mercoledì 17 Settembre 2025
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Non si vive di sola pasta: le alternative giuste per variare

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Siamo italiani, amiamo la pasta e si sa. Da sempre medici e nutrizionisti continuano a ripetere che la pasta fa bene e che bisogna mangiarla anche ogni giorno perché ci dà energia e ci fornisce carboidrati a lento assorbimento. Ma è davvero così? Probabilmente no a giudicare da quanto monotona e ripetitiva è diventata la dieta degli italiani spacciata come la “migliore dieta al mondo” e come “dieta Mediterranea” utile per la prevenzione e la longevità. La verità è che le conoscenze in campo nutrizionale e medico si rinnovano di continuo, si scoprono nuovi fattori importanti e si capiscono sempre meglio i meccanismi chimici e biologici che governano il corpo umano. Proprio per questo, oggi sappiamo che è di fondamentale importanza avere varietà di sostanze nella dieta e alternare l’assunzione di cibi farinacei (pane, pasta, pizza, ecc.) con altri tipi di cereali e di carboidrati (riso, patate, mais, segale). Se dare varietà di sostanze è un requisito di base della sana alimentazione, perché gli italiani stentano ad adottare questo principio anche nell’assunzione dei carboidrati? Come mai 8 italiani su 10 consumano tutti i giorni pane e pasta, per non menzionare altri derivati del grano come fette biscottate, biscotti, crackers?  I motivi sono tanti, primo fra tutti la pubblicità martellante dell’industria della pasta e delle farine alla quale si aggiunge la comodità di utilizzo e di preparazione. 

Ciò nonostante, con un po’ più di impegno e una riflessione più obiettiva, possiamo riuscire a individuare delle alternative altrettanto utili, e persino più salutari, del solito piatto di pasta a pranzo. La pasta e la pizza si possono mangiare tranquillamente, per carità, anche più di una volta a settimana, ma proverò a convincervi del fatto che possiamo fare anche di meglio con la nostra dieta sana, e senza rinunciare al piacere. 

Variare fa bene: il problema della furosina

Elenchiamo le seguenti fonti di carboidrati per allargare il discorso sulla varietà alimentare:

  • pastasciutta (pasta essiccata di semola di grano duro)
  • pasta fresca di semola di grano duro (non contiene uovo)
  • pasta fresca all’uovo (è fatta con il grano duro o tenero e l’aggiunta di uovo)
  • cereali in chicco (orzo, farro, avena, frumento, kamut, riso, mais)
  • pseudo-cereali in chicco (quinoa, grano saraceno, miglio, amaranto)
  • patate
  • gnocchi di patate (farina di frumento, patate)
  • farina di mais (polenta)
  • pane
  • spianate, piadine, pizza

Tra tutte queste fonti alimentari di carboidrati, quelle di gran lunga più utilizzate dalle persone sono 4: pastasciutta, pane (panini), spianate e pizza. Ogni italiano mangia in media 32 Kg di pasta in un anno, circa 80 – 90 grammi ogni giorno, non poco! Notiamo subito che in tutti questi casi si tratta di prodotti cotti in forno (pane, pizza, spianate) oppure trattati ad alta temperatura (l’essiccazione della pasta avviene a temperature oltre i 100°C in molti casi). 

Questo aspetto è importante in quanto tutte le restanti fonti alimentari menzionate nell’elenco qui sopra non sono invece pre-trattate con alte temperature. Per esempio, i cereali in chicco come il riso o l’orzo, oppure la pasta fresca, subiscono solo la cottura per breve tempo in acqua a 100 gradi, ma niente più. Al contrario la pastasciutta subisce due “cotture”: dapprima l’essiccazione ad alta o altissima temperatura (85°C-110°C per alcune ore), poi la vera e propria cottura in acqua bollente a 100°C.

La cottura eccessiva del grano e dell’amido comporta la formazione tra le altre cose anche di sostanze tossiche come la furosina e gli AGES (prodotti avanzati della glicazione), un problema alimentare di cui quasi nessuno parla in Italia in relazione all’utilizzo quotidiano di prodotti da forno, ma che è in realtà normato e disciplinato per legge. 

