Centinaia di tende nei campi profughi in diverse zone della Striscia di Gaza sono state allagate ieri sera e stamattina a causa delle forti piogge che hanno colpito l’area. Gli sfollati – soprattutto nelle zone di Deir al-Balah e Mawasi Khan Yunis – hanno riferito che le loro tende sono state spazzate via dai forti venti che hanno colpito la Striscia, costringendoli ad affrontare il freddo pungente senza alcuna protezione. Le squadre di soccorso hanno ricevuto centinaia di chiamate di soccorso dagli sfollati, che chiedevano di salvare loro e i loro bambini. Solo nell’ultima settimana, sei neonati sono morti nella Striscia a causa del freddo.
USA: sanzioni a entità russe e iraniane per “interferenza elettorale”
Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a entità in Iran e Russia, accusandole di aver tentato di interferire nelle elezioni statunitensi del 2024. A venire colpite, di preciso, sono state una filiale del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane e un’organizzazione affiliata all’agenzia di intelligence militare russa. Ad annunciare le misure è stato il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, accusando i due gruppi di aver condotto campagne di diffusione di fake news e di orientamento dell’opinione pubblica statunitense. Le sanzioni prevedono il congelamento dei beni posseduti negli USA e l’imposizione di un blocco negli scambi commerciali con i cittadini e le realtà statunitensi.
Due petroliere hanno perso almeno 3.700 tonnellate di combustibile nel mar Nero
Il naufragio delle due petroliere nello Stretto di Kerch, nel Mar Nero, avvenuto lo scorso 15 dicembre, si è da subito configurato come un “disastro ambientale”. Le due navi trasportavano complessivamente 9.200 tonnellate di mazut, un olio combustibile pesante e altamente inquinante, di cui almeno 3.700 tonnellate, secondo l’organizzazione Greenpeace, sono state sversate in mare, contaminando le coste e colpendo gravemente l’ecosistema locale. Questo prodotto presenta caratteristiche di alta densità e viscosità e, a differenza degli idrocarburi più leggeri, è difficile da recuperare e può persistere nell’ambiente per diversi anni. Numerosi volontari ed esperti stanno lavorando duramente da giorni per limitare i danni. Tuttavia, gli effetti sugli ecosistemi marini, sulla pesca e sugli habitat costieri saranno comunque gravi e a lungo termine.
Nello specifico, gli incidenti in questione hanno coinvolto due petroliere vecchie di oltre 50 anni: la Volgoneft-212, che si è spezzata in due, e la Volgoneft-239, che si è invece arenata a 80 metri dalla riva vicino al porto di Taman. Un membro dell’equipaggio della prima nave è rimasto ucciso, mentre le altre persone che si trovavano a bordo delle petroliere sono state tratte in salvo. L’area in cui si è verificato il disastro è ora teatro di un’emergenza ecologica, dichiarata dal leader della Crimea, Sergei Aksionov, su impulso del Cremlino. I video diffusi sui social mostrano uccelli marini intrappolati nel petrolio e spiagge ricoperte da una densa macchia nera. Secondo il Center for Research on Energy and Clean Air (CREA) di Londra, l’impatto ambientale potrebbe essere «astronomico», con un costo di bonifica stimato tra i 64 e i 112 milioni di dollari. La tempesta che ha provocato l’incidente è stata accompagnata da onde alte fino a 3,5 metri, ben oltre i limiti di sicurezza per le petroliere, che secondo esperti avrebbero dovuto navigare solo in condizioni più tranquille. Peraltro, entrambe le navi erano prive di un sistema AIS (Automatic Identification System) attivo, aumentando le difficoltà di monitoraggio e intervento. Il ministro russo delle Situazioni di Emergenza, Alexander Kurenkov, ha avvertito che la minaccia di ulteriori perdite di combustibile persiste, nonostante le autorità dichiarino di aver bonificato le aree più colpite. Nel frattempo, il presidente Vladimir Putin ha definito l’incidente un «disastro ecologico», e il primo ministro Mikhail Mishustin ha istituito un gruppo di lavoro per coordinare le operazioni di bonifica.
