domenica 9 Novembre 2025
Home Blog Pagina 138

Venezia: l’Isola di Poveglia resterà pubblica grazie alla mobilitazione dei cittadini

0
isola di poveglia

Dopo anni di lotte, manifestazioni e battaglie legali, l'isola di Poveglia, una delle località più affascinanti e al contempo misteriose della laguna veneziana, avrà una gestione pubblica. La concessione per la parte settentrionale dell’isola, non edificata e in stato di abbandono, è stata affidata per sei anni all’associazione “Poveglia per tutti”, che si occuperà di riqualificarla creando un parco urbano lagunare. Un traguardo che arriva dopo anni di tentativi falliti di privatizzazione, segnando una vittoria per la comunità veneziana e per chi da sempre lotta per mantenere l’isola nella sfe...

Questo è un articolo di approfondimento riservato ai nostri abbonati.
Scegli l'abbonamento che preferisci 
(al costo di un caffè la settimana) e prosegui con la lettura dell'articolo.

Se sei già abbonato effettua l'accesso qui sotto o utilizza il pulsante "accedi" in alto a destra.

ABBONATI / SOSTIENI

L'Indipendente non ha alcuna pubblicità né riceve alcun contributo pubblico. E nemmeno alcun contatto con partiti politici. Esiste solo grazie ai suoi abbonati. Solo così possiamo garantire ai nostri lettori un'informazione veramente libera, imparziale ma soprattutto senza padroni.
Grazie se vorrai aiutarci in questo progetto ambizioso.

Il comune di Bologna “combatte” il caldo spendendo decine di migliaia di euro in alberelli

3

Un centinaio di alberi (in vaso) sistemati in 7 diverse piazze del centro storico al fine di contrastare il caldo cittadino: questa l’iniziativa del Comune di Bologna, guidato dal sindaco Matteo Lepore, che rientra nel più ampio progetto denominato Bologna Verde e volto a contrastare la vulnerabilità climatica attraverso interventi di mitigazione e adattamento. Dei circa 20 milioni di euro investiti complessivamente nel progetto, 128 mila sono stati spesi per l’acquisto e la sistemazione di queste piante: poco meno di 1300 euro ciascuna, una cifra che le opposizioni definiscono spropositata, al punto da aver presentato un esposto alla Corte dei Conti. In aggiunta a ciò, gli alberi non sarebbero nemmeno sufficientemente alti da creare effettivamente una zona d’ombra e dovrebbero in ogni caso essere rimossi a settembre, quando verranno sistemati definitivamente nei cortili e nelle scuole d’infanzia della città.

La dimensione degli alberelli è effettivamente ridotta: un tronco tra i 20 e i 25 centimetri, per un’altezza di 4-5 metri al massimo. Dalle immagini diffuse dal Comune stesso, è evidente che le zone d’ombra create dalle piante siano estremamente ridotte e non sufficienti a creare uno spazio d’ombra sufficiente a dare sollievo dal caldo estremo di queste settimane o a limitare l’effetto “isola di calore” nel centro cittadino, come vorrebbe l’amministrazione. I soldi necessari sono stati prelevati dal Fondo per la riparazione e l’adattamento climatico, il quale prevede la messa in atto di interventi volti a riparare i danni dei fenomeni climatici. Tuttavia, già solo per la sua durata l’intervento non si dimostra essere pensato per avere efficacia a lungo termine, nonostante l’ingente spesa effettuata. Secondo il capogruppo della Lega nel Consiglio Comunale, Matteo Di Benedetto, la somma corrisponde a circa il triplo del massimo possibile per l’acquisto di piante simili. Di Benedetto ha denunciato la natura puramente «estetica» e di «cosmesi urbana» dell’iniziativa, definendola una manovra di greenwashing e annunciando anche di aver presentato un esposto alla Corte dei Conti. Stefano Cavedagna, eurodeputato di FDI, segnala inoltre il rischio che piante così giovani e fragili possano morire facilmente, complici proprio le alte temperature.

