mar Nero, nell’ambito di Exercise Sea Breeze 2021, a cui parteciperà anche la marina militare ucraina.

La Gran Bretagna progetterà e costruirà navi militari da combattimento e basi militari navali per il governo di Kiev. L’accordo prevede anche che la Gran Bretagna aiuti Kiev a ricostruire la sua industria cantieristica e navale, fornendo nuovo impulso alla marina ucraina che ha perso parte significativa della sua capacità a seguito del referendum della Crimea che ha deciso di tornare a far parte della Russia nel 2014. Con la perdita del porto di Sebastopoli, Kiev perse la maggior parte delle sue infrastrutture navali, così come gran parte del suo personale. L’accordo prevede anche che tutte le navi della classe Sandown che la marina britannica ha sostituito con sistemi automatizzati saranno inviate all’Ucraina.

Già otto mesi fa, quando il presidente ucraino Volodymyr Zelensky visitò Londra, l’Ucraina aveva firmato un accordo da 1,25 miliardi di sterline con il Regno Unito per la fornitura di otto navi missilistiche ad attacco rapido classe Barzan.

[di Michele Manfrin]

Etna: eruzione e 9 km di nube

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Nel corso della notte, l’Etna è tornato a farsi vivo con una fontana lavica eruttata dal cratere Sud-Est. La nube che si è sprigionata dall’eruzione ha superato i 9 chilometri di altezza al di sopra del livello del mare. Al momento, l’attività vulcanica non ha avuto alcun impatto sull’operatività dell’aeroporto internazionale Vincenzo Bellini di Catania

Le “star” di Twitter potranno proporre contenuti a pagamento

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Twitter ha annunciato che le “star” del social  network potranno fornire contenuti a pagamenti fruibili dai soli abbonati grazie a “Ticketed Spaces” o a “Super Follows”. Twitter prenderà il 3% degli incassi totali di “Ticketed Spaces” e “Super Follows” per cifre inferiori ai 50mila dollari, mentre tratterrà il 20% per introiti superiori.

Le città del Nord Italia si confermano le più inquinate d’Europa

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L’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ha pubblicato una mappa sulla qualità dell’aria delle aree urbane europee. Le città (con almeno 50.000 abitanti) sono classificate dalla più pulita alla più inquinata sulla base dei livelli medi di particolato fine (PM2,5) degli ultimi due anni. Nel biennio 2019-2020 le tre città europee con la migliore qualità dell’aria sono state Umeå (Svezia), Tampere (Finlandia) e Funchal (Portogallo), mentre le tre più inquinate sono state Nowy Sacz (Polonia), Cremona (Italia) e Slavonski Brod (Croazia).

Delle 323 città che figurano nella mappa, 127 hanno una qualità dell’aria classificata come buona, rispetto ai parametri indicati dall’OMS, ovvero, al di sotto dei 10 microgrammi per metro cubo d’aria (10 μg/m3). Come possiamo vedere dalla mappa e dai dati forniti, una sfilza di città italiane e polacche figurano ai gradini più bassi della classifica sulla qualità dell’aria. La Polonia presenta diverse città sparse sul proprio territorio a causa del massiccio utilizzo dell’energia derivante dall’utilizzo del carbone. L’Italia, invece, concentra al nord la maggior parte delle città con l’aria più inquinata da particolato.

Cremona, la penultima in Europa (322°), sfiora i 26 μg/m3 di PM2,5. Le altre città italiane che risultano maggiormente inquinate a livello atmosferico sono: Vicenza (320°) 25,6 μg/m3; Brescia (315°) 24 μg/m3; Pavia (314°) 22,9 μg/m3; Venezia (311°) 22,4 μg/m3; Piacenza (307°) 20,8 μg/m3; Bergamo (306°) 20,6 μg/m3; Treviso (304°) 20,3 μg/m3; Milano (303°) 20,1 μg/m3. Il motivo della concentrazione di PM2,5 nell’aria delle aree urbane del Nord Italia, sembrerebbe essere la massiccia presenza dell’industria in una zona quasi circondata da montagne che non ne permettono la dispersione del particolato fine.

Le tre città italiane con la qualità dell’aria migliore sono Sassari (14°) con 5,8 μg/m3, seguita da Genova (26°) con 7,1 μg/m3 e Livorno (64°) con 8,8 μg/m3.

Il PM2,5 è l’inquinante atmosferico con la maggiore incidenza sulla salute dei cittadini in termini di morti e malattie, causando malattie cardiovascolari e respiratorie. L’ultima valutazione annuale effettuata dall’AEA ha riscontrato che nel 2018 l’esposizione al PM2,5 ha causato 379.000 morti in 41 paesi europei.

