mercoledì 17 Settembre 2025
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In tutta Europa tornano le restrizioni anti-Covid

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Le campagne vaccinali – inizialmente aventi ad oggetto la doppia dose a cui si è successivamente aggiunto il cosiddetto “booster” – sono state attuate con la convinzione che avrebbero rappresentato il mezzo con cui sarebbe stata superata l’emergenza sanitaria e le relative restrizioni, permettendo così di tornare alla normalità. Ad oggi però i Paesi europei, compresi quelli in cui la campagna vaccinale procede a gonfie vele, si trovano a fare i conti con l’avanzare della pandemia e della nuova variante Omicron, motivo per cui diversi governi nazionali stanno di nuovo imponendo restrizioni ai cittadini.

In Irlanda, ad esempio, a partire dal 20 dicembre è stato praticamente imposto il coprifuoco. Venerdì scorso infatti il governo ha annunciato che tutti i ristoranti, bar e caffè – esclusi i servizi d’asporto o di consegna a domicilio – avrebbero dovuto chiudere alle 20.00 e che nessun evento indoor avrebbe potuto avere luogo dopo le 20:00. In relazione agli eventi antecedenti alle 20:00, poi, il governo ha precisato che la partecipazione sarebbe dovuta essere «limitata al 50% della capacità della sede» o comunque non vi sarebbero dovute essere più di 1.000 persone. La «partecipazione agli eventi all’aperto», inoltre, sarebbe dovuta essere «limitata al 50%» o comunque non vi sarebbero dovuti essere più di 5.000 partecipanti. Tutto ciò nonostante una forte campagna vaccinale, con il 76,6% della popolazione che ha ricevuto due dosi di vaccino ed il 32,8% che si è sottoposto al booster.

In Olanda le restrizioni sono ancora più dure: domenica scorsa infatti è scattato il lockdown, che durerà almeno fino al 14 gennaio. Come si legge sul sito del governo, si è deciso di optare per tale soluzione in quanto «la rapida diffusione della variante Omicron deve essere rallentata per garantire che i servizi sanitari rimangano a disposizione di tutti». Dunque, negozi non essenziali, musei, cinema, teatri, bar e ristoranti ed altri luoghi pubblici resteranno chiusi, così come «le istituzioni scolastiche e l’assistenza extrascolastica», che rimarranno chiuse almeno fino al 9 gennaio 2022. Eccezioni in tal senso sono previste solo per «la formazione pratica, gli esami e gli studenti vulnerabili». Non si può non sottolineare, tuttavia, come tali restrizioni facciano seguito ad una campagna vaccinale a cui ha aderito gran parte della popolazione: basterà ricordare che al momento l’85,8% dei cittadini over 18 ha completato il ciclo vaccinale base. Segnali negativi, nonostante tutto ciò, si erano però già cominciati ad intravedere il mese scorso, quando le terapie intensive erano tornate a riempirsi.

C’è poi la Danimarca, dove sebbene il 77,5% della popolazione si sia sottoposto alle prime due dosi ed il 34,9% abbia ricevuto il booster sono state imposte in questi giorni delle chiusure parziali. Come si legge sul sito delle autorità danesi, le discoteche sono infatti attualmente chiuse così come gran parte dei luoghi culturali, mentre ristoranti, bar e caffetterie devono restare chiusi dalle 23:00 alle 05:00. Gli alcolici, inoltre, non possono essere venduti tra le 22:00 e le 05:00. Si tratta di misure messe in campo per contrastare il vertiginoso aumento dei casi: nonostante molti cittadini – come detto – si siano vaccinati, in Danimarca si viaggia ad una media settimanale di oltre 9000 casi al giorno. Un vero e proprio record, dato che mai dall’inizio della pandemia nel Paese erano stati registrati numeri simili.