⚡️The situation in the Kerch Strait due to the fuel oil spill is worsening https://t.co/0OT2Tk7eQ1 pic.twitter.com/yTgZxWQAUc
— 🪖MilitaryNewsUA🇺🇦 (@front_ukrainian) December 17, 2024
La fuoriuscita di petrolio ha già causato gravi danni alla fauna marina: pesci, crostacei e uccelli sono stati trovati morti lungo le coste del Mar Nero. Il disastro ha mobilitato migliaia di volontari per la pulizia delle spiagge, ma gli sforzi finora sono stati ritenuti insufficienti. Ad oggi, come riferito all’agenzia Tass dal governo russo, i soccorritori del Ministero delle Emergenze e i volontari hanno raccolto sulla costa del Mar Nero, in un’area lunga complessivamente 63 chilometri, circa 70.000 tonnellate di terreno contaminato da prodotti petroliferi. La gestione dell’emergenza è ora sotto i riflettori internazionali, con gli esperti che avvertono del rischio di perdite a lungo termine di prodotti petrolchimici dalle navi coinvolte nell’incidente. Le operazioni di bonifica si prospettano complesse e di lunga durata.
[di Stefano Baudino]
Francia: attaccate postazioni dell’ISIS in Siria
Il ministro della Difesa francese, Sébastien Lecornu, ha annunciato che il Paese ha effettuato una serie di attacchi missilistici in Siria, prendendo di mira i siti del gruppo dello Stato Islamico (ISIS). Gli attacchi sono stati portati avanti la scorsa domenica e seguono un’analoga offensiva militare condotta dagli Stati Uniti in Siria, che, riporta la stessa Washington, avrebbe ucciso due agenti di Daesh. Lecornu ha comunicato all’agenzia di stampa AFP che per l’operazione sono stati usati i caccia Rafale francesi e i droni Reaper di fabbricazione USA. A venire colpiti, due obiettivi militari nella Siria centrale.
Tunisia, naufraga barcone: morti 2 migranti, tra cui un bimbo
Le autorità tunisine hanno annunciato di aver soccorso e tratto in salvo 17 migranti e recuperato i corpi senza vita di altre due persone, tra cui un bambino di 5 anni, che viaggiavano a bordo di un’imbarcazione naufragata al largo delle coste del Paese. In una nota della Direzione generale della Guardia nazionale si legge che unità marittime operanti nella regione settentrionale e la Marina tunisina hanno risposto a una richiesta di soccorso da parte di un’imbarcazione che trasportava 19 persone, tutte tunisine. Quattro soggetti sospettati di essere coinvolti nell’organizzazione del viaggio sono stati tratti in arresto.
La nuova mossa securitaria del Viminale: zone vietate a chi ha precedenti penali nelle città
Dopo la notizia dell’introduzione di una serie di “zone rosse” a Milano da parte della prefettura, il Viminale ha chiesto alle amministrazioni locali di tutta Italia di varare un’analoga misura per Capodanno. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha infatti inviato una direttiva ai prefetti per spingerli ad adottare apposite ordinanze che individuino le aree urbane dove vietare la presenza di «soggetti pericolosi» o con precedenti penali, disponendone l’allontanamento. Il ricorso alle “zone rosse” viene giustificato dal Viminale come una misura volta a garantire la tutela della sicurezza urbana e degli spazi pubblici cittadini. Eppure, alla lettura dell’ordinanza e del comunicato che l’ha annunciata, emergono la vaghezza dei criteri tratteggiati dal dicastero per l’individuazione delle persone “pericolose” e l’ampia discrezionalità garantita a tal fine alle forze dell’ordine.