[di Michele Manfrin]

Bielorussia: dura reazione alle sanzioni

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Dopo le nuove sanzioni adottate dagli Usa, in coordinamento con Ue, Canada e Gb, arriva la dura reazione del governo bielorusso che parla di una “dichiarazione di guerra economica”. Inoltre, nella nota diramata dal ministero degli Esteri bielorusso si dice: «Lo Stato bielorusso è in grado e farà tutto il possibile per proteggere i suoi cittadini e le entità commerciali: sanzioni e restrizioni non avranno l’effetto desiderato».

Turchia sempre più autoritaria: il partito filo-curdo potrebbe essere messo fuori legge

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Il Partito Democratico dei Popoli (HDP), fondato nel 2012 con l’unione degli elementi socialisti turchi con forze filo-curde, terzo schieramento nel panorama politico del Paese, potrebbe presto essere fuori legge: è quanto deciso dalla Corte costituzionale turca che ha accettato l’incriminazione posta dal procuratore capo Bekir Sahin. Nella causa, Sahin ha affermato che l’HDP è un partito antidemocratico e colluso con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), considerata come organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti, Unione Europea e altre nazioni.

A chi ha mosso accuse di soppressione della democrazia, Sahin ha risposto che era necessaria un’azione contro l’HDP poiché coinvolto in «attività volte a distruggere e abolire l’unità indivisibile dello stato». Sahin ha giustificato l’atto d’accusa citando il rifiuto dell’HDP di condannare il PKK e le sue attività, che il governo turco considera di stampo terroristico.

L’HDP, che conta 55 seggi in Parlamento, nega qualsiasi legame con il PKK, che dal 1984 è in guerra contro lo stato per l’autonomia del sudest anatolico a maggioranza curda. Da quando è stato fondato, l’HDP ha rappresentato un elevato fattore di rischio per l’AKP del premier turco Recep Tayyip Erdoğan. Per questo, il partito socialista e filo-curdo ha visto decimare la sua classe dirigente in maniera impressionante: un centinaio di sindaci sono stati rimossi e molti di questi sono finiti dietro le sbarre, assieme a circa ventimila tra dirigenti e semplici militanti oltre a 14 parlamentari.

[di Michele Manfrin]

Transgender nelle categorie sportive femminili: il caso Hubbard

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Negli ultimi giorni è scoppiata una polemica in seguito all’ammissione della sollevatrice pesi Laurel Hubbard alle olimpiadi di Tokyo della prossima estate. Hubbard, neozelandese, è una donna dal 2012, avendo cambiato sesso dopo 35 anni vissuti da uomo (almeno biologicamente parlando). La decisione di includerla nella categoria femminile del sollevamento pesi ha spaccato l’opinione pubblica in due. Rientra perfettamente nelle linee guida dell’International Olympic Committee in fatto di persone transgender e da molti è stata accolta con entusiasmo, come segno di inclusione. Molte critiche sono però emerse all’interno della comunità scientifica, in vari circoli femministi e persino tra molti transgender.

Secondo le linee guida elaborate nel 2015 dell’International Olympic Committee, gli atleti che passano dal sesso maschile a quello femminile possono competere nella categoria femminile senza dover necessariamente aver subito un’operazione di rimozione dei testicoli. Questo purché il loro livello di testosterone si sia mantenuto al di sotto delle 10 nanomoli per litro negli ultimi 12 mesi.

Alcuni recenti studi scientifici, però, hanno evidenziato che le persone che hanno attraversato la pubertà maschile mantengono comunque vantaggi biologici in quanto a forza e prestanza, per quanto il loro livello di testosterone possa essere clinicamente soppresso. Parliamo del “male performance advantage“, ovvero un vantaggio legato al solo fatto di essere stati maschi, di cui l’IOC, secondo le voci critiche, non tiene sufficientemente conto.

Secondo gli studiosi Hilton e Lundberg, il male performance advantage spazia dal 10 al 50% a seconda del tipo di sport. Ovviamente, gli sport in cui è più significativo sono proprio quelli che richiedono molta forza muscolare. In alcuni studi longitudinali condotti su persone che avevano soppresso il proprio livello di testosterone, si è visto che la perdita di massa muscolare è appena del 5% dopo 12 mesi di trattamento. Alcuni effetti della pubertà maschile sembrerebbero essere di fatto irreversibili. 

