venerdì 21 Novembre 2025
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Spagna: governo approva indulto ai separatisti catalani

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Il Consiglio dei Ministri del governo spagnolo ha approvato i decreti d’indulto parziale per i nove leader indipendentisti catalani condannati al carcere dopo il tentativo di secessione del 2017. Barricate da parte dei partiti di opposizione: Partito Popolare, Ciudadanos e Vox hanno annunciato che porteranno avanti tutte le azioni legali necessarie per bloccare l’iniziativa del governo.

Sospensione medici non vaccinati: la sanità è a rischio caos

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A due mesi dal decreto con cui è stato introdotto l’obbligo di vaccinazione anti Covid per il personale sanitario, le aziende sanitarie di molte regioni italiane hanno dato il via alla procedura per sospendere gli operatori che non si sono sottoposti al siero. In tal senso gli Ordini professionali, gli ospedali e le Rsa hanno comunicato, e stanno tuttora comunicando, i nominativi dei medici e degli infermieri non vaccinati delle diverse strutture sanitarie.

Secondo quanto riferito dal segretario dell’Anaao-Assomed (sindacato dei medici del Servizio sanitario nazionale) «i medici non vaccinati per il Covid-19 sul totale degli operatori sanitari, e per i quali le Asl potrebbero avviare i procedimenti di sospensione dalla professione sono una percentuale molto bassa». Tuttavia, in base ai dati che provengono dalle varie Regioni i numeri dei medici “disobbedienti” sembrano essere tutt’altro che contenuti. Tanto da far ipotizzare che la sospensione di tutti gli operatori della sanità non vaccinati potrebbe avere conseguenza molto serie sulla possibilità di continuare a garantire prestazioni sanitarie adeguate.

Stando ai dati forniti dal governo, all’interno della categoria dei sanitari sono 45.753 le persone in attesa della prima dose o della dose unica, ossia il 2,3% del totale. Nello specifico, la regione con il numero maggiore di operatori non vaccinati è l’Emilia Romagna, che ne ha 14.390 (7,8% del totale). Seguono la Sicilia con 9.214 (6,5%) e la Puglia con 9099 (6,5%). Ma ad avere la percentuale più alta è la provincia autonoma di Trento, dove i non vaccinati sono 2.205 e rappresentano l’11% del totale.

E tali numeri potrebbero in realtà rappresentare una sottostima: in Piemonte nelle scorse settimane, da una riunione convocata d’urgenza nella sanità, è infatti emerso che sono circa 20.000 i sanitari che non si sono fatti vaccinare. Tali dati sono stati sviluppati dal Csi, il Consorzio informatico, incrociando i dati del personale con quelli della piattaforma vaccinale. Inoltre, anche per la provincia autonoma di Bolzano i numeri forniti dal governo potrebbero essere inesatti. Infatti, mentre dal documento governativo risulta che tutti gli operatori sanitari siano stati vaccinati, sembra che siano stati in realtà richiamati 3.926 dipendenti: 1.108 hanno deciso di vaccinarsi mentre tutti gli altri sono stati convocati presso i centri vaccinali. Ed ai primi 28 appuntamenti si sono presentati solo in tre.

Dunque, certamente non sarà semplice portare a compimento la procedura di sospensione, a meno che non si voglia generare ulteriore caos nei confronti di un sistema sanitario danneggiato dai tagli effettuati negli ultimi anni. Già nel 2015 proprio l’Anaao-Assomed sottolineava che la sanità non potesse sopportare altri tagli. E vedendo come si è evoluta la situazione, viene da pensare che ad oggi sia ancora maggiore il bisogno di non deteriorarla ulteriormente. Infatti, negli ultimi 10 anni sono stati chiusi 173 ospedali ed il personale è stato ridotto di 46.000 unità (il 6,5% del totale). Oltre a tutto ciò, quindi, tramite tali sospensioni vi sarebbero più di 40.000 operatori in meno per il sistema sanitario.