In un comunicato, il Ministero dell’Interno ha reso noto che, lo scorso 17 dicembre, il ministro Piantedosi ha inviato una direttiva ai prefetti «per sottolineare l’importanza di individuare, con apposite ordinanze, aree urbane dove vietare la presenza di soggetti pericolosi o con precedenti penali e poterne quindi disporre l’allontanamento». Di fatto, la direttiva invita dunque i prefetti a sfruttare tutte le possibilità del cosiddetto “daspo urbano”, misura inserita nel decreto legge n. 14 del 2017 che prevede un ordine di allontanamento per le persone che «impediscono l’accessibilità e la fruizione» di luoghi pubblici come stazioni ferroviarie o fermate di mezzi pubblici, estendendo il suo ambito di applicazione per la determinazione delle “zone rosse”. Questo strumento è in vigore a Milano per Capodanno e fino al 31 marzo, avendo già visto una sua prima applicazione a Firenze e Bologna, dove in 3 mesi sono stati 105 i soggetti destinatari di provvedimenti di allontanamento su 14mila persone controllate. Il Ministero delinea le finalità del ricorso alle “zone rosse” anche in altre città, che potranno essere estese a «zone della movida, caratterizzate da un’elevata concentrazione di persone e attività commerciali e dove si registrano spesso episodi di microcriminalità (furti, rapine), violenza (risse, aggressioni), vandalismo, abuso di alcol e degrado», spiegando che esso rientra «nella più ampia strategia volta a garantire la tutela della sicurezza urbana e la piena fruibilità degli spazi pubblici da parte dei cittadini».
Eppure, è evidente la discrezionalità delle misure adottate, data l’ampiezza dello spettro degli individui ritenuti passibili di allontanamento dalle “zone rosse”. Nella nota si comunica infatti che si tratterà di «soggetti pericolosi o con precedenti penali»: la possibilità di allontanare individui con precedenti figura però all’interno del DDL Sicurezza – provvedimento che non ha ancora ottenuto il definitivo via libera dal Parlamento – che, come la stessa direttiva di Piantedosi evidenzia, «reca un’ulteriore estensione del divieto di accesso a coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti, per delitti contro la persona o contro il patrimonio commessi nelle aree interne e nelle pertinenze di infrastrutture ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano». La fumosità della direttiva si coglie ancora meglio nel passaggio successivo, ove si legge che «la misura del divieto di accesso dovrà essere disposta ogni qual volta il comportamento del soggetto risulti concretamente indicativo del pericolo che la sua presenza può ingenerare per i fruitori della struttura».
A scagliarsi contro l’ordinanza della prefettura di Milano entrata in vigore ieri – quando ancora non si conoscevano i contenuti della direttiva di Piantedosi – sono stati gli avvocati della camera penale del capoluogo lombardo. Questi ultimi hanno criticato il provvedimento si dicano allarmati dal fatto che «diritti tutelati a livello costituzionale e convenzionale» siano «compressi con provvedimenti dai contenuti tutt’altro che tipici che rimandano a categorie impalpabili (atteggiamenti aggressivi? Concreto pericolo per la sicurezza pubblica?), e di durata non corrispondente alle presunte ragioni di urgenza legittimanti il provvedimento di natura eccezionale», intervenendo «su libertà fondamentali del cittadino». Secondo gli avvocati, il fatto che tali provvedimenti «si rivolgano contro persone destinatarie di mera segnalazione all’autorità giudiziaria» sia un dato «altrettanto preoccupante, contrario al principio della presunzione di non colpevolezza e peraltro anche al buon senso, trattandosi in diversi casi di tipologie di reato perseguibili a querela suscettibile di remissione». In ultimo, i firmatari della nota manifestano sorpresa per l’adozione del provvedimento da parte della Prefettura nonostante analoghe ordinanze «siano state annullate dai giudici amministrativi».
[di Stefano Baudino]
Corea del Sud, approvato il mandato di arresto per il presidente Yoon
Dopo la richiesta pervenuta ieri dagli investigatori sudcoreani, un tribunale ha approvato l’emissione di un mandato di arresto nei confronti dell’ex presidente della Corea del Sud Yoon Suk Yeol, in seguito al tentativo di imporre la legge marziale lo scorso 3 dicembre. Il mandato di arresto si basa sulle accuse di insurrezione, tradimento, e abuso di potere, e segue la mancata risposta alle convocazioni per gli interrogatori da parte di Yoon. Nel caso in cui Yoon venisse incriminato, rischierebbe l’ergastolo o la pena di morte. Il mandato di arresto è valido fino al 6 gennaio, ma non è ancora noto come e quando verrà eseguito.