Anche il Portogallo ha scelto di introdurre nuove restrizioni: ieri il primo ministro Antonio Costa ha annunciato che saranno anticipate le restrizioni inizialmente «previste per il post Capodanno». Tra le misure imposte va sicuramente citata la chiusura di locali e bar – che dal 25 dicembre al 10 gennaio dovranno abbassare le serrande – nonché lo smart working, che sarà obbligatorio durante tale periodo. Tutto ciò nonostante in Portogallo quasi la totalità della popolazione sia stata vaccinata: l’87,9% dei cittadini infatti si è sottoposto al vaccino, ed inoltre la dose booster è stata somministrata al 22,6% della popolazione. Un annuncio simile è infine arrivato sempre ieri anche in Germania: il governo tedesco ha infatti comunicato che dal 28 dicembre «i grandi eventi dovranno svolgersi a porte chiuse» così come verranno chiusi «i club e le discoteche». Inoltre, con particolare riferimento alle feste di capodanno, il governo ha annunciato che «gli assembramenti privati ​​anche per vaccinati o guariti dal Covid saranno consentiti solo con un massimo di dieci persone».

[di Raffaele De Luca]

Ue: il Green Pass per i viaggi varrà 9 mesi

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Il Green Pass, per i viaggi all’interno dell’Unione europea, avrà una validità di 9 mesi: lo ha stabilito nella giornata di oggi la Commissione Europea. Sul sito della stessa, infatti, si legge che si è deciso di introdurre un periodo vincolante per l’accettazione del Green Pass «di 9 mesi (precisamente 270 giorni)». Tale decisione è stata presa per garantire che «le misure di viaggio continuino ad essere coordinate, come richiesto dal Consiglio europeo a seguito della sua ultima riunione del 16 dicembre 2021». In tal senso, infatti, viene specificato che «le nuove regole per i viaggi all’interno dell’UE armonizzano le diverse regole tra gli Stati membri».

Petrolio in mare, in California le compagnie fossili finiscono sotto inchiesta

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Amplify Energy Corp (AMPY.N), compagnia petrolifera texana “famosa” per un recente disastro ecologico (la fuoriuscita di petrolio nella Contea di Orange, avvenuta il 1 ottobre 2021), è ora sotto accusa. La Amplify Enrgy Corp – e le sue sussidiarie Beta Operating Co LLC e San Pedro Bay Pipeline Co – avrebbero scaricato illegalmente petrolio, ignorando più volte il sistema di allarme dell’oleodotto, come riportato da Reuters. In questo modo, lo scorrimento di petrolio sarebbe andato avanti “indisturbato”, visto che l’oleodotto è rimasto danneggiato per diverse ore. Tempo sufficiente per fare depositare petrolio greggio sulle spiagge della California meridionale e fare chiudere quasi immediatamente la State Beach ma anche la famosa Huntington Beach. Le successive indagini hanno mostrato il preoccupante diffondersi di una chiazza nera in un’area di 34 chilometri quadrati; non ci è voluto molto purché si parlasse di catastrofe ambientale, con la quasi immediata morte di pesci, uccelli impantanati nel petrolio e zone umide contaminate.

Come informa Reuters, è stata la Gran Jury, (una particolare giuria chiamata per determinare se si abbiano sufficienti prove per iniziare un processo) a muoversi per indagare sulla società, dalla giuria accusata di non essere intervenuta nel momento in cui otto allarmi (per un lasso di tempo di 13 ore e più) si sono attivati. Inoltre, l’oleodotto – dopo i primi cinque allarmi – sarebbe stato chiuso e riavviato tutte e cinque le volte.  Amplify, in sua difesa, ha invece precisato di avere effettivamente indagato sull’oleodotto. Il problema, a loro dire, sarebbe relativo a una “disattenzione” da parte dell’equipaggio, non cosciente del malfunzionamento del sistema di rilevamento delle perdite. In una nota viene specificato come il sistema di rilevamento stesse “segnalando erroneamente una potenziale perdita sulla piattaforma in cui nessuna perdita poteva essere rilevata dal personale della piattaforma e dove non si stava effettivamente verificando alcuna perdita”.