Essiccazione della pasta e formazione di furosina

La pastasciutta, al contrario della pasta fresca e del cereale in chicco, deve essere essiccata prima di diventare commestibile. Nel processo industriale dell’essiccazione la pasta perde acqua e si concentra nella sua densità nutrizionale. Il trattamento ad altissime temperature cambia però il valore nutrizionale del frumento. I sistemi di essiccazione si definiscono HTSt (High Temperature-Short time) e VHTs (Very High Temperature-Short time) e permettono di raggiungere temperature molto elevate, riducendo i tempi di lavorazione/essiccazione ed i costi.

Il progressivo incremento della temperatura durante l’essiccazione provoca un danno alle proteine che possono essere distrutte (con formazione dei prodotti della glicazione avanzata – radicali liberi detti AGES) o diventare meno biodisponibili. Il problema riguarda un po’ tutti gli aminoacidi essenziali delle proteine, in particolare la lisina, che non solo è essenziale per la pasta, ma rappresenta un fattore limitante della qualità, riducendo il valore biologico delle proteine nell’alimento (dal momento che ne contiene quantitativi molto bassi). L’importanza degli aminoacidi essenziali (proteine) deriva dal fatto che l’uomo non è in grado di sintetizzarli in quantità sufficiente e quindi devono essere assunti attraverso il cibo. Il processo di essiccazione inoltre, porta anche alla formazione di una sostanza tossica chiamata furosina, cui si accennava pocanzi.

Perché la furosina è un problema

La furosina (ε-furoilmetil-lisina) è una molecola che si forma durante la produzione della pasta. Deriva dall’unione tra una molecola di glucosio e un gruppo amminico delle proteine contenute nelle farine. La furosina si forma nella fase terminale della lavorazione della pasta asciutta, quando la percentuale di acqua scende fino al 12%, da cui il termine “pasta asciutta”. Questa sostanza si forma anche nella produzione dei formaggi come la mozzarella, nella cottura del pane, nella tostatura del caffè (anche quest’ultimo contiene carboidrati) e in altri cibi. Tuttavia costituisce motivo di preoccupazione specialmente per la pasta, poiché gli italiani ne sono forti consumatori su base quotidiana. 

In definitiva la furosina può creare problemi e andrebbe almeno limitata, cercando di assumere con più moderazione i cibi che la contengono (la pasta, il pane, la pizza ed il latte UHT sottoposto a trattamenti termici ad alte temperature).

Dalle indagini eseguite a campione su pasta secca di semola di grano duro, prodotta sia da grandi aziende (paste “industriali”) che da piccoli pastifici, l’indice di furosina è risultato superiore a 300 mg per 100 g proteine per quasi tutte le paste industriali, così come, sorprendentemente, in alcune paste artigianali. Dosi che destano preoccupazione agli occhi degli esperti di tecnologia alimentare. Tuttavia in commercio abbiamo dei produttori di pasta che credono nell’essiccazione lenta e a basse temperature. 

Cosa fare in concreto?

Occorre far riflettere i consumatori su questi aspetti, perché in questo modo stimoliamo in loro una maggiore consapevolezza sul cibo che mangiano in maniera troppo abitudinaria per comodità e perché la pubblicità martellante fa pensare che la pasta sia l’unico carboidrato a disposizione per gli italiani. Pertanto, prima di tutto andrebbe suggerito di ripiegare più spesso nelle fonti di carboidrati che non vengono cotte o essiccate, come per esempio la pasta fresca, i cereali in chicco, le patate, gli gnocchi di patate oppure la polenta o il mais e lasciare magari pastasciutta e pizza per uno o due giorni la settimana al massimo. Già questo ridurrebbe molto il carico di AGES e furosina che assorbiamo quotidianamente mangiando pane e pasta.  

Fra l’altro mangiando ad esempio le patate o gli gnocchi, ma anche il mais lessato, si assumono meno carboidrati rispetto al piatto di pasta e si dà una tregua provvidenziale dal glutine all’intestino. Sappiamo infatti che un carico eccessivo di questa proteina crea difficoltà digestive e stimola il sistema immunitario che si sensibilizza e si predispone ad intolleranze/allergie. Altre ottime alternative, per quanto riguarda il moderare l’assunzione di cereali senza glutine, sono la polenta ed il riso. 

La spesa furosina-free garantisce la varietà nella dieta

Variare la spesa accrescerà anche il bagaglio di conoscenze sul cibo, pertanto servirebbe mettere nel carrello anche prodotti che di solito non vengono acquistati, come gnocchi di patate, pasta fresca (all’uovo oppure di sola semola di grano duro), mais lessato, farina di mais (polenta), cereali in chicco (orzo, farro, avena, quinoa, miglio, grano saraceno). Di seguito alcuni prodotti eccellenti, acquistabili in Italia e che non contengono furosina, in quanto privi di essiccazione o cottura in forno.