[di Raffaele De Luca]

Repubblica Centrafricana: i mercenari russi accusati di gravi violazioni dei diritti umani

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Il gruppo Wagner è un’organizzazione paramilitare, una sorta di esercito privato, fondato nel 2014, e attivo in una serie di paesi tra cui Siria e Ucraina, ma anche Repubblica centrafricana e Sudan. Una sorta di azienda di sicurezza privata, il gruppo protegge diamanti e metalli preziosi in Africa e oleodotti e impianti petroliferi in Siria.

Ha un ruolo particolarmente rilevante nella Repubblica Centrafricana. Il paese è da tempo in subbuglio per via di lotte intestine tra gruppi ribelli, che controllano buona parte del territorio, e forze governative. Queste ultime fanno largo uso di mercenari russi. Le Nazioni Unite hanno però registrato una serie di episodi di gravi violazioni di diritti umani nella regione, che sembrano connesse con l’operato di questi mercenari.

Tra le violazioni riportate dalle Nazioni Unite figurano esecuzioni sommarie di massa, detenzioni arbitrarie, tortura nel corso di interrogazioni, sparizioni forzate, sfollamenti forzati di civili (parliamo di centinaia di migliaia di sfollati), violazioni del diritto alla salute nonché attacchi diretti contro gli operatori umanitari. Nonostante la gravità di questi episodi, nessun responsabile è stato identificato, né ha avuto luogo alcuna indagine.

Come ha riportato il quotidiano tedesco Deutsche Welle, che ha indagato la questione, le autorità russe hanno risposto a queste accuse dichiarando che «gli specialisti militari russi vengono mandati [nella Repubblica centrafricana] nel rispetto delle linee guida delle Nazioni Unite» e che la presenza russa altro non è che un aiuto per la sicurezza della popolazione locale. Il presidente Putin, oltretutto, ha sottolineato che il gruppo Wagner è indipendente dal governo russo e sulla questione diritti umani si è espresso poco.

Molte voci critiche vedono nella presenza russa nella Repubblica centrafricana, e nel continente africano più in generale, una strategia di tipo economico, più che una volontà di fornire un aiuto politico. I russi sarebbero interessati alle risorse del continente, soprattutto a oro e diamanti, intorno ai quali gira un business particolarmente redditizio. Sicuramente la Russia non fa beneficenza e ha anzi forti interessi economici che motivano le sue scelte politiche. Ma in questo, c’è da dire, è in ottima compagnia.

[di Anita Ishaq]

Grecia: scossa terremoto di magnitudo 5.1

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in Grecia, precisamente al largo delle isole del Dodecaneso, è stata registrata una scossa di terremoto di magnitudo 5.1 all’1:14 ora locale (00:14 in Italia). In base ai dati dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) italiano e del servizio di monitoraggio geologico statunitense (Usgs), il sisma ha avuto ipocentro a 14 km di profondità ed epicentro vicino alle isole di Nisiro e Kos. Fortunatamente, però, attualmente non sono stati segnalati danni a persone o cose e non è stato annunciato alcun pericolo di tsunami.

Caro Draghi, non serve il CTS: l’inutilità delle mascherine all’aperto è provata da tempo

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Nella giornata di oggi il Comitato tecnico scientifico (CTS), su richiesta del presidente del Consiglio Mario Draghi, si riunirà con il fine di fornire il suo parere circa la possibile eliminazione dell’obbligo di indossare le mascherine all’aperto, ad eccezione del caso in cui vi siano assembramenti. Ci si chiede, però, per quale motivo in Italia tale decisione sia stata presa in considerazione solo adesso e perché ci sia bisogno di aspettare il via libera degli esperti del CTS. Diverse ricerche scientifiche, infatti, da tempo hanno dimostrato che non vi sia una reale necessità di utilizzare questi dispositivi di protezione all’esterno.