Rimane comunque un’indagine aperta e che interessa particolarmente il Dipartimento di Giustizia, vista la gravità del fatto: si stima che circa 25.000 galloni di petrolio greggio (quasi 95 mila litri) siano stati scaricati da un punto a circa 75 km a ovest di Huntington Beach, da una crepa nell’oleodotto di 40 cm, come sottolinea l’accusa. Tra l’altro, un rapporto dell’Associated Press ha già dimostrato la negligenza delle società sotto accusa, visto che a loro dire non è partita alcuna indagine per fin troppe ore. Il primo allarme di rottura del gasdotto è suonato alle 16:10 del 1 ottobre, ma la perdita è stata notata solo la mattina successiva, nonostante le segnalazioni dei cittadini a terra, i quali hanno allarmato i servizi di emergenza visto il palese odore di greggio, mentre una nave da carico ancorata  denunciava una strana lucentezza sull’acqua prima del tramonto.

[di Francesca Naima]

Trenitalia porta l’alta velocità all’estero ma abbandona il sud Italia

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Il 18 dicembre Trenitalia ha inaugurato il nuovo collegamento tra le stazioni di Milano Centrale e la Gare de Lyon di Parigi, percorribile in poco più di sei ore con i Frecciarossa. I prezzi contenuti lo rendono un servizio ottimale che permette di viaggiare in maniera più green e pratica rispetto all’aereo. Entro il prossimo anno, inoltre, verrà messo in funzione un collegamento, sempre di Trenitalia, tra Barcellona e Madrid. Tuttavia, mentre crescono gli investimenti sui servizi redditizi, in buona parte del Sud Italia un servizio ferroviario efficiente rimane ancora un sogno nel cassetto.

Da Milano Centrale al cuore di Parigi in una mattinata di viaggio, per meno di 30 euro. Le tempistiche si accorciano ulteriormente, partendo da Torino. Dal 18 dicembre è possibile grazie al nuovo servizio di Frecciarossa, l’Alta Velocità di Trenitalia, che per la prima volta si muove oltralpe per raggiungere una capitale europea. Questa costituisce un’alternativa ottimale al viaggio aereo, mezzo molto meno pratico, considerata la difficoltà di raggiungere gli aeroporti e le tempistiche di check-in, nonchè decisamente inquinante. Rendere lo spostamento su rotaia preferibile rispetto a quello aereo ha quindi dei vantaggi anche in termini di tutela ambientale. Trenitalia promette anche di aumentare il servizio per il 2022, passando da due a tre partenze al giorno, pur mantenendo i prezzi relativamente bassi. L’ad di Trenitalia Corradi, inoltre, prevede prima della fine del 2022 un nuovo collegamento che unirà Madrid e Barcellona.

Tuttavia, mentre le tratte più redditizie godono di grandi investimenti e promozione commerciale, una parte d’Italia resta ancora sfornita non solo dell’Alta Velocità, ma di collegamenti ferroviari veri e propri, che anche quando presenti sono spesso del tutto scadenti. In Sicilia, per esempio, i collegamenti ferroviari interni richiedono intere giornate di viaggio: per percorrere la distanza tra Catania e Trapani, all’incirca 300 chilometri, ci vogliono come minimo otto ore e tre treni diversi. Solamente di recente è stato inaugurato il collegamento tra Catania e Palermo tramite Frecciabianca, che consente in tre ore di percorrere il tragitto, perchè “i siciliani abbiano il diritto di sentirsi anche loro italiani”. Lo ha affermato Cancelleri, sottosegretario ai trasporti grillino. Era anche ora, verrebbe da dire. Per l’Alta Velocità, però, non se ne parlerà almeno fino al 2026. I collegamenti dalla Sicilia per il resto dell’Italia costituiscono una problematica ulteriore: per andare in treno da Catania e Roma, ad esempio, è necessaria un’intera giornata di viaggio (tra le 9 e le 11 ore).