Pasta fresca di semola di grano duro (biologica e integrale):

Carboidrati: 44,8g anzichè i 75g della pastasciutta

Mais lessato biologico e italiano:

Contiene solo 17,4g di carboidrati su 100g di prodotto. 
Un quarto dei carboidrati di un piatto di pasta.

Gnocchi di patate integrali:

25,2g di carboidrati anziché 75g della pastasciutta

Paccheri Bio a lenta essiccazione di 36 ore sotto i 60°C di temperatura: 

pasta furosina-free

Riso integrale, ottima alternativa alla pasta:

furosina-free e gluten-free

Orzo perlato in chicchi:

alternativa alla pasta, furosina-free (ha glutine)

Al prossimo consiglio di spesa! 

[di Giampaolo Usai]

Cile: Parlamento approva matrimonio tra persone dello stesso sesso

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In Cile, il Parlamento ha approvato il “matrimonio egualitario” – ovvero tra persone dello stesso sesso – che contempla anche il diritto di avere figli. La normativa aveva infatti in precedenza ricevuto il via libera da parte del Senato ed ora è stata approvata anche dalla Camera dei deputati. La legge, che adesso dovrà essere promulgata dalla presidenza della repubblica così da definire le procedure amministrative che introdurranno la novità, è stata accolta con grande favore dalla comunità Lgbt, con centinaia di persone che hanno sfilato per le strade di Santiago del Cile.

“Basta bugie sulle etichette”: l’inganno della legge italiana sul benessere animale

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I prodotti provenienti dagli allevamenti intensivi di suini, dove viene praticato il taglio sistematico della coda agli animali e dove le scrofe vivono in gabbia, potrebbero essere etichettati in Italia come “benessere animale”: è quanto si apprende da Essere Animali, che insieme ad oltre 10 associazioni animaliste, ambientaliste e dei consumatori ha lanciato una campagna contro le «bugie in etichetta» con cui chiede di «rivedere lo schema di decreto e gli standard per la certificazione di benessere animale dei prodotti suinicoli italiani». Il metodo di certificazione in questione sta infatti per essere votato in Conferenza Stato-Regioni, il che darà attuazione al Sistema di qualità nazionale per il benessere animale istituito tramite l’articolo 224 bis del cosiddetto Decreto Rilancio.

Tale sistema è stato portato avanti dai Ministeri delle Politiche Agricole e della Salute, motivo per cui le associazioni si rivolgono al ministro della Salute Roberto Speranza (responsabile per il benessere animale) ed a quello delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli (responsabile della qualità del Made in Italy) chiedendo di modificare l’attuale schema di decreto e di non far approdare al voto in Conferenza Stato-Regioni gli standard per la certificazione suinicola. Si tratta di un sistema che prevede la certificazione e l’etichettatura volontaria di prodotti di origine animale che rispettino standard superiori ai requisiti di legge ma che – sostengono le associazioni – «non comunica in modo trasparente e accessibile quali siano gli standard di maggior tutela in termini di benessere animale» e che dunque «si riduce a uno strumento di disinformazione».

La certificazione da votare, inoltre, non solo sarebbe in contrasto con la direttiva europea sulla protezione dei suini, ma garantirebbe anche priorità di accesso ai fondi PAC (Politica Agricola Comune) e PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che però non sarebbero utilizzati per stimolare un’agricoltura e un sistema alimentare più sostenibile, così come richiesto dall’Unione europea, in quanto verrebbero favoriti gli allevamenti intensivi.

Secondo le associazioni tutto ciò costituirebbe quindi un «vero e proprio raggiro nei confronti dei consumatori e un grave danno nei confronti degli animali», ed è proprio per questo che esse invitano anche i cittadini ad esprimere il loro dissenso chiedendo al ministro della Salute ed al ministro delle Politiche Agricole «una legge e degli standard più giusti e trasparenti». Per farlo, è stato organizzato un “Tweetstorm”: sono in pratica state create 10 frasi critiche a riguardo che ognuno potrà copiare e pubblicare sul proprio profilo Twitter così da dimostrare che sono tanti i cittadini italiani contrari a questo sistema di etichettatura.

