mercoledì 5 Novembre 2025
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Cosa accade in Ucraina: la situazione ricostruita con i video dal territorio

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Nei conflitti è sempre molto difficile capire cosa stia accadendo. L’informazione è un’arma e le parti in causa cercano di orientarla e manipolarla per i propri fini. Nulla di nuovo. Per quanto possibile abbiamo cercato di ricostruire la cronaca della giornata e di restituire quanto sta accadendo in Ucraina setacciando e verificando una serie di video diffusi nello sterminato spazio della web, al fine di ricostruire quanto sta avvenendo nei punti docali del conflitto e restituire, per quanto possibile, la vita che si sta conducendo a Kiev e dintorni.

Nelle prime ore del mattino hanno iniziato a suonare le sirene nella capitale Kiev. La Russia, ha deciso di lanciare un’operazione militare su tutto il territorio dell’Ucraina. Le truppe di Mosca sono entrate in Ucraina sia dal Donbass, che dalla Bielorussia. Diversi sarebbero gli obiettivi militari ucraini colpiti durante le prime fasi dell’offensiva. Come confermato dal Ministero della Difesa che alle 14:29, stando a quanto riportato da Sputnik, ne indicava 74. Sempre dal ministero hanno aggiunto come l’offensiva fosse esclusivamente concentrata su obiettivi militari evitando le città e gli obiettivi civili, per evitare vittime.

A Kakhovka nell’Ucraina del sud, i militari russi hanno preso possesso della centrale idroelettrica situata sulle rive del Dnepr. Obiettivo strategico data la vicinanza (circa 70 km) con la Crimea.

Anche Odessa, il più importante porto dell’Ucraina è stato colpito, imponenti colonne di fumo nero si vedono alzarsi sulla città ucraina. Oltre al porto, pare sia stata colpita anche una base militare, fonti non confermate indicano in 18 il bilancio momentaneo dei morti. Non è ancora certo se il porto sia già da considerarsi sotto il pieno controllo russo.

Attacco aereo nella cittadina di Myrhorod, Ucraina centrale. Colonne di fumo si alzano sopra la città dopo il bombardamento.

Anche l’aeroporto della città di Ivano-Frankivsk è stato colpito. Data la vicinanza con la Transnistria, regione della Moldavia, le truppe russe potrebbero essere partite proprio da qui per colpire questo obiettivo. In ogni caso la Slovacchia avrebbe mobilitato il proprio esercito, dato che anche obiettivi dell’Ucraina occidentale sono stati colpiti.

I combattimenti hanno interessato anche l’aeroporto di Hostomel, a 35 chilometri dalla capitale, in un assalto che potrebbe fare pensare ad un’offensiva contro il governo centrale di Kiev. Diverse fonti inoltre sostengono che la contraerea ucraina abbia abbattuto tre elicotteri russi.

Uno degli elicotteri russi abbattuti a Hostomel.

Continuano a suonare le sirene d’emergenza nella capitale ucraina.

Mezzi blindati ucraini presidiano le strade della capitale, presagio che gli scontri potrebbero interessare anche la città e i suoi quasi 3 milioni di abitanti. Nella città, come in tutta l’Ucraina, il governo ha mobilitato i riservisti ed è stato dichiarato il coprifuoco notturno.

Che la situazione sia critica lo dimostrano anche le lunghe code di automobili che dalle prime ore del mattino stanno tentando di lasciare la capitale. Un grande flusso di ucraini è diretto verso la frontiera con la Polonia.

Salgono le preoccupazioni anche da parte degli stranieri ancora presenti a Kiev, come possiamo vedere dalle immagini di cittadini indiani che si sono rivolti alla loro ambasciata.

Un condominio colpito nell’ucraina dell’est a Chuhuiv, cittadina poco distante da Kharkiv.

Intanto a Kharkiv cittadini ucraini sono in fila per donare il sangue. Il premier ucraino Volodymyr Zelenskyj ha invitato la popolazione a resistere all’offensiva russa, chiedendo inoltre ai cittadini in grado di combattere di rivolgersi alle autorità.