In Salento i collegamenti ferroviari sono garantiti dalle Ferrovie del Sud Est, braccio delle Ferrovie dello Stato Italiane, ma il servizio deve essere supportato da vettori automobilistici a causa della scarsità ed inefficienza delle linee. Per recarsi da Gallipoli a Lecce, distanti appena 40 km l’una dall’altra, coloro che volessero utilizzare il treno impiegherebbero dalle due ore alle due ore e mezza. Per chi avesse bisogno di attraversare i 50 km di larghezza del tacco d’Italia e arrivare, supponiamo, da Gallipoli a Otranto, bisogna contare tempistiche tra le due e le tre ore, anche qui con un cambio minimo di tre treni.

Per quanto possa dar luogo a iniziative dai risvolti positivi, l’investimento nella mobilità in Italia sembra essere orientato in primo luogo al business. La mobilità come diritto dei cittadini è tutt’altra storia.

[di Valeria Casolaro]

Migranti, Oim: la scorsa settimana più di 160 vittime al largo della Libia

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Sono più di 160 i migranti che sono morti in due naufragi verificatisi la scorsa settimana al largo della Libia: a denunciarlo è stata Safa Msehli, la portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Quest’ultima, infatti, ha affermato che venerdì 102 persone sono morte dopo che la barca sulla quale si trovavano si è ribaltata mentre altre 62 persone sono annegate a causa di un naufragio avvenuto sabato. Sempre sabato, poi, un’altra barca con a bordo 210 migranti è stata intercettata e riportata in Libia, ha dichiarato la portavoce, la quale ha altresì aggiunto che le morti segnalate negli scorsi giorni portano il numero totale di persone annegate quest’anno nel mar Mediterraneo centrale a circa 1.500.

2021: L’annus horribilis della Giustizia italiana

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Sembrava così lontana l’era del berlusconismo, delle leggi ad personam, del conflitto d’interessi, dell’asse tra ‘destra collusa’ e ‘sinistra complice’ per l’automatico inciucio post-voto, delle collusioni tra poteri occulti e criminalità organizzata con gli alti apparati istituzionali del nostro Paese. Con la vittoria delle sedicenti forze ‘anti-establishment’ alle elezioni del 2018, qualche risultato si era effettivamente visto: il ridimensionamento di Forza Italia (partito fondato da un finanziatore di Cosa Nostra e frodatore fiscale, Silvio Berlusconi, e da un condannato per concorso ester...

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Myanmar: l’Italia aggira l’embargo fornendo velivoli alla giunta militare

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ATR-72 600

Italia e Francia forniscono velivoli ai militari golpisti del Myanmar. È quanto sostengono 4 organizzazioni della società civile italiana: Italia-Birmania insieme, Amnesty International, Rete italiana Pace e Disarmo e Atlante delle Guerre, secondo cui le due nazioni avrebbero fornito al Paese sotto assedio militare diversi apparecchi. Tra questi figurano un ATR-72 600, un Airbus Eurocopter, un Y-12, Yak-130 e K-8. Gli aerei in questione, gli ATR-72 600, sono prodotti in Francia da ATR, unendo le forze lavorative della francese Airbus e l’italiana Leonardo Corporation. Gli Eurocopter, invece, sono prodotti in Francia da Airbus (la cui sede ufficiale è nei Paesi Bassi).

Anche se al momento non è ancora ufficialmente dimostrato che i golpisti usino gli aerei per scopi militari (potrebbero, ad esempio, essere destinati al trasporto di passeggeri), “il solo fatto che tale fornitura sia nelle mani della giunta militare in Birmania è di per sé grave”, si legge sul Manifesto.

Come sono fatti questi velivoli? Prendiamo l’ATR-72 600 aereo che può ricoprire molte funzioni ed è in grado di trasportare fino a 78 persone. La sua velocità di 510 Km/h gli permette di essere usato per diversi tipi di business, con ogni condizione climatica o tipologia di terreno d’atterraggio (anche non asfaltato). Sembrerebbe perfetto per un’operazione militare.