[di Raffaele De Luca]

Germania: Olaf Scholz eletto cancelliere dal Bundestag

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Il Bundestag, ossia il parlamento federale tedesco, ha eletto il leader socialdemocratico Olaf Scholz come nuovo cancelliere. Scholz, avendo ottenuto 395 voti su 707, ricoprirà tale ruolo: aveva infatti bisogno di 369 voti per succedere ad Angela Merkel. Quest’ultima, che lascerà il suo incarico dopo sedici anni di mandato, è stata salutata all’inizio della seduta parlamentare con un’ovazione.

Il Congo, le miniere di cobalto e la geopolitica della transizione energetica

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Il Congo è al centro della geopolitica della transizione energetica e sempre più lo sarà negli anni a venire. Il Paese africano è leader mondiale assoluto nell’estrazione di cobalto, con un mercato che fa gola a molti colossi in cerca di grandi affari a poco costo, tra lavoro minorile e violazioni dei diritti umani. Nell’ottica della grande partita globale sulla “transizione green”, il cobalto rappresenta una risorsa fondamentale nella costruzione delle batterie di accumulo elettrico. Stati Uniti e Cina, con le loro compagnie, sono certamente i “player” principali della corsa al cobalto nel paese Centroafricano. Nella storia si abbracciano, nella sete di profitto, anche compagnie cinesi e statunitensi: uno dei protagonisti è Hunter Biden, figlio del Presidente USA Joseph Biden. La scorsa settimana, Albert Yuma Mulimbi – affarista e mediatore politico – è stato estromesso dalla carica di Presidente di Gécamines, l’agenzia governativa del Congo che controlla la produzione di metalli come cobalto e rame e le altre risorse cruciali, che ricopriva dal 2010: le accuse sono di corruzione endemica che hanno visto sparire miliardi di dollari. Felix Tshisekedi, Presidente del Congo, ha assunto la carica di Presidente di Gécamines dopo che ha silurato Mulimbi.

Nel 2017, Global Witness definiva l’agenzia presieduta da Yuma Mulimbi come “un buco nero” dell’economia congolese. Miliardi di dollari sono usciti dal paese africano per finire in conti offshore per poi, in parte, rientrare. L’ex Presidente di Gécamines non è però rimasto senza alcuna carica poiché è Supervisore del mercato dell’estrazione di cobalto informale, altrimenti detto “artigianale”, che rappresenta ben il 30% del totale: tradotto, Mulimbi gestisce ancora una fetta di economia che supera l’estrazione di cobalto del secondo estrattore mondiale, la Russia. D’altronde, il potente uomo d’affari ha gestito per un decennio ciò che il Carter Center ha definito uno “stato parallelo”; l’organizzazione fondata dall’ex Presidente USA Jimmy Carter, in A State Affair: Privatizing Congo’s Copper Sector, spiega le tappe che hanno portato al totale processo di sostanziale privatizzazione di cui hanno beneficiato compagnie straniere e alti funzionari dell’agenzia statale Gécamines, tra cui Mulumbi, senza che rimanesse molto per i 90 milioni di congolesi. Come riportato dal New York Times, «alti funzionari del Dipartimento di Stato hanno cercato di costringerlo a uscire dall’agenzia mineraria e hanno spinto per farlo inserire in una lista di sanzioni, sostenendo che per anni ha abusato della sua posizione per arricchire amici, familiari e alleati politici». Yuma Mulimbi, grazie alla sua rete di politica estera, ha elargito somme a funzionari statunitensi e ha offerto presunte informazioni sulla Russia.

Yuma Mulimbi si è difeso dalle accuse affermando che tali calunnie sono funzionali alla destabilizzazione della sovranità economica e politica del Congo. Nel 2018, le autorità statunitensi hanno vietato a Mulimbi l’accesso al paese e minacciato di sanzioni l’allora Presidente di Gécamines, criticato anche per aver stipulato diversi contratti con compagnie cinesi.

Sullo sfondo si intravede infatti lo scontro tra USA e Cina per l’accaparramento di una risorsa divenuta ormai strategica in società che vanno trasformandosi radicalmente con la spinta di multinazionali, consessi internazionali privati e filantrocapitalisti.