La metropolitana di Kharkiv, utilizzata come rifugio ai bombardamenti russi dalla popolazione. Tutte le stazioni della metropolitana dell’Ucraina sono state aperte alla popolazione a questo scopo.

[di Enrico Phelipon e Walter Ferri]

Cremlino: Putin è pronto a colloqui con Kiev su status neutrale Ucraina

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Il Presidente russo, Vladimir Putin, sarebbe pronto a negoziare un accordo con la leadership ucraina sullo status neutrale del Paese e sulla sua demilitarizzazione: lo si apprende dall’agenzia di stampa russa Interfax, secondo cui a renderlo noto sarebbe stato l’addetto stampa di Putin, Dmitry Peskov. Alla domanda chiarificatrice, ovverosia se la Russia fosse pronta ora a discutere con l’Ucraina di ciò, Peskov avrebbe risposto: «Se la leadership ucraina è pronta a parlarne».

La strategia ambientale di ENI esiste solo negli spot pubblicitari

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L’osannata strategia adottata da ENI per allinearsi alla sperata sostenibilità ambientale entro il 2050 è fallimentare e l’azienda italiana, già principale emettitore italiano di gas serra, continua a investire senza sosta sul gas e sul petrolio. A dimostrarlo è il nuovo rapporto di Reclaim Finance, che condanna ENI e le altre major europee del settore. Un “grande fallimento” (major failure) perché le enormi aziende, per adattarsi concretamente agli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima e rispettare lo scenario Net Zero del 2021 World Energy Outlook, dovrebbero puntare alla riduzione drastica della produzione di petrolio e di gas fossile. Nel caso specifico dell’azienda italiana, tra l’altro quinta in Europa e diciannovesima a livello mondiale nel suo settore, la riduzione dovrebbe essere almeno del 51% entro il 2030 (secondo i modelli di Carbon Tracker). Però, anche se ENI dovesse rispettare completamente il proprio piano di riduzione tanto pubblicizzato, questo non basterebbe, anzi. Nel 2030 la produzione di combustibili fossili dell’azienda sarà ancora imponente e di quindici volte superiore all’energia ottenibile da fonti rinnovabili.

Per un vero percorso di decarbonizzazione è necessario diminuire le emissioni fin da subito e non aumentarle come fanno cinque delle sei major analizzate da Reclaim Finance, ENI compresa. Paradossalmente, la crescita è riscontrabile fin dagli Accordi di Parigi sul clima e continuerà indisturbata fino al 2024. Ed ecco come il cane a sei zampe, nonostante dica di impegnarsi a ridurre le emissioni dirette e indirette del settore esplorazione e produzione del 50% entro il 2024 e la sua intensità media di carbonio dei prodotti energetici venduti del 15% entro il 2030, sia ora in procinto di sviluppare nuovi giacimenti di petrolio e gas fossile. In pratica, nel breve termine, le emissioni dell’azienda stanno crescendo e non diminuendo. La promessa di una diminuzione rimane una fantasia per il futuro, mentre il presente continua ad essere danneggiato e l’impegno in obiettivi tanto lontani di neutralità del carbonio non mantiene il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C, come stabilito durante gli Accordi di Parigi.

Con i dati di Rystad si calcola che i nuovi investimenti di ENI porteranno all’aumento della produzione del 3,5% da oggi al 2024. Seguendo gli stessi piani dell’azienda italiana, la propria produzione upstream (ovvero l’insieme dei processi da cui ha origine l’attività di produzione dei combustibili) sarà in netto aumento fino al 2025 prima di potersi stabilizzare, dunque entro il 2030 la produzione crescerà ancora del 6%. Le stime di Reclaim Finance, Greenpeace Italia e ReCommon sulla base dei dati forniti dalla stessa società, parlano chiaro: nel 2050 la multinazionale avrà emesso almeno il 45,8% in più del budget assoluto di emissioni climalteranti, percorrendo una strada ben lontana dal fatidico limite imposto dagli Accordi di Parigi.