In tal senso, da uno studio dell’Health Protection Surveillance Centre (Hpsc), l’ente che monitora la situazione epidemiologica in Irlanda, è emerso che solo un caso di Covid su mille è riconducibile ad un’infezione avvenuta all’aperto. Stima grossomodo confermata anche da una ricerca condotta in Cina l’anno scorso, da cui si è appreso che tra i 1245 casi di Covid analizzati, solo 3 erano attribuibili a persone contagiatesi all’aperto. Inoltre, il mese scorso il Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), l’agenzia governativa di controllo sulla sanità negli Stati Uniti, ha ammesso che le misure imposte per l’utilizzo delle mascherine all’aperto si sono basate su studi sbagliati e su stime completamente inesatte e che i dati disponibili «supportano l’ipotesi che il rischio di trasmissione all’esterno sia basso».

In più, anche le decisioni prese da alcuni paesi europei rappresentano un’ulteriore conferma della poca utilità delle mascherine all’aperto. In Polonia, ad esempio, è dal 15 maggio che tale obbligo è stato rimosso, mentre in Francia dal 17 giugno è possibile togliersi le mascherine all’esterno.

Dunque, sulla base di tutto ciò ci si chiede quale sia l’esigenza di aspettare che il CTS si esprima. Infatti non solo sono già disponibili tutte le prove necessarie per muoversi in tal senso, ma in più gli “esperti” del Comitato non sono sempre stati protagonisti di scelte impeccabili. Basterà ricordare la recente bufera scoppiata nei confronti degli Open Day per i giovani con i vaccini a vettore adenovirale, a cui il CTS aveva inspiegabilmente dato il via libera nonostante le raccomandazioni dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) di non somministrare tali sieri nelle persone al di sotto dei 60 anni.

[di Raffaele De Luca]

Perù: Castillo ha vinto, ma la destra liberista cerca il colpo di Stato

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Nonostante la vittoria alle elezioni tenutesi ormai due settimane fa non è ancora stato proclamato presidente Pedro Castillo, l’ex maestro alla guida del movimento socialista e anti-imperialista Perù Libre, uscito vittorioso alle urne. Il “Gruppo di Puebla” (importante forum politico che racchiude ex presidenti socialisti dell’America Latina) denuncia il concreto rischio di un colpo di stato militare. Opinione rafforzata dal comunicato pubblicato da un gruppo di ex ufficiali dell’esercito, che lo hanno paventato senza troppi giri di parole.

La contenditrice Keiko Fujimori, del partito liberista Fuerza Popular, ha rifiutato i risultati delle elezioni, scegliendo di screditare tutto il processo nel nome di presunti brogli e frodi elettorali. La giuria sta pazientemente analizzando tutti i voti per verificare la veridicità delle accuse, ma nel frattempo Fujimori si è investita in una campagna mediatica e propagandistica contro l’opposizione, causando forti tensioni nel paese.

Keiko Fujimori, conservatrice e figlia dell’ex dittatore Alberto Fujimori, ha impedito che il risultato fosse ufficializzato, chiedendo l’annullamento di 200.000 voti (Castillo ha vinto per appena 45.000) per presunte irregolarità nelle operazioni di voto. La candidata di destra ha già perso due elezioni prima di questa, ma in questo caso la vittoria potrebbe avere un’importanza particolare. La politica è infatti accusata di corruzione e in condizioni di libertà provvisoria, visto il recente rinvio a giudizio, e la pena, equivalente a 30 anni di carcere, potrebbe essere sospesa qualora lei diventasse presidente.

Vincere queste elezioni è quindi molto importante per Keiko Fujimori, anche se sembra improbabile che riesca nel suo intento: la giuria sta analizzando i voti come richiesto, ma al momento non sembra esserci stato alcun broglio. Le elezioni sono state infatti riconosciute come regolari dalla comunità internazionale e dai paesi vicini (Argentina, Bolivia), che stanno facendo pressione al Perù perché ne prenda atto. Perché allora insistere con la questione dei brogli? Qual è la strategia di Fujimori? Al momento, ritardare il più possibile il processo. A fine luglio il nuovo presidente deve prendere il potere e Fujimori spera di procrastinare fino a quel momento perché vi si arrivi senza un vincitore, per poi istigare una crisi costituzionale. Di fatto, un colpo di stato.