Negli anni, il Comune di Bologna ha abbattuto molti più alberi di quanti ne abbia piantati. Come spiegato da Anna Petrucci, presidente del Comitato Tutela Alberi, le piante con le quali il Comune cerca di sostituire gli alberi secolari abbattuti per far posto a infrastrutture urbane sono spesso piccole e mantenute male, motivo per il quale si seccano e muoiono nell’arco di un paio di stagioni. Inoltre, «prima che un albero vada a sostituire le funzioni di quelli abbattuti ci vanno 30-40 anni». In un solo anno, denuncia Petrucci, sono stati abbattuti migliaia alberi per la costruzione del Passante di Mezzo, così come capitato a centinaia di altri che hanno dovuto far posto alla nuova linea tramviaria. In via degli Scalini, sulla collina bolognese, la deforestazione messa in atto dall’amministrazione ha comportato, a seguito dell’alluvione del 2023, una frana che ha causato la chiusura della via, riaperta solamente dopo 2 anni e 600 mila euro di interventi di ripristino. Lo scorso anno, solamente la ferma opposizione di cittadini e comitati – che hanno resistito anche alla dura repressione di polizia – ha evitato la cementificazione del parco Don Bosco e l’abbattimento di 42 alberi.

Il progetto, spiega Lepore ai media, è di piantare complessivamente 3 mila alberi. Quelli in vaso distribuiti in giro per le piazze, assicura, saranno innaffiate tre volte a settimana, si valuterà poi se sarà necessario farlo di più. Nel frattempo, quelle che già ci sono «permetteranno alle persone di attraversare questa piazza così assolata», riferisce in una intervista rilasciata in piazza Nettuno. Peccato che dell’ombra non ci sia traccia neanche lontanamente.

Somalia: Al Shabaab avanza nel Paese

0

Le milizie di al-Shabaab, movimento jihadista affiliato ad Al Qaeda, hanno conquistato la città di Tardo, nella regione della Somalia centrale di Hiiran. A dare la notizia è un funzionario militare somalo, che ha dichiarato che Al Shabaab starebbe proseguendo nell’avanzata nella regione. Da quanto comunica l’esercito somalo, le forze del Paese si starebbero mobilitando per un contrattacco. L’offensiva di Al Shabaab si è intensificata a partire dall’inizio di quest’anno. Un parlamentare regionale ha dichiarato all’agenzia di stampa Reuters che almeno 12.500 famiglie sarebbero fuggite da Tardo e dalla vicina città di Muqokori, che al-Shabaab ha dichiarato di aver conquistato la scorsa settimana.

Rotterdam, il più grande porto d’Europa, si prepara alla guerra con la Russia

1

Prosegue il piano europeo per prepararsi a una guerra contro la Russia. Dopo il riarmo e l’aumento delle spese militari da destinare all’Alleanza atlantica, ora è il porto di Rotterdam, il più grande d’Europa, a prepararsi alla guerra contro la nazione eurasiatica guidata da Vladimir Putin. Lo scalo olandese, infatti, sta predisponendo aree per accogliere navi della NATO cariche di mezzi e forniture militari e pianificando esercitazioni anfibie. A riferirlo è stato direttamente l’amministratore delegato dell’Autorità portuale di Rotterdam, Boudewijn Siemons, in un’intervista al quotidiano britannico Financial Times (FT). Il ministero della Difesa olandese ha chiesto alle autorità portuali di destinare degli spazi per lo scarico regolare di diverse navi con materiali militari nell’ambito delle operazioni della NATO, rendendo disponibili tali spazi per diverse settimane per quatto o cinque volte all’anno. Secondo il FT, si tratta della prima volta che il porto si prepara ad attività simili: non era mai successo nemmeno durante il periodo della Guerra fredda.