E i problemi non finiscono qui. C’è anche da considerare quanto la strategia di riduzione delle emissioni dell’azienda italiana si basi su una tecnologia alquanto costosa e che finora ha registrato più fallimenti che successi. Eppure, ENI continua a far credere che il suo sia un impegno reale e concreto, tanto da indurre a credere che alla base della filosofia aziendale ci sia una sincera attenzione per l’ambiente. Lo fa attraverso pubblicità e sponsorizzazioni che alla prova dei fatti si rivelano incongruenti, visto come l’80% del suo portfolio si basi sui combustibili fossili, ma solo l’8% degli annunci parla di combustibili. La volontà di ENI di raggiungere il Net Zero, le parole spese a più riprese per trasformarsi in una “compagnia energetica a emissioni nette zero” entro il 2050 e poi la scoperta di come stiano realmente le cose, fa pensare più a un ecologismo solo di facciata. Greenwashing come nelle proprie pubblicità.

[di Francesca Naima]

Recensioni indipendenti: Involuntary (film)

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Secondo lungometraggio del talentuoso regista svedese Ruben Östlund, (Palma d’Oro a Cannes nel 2017 con The Square) Involuntary è stato presentato con successo nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes nel 2008 e premiato come miglior film al Festival del Cinema Europeo di Bruxelles. Uno sguardo fresco e realista sulla società svedese, sulle lezioni da imparare e da insegnare, proponendo un ritratto provocatorio e innovativo su comportamenti comuni a tutti. Il film racconta, con un intreccio apparentemente casuale, cinque storie parallele, valide in qualsiasi luogo e contesto, diverse ma legate da un tema principale, lo sguardo amaramente tragicomico sulla quotidianità e sulle dinamiche che l’influenza del gruppo ha sull’individuo, mettendo a fuoco sia le condizioni sociali che i limiti da non oltrepassare, evidenziando momenti di tensione in cui la cultura svedese si scompone e tradisce l’idea ultracivile che ha di se stessa.

In un’elegante villa un uomo sta festeggiando con un gruppo di amici il compleanno della moglie. A fine serata ci sono i fuochi d’artificio, ma un incauto comportamento dell’uomo che viene colpito dall’esplosione di un petardo, potrebbe rovinare la festa. Per l’imbarazzo e per paura del giudizio degli amici, si rifiuta di farsi visitare da un medico. Un trentenne, con un gruppo di vecchi amici trascorre un weekend in campagna dove, a causa dell’eccessivo uso di alcol, viene umiliato, fatto oggetto anche di approcci sessuali e ne resterà traumatizzato. Due ragazze adolescenti completamente sedotte da internet, nell’inconsapevolezza di un’età acerba, decidono di ubriacarsi ed emularne i personaggi più trasgressivi, ma fuori ciò che incontreranno nella realtà sarà ben diverso e molto pericoloso. A scuola un’insegnante accusa alcuni suoi colleghi di avere comportamenti sbagliati verso certi studenti che vengono maltrattati e talvolta picchiati per la loro mancanza di disciplina senza che sia presa in considerazione la benché minima attenuante da ricercarsi spesso in un profondo disagio familiare e sociale. Anziché riuscire a cambiare la situazione, rischia lei stessa di essere emarginata dai colleghi. Infine, una donna durante un viaggio su un autobus crea una situazione che lei stessa avrebbe dovuto spiegare con grande semplicità e che non comportava alcuna conseguenza, lascia invece che un altro se ne assuma la responsabilità e non fa niente perché ciò non accada.