Il conflitto tra le due superpotenze per l’estrazione del cobalto (e anche del rame) in Congo è andato intensificandosi a partire dal 2016. In quell’anno infatti, Tenke Fungurume, una delle più grandi miniere di cobalto del mondo, è passata dalle mani statunitensi di Freeport-McMoRan a quelle di China Molybdenum. A mediare l’affare da 2,6 miliardi di dollari è stata la società denominata Bohai Harvest RST (Shanghai) Equity Investment Fund Management Company, nota come BHR. Questa società era stata fondata tre anni prima, nel 2013, da tre statunitensi, tra cui Hunter Biden, insieme a partner cinesi come Bank of China.

BHR ha aiutato a finanziare una società australiana di estrazione del carbone controllata da una società statale cinese, oltre ad aver assistito un conglomerato della difesa cinese nell’acquisto di un produttore di ricambi auto del Michigan. Nel 2016, il solito anno in cui ha favorito la vendita della miniera di Tenke Fungurume, ha comprato e rivenduto quote di partecipazione della società cinese CATL, che oggi è leader mondiale nella produzione di batterie per veicoli elettrici.

Mentre Cina e Stati Uniti si sfidano nella guerra fredda del Ventunesimo secolo, con ampio utilizzo di softpower, pressioni diplomatiche, ritorsioni economiche e operazioni informatiche, c’è anche chi crede che gli affari debbano stare al di sopra di ogni ideologia, quale che sia, reale o presunta, e a dispetto di ogni dichiarazione pubblica di facciata. Così, al tempo della “transizione ecologica”, mentre Biden mostra il lato ideologico nel bacchettare la Cina e il Presidente Xi, suo figlio Hunter si occupa della realpolitk. In questo gioco di luci e di ombre, di specchi, di dita che indicano la luna, pagliuzze e travi negli occhi, il Congo diviene, suo malgrado, attore importante dello spettacolo “green” globale.

[di Michele Manfrin]

Pechino 2022: l’Australia si unisce al boicottaggio diplomatico statunitense

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Dopo la decisione degli Stati Uniti di boicottare i Giochi Invernali di Pechino 2022 in segno di protesta contro la Cina, accusata di violare i diritti umani, è arrivata anche quella dell’Australia. Il primo ministro Scott Morrison, infatti, ha annunciato che nessun rappresentante diplomatico sarà presente alle Olimpiadi in questione. «L’Australia non farà un passo indietro dalla ferma posizione che ha preso in difesa dei suoi interessi e ovviamente non sorprende che non invieremo nostri rappresentanti ai Giochi», ha affermato Morrison.

Austria: da lunedì lockdown solo per non vaccinati

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In Austria il lockdown terminerà lunedì 13 dicembre ma rimarrà in vigore per le persone non vaccinate. Lo ha annunciato nella giornata di oggi il neo cancelliere austriaco Karl Nehammer, il quale ha aggiunto che a partire da domani si terranno incontri con i governatori e con gli esperti per stabilire nel dettaglio in che modo potranno essere effettuate le aperture tenendo sempre conto della «tutela delle persone».

Blitz antimafia in provincia di Foggia: 32 arresti

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Nella giornata di oggi, in provincia di Foggia, i carabinieri del Ros in collaborazione con i colleghi del comando provinciale di Foggia e dello Squadrone eliportato “Cacciatori di Puglia” hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 32 persone. Quest’ultime sono accusate a vario titolo di: associazione mafiosa aggravata dalla disponibilità di armi e stupefacenti, porto e detenzione abusiva di armi, tentato omicidio, intestazione fittizia, autoriciclaggio, favoreggiamento personale, truffe aggravate, estorsioni, furto aggravato e ricettazione. Contestata inoltre l’aggravante del metodo mafioso: secondo gli investigatori si tratterebbe infatti di reati finalizzati ad agevolare i gruppi mafiosi attivi a Manfredonia, Mattinata, Macchia e Vieste.

Il Parlamento italiano ha votato contro l’asilo politico a Julian Assange

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L’Italia ha deciso di non riconoscere lo status di rifugiato politico al giornalista d’inchiesta Julian Assange: la Camera dei Deputati ha infatti respinto la “mozione 1/00456” presentata dai parlamentari de “L’Alternativa c’è” – il gruppo formato in gran parte da ex membri del Movimento 5 Stelle – che impegnava l’esecutivo ad intraprendere «ogni utile iniziativa di competenza finalizzata a garantire la sua protezione e incolumità da parte delle autorità britanniche ed a scongiurarne l’estradizione». Il testo – su cui il governo aveva espresso la sua contrarietà  – è stato precisamente bocciato con 225 no, 22 sì e 137 astenuti. Ad astenersi sono stati i parlamentari di Liberi e uguali, Fratelli d’Italia e Movimento 5 Stelle mentre contro si sono espressi tutti gli altri gruppi tranne ovviamente L’Alternativa c’è.