La preparazione dello scalo a possibili scopi militari sarebbe solo una parte di una strategia più ampia per affrontare un possibile conflitto con la Russia: la Commissione europea, infatti, anche alla luce della pandemia e della crisi del gas dovuta alla fine dell’importazione del gas russo, intende predisporre e adottare una nuova “strategia di stoccaggio” per beni essenziali quali rame, litio, grafite, attrezzature mediche ed energia, imitando la riserva obbligatoria di petrolio introdotta dopo lo shock del 1973. Secondo il FT, lo stesso direttore del porto di Rotterdam ha esortato l’UE a creare riserve strategiche non solo di petrolio, ma anche di rame, litio, grafite e farmaci. A suo dire, le aree circostanti i porti, dotate di una logistica avanzata, sono ideali per lo stoccaggio di tali riserve. Simons ha anche reso noto che il porto sta coordinando le proprie attività con il vicino porto di Anversa in previsione dell’arrivo di equipaggiamenti e materiali dal Regno Unito, dagli Stati Uniti e dal Canada, per gestire eventuali picchi nel traffico militare. «Non tutti i terminal sono adatti a carichi militari. In caso di grandi volumi, potremmo affidarci ad Anversa o viceversa», ha spiegato, aggiungendo anche che «Ci vediamo sempre meno come concorrenti: collaboriamo dove possibile».

Il porto di Rotterdam si estende per 42 chilometri lungo il fiume Mosa e movimenta ogni anno circa 436 milioni di tonnellate di merci, ricevendo 28 mila navi marittime e 91 mila imbarcazioni fluviali. In seguito alle sanzioni imposte dall’UE alla Russia, il traffico del porto è calato dell’8%, soprattutto nei settori legati al greggio. Il porto di Anversa, invece, con 240 milioni di tonnellate di merci all’anno, rappresenta il secondo scalo europeo e ospita regolarmente forniture per le truppe statunitensi di stanza in Europa. I porti sono ora coinvolti nelle misure di preparazione militare a livello continentale, che prevedono, tra le altre cose, un piano di riarmo da 800 miliardi di euro e l’aumento delle spese per la Difesa fino al 5% del Pil. L’UE ha scelto la strada della guerra contro la Russia in maniera apparentemente irreversibile, sebbene fino ad ora abbia pagato a caro prezzo, soprattutto a livello economico e industriale, la decisione di contrastare con tutti i mezzi possibili la Federazione russa.

Anche un rapporto pubblicato pochi giorni fa dalla Fondazione russa Roscongress, intitolato La militarizzazione dell’Europa: bilanci e geografia delle nuove capacità produttive, attesta la volontà del Vecchio Continente di prepararsi specificamente a uno scontro militare con Mosca, mettendosi nelle condizioni di affrontare un conflitto lungo e intenso senza l’appoggio degli Stati Uniti e riconvertendo a questo scopo l’intera economia europea. L’effetto è il ridimensionamento dell’economia civile a favore di quella militare: secondo il rapporto, tra il 2021 e il 2024, la spesa totale per la difesa dell’UE è aumentata del 31%, raggiungendo i 326 miliardi di euro. In questo contesto, i produttori di armi, soprattutto quelli europei, hanno iniziato a battere nuovi record finanziari: le vendite di ogni produttore europeo di armi crescono di diverse decine di punti percentuali all’anno. Guidata ideologicamente da una strategia rigidamente atlantista, piuttosto che cercare soluzioni diplomatiche e riprendere il dialogo con Mosca, l’Ue ha deciso di sacrificare i popoli europei sull’altare della guerra. A tal fine, la preparazione dei porti di Rotterdam e Anversa è solo l’ultimo tassello di una predisposizione complessiva del Vecchio Continente allo scontro con la Russia, anche nel tentativo ultimo di arginare il rapido mutamento degli assetti internazionali.