Ruben Östlund dirige questo film di 98 minuti visibile sulle piattaforme streaming MUBI e Prime Video, con una maestria e un controllo notevoli, dosando ogni storia senza lasciare nulla al caso e riuscendo benissimo ad immergere lo spettatore dentro i fatti narrati usando una tecnica quasi documentaristica come in un esperimento visivo, restituendoci la consapevolezza di un quadro sociale, culturale ed antropologico dell’individuo e il suo insieme, accentuandolo con lunghi piani sequenza, ampie profondità di campo e inquadrature fisse su luoghi, dettagli e attori, per la maggior parte non professionisti resi ancora più veri e convincenti dalla  loro interpretazione basata sulla riuscitissima improvvisazione.

Un film davvero ben riuscito che ci mette di fronte ad una realtà nella quale tutti possiamo riconoscerci e dove la personalità dell’individuo può mutare  in modo involontario e inconsapevole, ci fa riflettere su quanto le dinamiche collettive finiscano per modificare e talvolta annullare scelte e valori personali facendoci perdere anche il criterio di valutazione delle conseguenze.

[di Federico Mels Colloredo]

 

Ucraina: combattimenti a 35 km da capitale

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Il consigliere presidenziale ucraino Mykhaylo Podolyak, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Bloomberg, avrebbe detto che sono in corso pesanti combattimenti all’aeroporto di Hostomel, a circa 35 km a nord-ovest dalla capitale, Kiev. Podolyak avrebbe altresì aggiunto che l’attacco russo all’aeroporto potrebbe mirare a portare truppe aviotrasportate e un assalto all’amministrazione governativa, ed avrebbe invitato i giornalisti a lasciare l’edificio al centro di Kiev. Intanto Mosca annuncia la distruzione di 74 obiettivi, di cui 11 basi militari aeree.

Covid: Draghi annuncia la fine dello stato di emergenza, ma solo per finta

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In data 23 febbraio il premier italiano Mario Draghi ha annunciato l’intenzione del Governo di non voler prorogare lo stato di emergenza oltre il 31 marzo. Draghi stesso ha infatti riconosciuto come il numero dei contagi sia in discesa, fattore che può portare alla rimozione delle restrizioni imposte ai cittadini in ragione dell’emergenza sanitaria. Di fatto, tuttavia, la dichiarazione del premier non si traduce in atti concreti in modo sostanziale: alla fine dello stato di emergenza non corrisponde infatti l’abolizione delle restrizioni imposte ai cittadini proprio in ragione dell’emergenza, tra le quali l’obbligo vaccinale per  determinate categorie di lavoratori over 50, che rimarrebbe in vigore addirittura fino al 15 giugno.

«Voglio annunciare che è intenzione del Governo non prorogare lo stato d’emergenza oltre il 31 marzo»: sono queste le parole con le quali il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha annunciato, mercoledì 23 febbraio, il termine dello stato di emergenza, a ben due anni dalla sua introduzione dovuta allo scoppio della pandemia da Covid-19. Il premier ha dichiarato che a questa decisione seguirà la graduale rimozione delle restrizioni quali l’obbligo di certificazione sanitaria per accedere a determinati eventi (per lo più di intrattenimento  e sportivi), l’obbligo di mascherine FFP2 nelle classi e l’obbligo di quarantena da contatto. «Il nostro obiettivo è quello di riaprire tutto e al più presto» ha dichiarato il premier.

Tuttavia è evidente come le dichiarazioni fatte siano percorse da una contraddizione lapalissiana, che di fatto sancisce la mancanza di una reale intenzione del Governo di allentare più di tanto le restrizioni. Di fatto, qualsiasi misura eccezionale di riduzione della libertà dei cittadini presa in questi due anni è stata giustificata dal persistere di uno stato di emergenza sanitaria, che permette l’introduzione di norme per l’appunto “eccezionali”. Con il suo decadere, la libertà individuale dovrebbe essere pienamente restaurata e le misure eccezionali perdere di legittimità. Tra queste, dovrebbero rientrare a pieno titolo provvedimenti quali l’obbligo di vaccinazione per i lavoratori over 50 (pena canzoni e sospensione dal luogo di lavoro senza stipendio) e l’uso diffuso del green pass.

