Il Bundestag, ossia il parlamento federale tedesco, ha eletto il leader socialdemocratico Olaf Scholz come nuovo cancelliere. Scholz, avendo ottenuto 395 voti su 707, ricoprirà tale ruolo: aveva infatti bisogno di 369 voti per succedere ad Angela Merkel. Quest’ultima, che lascerà il suo incarico dopo sedici anni di mandato, è stata salutata all’inizio della seduta parlamentare con un’ovazione.
Il Congo, le miniere di cobalto e la geopolitica della transizione energetica
Il Congo è al centro della geopolitica della transizione energetica e sempre più lo sarà negli anni a venire. Il Paese africano è leader mondiale assoluto nell’estrazione di cobalto, con un mercato che fa gola a molti colossi in cerca di grandi affari a poco costo, tra lavoro minorile e violazioni dei diritti umani. Nell’ottica della grande partita globale sulla “transizione green”, il cobalto rappresenta una risorsa fondamentale nella costruzione delle batterie di accumulo elettrico. Stati Uniti e Cina, con le loro compagnie, sono certamente i “player” principali della corsa al cobalto nel paese Centroafricano. Nella storia si abbracciano, nella sete di profitto, anche compagnie cinesi e statunitensi: uno dei protagonisti è Hunter Biden, figlio del Presidente USA Joseph Biden. La scorsa settimana, Albert Yuma Mulimbi – affarista e mediatore politico – è stato estromesso dalla carica di Presidente di Gécamines, l’agenzia governativa del Congo che controlla la produzione di metalli come cobalto e rame e le altre risorse cruciali, che ricopriva dal 2010: le accuse sono di corruzione endemica che hanno visto sparire miliardi di dollari. Felix Tshisekedi, Presidente del Congo, ha assunto la carica di Presidente di Gécamines dopo che ha silurato Mulimbi.
Nel 2017, Global Witness definiva l’agenzia presieduta da Yuma Mulimbi come “un buco nero” dell’economia congolese. Miliardi di dollari sono usciti dal paese africano per finire in conti offshore per poi, in parte, rientrare. L’ex Presidente di Gécamines non è però rimasto senza alcuna carica poiché è Supervisore del mercato dell’estrazione di cobalto informale, altrimenti detto “artigianale”, che rappresenta ben il 30% del totale: tradotto, Mulimbi gestisce ancora una fetta di economia che supera l’estrazione di cobalto del secondo estrattore mondiale, la Russia. D’altronde, il potente uomo d’affari ha gestito per un decennio ciò che il Carter Center ha definito uno “stato parallelo”; l’organizzazione fondata dall’ex Presidente USA Jimmy Carter, in A State Affair: Privatizing Congo’s Copper Sector, spiega le tappe che hanno portato al totale processo di sostanziale privatizzazione di cui hanno beneficiato compagnie straniere e alti funzionari dell’agenzia statale Gécamines, tra cui Mulumbi, senza che rimanesse molto per i 90 milioni di congolesi. Come riportato dal New York Times, «alti funzionari del Dipartimento di Stato hanno cercato di costringerlo a uscire dall’agenzia mineraria e hanno spinto per farlo inserire in una lista di sanzioni, sostenendo che per anni ha abusato della sua posizione per arricchire amici, familiari e alleati politici». Yuma Mulimbi, grazie alla sua rete di politica estera, ha elargito somme a funzionari statunitensi e ha offerto presunte informazioni sulla Russia.
Yuma Mulimbi si è difeso dalle accuse affermando che tali calunnie sono funzionali alla destabilizzazione della sovranità economica e politica del Congo. Nel 2018, le autorità statunitensi hanno vietato a Mulimbi l’accesso al paese e minacciato di sanzioni l’allora Presidente di Gécamines, criticato anche per aver stipulato diversi contratti con compagnie cinesi.
Sullo sfondo si intravede infatti lo scontro tra USA e Cina per l’accaparramento di una risorsa divenuta ormai strategica in società che vanno trasformandosi radicalmente con la spinta di multinazionali, consessi internazionali privati e filantrocapitalisti.
Il conflitto tra le due superpotenze per l’estrazione del cobalto (e anche del rame) in Congo è andato intensificandosi a partire dal 2016. In quell’anno infatti, Tenke Fungurume, una delle più grandi miniere di cobalto del mondo, è passata dalle mani statunitensi di Freeport-McMoRan a quelle di China Molybdenum. A mediare l’affare da 2,6 miliardi di dollari è stata la società denominata Bohai Harvest RST (Shanghai) Equity Investment Fund Management Company, nota come BHR. Questa società era stata fondata tre anni prima, nel 2013, da tre statunitensi, tra cui Hunter Biden, insieme a partner cinesi come Bank of China.