Spagna, violenze contro persone straniere: 8 arresti

0

La polizia spagnola ha arrestato otto persone accusate di avere condotto attacchi nei confronti di individui di origine straniera. Gli episodi di violenza sono stati registrati a Torre Pacheco, città nel sud-est del Paese, a partire dal fine settimana, e sarebbero andate avanti per tre notti; da quanto si apprende dai media locali, le violenze sarebbero state condotte contro persone nordafricane e migranti da decine di individui incappucciati. In seguito agli attacchi, cinque persone sarebbero rimaste ferite e tre di esse sarebbero state portate in ospedale. L’agenzia di stampa Reuters riporta inoltre di scontri tra gli autori degli attacchi e la polizia.

Cortina verso le Olimpiadi tra frane, lavori in ritardo e buchi di milioni di euro

2

Non bastavano ritardi sui lavori e problemi di bilancio a sollevare problemi sui progetti delle Olimpiadi Milano-Cortina; ora sono arrivati anche i disastri naturali. Da ormai un mese, infatti, il bellunese è teatro di frane e smottamenti che stanno interessando la statale Alemagna, la stessa strada dove dovrebbero venire realizzate alcune delle opere per la manifestazione sportiva. L’ultima è avvenuta nella notte tra sabato 12 e domenica 13 luglio, e si è abbattuta tra San Vito di Cadore e la stessa Cortina, causando disagi alla viabilità. Cittadini e comitati locali avvisano da tempo dei potenziali rischi idrogeologici in cui versa l’area interessata dai lavori, ma nessuno ha voluto ascoltarli. Le colate di detriti sono solo l’ultimo dei problemi dell’organizzazione delle Olimpiadi del 2026, che sin dal lancio dei vari progetti è stata costellata da critiche e mala gestione, e che oggi deve fare fronte alla sostanziale irrealizzabilità di molte delle opere che interessano le prossime Olimpiadi.

L’ultimo smottamento che ha interessato il territorio veneto, è avvenuto poco dopo le 22:30 di sabato, quando pezzi di detriti si sono staccati dalla vetta Croda Marcora, del gruppo montuoso Sorapìs. La frana sembra essersi verificata a causa della forte pioggia, e in seguito a essa il tratto di strada interessato è stato chiuso. Quella dell’ultimo fine settimana non è la prima volta che la statale Alemagna viene colpita dai detriti del gruppo montuoso Sorapìs. La prima frana degli ultimi 30 giorni, riporta l’Anas, è avvenuta lo scorso 15 giugno, e ha colpito un tratto stradale situato nel comune di Borca di Cadore. Esso è rimasto chiuso per quattro giorni, ma con l’arrivo di luglio, il primo giorno del mese, è avvenuta una seconda frana. Questa seconda volta, la colata ha interessato un tratto stradale situato nel Comune di San Vito, a una manciata di chilometri da quella che la ha preceduta. Il personale Anas è tornato a lavoro per riaprire la strada, ma l’8 luglio è avvenuta una terza frana, sempre a San Vito.

La frana di sabato si è abbattuta in aree adiacenti a quelle dove dovrebbero svolgersi i lavori per la realizzazione di diversi svincoli stradali collaterali ai progetti per le Olimpiadi. Cittadini e comitati locali avevano già avvisato dei rischi idrogeologici che interessano la zona nel 2021, in occasione dei mondiali di Sci, ma in risposta si sono visti chiedere risarcimenti per 127 mila euro. In vista delle prossime Olimpiadi, la statale Alemagna conta tre progetti Anas: uno a San Vito di Cadore, uno a Valle di Cadore e uno a Pieve di Cadore (frazione Tau di Cadore), dal valore totale di 250 milioni di euro. Società Infrastrutture Milano Cortina 2020–2026 (SIMICO), invece, ha in progetto la costruzione di due varianti stradali, una a Longarone (dal valore di circa 396 milioni di euro) e una nella stessa Cortina (dal valore di quasi mezzo miliardo); i lavori per le due varianti non sono ancora cominciati e la loro conclusione è prevista rispettivamente per il 2028 e il 2027.