Pochi giorni fa, tuttavia, il Governo ha bocciato un emendamento che proponeva l’abolizione del green pass contestualmente alla fine dell’emergenza, stabilita per il 31 marzo. La mossa, seppur non andata a buon fine, ha portato alla luce le profonde crepe presenti nella maggioranza di Governo rispetto a tale tematica, mostrando come il fronte politico a favore del green pass sia tutt’altro che unito.

L’Italia è rimasta la sola in Europa ad essere ferma su posizioni che impongono stringenti misure di limitazione della libertà personale: quasi tutti i Paesi europei hanno infatti annunciato l’eliminazione della quasi totalità delle restrizioni contestualmente alla fine dell’emergenza o ne hanno allenato la severità. La prudenza del Governo italiano si colloca quindi in una posizione isolata di eccezionalità, al punto che la stampa internazionale ha iniziato a definirne le politiche come “inutile tirannia”.

[di Valeria Casolaro]

Ucraina, Stoltenberg: attivato il piano di difesa della Nato

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«Dopo l’invasione della Russia di un Paese non alleato abbiamo attivato oggi il piano di difesa della Nato, che conferisce maggior autorità ai comandanti in campo. Noi siamo pronti, ma la nostra è una alleanza preventiva, non vogliamo un conflitto». È quanto affermato nella giornata di oggi, in una dichiarazione alla stampa, dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, il quale ha altresì aggiunto: «Nei prossimi giorni invieremo ulteriori forze sul fianco Est dove già sono state inviate migliaia di truppe».

Perché la Russia ha attaccato: la traduzione integrale del discorso di Putin

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Nella notte italiana è cominciata l’invasione russa in Ucraina. Riportiamo oggi integralmente, per completezza d’informazione, il discorso di Vladimir Putin che ha di fatto dato inizio alle operazioni militari. 28 minuti di argomentazioni, giustificazioni e attacchi che rappresentano la posizione del governo russo su quanto sta accadendo. Pochi media, o forse nessuno, riporterà integralmente l’intervento di Putin, noi riteniamo invece importante farlo per mostrare le ragioni di tutte le parti in causa, per tutelare l’informazione obiettiva e indipendente. Di seguito la traduzione integrale del discorso con il quale il presidente russo Valdimir Putin ha annunciato ai cittadini russi l’inizio delle operazioni militari in Ucraina. Il discorso è stato trasmesso dalla televisione russa quando in Italia erano le 03:50 di questa mattina, 24 febbraio 2022.

«Cari cittadini russi. Cari amici.
Oggi ancora una volta ritengo necessario tornare sui tragici eventi tragici che stanno accadendo in Donbass e sulle questioni chiave per garantire la sicurezza russa. Inizierò con ciò che ho detto nel mio discorso del 21 febbraio, partendo da quello che ci fa quindi sprofondare in uno stato di preoccupazione e ansia: le minacce nei nostri confronti che di anno in anno, passo dopo passo, sgarbatamente e senza tante cerimonie, sono state avanzate da politici irresponsabili in occidente. Intendo l’estensione del blocco NATO a est, cosa che permette all’Alleanza di avvicinare le sue forze ai nostri confini. Negli ultimi trent’anni siamo stati pazienti e abbiamo cercato di negoziare con i leader dei paesi della NATO sui principi di uguaglianza e sicurezza in Europa. In risposta alle nostre proposte, abbiamo ricevuto soltanto inganni e menzogne, a cui si aggiungono i tentativi  di pressioni e ricatti. L’alleanza nordatlantica, nonostante tutte le nostre proteste e preoccupazioni, ha continuato la propria espansione, facendo avanzare la loro macchina da guerra verso i nostri confini. Perché sta succedendo tutto questo? Da dove viene questo modo sfacciato di parlare di posizioni di esclusività, infallibilità e permissività, trattando i nostri interessi e richieste legittime con un atteggiamento incurante e sprezzante. La risposta è chiara e ha un’origine storica, risalente a quando l’Unione Sovietica alla fine degli anni Ottanta si è indebolita per poi dissolversi, perdendo la sua potenza. A noi però quegli eventi ci servono oggi da lezione, mostrandoci come la mancanza di forza di volontà sia il primo passo verso il degrado e l’oblio.