Nel frattempo, la situazione nel paese è molto tesa. Il partito Fuerza Popular sta aizzando le masse contro Castillo e più in generale contro lo spauracchio del “comunismo” e sta esasperando la crescente polarizzazione del popolo peruviano. La campagna è molto aggressiva. Fuerza Popular è sostenuta da El Comercio Group, un’azienda che tiene sotto controllo la quasi totalità dei media peruviani. In questi giorni, molti giornalisti che si rifiutavano di sostenere il partito sono stati minacciati e licenziati. Anche vari corrispondenti internazionali sono stati vittime di attacchi e diffamazione, come ha riportato l’associazione della stampa straniera del Perù (APEP).

Tutto questo si inserisce in un contesto particolarmente delicato: il Perù è un paese caratterizzato da forti disuguaglianze socio-economiche, aggravate dalla crisi Covid che lo ha colpito più di qualsiasi altro paese dell’America Latina. Queste sono difficoltà che, se riuscirà a vedere la sua vittoria riconosciuta, Castillo dovrà affrontare, pur essendo alla guida di un partito che non ha la maggioranza in congresso.

[di Anita Ishaq]

Svezia: Parlamento vota sfiducia al primo ministro Stefan Lofven

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Per la prima volta nella storia della Svezia il primo ministro, il socialdemocratico Stefan Lofven, è stato sfiduciato in un voto in Parlamento. La mozione di sfiducia, presentata la settimana scorsa dal partito nazionalista Democratici Svedesi, è stata approvata oggi da una maggioranza di 181 parlamentari su un totale di 349. Il premier ora avrà a disposizione una settimana di tempo per dimettersi (ed in tal caso il Parlamento verrà incaricato dal suo presidente di formare un nuovo governo) o per indire nuove elezioni.

Vicenza: militari Usa armati pattugliano le strade per controllare la “movida”

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IMPORTANTE, Rettifica dal 23/06: Dopo ulteriori approfondimenti abbiamo appurato che la notizia riportata in questo articolo non è completa ed anzi in parte falsa. Come prevedono le regole sulla deontologia giornalistica, abbiamo pubblicato la rettifica e specificato come stanno realmente le cose in questo articolo.

L’articolo rimarrà online, seppur cancellato, solo per permettere a chi lo trovasse sul web di trovare le presenti righe che rimandano alla versione corretta.

A Vicenza, ultimamente le forze dell’ordine stanno pattugliando in maniera massiccia il centro della città con lo scopo di controllare la movida. Questo fine settimana, così come avvenuto anche durante quello precedente, 16 pattuglie sono state impiegate per evitare risse o episodi movimentati (che si sono verificati nell’ultimo periodo) dovuti all’assunzione di alcool, soprattutto nella fascia oraria dalle 18:00 alle 24:00. I pattugliamenti in questo weekend sono stati effettuati anche da forze dell’ordine statunitensi, ossia i carabinieri della Setaf (Southern European Task Force) e della military police (polizia militare), che sono state chiamate in causa in seguito alla sollecitazione del sindaco Francesco Rucco. A tal proposito, va ricordato che proprio i militari americani si sono resi protagonisti di molti di questi episodi di violenza. A Vicenza, infatti, vi è la caserma Carlo Ederle, una base militare dell’​Esercito degli Stati Uniti.

Ma non finisce qui: attualmente si sta anche valutando di applicare ulteriori strumenti per perseguire questo fine. Nello specifico, si sta prendendo in considerazione l’ipotesi di attuare delle vere e proprie misure restrittive, blindando una parte del centro. Si tratterebbe di mettere in pratica un piano simile a quello adottato a Firenze, dove sono stati previsti controlli nonché la limitazione degli accessi alle zone calde della movida ed il divieto di stazionamento nelle stesse.

Detto ciò, non si può non notare che sempre più spesso nell’ultimo periodo la movida venga descritta dai media e dalle autorità come un fenomeno potenzialmente pericoloso che necessita di limitazioni. Tuttavia, seppur dei controlli di base volti a garantire l’ordine pubblico siano ovviamente indispensabili, ciò non può giustificare un eccesso degli stessi. Ed in tal senso, alcune restrizioni (come quella di impedire lo stazionamento in un determinato luogo) sembrano andare in direzione di una sovrabbondanza di limitazioni.

