venerdì 24 Gennaio 2025

Due petroliere hanno perso almeno 3.700 tonnellate di combustibile nel mar Nero

Il naufragio delle due petroliere nello Stretto di Kerch, nel Mar Nero, avvenuto lo scorso 15 dicembre, si è da subito configurato come un “disastro ambientale”. Le due navi trasportavano complessivamente 9.200 tonnellate di mazut, un olio combustibile pesante e altamente inquinante, di cui almeno 3.700 tonnellate, secondo l’organizzazione Greenpeace, sono state sversate in mare, contaminando le coste e colpendo gravemente l’ecosistema locale. Questo prodotto presenta caratteristiche di alta densità e viscosità e, a differenza degli idrocarburi più leggeri, è difficile da recuperare e può persistere nell’ambiente per diversi anni. Numerosi volontari ed esperti stanno lavorando duramente da giorni per limitare i danni. Tuttavia, gli effetti sugli ecosistemi marini, sulla pesca e sugli habitat costieri saranno comunque gravi e a lungo termine.

Nello specifico, gli incidenti in questione hanno coinvolto due petroliere vecchie di oltre 50 anni: la Volgoneft-212, che si è spezzata in due, e la Volgoneft-239, che si è invece arenata a 80 metri dalla riva vicino al porto di Taman. Un membro dell’equipaggio della prima nave è rimasto ucciso, mentre le altre persone che si trovavano a bordo delle petroliere sono state tratte in salvo. L’area in cui si è verificato il disastro è ora teatro di un’emergenza ecologica, dichiarata dal leader della Crimea, Sergei Aksionov, su impulso del Cremlino. I video diffusi sui social mostrano uccelli marini intrappolati nel petrolio e spiagge ricoperte da una densa macchia nera. Secondo il Center for Research on Energy and Clean Air (CREA) di Londra, l’impatto ambientale potrebbe essere «astronomico», con un costo di bonifica stimato tra i 64 e i 112 milioni di dollari. La tempesta che ha provocato l’incidente è stata accompagnata da onde alte fino a 3,5 metri, ben oltre i limiti di sicurezza per le petroliere, che secondo esperti avrebbero dovuto navigare solo in condizioni più tranquille. Peraltro, entrambe le navi erano prive di un sistema AIS (Automatic Identification System) attivo, aumentando le difficoltà di monitoraggio e intervento. Il ministro russo delle Situazioni di Emergenza, Alexander Kurenkov, ha avvertito che la minaccia di ulteriori perdite di combustibile persiste, nonostante le autorità dichiarino di aver bonificato le aree più colpite. Nel frattempo, il presidente Vladimir Putin ha definito l’incidente un «disastro ecologico», e il primo ministro Mikhail Mishustin ha istituito un gruppo di lavoro per coordinare le operazioni di bonifica.

La fuoriuscita di petrolio ha già causato gravi danni alla fauna marina: pesci, crostacei e uccelli sono stati trovati morti lungo le coste del Mar Nero. Il disastro ha mobilitato migliaia di volontari per la pulizia delle spiagge, ma gli sforzi finora sono stati ritenuti insufficienti. Ad oggi, come riferito all’agenzia Tass dal governo russo, i soccorritori del Ministero delle Emergenze e i volontari hanno raccolto sulla costa del Mar Nero, in un’area lunga complessivamente 63 chilometri, circa 70.000 tonnellate di terreno contaminato da prodotti petroliferi. La gestione dell’emergenza è ora sotto i riflettori internazionali, con gli esperti che avvertono del rischio di perdite a lungo termine di prodotti petrolchimici dalle navi coinvolte nell’incidente. Le operazioni di bonifica si prospettano complesse e di lunga durata.

[di Stefano Baudino]

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1 commento

  1. in media, l’abbattimento di un jet brucia 80 milioni di dollari, la distruzione di un elicottero tra i 15 e 30 milioni, 2-3 milioni un carro armato (T72, T90) e ogni missile ha un costo unitario fra 1 e 2 milioni di dollari. Non dovrebbe essere quindi difficile trovare i soldi per bonificare

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