Le forze nel mondo si sono rivelate divise e questo ha portato a una conclusione: i precedenti trattati, gli accordi, la persuasione non funzionano più. Chiedere non risolve nulla. Tutto ciò che non si addice all’egemone, al potere, viene dichiarato arcaico, obsoleto, non necessario. E viceversa: tutto ciò che sembra loro vantaggioso è presentato come la verità ultima, spinta a tutti i costi, rozzamente, con tutti i mezzi. I dissidenti vengono ridotti in ginocchio. Dopo il crollo dell’URSS gli Stati Uniti si proclamarono, insieme agli alleati, come i vincitori della Guerra Fredda e avvenne la redistribuzione dei territori nel mondo. Questa però avrebbe dovuto tener conto degli interessi di tutti i Paesi coinvolti, e invece no. Uno spirito di euforia e di assoluta supremazia prevalse e le cose si svilupparono in modo diverso. Senza alcuna sanzione da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU, hanno condotto una sanguinosa operazione militare contro Belgrado, dove per diverse settimane continui bombardamenti devastarono la città. Devo ricordare questi eventi ad alcuni colleghi occidentali a cui non piace farlo. Poi è stata la volta dell’Iraq, Libia, Siria: tutte accomunate dal fatto di essere state invase con forze militari non legittime. Nel caso della Libia, le decisioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU hanno portato alla distruzione dello Stato, alla nascita di un enorme focolaio di terrorismo internazionale e di una catastrofe umanitaria. Una tragedia che ha condannato centinaia di migliaia di persone, non solo in Libia ma in tutta la regione, dando origine a massicci esodi verso l’Europa. Un destino simile è stato preparato per la Siria, dove diverse operazioni militari della coalizione occidentale si sono susseguite sul territorio, senza il consenso del Governo. Un posto speciale in questa serie di eventi è riservato all’Iraq e alla sua invasione senza alcune base giuridica, inscenata su quella che si rivelò poi una menzogna: la presenza di armi di distruzione di massa nel Paese. Un enorme bluff da parte degli Stati Uniti. I risultati dei loro interventi non solo hanno portato a numerose vittime, ma anche a una pesante ondata di terrorismo. L’impressione generale nei Paesi in cui vengono a imporre il loro ordine è quasi ovunque la medesima: sangue, ferite non cicatrizzate, terrorismo ed estremismo è tutto ciò che portano con sé.

Tornando alla Russia, ripeto che con le loro parole siamo stati ingannati. Il loro comportamento non è solo contrario ai principi delle relazioni internazionali ma anche, e soprattutto, agli standard generalmente accettati di moralità, giustizia e verità. Il tutto si è rivelato soltanto un mucchio di bugie e ipocrisia. A proposito, diversi politici, scienziati e giornalisti americani scrivono e parlano di cosa si nasconda realmente negli Stati Uniti: un impero delle bugie. Come non essere d’accordo? Loro restano tuttavia il grande Paese rappresentante la spina dorsale degli Stati satellite, che docilmente e in modo sottomesso li supportano in qualsiasi momento e occasione, anche copiando i loro comportamenti e accettando le regole imposte. Sono sicuro che si possa dire che tutto il cosiddetto blocco occidentale si sia plasmato sul modello degli Stati Uniti, assumendo sembianze imperiali. Dopo il crollo dell’URSS anche noi ci siamo aperti nei loro confronti, lavorando onestamente sia con gli Stati Uniti sia con i partner occidentali, anche a condizione di un disarmo unilaterale con cui di fatto hanno cercato di finirci e distruggerci completamente, finanziando perfino i mercenari separatisti nel sud della Russia. Noi abbiamo resistito e abbiamo spezzato la spina dorsale del terrorismo internazionale nel Caucaso. Ma loro (occidentali) continuano a minacciare i nostri valori per imporci i propri, tentando di corrompere la nostra gente. Questo non accadrà mai. Nonostante tutto, nel dicembre 2021, abbiamo comunque tentato ancora una volta di trovare un accordo con gli Stati Uniti e i suoi alleati sul principio di sicurezza in Europa e sulla non espansione della NATO. Tutto è stato vano, la posizione degli Stati Uniti non è cambiata. Non ritengono necessario negoziare con la Russia e perseguono i propri obiettivi, trascurando i nostri.