Quest’ultima ha commentato la bocciatura della cosiddetta mozione Cabras – dal nome del primo firmatario Pino Cabras – affermando che «i partiti in Parlamento hanno consumato l’ennesimo atto di vigliaccheria nei confronti della libertà di informazione» ed aggiungendo che si tratta di un «attentato da parte del Governo e del Parlamento, oltre che ad Assange, al giornalismo investigativo». Assange infatti tramite WikiLeaks – un’organizzazione senza scopo di lucro da lui creata – ha svolto un lavoro di importanza fondamentale, diffondendo oltre 10 milioni di documenti riservati attraverso i quali abbiamo conosciuto la verità su molte malefatte dei governi occidentali.

Proprio per questo, però, il giornalista dall’11 aprile 2019 è incarcerato in Inghilterra con l’accusa prima di violazione dei termini della libertà su cauzione e poi con quelle di cospirazione e spionaggio. Ad oggi, Julian Assange si trova nella prigione di massima sicurezza britannica di Belmarsh ed a fine ottobre si è inoltre aperto a Londra un processo di appello per decidere se egli debba essere estradato negli Stati Uniti, dove rischia una condanna a 175 anni di carcere.

[di Raffaele De Luca]

In venticinque anni il Costa Rica è riuscito a raddoppiare le sue foreste

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Dagli anni Ottanta, il Costa Rica ha raddoppiato il numero di foreste e, oggi, più della metà del suo territorio è verde. Una delle principali cause? La tassa sul carbonio. Circa cinquanta anni fa, venivano eliminate 50 mila ettari di foreste all’anno poiché, come molti dei paesi dell’America Latina, anche il Costa Rica, nella metà del XX secolo, ha visto un incremento della produzione industriale e un cambio di rotta nella struttura della propria società, che hanno comportato una lenta ma capillare deforestazione. Così, per cercare di contrastare tale processo negativo che stava privando il paese dei suoi polmoni verdi, si è ricorso a un mix di iniziative ambientaliste e politiche che, negli ultimi 25 anni, ha invertito la rotta, riducendo sensibilmente la deforestazione.

In testa, l’introduzione nel 1997 di una carbon tax del 3,5%, col chiaro obiettivo di salvare le foreste e tutti gli ecosistemi minacciati dalle invasive attività umane, quali allevamenti, colture intensive e produzione di legname; un modello di fiscalità ambientale che è riuscito anche a generare risorse economiche da investire nella tutela delle foreste e nei progetti di riforestazione. Nello specifico, si tratta di una “tropical carbon tax”, volta a penalizzare l’uso di fonti energetiche convenzionali – gas, petrolio, carbone – che ha portato a due conseguenze positive: la riduzione delle emissioni inquinanti dei carburanti fossili e la conservazione – o ripristino – degli ecosistemi forestali i quali, ricordiamo, sono enormi bacini naturali di stoccaggio di CO2.

Grazie alla tassa sugli idrocarburi viene finanziato il PPSA (Pago por Servicios Ambientales), meccanismo finanziario che promuove la conservazione delle foreste. Con la riscossione dell’imposta, il PSA ha la possibilità di ricompensare cittadini, proprietari terrieri, organizzazioni che, tramite attività di protezione forestale, riforestazione e agroforestazione, preservano e fanno fruttare in maniera sostenibile il territorio del Paese. Un meccanismo che ha invogliato a impegnarsi nella salvaguardia ambientale con il conseguente ampliamento dei parchi nazionali. Il Costa Rica detiene la sua rete di parchi dal 1979 e, dal 1994, questa è sotto la gestione del SINAC (National System of Conservation Areas), dipartimento del Ministero dell’Ambiente e dell’Energia, che ha il compito di mantenere, organizzare e pianificare strategicamente tutte le aree protette del paese. A livello territoriale, il SINAC presidia oltre 160 aree protette – di cui 26 denominate parchi nazionali – di grande rilevanza, in quanto rifugio di centinaia di specie – anche a rischio estinzione – tra mammiferi, rettili, anfibi, volatili, insetti e pesci, ma anche habitat di diversi tipi di piante, alberi e funghi.

[di Eugenia Greco]