Un documento militare birmano del 2018, tenuto segreto e reso noto poi da Justice for Myanmar, rivela l’esistenza di indicazioni su cosa possono fare le forze armate con gli aerei e come possono essere convertiti per trasportare truppe e container. Con foto esplicative annesse.

L’assedio militare nei confronti del Myanmar prosegue ormai da quasi un anno, e il bilancio delle vittime si aggira attorno alle 100 al mese, tutte nelle file dell’opposizione. Gli scontri sono numerosi e qualsiasi mezzo nelle mani dei golpisti potrebbe potenzialmente essere utilizzato contro la popolazione.

Per questo le associazioni sopra citate si sono dette preoccupate delle interazioni tra Italia e Francia e Myanmar e hanno chiesto spiegazioni al Ministero degli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale.

Myanmar embargo
Tweet dI Cecilia Brighi, Segretario Generale di Italia-Birmania.Insieme

Bisogna tenere presente che nei confronti del Myanmar è ancora attivo l’embargo del 1996, stabilito dall’UE, sul tema “armi e munizioni”. Oltre a queste, sono incluse nel “divieto” anche “parti di ricambio, riparazioni, manutenzione e il trasferimento di tecnologia militare”.

In aggiunta, dal 26 aprile 2018 è stato stabilito “il divieto di esportazione di beni a duplice uso per gli utenti finali militari e della Polizia di frontiera (e) restrizioni all’esportazione di apparecchiature per il monitoraggio delle comunicazioni che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna, l’addestramento militare e la cooperazione militare”.

L’intensificarsi di attacchi aerei nelle ultime settimane in alcune regioni del paese ha accresciuto i sospetti. Centinaia di civili continuano a morire e gli edifici crollano uno dopo l’altro. Il risultato è drammatico: 300.000 sfollati cercano dimora fuori dal Paese, e molti altri ancora, che non hanno la possibilità di andarsene, rimangono senza un posto in cui stare.

[di Gloria Ferrari]

Ambiente, l’UE rafforza misure contro crimini ambientali

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La Commissione Europea ha adottato questa settimana una proposta di revisione della Direttiva sulla repressione dei crimini ambientali (ECD), rafforzandone le misure. Lo riporta il WWF, che spiega come i risultati della Direttiva ottenuti nel 2020 non fossero soddisfacenti e come vi fossero ampi margini di miglioramento. In particolare, con quest’ultima revisione, viene prevista la reclusione di almeno 10 anni per i crimini ambientali di maggiore gravità. Il WWF ha partecipato alla consultazione con il progetto transnazionale SWiPE (Successful Wildlife Crime Prosecution in Europe), finanziato dall’UE, il quale richiedeva, tra le altre cose, il riconoscimento dei crimini contro la fauna selvatica e le foreste come reati gravi, per arrivare a identificare il problema come prioritario.

In Italia sta finalmente diminuendo la presenza di pesticidi nei cibi

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Secondo l’ultimo dossier Stop Pesticidi realizzato da Legambiente, lo scorso anno c’è stato un piccolo calo dei residui di pesticidi negli alimenti. Il resoconto riporta i dati elaborati nel 2020 dai laboratori pubblici italiani, per quanto concerne il controllo ufficiale dei residui di prodotti fitosanitari. Tali strutture hanno inviato i risultati di 2.519 campioni di alimenti di origine vegetale, includendo i prodotti derivati da apicoltura – anche se non appartenenti propriamente alla categoria – di provenienza italiana ed estera. L’elaborazione dei dati riporta una percentuale bassa di campioni irregolari, ovvero con principi attivi oltre le soglie consentite, pari all’1.39% di quelli totali. Difatti, il 63% dei campioni analizzati è regolare e privo di sostanze nocive, mentre il restante 35% contiene uno o più residui, seppur nei limiti di legge.