Chiaramente, si tratta di questioni molto delicate. Da una parte, c’è una forte volontà ad includere i transgender e dar loro gli stessi diritti di riconoscimento e partecipazione alle competizioni sportive. Dall’altra parte, le donne biologiche hanno un notevole svantaggio naturale in fatto di sport, e senza un giusto approccio basato sull’evidenza scientifica, si rischia di sacrificare i loro di diritti, per garantire quelli dei transgender. Dagli ambienti femministi sono infatti giunte molte critiche. L’associazione britannica Fair Play for Women, per esempio, si oppone all’inclusione delle donne trans nelle categorie sportive femminili e propone, in alternativa, una conversione della categoria maschile in una categoria aperta a tutti.

Come immaginabile, le critiche sono state numerose anche all’interno dell’ambiente sportivo femminile. Molte sollevatrici pesi hanno espresso solidarietà con la causa dei transgender, ma hanno comunque dichiarato di sentirsi vittime di un’ingiustizia.

[di Anita Ishaq]

Spagna: governo approva indulto ai separatisti catalani

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Il Consiglio dei Ministri del governo spagnolo ha approvato i decreti d’indulto parziale per i nove leader indipendentisti catalani condannati al carcere dopo il tentativo di secessione del 2017. Barricate da parte dei partiti di opposizione: Partito Popolare, Ciudadanos e Vox hanno annunciato che porteranno avanti tutte le azioni legali necessarie per bloccare l’iniziativa del governo.

Sospensione medici non vaccinati: la sanità è a rischio caos

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A due mesi dal decreto con cui è stato introdotto l’obbligo di vaccinazione anti Covid per il personale sanitario, le aziende sanitarie di molte regioni italiane hanno dato il via alla procedura per sospendere gli operatori che non si sono sottoposti al siero. In tal senso gli Ordini professionali, gli ospedali e le Rsa hanno comunicato, e stanno tuttora comunicando, i nominativi dei medici e degli infermieri non vaccinati delle diverse strutture sanitarie.

Secondo quanto riferito dal segretario dell’Anaao-Assomed (sindacato dei medici del Servizio sanitario nazionale) «i medici non vaccinati per il Covid-19 sul totale degli operatori sanitari, e per i quali le Asl potrebbero avviare i procedimenti di sospensione dalla professione sono una percentuale molto bassa». Tuttavia, in base ai dati che provengono dalle varie Regioni i numeri dei medici “disobbedienti” sembrano essere tutt’altro che contenuti. Tanto da far ipotizzare che la sospensione di tutti gli operatori della sanità non vaccinati potrebbe avere conseguenza molto serie sulla possibilità di continuare a garantire prestazioni sanitarie adeguate.

Stando ai dati forniti dal governo, all’interno della categoria dei sanitari sono 45.753 le persone in attesa della prima dose o della dose unica, ossia il 2,3% del totale. Nello specifico, la regione con il numero maggiore di operatori non vaccinati è l’Emilia Romagna, che ne ha 14.390 (7,8% del totale). Seguono la Sicilia con 9.214 (6,5%) e la Puglia con 9099 (6,5%). Ma ad avere la percentuale più alta è la provincia autonoma di Trento, dove i non vaccinati sono 2.205 e rappresentano l’11% del totale.

E tali numeri potrebbero in realtà rappresentare una sottostima: in Piemonte nelle scorse settimane, da una riunione convocata d’urgenza nella sanità, è infatti emerso che sono circa 20.000 i sanitari che non si sono fatti vaccinare. Tali dati sono stati sviluppati dal Csi, il Consorzio informatico, incrociando i dati del personale con quelli della piattaforma vaccinale. Inoltre, anche per la provincia autonoma di Bolzano i numeri forniti dal governo potrebbero essere inesatti. Infatti, mentre dal documento governativo risulta che tutti gli operatori sanitari siano stati vaccinati, sembra che siano stati in realtà richiamati 3.926 dipendenti: 1.108 hanno deciso di vaccinarsi mentre tutti gli altri sono stati convocati presso i centri vaccinali. Ed ai primi 28 appuntamenti si sono presentati solo in tre.

Dunque, certamente non sarà semplice portare a compimento la procedura di sospensione, a meno che non si voglia generare ulteriore caos nei confronti di un sistema sanitario danneggiato dai tagli effettuati negli ultimi anni. Già nel 2015 proprio l’Anaao-Assomed sottolineava che la sanità non potesse sopportare altri tagli. E vedendo come si è evoluta la situazione, viene da pensare che ad oggi sia ancora maggiore il bisogno di non deteriorarla ulteriormente. Infatti, negli ultimi 10 anni sono stati chiusi 173 ospedali ed il personale è stato ridotto di 46.000 unità (il 6,5% del totale). Oltre a tutto ciò, quindi, tramite tali sospensioni vi sarebbero più di 40.000 operatori in meno per il sistema sanitario.

[di Raffaele De Luca]