Naturalmente ci siamo chiesti: “Cosa fare?”, “Cosa aspettarsi?”. Dalla storia è arrivata una lezione. Era il 1941 e l’URSS cercava di prevenire o almeno ritardare l’inizio della guerra, non provocando il potenziale aggressore. Non servì a nulla e il 22 giugno la Germania nazista, senza dichiarare guerra, ci invase. Allora riuscimmo a fermare l’avanzata del nemico, schiacciandolo, a un costo umano però elevatissimo. Dunque il tentativo di placare gli aggressori alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale si è rivelato un errore che è costato caro alle nostre persone. Non faremo lo stesso errore una seconda volta. Coloro che rivendicano il dominio del mondo, pubblicamente e impunemente, dichiarano noi, la Russia, il loro nemico. Oggi hanno grandi capacità finanziarie, scientifiche, tecnologiche e militari. Ne siamo consapevoli e valutiamo oggettivamente le minacce che ci vengono costantemente rivolte in ambito economico, nonché la nostra capacità di resistere a questo ricatto sfacciato e permanente. Ripeto, li valutiamo senza illusioni, in modo estremamente realistico. Per quanto riguarda la sfera militare, la Russia moderna anche dopo il crollo dell’URSS resta una potenza mondiale, con un proprio arsenale nucleare e altro ancora (nuovi tipi di armi). Nessuno dovrebbe dubitare del fatto che un attacco diretto al nostro Paese si tradurrebbe in distruzione dell’aggressore. Ci sarebbero terribili conseguenze per chiunque.

Allo stesso tempo lo sviluppo militare adiacente ai nostri confini rappresenta una minaccia per la Russia in costante crescita: se lo permettessimo, la situazione rimarrebbe tale per i decenni a venire o forse per sempre. Mentre la NATO si espande a est la situazione per il nostro Paese peggiora sempre di più, diventando pericolosa. Non possiamo più permettercelo: un’ulteriore espansione delle infrastrutture dell’Alleanza, compreso lo sviluppo militare nel territorio dell’Ucraina, è inaccettabile per noi. Questa presenza a est sta nutrendo nei territori storicamente affini alla Russia un sentimento di ostilità verso la nostra Patria. Si tratta di territori posti sotto il pieno controllo esterno fortemente plasmato dalle forze della NATO. Questa situazione porta la Russia di fronte un bivio: vita o morte? Da questa decisione dipende il nostro futuro, come Stato e come persone. Questa non è un’esagerazione ma la realtà: c’è una vera minaccia alla nostra porta, e rappresenta un pericolo per i nostri interessi e per l’esistenza stessa del nostro Paese. C’è in gioco la sovranità della Russia. La linea rossa, citata diverse volta, è stata superata. Loro l’hanno superata.

Anche i tentativi, durati 8 anni, di risolvere la questione in Donbass sono stati vani. È stato dunque necessario fermare immediatamente l’incubo di questo genocidio contro i milioni di abitanti che fanno affidamento esclusivamente sulla Russia. Soltanto su di noi. Il loro dolore è stata dunque la nostra motivazione principale per riconoscere le Repubbliche popolari del Donbass. In Ucraina, i nazisti del regime di Kiev non perdonano e non lo faranno mai l’annessione della Crimea, una riunificazione dettata dalla libera scelta degli abitanti. Quindi si riverseranno sicuramente nella penisola, come avvenuto in Donbass, per uccidere persone indifese e innocenti, così come fecero anni fa le bande nazionaliste ucraine, complici del massacro di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale. Loro rivendicano un certo numero di territori russi e le informazioni in nostro possesso lo dimostrano. Allora lo scontro con la Russia è inevitabilmente solo questione di tempo. Loro si stanno preparando e aspettano il momento giusto per attaccare. Non lasceremo che accada come nel 1941.