BHR ha aiutato a finanziare una società australiana di estrazione del carbone controllata da una società statale cinese, oltre ad aver assistito un conglomerato della difesa cinese nell’acquisto di un produttore di ricambi auto del Michigan. Nel 2016, il solito anno in cui ha favorito la vendita della miniera di Tenke Fungurume, ha comprato e rivenduto quote di partecipazione della società cinese CATL, che oggi è leader mondiale nella produzione di batterie per veicoli elettrici.
Mentre Cina e Stati Uniti si sfidano nella guerra fredda del Ventunesimo secolo, con ampio utilizzo di softpower, pressioni diplomatiche, ritorsioni economiche e operazioni informatiche, c’è anche chi crede che gli affari debbano stare al di sopra di ogni ideologia, quale che sia, reale o presunta, e a dispetto di ogni dichiarazione pubblica di facciata. Così, al tempo della “transizione ecologica”, mentre Biden mostra il lato ideologico nel bacchettare la Cina e il Presidente Xi, suo figlio Hunter si occupa della realpolitk. In questo gioco di luci e di ombre, di specchi, di dita che indicano la luna, pagliuzze e travi negli occhi, il Congo diviene, suo malgrado, attore importante dello spettacolo “green” globale.
[di Michele Manfrin]
Pechino 2022: l’Australia si unisce al boicottaggio diplomatico statunitense
Dopo la decisione degli Stati Uniti di boicottare i Giochi Invernali di Pechino 2022 in segno di protesta contro la Cina, accusata di violare i diritti umani, è arrivata anche quella dell’Australia. Il primo ministro Scott Morrison, infatti, ha annunciato che nessun rappresentante diplomatico sarà presente alle Olimpiadi in questione. «L’Australia non farà un passo indietro dalla ferma posizione che ha preso in difesa dei suoi interessi e ovviamente non sorprende che non invieremo nostri rappresentanti ai Giochi», ha affermato Morrison.
Austria: da lunedì lockdown solo per non vaccinati
In Austria il lockdown terminerà lunedì 13 dicembre ma rimarrà in vigore per le persone non vaccinate. Lo ha annunciato nella giornata di oggi il neo cancelliere austriaco Karl Nehammer, il quale ha aggiunto che a partire da domani si terranno incontri con i governatori e con gli esperti per stabilire nel dettaglio in che modo potranno essere effettuate le aperture tenendo sempre conto della «tutela delle persone».
Blitz antimafia in provincia di Foggia: 32 arresti
Nella giornata di oggi, in provincia di Foggia, i carabinieri del Ros in collaborazione con i colleghi del comando provinciale di Foggia e dello Squadrone eliportato “Cacciatori di Puglia” hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 32 persone. Quest’ultime sono accusate a vario titolo di: associazione mafiosa aggravata dalla disponibilità di armi e stupefacenti, porto e detenzione abusiva di armi, tentato omicidio, intestazione fittizia, autoriciclaggio, favoreggiamento personale, truffe aggravate, estorsioni, furto aggravato e ricettazione. Contestata inoltre l’aggravante del metodo mafioso: secondo gli investigatori si tratterebbe infatti di reati finalizzati ad agevolare i gruppi mafiosi attivi a Manfredonia, Mattinata, Macchia e Vieste.
Il Parlamento italiano ha votato contro l’asilo politico a Julian Assange
L’Italia ha deciso di non riconoscere lo status di rifugiato politico al giornalista d’inchiesta Julian Assange: la Camera dei Deputati ha infatti respinto la “mozione 1/00456” presentata dai parlamentari de “L’Alternativa c’è” – il gruppo formato in gran parte da ex membri del Movimento 5 Stelle – che impegnava l’esecutivo ad intraprendere «ogni utile iniziativa di competenza finalizzata a garantire la sua protezione e incolumità da parte delle autorità britanniche ed a scongiurarne l’estradizione». Il testo – su cui il governo aveva espresso la sua contrarietà – è stato precisamente bocciato con 225 no, 22 sì e 137 astenuti. Ad astenersi sono stati i parlamentari di Liberi e uguali, Fratelli d’Italia e Movimento 5 Stelle mentre contro si sono espressi tutti gli altri gruppi tranne ovviamente L’Alternativa c’è.
Quest’ultima ha commentato la bocciatura della cosiddetta mozione Cabras – dal nome del primo firmatario Pino Cabras – affermando che «i partiti in Parlamento hanno consumato l’ennesimo atto di vigliaccheria nei confronti della libertà di informazione» ed aggiungendo che si tratta di un «attentato da parte del Governo e del Parlamento, oltre che ad Assange, al giornalismo investigativo». Assange infatti tramite WikiLeaks – un’organizzazione senza scopo di lucro da lui creata – ha svolto un lavoro di importanza fondamentale, diffondendo oltre 10 milioni di documenti riservati attraverso i quali abbiamo conosciuto la verità su molte malefatte dei governi occidentali.