I lavori sugli svincoli della statale Alemagna non sono gli unici a essere in ritardo nella tabella di marcia delle prossime Olimpiadi. SIMICO ha infatti in cantiere 21 progetti nel solo Veneto, di cui 8 non vedranno la luce prima dell’inizio dell’evento sportivo, il prossimo 6 febbraio: gli interventi per l’accessibilità dell’Arena di Verona, dove si terranno la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi e quella di apertura delle Paralimpiadi (per circa 19 milioni di euro) termineranno a dicembre del 2026; la ristrutturazione del trampolino simbolo delle Olimpiadi del 1956 (10 milioni), dove avrebbero dovuto essere costruite aree ristoro e sale d’aspetto, terminerà solo in parte; del cosiddetto progetto di “mobilità intermodale” per collegare infrastrutture e sedi dell’evento (127 milioni di euro) verrà ultimata solo la cabinovia, malgrado esso comprenda anche stazioni e mezzi di trasporto, un maxi-parcheggio per 750 auto, e un edificio con servizi e aree ristoro; la riqualificazione di Piazza Mercato (7,5 milioni), dove avrebbe dovuto essere costruito un parcheggio sotterraneo, dovrebbe iniziare a giugno 2026, e l’appalto non è ancora stato assegnato; la strada secondaria che dovrebbe penetrare nell’abitato di Cortina (circa 52 milioni di euro), dovrebbe iniziare a venire costruita a maggio 2026, ma anche in questo caso l’appalto non è ancora stato assegnato; il memoriale dedicato alle discipline del bob, skeleton e slittino (2,5 milioni), invece, terminerà a dicembre 2026.

A questi lavori si aggiungono quelli che ancora devono venire ultimati e la cui data di conclusione risulta pericolosamente vicina all’inizio dell’evento sportivo. Uno di questi, la ristrutturazione dello Stadio Olimpico di Cortina (20 milioni), avrebbe dovuto essere consegnato lo scorso 26 giugno. Per ora, solo due opere sono state completate. Oltre agli evidenti problemi nella consegna dei progetti, l’organizzazione di Milano-Cortina si è rivelata un coacervo di scandali e mala gestione. Lo scorso aprile la Procura di Milano ha chiesto di archiviare l’inchiesta sulla Fondazione organizzatrice, in cui si ipotizzano reati di corruzione e turbativa d’asta, ma ha sollevato la questione di costituzionalità sul decreto del governo che, trasformandola in ente privato, avrebbe ostacolato intercettazioni e sequestri preventivi di un presunto profitto di reato di circa 4 milioni. Il tutto non considera il buco milionario generato dalla Fondazione: in un contesto già segnato da deficit patrimoniali accumulati dalla Fondazione – oltre 107 milioni – la stima dei costi è infatti lievitata di ulteriori 180‑270 milioni. Oltre a questi, con il decreto sport, il governo intende stanziare 328 milioni di euro alla istituzione di un nuovo Commissario per le Paralimpiadi, che avrebbe il compito di «subentrare nei rapporti giuridici della Fondazione»; formulazione che appare come una scusa per scorporare parte dei costi visto che le Paralimpiadi erano già presenti nel Comitato.

Il Sinai tra guerra, affari e sfollamento di Gaza

2

Il Sinai è una penisola desertica, la parte più orientale dell’Egitto, che ricade in Asia. Abitata da secoli da tribù beduine dedite al commercio lungo la via che dal Marocco attraversa il Nord Africa, si dirama verso il Medio Oriente a nord e la penisola arabica a sud. Per decenni è stata una regione d’interesse quasi esclusivamente per appassionati di storia, archeologia o per chi desiderava trascorrere le vacanze nei villaggi turistici di Sharm el Sheikh. Ma il Sinai, oltre ai suoi siti storici e turistici, ha un valore geopolitico cruciale per l’equilibrio dell’intero Medio Oriente. Confin...