Secondo quanto riportato dal dossier, la frutta si piazza al primo posto per la percentuale maggiore di campioni regolari con uno o più residui di pesticidi. Sono stati individuati un campione di pere con 12 residui, uno di ciliegie con 10 residui e uno di prugne con 9 residui. Quest’ultimo, però, è stato indicato come irregolare, per via del superamento dei limiti imposti e la presenza di sostanze non autorizzate. Nella categoria “frutta”, gli alimenti che presentano la maggior presenza di fitofarmaci, sono l’uva da tavola con il 85,71%, le pere con l’82,14%, le fragole con il 71,79% e le pesche con il 67,39%. Per quanto riguarda la verdura, è stata osservata una quantità maggiore di alimenti regolari senza residui (73,81%). In questo caso, solo poche tipologie presentano un’alta presenza di pesticidi, come i pomodori (60,20%) e i peperoni (48,15%). Infine, tra gli alimenti trasformati, il vino e il miele sono quelli a presentare una maggiore percentuale di residui permessi, contando rispettivamente circa il 39,90% e il 20%.

Quando si fa riferimento ai pesticidi, si parla principalmente di fungicidi e insetticidi, sostanze altamente nocive per l’uomo, ma anche per altri organismi importantissimi per i nostri ecosistemi. Nell’indagine, per esempio, ha destato preoccupazione la presenza dell’insetticida thiacloprid in campioni di mele, lamponi, melograno, mirtilli, pere, pesche, tè verde e miele, e dell’insetticida imidacloprid in campioni di peperoni e tè verde. Si tratta di due sostanze attive particolarmente nocive per le api, il cui impiego non è più consentito dai Reg. CE 2020/23 (thiacloprid) e Reg. CE 2020/1643 (imidacloprid), la cui data di entrata in vigore, tuttavia, potrebbe aver permesso l’accettabilità dei campioni.

Nel quadro generale di Legambiente, viene fatto riferimento anche a un positivo avanzamento della ricerca – con l’utilizzo di tecnologie innovative -, e al successo del biologico. Sono ben 23 milioni le famiglie che hanno acquistato bio almeno una volta nell’ultimo anno, e non si tratta soltanto di persone che si impegnano a condurre uno stile di vita salutista. Ad esempio, si sta riscontrando un cambiamento nella percezione del biologico tra i giovani, i cosiddetti millennial, i quali ricercano – in un rapporto maggiore del 50%-, prodotti provenienti da questa categoria. Infine, ulteriore dato positivo riguarda la credibilità che sta acquisendo sempre più il “bio italiano” sui mercati nazionali ed internazionali.

Alla luce di ciò è fondamentale continuare ad adoperarsi per raggiungere obiettivi sempre più importanti, come prefissato da Farm to Fork – piano decennale messo a punto dalla Commissione europea per attivare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente –  e dalla strategia Europea per la Biodiversità, avviata dal Ministero della Transizione Ecologica. Queste, entro il 2030 prevedono: riduzione del 50% dei pesticidi e del 20% dei fertilizzanti, riduzione del 50% degli antibiotici, raggiungimento del 10% delle aree agricole destinate ai corridoi ecologici e del 25% di superficie coltivata a biologico in Europa.  

[di Eugenia Greco]

Etiopia, truppe ribelli annunciano ritiro da regioni vicino Tigray

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Le forze ribelli del TPLF (Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray) hanno annunciato il ritiro dalle regioni di Amhara e Afar, confinanti con quella del Tigray. In una lettera alle Nazioni Unite, il capo del TPLF ha scritto che la mossa costituisce “un’apertura decisiva per la pace”, oltre a chiedere una no-fly zone per gli aerei ostili sul Tigray, embarghi sulle armi ad Etiopia ed Eritrea (sua alleata) e aiuto per verificare che le forze armate etiopi si fossero effettivamente ritirate dalla regione. Il TPLF spera che in questo modo la comunità internazionale possa garantire gli aiuti umanitari, dopo il blocco imposto al loro ingresso dal governo etiope, secondo le accuse delle Nazioni Unite.