Proprio per questo, però, il giornalista dall’11 aprile 2019 è incarcerato in Inghilterra con l’accusa prima di violazione dei termini della libertà su cauzione e poi con quelle di cospirazione e spionaggio. Ad oggi, Julian Assange si trova nella prigione di massima sicurezza britannica di Belmarsh ed a fine ottobre si è inoltre aperto a Londra un processo di appello per decidere se egli debba essere estradato negli Stati Uniti, dove rischia una condanna a 175 anni di carcere.
[di Raffaele De Luca]
In venticinque anni il Costa Rica è riuscito a raddoppiare le sue foreste
Dagli anni Ottanta, il Costa Rica ha raddoppiato il numero di foreste e, oggi, più della metà del suo territorio è verde. Una delle principali cause? La tassa sul carbonio. Circa cinquanta anni fa, venivano eliminate 50 mila ettari di foreste all’anno poiché, come molti dei paesi dell’America Latina, anche il Costa Rica, nella metà del XX secolo, ha visto un incremento della produzione industriale e un cambio di rotta nella struttura della propria società, che hanno comportato una lenta ma capillare deforestazione. Così, per cercare di contrastare tale processo negativo che stava privando il paese dei suoi polmoni verdi, si è ricorso a un mix di iniziative ambientaliste e politiche che, negli ultimi 25 anni, ha invertito la rotta, riducendo sensibilmente la deforestazione.
In testa, l’introduzione nel 1997 di una carbon tax del 3,5%, col chiaro obiettivo di salvare le foreste e tutti gli ecosistemi minacciati dalle invasive attività umane, quali allevamenti, colture intensive e produzione di legname; un modello di fiscalità ambientale che è riuscito anche a generare risorse economiche da investire nella tutela delle foreste e nei progetti di riforestazione. Nello specifico, si tratta di una “tropical carbon tax”, volta a penalizzare l’uso di fonti energetiche convenzionali – gas, petrolio, carbone – che ha portato a due conseguenze positive: la riduzione delle emissioni inquinanti dei carburanti fossili e la conservazione – o ripristino – degli ecosistemi forestali i quali, ricordiamo, sono enormi bacini naturali di stoccaggio di CO2.
Grazie alla tassa sugli idrocarburi viene finanziato il PPSA (Pago por Servicios Ambientales), meccanismo finanziario che promuove la conservazione delle foreste. Con la riscossione dell’imposta, il PSA ha la possibilità di ricompensare cittadini, proprietari terrieri, organizzazioni che, tramite attività di protezione forestale, riforestazione e agroforestazione, preservano e fanno fruttare in maniera sostenibile il territorio del Paese. Un meccanismo che ha invogliato a impegnarsi nella salvaguardia ambientale con il conseguente ampliamento dei parchi nazionali. Il Costa Rica detiene la sua rete di parchi dal 1979 e, dal 1994, questa è sotto la gestione del SINAC (National System of Conservation Areas), dipartimento del Ministero dell’Ambiente e dell’Energia, che ha il compito di mantenere, organizzare e pianificare strategicamente tutte le aree protette del paese. A livello territoriale, il SINAC presidia oltre 160 aree protette – di cui 26 denominate parchi nazionali – di grande rilevanza, in quanto rifugio di centinaia di specie – anche a rischio estinzione – tra mammiferi, rettili, anfibi, volatili, insetti e pesci, ma anche habitat di diversi tipi di piante, alberi e funghi.
[di Eugenia Greco]
Abdel è morto ventiseienne a Roma, legato a un letto d’ospedale
Wissem Ben Abdel Latif aveva appena 26 anni al momento della morte, avvenuta nell’ospedale San Camillo di Roma il 28 novembre. Dalle prime ricostruzioni sembra che si trovasse legato ad un lettino di contenimento da tre giorni e che a causare la morte sia stato un arresto circolatorio, ma le cartelle sanitarie risultano incomplete. Secondo l’associazione LasciateCIEntrare, la vicenda è da inserire nel più ampio contesto delle morti in seguito a detenzione nei CPR.
Abdel Latif si trovava nel reparto psichiatrico dell’ospedale San Camillo di Roma: vi era stato trasferito dal CPR (Centro di Permanenza e Rimpatrio) di Ponte Galeria, dove era detenuto per trovarsi sul suolo italiano senza documenti. La sequenza temporale dei fatti non è ancora del tutto chiara, ma sembra che Abdel si trovasse legato ad un lettino contenitivo da tre giorni, quando è stato trovato morto. La cartella sanitaria non lo specifica. Alessandro Capriccioli, consigliere regionale a Roma, ha comunicato che dalla documentazione riguardante Abdel Latif si evince che fosse soggetto a “problemi psichiatrici” e per tale motivo sottoposto a “contenzione” quotidianamente, fino al sopraggiungere del decesso per “arresto circolatorio”. La pratica della contenzione non è stata monitorata, come dovrebbe essere norma.