Questo è un articolo di approfondimento riservato ai nostri abbonati.
Scegli l'abbonamento che preferisci 
(al costo di un caffè la settimana) e prosegui con la lettura dell'articolo.

Se sei già abbonato effettua l'accesso qui sotto o utilizza il pulsante "accedi" in alto a destra.

ABBONATI / SOSTIENI

L'Indipendente non ha alcuna pubblicità né riceve alcun contributo pubblico. E nemmeno alcun contatto con partiti politici. Esiste solo grazie ai suoi abbonati. Solo così possiamo garantire ai nostri lettori un'informazione veramente libera, imparziale ma soprattutto senza padroni.
Grazie se vorrai aiutarci in questo progetto ambizioso.

Riarmo: Macron annuncia 6,5 miliardi aggiuntivi in due anni

0
Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato un aumento di 6,5 miliardi nelle spese militari nei prossimi due anni. Parte di questi fondi, ha spiegato, intendono rafforzare il contributo del Paese all’Ucraina. Macron ha inoltre lanciato un appello per aumentare la collaborazione su scala europea. Da quanto riporta il presidente francese, con tale aumento, la Francia punterà a spendere 64 miliardi all’anno in spese militari entro il 2027. L’annuncio si colloca sulla scia delle discussioni sul tema del riarmo che da mesi interessano l’Unione Europea; recentemente la NATO ha approvato un aumento delle spese militari al 5% del PIL annuo entro il 2035.

La Commissione Europea lancia la nuova strategia per le emergenze sanitarie

6

Con la consueta retorica tecnocratica del “prevenire è meglio che curare”, la Commissione Europea ha annunciato due nuove strategie nell’ambito dell’«Unione della preparazione», focalizzate sulla costituzione di scorte strategiche e sulle contromisure mediche per rafforzare la preparazione alle crisi e la sicurezza sanitaria, sulla base delle raccomandazioni della relazione Niinistö. Dietro il lessico rassicurante della governance e dell’efficienza operativa, della «resilienza», delle «strategie coordinate» e delle «iniziative solidali», si nasconde un impianto burocratico di gestione centralizzata che sembra voler cristallizzare lo stato d’eccezione come prassi ordinaria, normalizzando un paradigma securitario e bio-amministrativo che prescinde ormai da reali minacce, per perpetuare uno stato di mobilitazione permanente basato sulla teoria dello shock.

Nel dettaglio, la strategia di costituzione di scorte prevede la creazione di una rete europea per monitorare e gestire beni essenziali come cibo, acqua, medicinali, carburanti. Le azioni chiave mirano a «salvaguardare gli approvvigionamenti essenziali prima delle crisi» e si focalizzano sull’istituzione di una rete dell’UE, sul coordinamento degli stock con gli Stati membri, sul miglioramento dei trasporti e della logistica per una risposta rapida alle crisi, sull’ampliamento delle scorte a livello dell’UE con il sostegno di iniziative come rescEU, e sulla promozione di partenariati civili-militari, pubblico-privati e internazionali per massimizzare l’uso delle risorse in modo efficiente e puntuale.

In apparenza, nulla di strano: la logica dello stoccaggio può sembrare ragionevole, ma il problema è che la crisi viene evocata come giustificazione costante per concentrare potere, centralizzare le decisioni e marginalizzare le autonomie nazionali. L’intero impianto è volutamente opaco e si affida a partenariati non solo civili-militari, ma anche pubblico-privati che, come già visto nel caso dei vaccini Covid, servono a trasferire denaro pubblico nelle mani di colossi farmaceutici e infrastrutturali, legittimando profitti colossali sulla pelle dei contribuenti.