Il World Economic Forum punta a controllare l’informazione con l’Intelligenza Artificiale

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Il World Economic Forum, Ong con sede in Svizzera, spiega sul proprio sito il sostegno al controllo dell’informazione tramite l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale. D’altronde, l’organizzazione fondata e diretta dall’ingegnere ed economista tedesco Klaus Schwab ha come propria missione quella di coinvolgere «i principali leader politici, commerciali, culturali e di altro tipo della società per plasmare le agende globali, regionali e industriali». Così, con l’excusatio di contrastare la disinformazione che circola online, il dubbio è che la scure della censura potrà calare su tutte le narrazioni differenti a quelle sostenute dall’informazione dominante. Da quanto emerge dai documenti del WEF l’Intelligenza Artificiale sarà l’arma prediletta per la decapitazione del pensiero divergente.

Steven Smith, un membro dello staff dell’Artificial Intelligence Software Architectures and Algorithms Group del Lincoln Laboratory del MIT, fa parte di un team che ha lanciato il Programma RIO (Reconnaissance of Influence Operations) con l’obiettivo di creare un sistema che rilevi automaticamente le narrazioni di “disinformazione” e le stesse persone che ne sono veicolo. All’inizio di quest’anno, il team ha pubblicato un articolo su questo. «Le operazioni di influenza ostile (IO) che armano le comunicazioni digitali e i social media rappresentano una minaccia crescente per le democrazie aperte. Questo documento presenta un framework di sistema per automatizzare il rilevamento di narrazioni di disinformazione, reti e attori influenti», scrivono gli autori. Come spiegato da Anne McGovern, scrittrice scientifica del Lincoln Laboratory del MIT, il team immagina che RIO verrà utilizzato da governi e multinazionali, sia nel regno dei social media che in quello dei media tradizionali come giornali e televisione.

Certamente, sapere che il World Economic Forum sostiene tali attività non è così sconvolgente per chi è a conoscenza del pensiero e delle tesi sostenute dal suo fondatore e Presidente, Klaus Schwab. Quest’ultimo è convinto della necessaria “evoluzione” transumana dell’essere umano ed è sostenitore del Great Reset. Per quanto concerne quest’ultimo argomento, Schwab ha scritto addirittura un libro, assieme a Thierry Malleret, sul necessario e opportuno azzeramento dell’economia globale da attuare utilizzando lo shock prodotto dalla pandemia da Sars-Cov2. Sebbene tutto sia verniciato con grosse mani di verde e che si utilizzi spesso la parola “natura”, l’intento è quello di avviare la cosiddetta “quarta rivoluzione industriale” attravarso la demolizione controllata del sistema economico-sociale attuale per erigerne uno nuovo, ove macchine e intelligenza artificiale opereranno in maniera integrata con il post-umano. Nel 2017, Schwab ha pubblicato un libro chiamato The Fourth Industrial Revolution. Con il termine Quarta Rivoluzione Industriale viene indicata la nuova e attuale rivoluzione industriale che sta cambiando il modo in cui le persone «vivono, lavorano e si relazionano tra loro», e con implicazioni «diverse da qualsiasi cosa l’umanità abbia sperimentato prima». Intelligenza Artificiale, robotica, stampa 3D, l’Internet delle cose e l’incorporazione di sensori ad ogni oggetto, compreso il corpo umano – sotto forma di dispositivi indossabili, come microchip – al pari di un frigorifero, un tostapane o di un’automobile, saranno il quotidiano dei nuovi caratteri antropologici dell’oggetto umano, almeno nelle intenzioni del World Economic Forum, organizzazione che ha tra i propri partners le principali banche e aziende multinazionali del pianeta.

All’interno di questa visione del mondo il controllo dell’informazione riveste un ruolo evidentemente chiave, data l’attenzione data al tema posta da Schwab e soci, e il controllo tramite Intelligenza Artificiale unito alla censura applicando il bollino di “fake-news” ad ogni narrazione difforme, appare sempre di più la via maestra scelta.