Il tunisino era stato trasferito nel reparto psichiatrico dopo una segnalazione del CPR, che ne ha denunciato possibili disturbi psichiatrici. I CPR sono centri di detenzione a tutti gli effetti. I reati per i quali i soggetti vi sono rinchiusi, tuttavia, sono di mera natura amministrativa: vi si viene rinchiusi per il semplice motivo di trovarsi sul territorio italiano senza documenti. Fondamentalmente, un contesto di privazione della libertà personale che avviene in assenza di reato. Le strutture sono delle vere e proprie gabbie, con sbarre di ferro che impediscono l’uscita dei soggetti. Diverse associazioni e ONG hanno denunciato, negli anni, la natura degradante di questi centri, nei quali i diritti umani delle persone vengono calpestati e nemmeno l’assistenza medica è garantita. Solo poche settimane fa a Torino il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale ha imposto la chiusura del settore Ospedaletto del CPR di Torino, in quanto “l’alloggiamento configuri un trattamento inumano e degradante e che tale valutazione possa essere condivisa dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (Corte Edu), qualora adita, esponendo così il Paese alle relative conseguenze”.
Proprio in questa sezione si è tolto la vita Moussa Balde, nella primavera di quest’anno. Moussa era un migrante guineano di appena 23 anni che il 9 maggio era stato selvaggiamente picchiato da tre italiani mentre si trovava di fronte a un supermercato di Ventimiglia a chiedere l’elemosina.
Quelques jours après avoir été lynché par 3 jeunes italiens, Moussa BALDÉ se serait suicidé dans un centre de rétention.
Dans sa fuite de la misère, il se retrouve en enfer.#RIP #Kibaro pic.twitter.com/qmaZ6QF8WI— Cheick SOUMAH (@cos11055) June 4, 2021
Dopo l’aggressione, appurato che si trattava di un migrante senza documenti, era stato rinchiuso nel CPR di Torino, dove poche settimane dopo è stato trovato impiccato all’interno della sua cella. Il suo avvocato, Gianluca Vitale, ha affermato che Moussa soffriva di gravi disturbi psichici come conseguenza dell’aggressione.
Soffermarsi a una lettura medicalizzata della disperazione autorizza l’archiviazione di gravi fatti di cronaca in quanto “disgrazie”. Questi fatti urlano invece a gran voce l’inefficienza, se non la pericolosità, di un sistema fondamentalmente fallace. Come scrive l’associazione Melting Pot, questi fatti impongono “il dovere di interrogarci su quante violenze una persona può subire nel ventunesimo secolo, a partire dal totale abbandono da parte delle istituzioni italiane“. Per Vitale quanto accaduto a Moussa è “responsabilità dello Stato italiano“.
Come fa notare Maurizio Veglio, avvocato specializzato nel campo dei diritti dell’immigrazione, a vent’anni dall’istituzione di questi centri non se ne conoscono i costi o l’efficacia. L’unico dato a disposizione è che, ad oggi, il 50% dei rimpatri non avviene. Le persone si trovano quindi imprigionate in un limbo dal quale non possono uscire, separate dal mondo esterno senza aver nemmeno commesso un reato.
A Torino, dal suicidio di Balde, sono 57 i tentativi registrati di togliersi la vita da parte dei migranti. Tuttavia ancora nessun cambiamento è avvenuto a livello amministrativo e molti di questi episodi sono superficialmente rubricati come “simulazioni”. La Procura di Torino ha recentemente inserito nel registro degli indagati per la vicenda Balde cinque poliziotti della questura, cui è contestato il reato di concorso. Forse suggerendo che le istituzioni avrebbero potuto aiutare ad evitare la tragedia.
[di Valeria Casolaro]
Olimpiadi Pechino 2022: Usa annunciano boicottaggio diplomatico
Nessun rappresentante dell’amministrazione Usa sarà presente ai Giochi Invernali di Pechino 2022: un vero e proprio boicottaggio diplomatico, annunciato dalla Casa Bianca. Lo scopo è quello di mandare alla Cina un chiaro messaggio in merito alla difesa dei diritti umani nel Tibet, ad Hong Kong e nello Xinjiang: l’accusa nei confronti di Pechino è infatti quella di soffocare la voce degli oppositori e di violare le libertà delle minoranze religiose. Tale decisione però ha scatenato la reazione della Cina, con il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian che ha definito il boicottaggio diplomatico «pregiudizio ideologico» ed ha minacciato l’adozione di «contromisure risolutive».