Con la seconda iniziativa, l’UE intende predisporre una serie di «contromisure mediche» – promuovere i vaccini antinfluenzali di prossima generazione, nuovi antibiotici per contrastare la resistenza antimicrobica, antivirali per le malattie trasmesse da vettori, dispositivi di protezione, rafforzare la cooperazione globale e la collaborazione intersettoriale, elaborare un elenco dell’UE di contromisure mediche prioritarie, migliorare l’accesso ai medicinali e la loro diffusione attraverso appalti congiunti.

La Commissione annuncia inoltre l’accelerazione del programma HERA Invest, il braccio biotecnologico dell’UE, e il rafforzamento della EU FAB, la “capacità calda” di produzione di vaccini pronta all’uso. In pratica, si istituzionalizza un complesso bio-industriale che alimenta se stesso, producendo soluzioni per problemi che contribuisce a creare o ad amplificare, per spaventare l’opinione pubblica e legittimare misure draconiane.

Tra i bersagli? Le solite minacce: dai virus respiratori e da contatto a rischio pandemico, come il Covid-19, alle zoonosi come l’influenza aviaria, fino alle malattie emergenti e riemergenti come l’Ebola, arrivando alla famigerata “Malattia X”, un’entità fittizia creata dall’OMS, funzionale a giustificare una sorveglianza sanitaria continua e l’espansione illimitata del biopotere.

Siamo di fronte a un modello di governance che sfrutta il rischio ipotetico per modellare la realtà. Si crea il nemico invisibile – un virus ancora sconosciuto – per legittimare spese miliardarie, restrizioni dei diritti fondamentali e l’avanzata di un nuovo Leviatano tecno-sanitario, sempre più simile a un ibrido tra Big Pharma, NATO e OMS.

È impossibile leggere queste strategie senza richiamare alla mente il Trattato Pandemico globale dell’OMS, ancora in fase di finalizzazione. Entrambe le iniziative europee si inseriscono nel solco di quell’accordo, che prevede la creazione di un sistema integrato di biosorveglianza globale basato su intelligenza artificiale, test di massa e raccolta di dati biometrici. Anche in questo caso, non si parla mai apertamente di consenso democratico o di diritti dei cittadini, ma solo di «scalabilità», «efficienza» e «resilienza».

E proprio il termine “resilienza” è il leitmotiv abusato da Hadja Lahbib, Commissaria per la Parità e per la Preparazione e gestione delle crisi, che per commentare le nuove misure varate dall’UE ha spiegato che «rafforzando la nostra preparazione e resilienza», l’obiettivo è «affrontare le sfide future con fiducia». Lahbib divenne nota quando pubblicò un assurdo video dal titolo What’s in my bag? Survival edition, in cui mostrava gli oggetti da avere sempre con sé in caso di “crisi”, inclusi i vituperati contanti, per sopravvivere almeno 72 ore.

Bruxelles formalizza così il passaggio dall’eccezione alla regola: lo stato di crisi non è più un’eccezione, ma la nuova normalità, alimentata da paura, emergenze e terrorismo mediatico. Come ogni architettura autoritaria che si rispetti, anche questa si regge su un pilastro imprescindibile: la paura.

Si tratta dell’ennesima tappa in un processo più ampio: la costruzione di un’infrastruttura normativa, logistica e ideologica finalizzata a centralizzare il potere e a consolidare un controllo preventivo su popolazioni sempre più medicalizzate e sempre meno sovrane, nel quadro di un capitalismo emergenziale che monetizza la crisi e istituzionalizza la paura.

Il terrore sanitario è l’elemento fondante del nuovo ordine europeo: un’ansia diffusa e coltivata ad arte, utile per mantenere alto il livello di allerta e basso il livello del dibattito pubblico. Ogni emergenza è buona per giustificare nuove deroghe, nuove misure eccezionali, nuovi dispositivi di controllo.