[di Michele Manfrin]

Inquinamento, plastica, specie aliene: il Mediterraneo non è messo per niente bene

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Le specie aliene identificate nei mari italiani sono 243, di cui il 68 % è ormai stabile lungo le coste della penisola italica. Le aree considerate a maggior rischio di introduzione di tali specie sono i porti e gli impianti di acquacultura: in queste zone sono 47 le specie aliene rilevate. La pesca massiccia con reti a strascico e con altri metodi non sostenibili pone il 75% delle specie ittiche in pericolo poiché fortemente sovra-sfruttate, creando un forte impatto sulla biodiversità marina. In più ci sono una media di 400 rifiuti, in gran parte plastici, ogni 100 metri di costa. Questi i dati che lanciano l’allarme sullo stato di salute del mare Mediterraneo.

Il 7 e l’8 di giugno, l’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha organizzato due eventi in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani che, per questo anno, ha il seguente tema: “Oceani: vita e mezzi di sussistenza”. Il 2021 è particolarmente rilevante poiché dà inizio al Decennio sulla scienza oceanica per lo sviluppo sostenibile (2021-2030), il programma dalle Nazioni Unite che ha come obiettivo il rafforzamento della cooperazione internazionale per lo sviluppo, la ricerca scientifica e le tecnologie innovative in grado di collegare la scienza oceanica con i bisogni della società. Entro il 2030 dovremmo dunque essere in grado di «conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine». Ciò risulta essere di grande rilevanza per un paese come l’Italia, una penisola che conta circa 7.500 chilometri di coste.

Specie aliene, stock ittici e rifiuti: come stanno oggi i nostri mari? Questo è il titolo del webinar organizzato da ISPRA che fornisce il quadro sullo stato di salute del Mar Mediterraneo. Quest’ultimo risulta essere in sofferenza, tanto per quanto concerne il livello elevato di inquinamento tanto per gli stock ittici presenti.

I rifiuti hanno ormai invaso le nostre acque salate e le spiagge italiane sono delle piccole discariche. È stato calcolato che in 100 metri di spiaggia vi siano una media di 400 rifiuti. I più abbondanti di questi rifiuti (60%) sono oggetti che utilizziamo per pochissimo tempo: borse per la spesa, cotton fioc, posate usa e getta, cannucce, bottiglie. In alcune aree vi sono anche i rifiuti spiaggiati che derivano dalle attività di pesca e acquacoltura: il Mar Adriatico è il più sottoposto a questo genere di rifiuti. Le “reste”, reti tubolari in plastica utilizzate per l’allevamento dei mitili (cozze), in alcune regioni, sono state trovate una ogni metro di spiaggia. La situazione non migliora sui fondali dove è depositato più del 70% dei rifiuti marini; di questi, il 77% è costituito da plastica. Studi condotti da ISPRA hanno stimato che un pescatore di Chioggia (Veneto) può arrivare a pescare fino a 8 tonnellate di rifiuti in un anno, ovvero 9 kg di rifiuti ogni 100 kg di pesce. Proprio quest’oggi si parlerà anche di questo a Chioggia, all’evento “La pesca e l’acquacoltura in Veneto”.

L’ingestione di plastica è uno dei problemi di maggior impatto sugli esseri viventi dei mari. Nel Mediterraneo più del 63% di tartarughe marine ha ingerito plastica mentre studi effettuati da ISPRA nel Mar Tirreno, hanno rivelato che più del 50% dei pesci analizzati e il 70% degli squali che vivono in profondità avevano ingerito plastiche. Inoltre, sul fondale, gli attrezzi da pesca – persi accidentalmente o deliberatamente abbandonati – impattano gravemente su esseri come spugne, gorgonie e coralli neri. Tali rifiuti possono danneggiare e creare ferite a questi organismi o addirittura sradicare gli stessi, portando ad una progressiva degradazione dell’ambiente e della biodiversità.

[di Michele Manfrin]