Contro l’invasione di contenuti automatici, YouTube riforma le regole di monetizzazione

0

YouTube ospita un numero crescente di video prodotti in maniera industriale, i quali vengono spesso realizzati con l’ausilio di strumenti di intelligenza artificiale. Alimentati dagli algoritmi di raccomandazione della piattaforma e supportati da una produzione automatizzata su larga scala, questi contenuti stanno progressivamente oscurando i creatori tradizionali, contribuendo a una progressiva svalutazione dell’intero ecosistema del social. Per contrastare il fenomeno, YouTube ha annunciato che, a partire dal 15 luglio 2025, introdurrà modifiche al proprio YouTube Partner Program (YPP) con l’intenzione di colpire sul piano economico i contenuti considerati “inautentici” o “ripetitivi” — una categoria che l’opinione pubblica ha ormai ribattezzato come “AI slop”.

L’aggiornamento delle policy è stato anticipato in una nota sull’Help Center della piattaforma, tuttavia i dettagli restano per ora estremamente limitati. Alphabet, società madre di YouTube, afferma che la nuova impostazione permetterà di individuare con maggiore efficacia i contenuti “prodotti in massa e ripetitivi”, escludendoli dalla monetizzazione in quanto non conformi ai requisiti di originalità e autenticità previsti dalla piattaforma. È tuttavia significativo che nel comunicato non venga mai menzionata esplicitamente l’intelligenza artificiale.

In un post pubblicato su X, YouTube ha definito l’aggiornamento come un raffinamento delle regole esistenti, volto a chiarire con maggiore precisione quali tipologie di video siano ammissibili alla monetizzazione, salvaguardando nel contempo l’esperienza degli utenti e l’integrità del portale. A fare ulteriore chiarezza è intervenuto Rene Ritchie, responsabile Editoriale e dei Rapporti con i Creatori, che in un video pubblicato il 7 luglio ha specificato che i nuovi canoni non mirano a penalizzare formati legittimi, ma solo quei contenuti automatizzati che potrebbero essere considerati come “spam” e che non offrono alcun contributo umano significativo.

Nel mirino rientreranno dunque video caratterizzati da una struttura estremamente ripetitiva, quali compilations di diapositive, doppiaggi generati da AI senza intervento umano, o Shorts basati su template standardizzati privi di valore aggiunto. Tutti elementi che possono essere etichettati come “AI slop”, ovvero media perlopiù costruiti impiegando strumenti text-to-video, voci sintetiche e materiali di repertorio di dubbia provenienza, con il solo scopo di accumulare visualizzazioni e ricavi pubblicitari tramite pratiche di content farming.

Questo cinico giro di soldi fa sì che una parte significativa di questa produzione automatizzata provenga da aree a basso reddito quali Vietnam, Pakistan o Indonesia, zone in cui i compensi derivanti dalla monetizzazione delle inserzioni possono rappresentare un’entrata significativa e sostanziale. Si tratta di uno spaccato non dissimile da quello visto nel 2021 con il videogioco NFT Axie Infinity, il quale ha alimentato brevemente i sogni dei filippini promettendo guadagni assicurati,salvo poi rivelarsi un sistema economicamente insostenibile e propenso allo sfruttamento.

Resta ancora incerto come YouTube intenda arginare in modo strutturato il fenomeno. Non è chiaro, a esempio, se l’azienda punterà su un potenziamento della moderazione manuale, su un inasprimento dell’algoritmo di valutazione o su un tracciamento più trasparente dell’uso di AI nei contenuti pubblicati. La linea adottata da Alphabet sul tema appare ambivalente: da un lato, la piattaforma riconosce l’impatto negativo che questi contenuti hanno sulla qualità percepita del portale; dall’altro, continua a sviluppare modelli di generazione video — come Veo 3 — anche attingendo ai contenuti caricati dagli utenti, spesso senza consenso esplicito, per addestrare sistemi che alimenteranno a loro volta nuovi flussi di contenuti sintetici.