La Russia, dopo il crollo dell’URSS, ha rispettato i trattati internazionali e le nuove realtà geopolitiche, mostrando vicinanza e supporto quando la loro sovranità è stata minacciata, come nel recente caso del Kazakistan. Oggi però non possiamo stare tranquilli con la minaccia proveniente dal territorio della moderna Ucraina. Non abbiamo altro modo per proteggerci da quello che useremo oggi. La circostanza ci impone un’azione immediata. Le Repubbliche popolari del Donbass si sono rivolte alla Russia con una richiesta di assistenza. A questo proposito, ai sensi dell’articolo 51 della parte 7 della Carta delle Nazioni Unite, con l’approvazione del Consiglio della Federazione russa e in applicazione dei trattati di amicizia e assistenza reciproca ratificati dall’Assemblea federale il 22 febbraio di quest’anno con la Repubblica popolare di Donetsk e Repubblica popolare di Luhansk, ho deciso di condurre un’operazione militare speciale. L’obiettivo è proteggere le persone che per otto anni hanno subito abusi e genocidi da parte del regime di Kiev. Per questo ci adopereremo per la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina, nonché per assicurare alla giustizia coloro che hanno commesso numerosi crimini sanguinosi contro i civili, compresi i cittadini della Federazione Russa. Voglio ribadire che i nostri piani non includono l’occupazione dei territori ucraini. Non imporremo nulla a nessuno con la forza.

Negli ultimi tempi in Occidente si afferma sempre più l’idea secondo cui i documenti firmati dal regime sovietico, che consolidano i risultati della seconda guerra mondiale, non dovrebbero più essere eseguiti. Ebbene, i risultati della Seconda Guerra Mondiale, così come i sacrifici fatti dal nostro popolo sull’altare della vittoria sul nazismo, sono sacri. Ma questo non contraddice gli alti valori dei diritti umani e delle libertà, radicati nelle realtà che si sono sviluppate in tutti i decenni del dopoguerra. Inoltre, non annulla il diritto delle nazioni all’autodeterminazione, sancito dall’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite. Va ricordato poi che né durante la creazione dell’URSS, né dopo la seconda guerra mondiale, alle persone sia stato mai imposta l’organizzazione della propria vita. La nostra politica si basa sulla libertà, la libertà di scelta per ciascuno di determinare autonomamente il proprio futuro e il futuro dei propri figli. E riteniamo importante che questo diritto, il diritto di scelta, possa essere utilizzato da tutti i popoli che vivono sul territorio dell’odierna Ucraina, da chiunque lo desideri.

A questo proposito, mi rivolgo ai cittadini ucraini. Nel 2014, la Russia è stata obbligata a proteggere gli abitanti della Crimea e di Sebastopoli da coloro che possono essere definiti nazisti. Lì i residenti hanno scelto di stare con la loro patria storica, con la Russia, e noi lo abbiamo sostenuto. Ripeto, semplicemente non avremmo potuto fare altrimenti. Gli eventi di oggi non sono collegati al desiderio di violare gli interessi dell’Ucraina e del popolo ucraino, ma sono connessi alla protezione della stessa Russia da coloro che hanno preso in ostaggio lo Stato e stanno cercando di usarlo contro il nostro Paese e il suo popolo. Ripeto, le nostre azioni sono semplice autodifesa contro le minacce che si stanno creando nei nostri confronti. Per quanto difficile possa essere, vi chiedo di capirlo e di collaborare per voltare al più presto questa tragica pagina e andare avanti insieme, per non permettere a nessuno di interferire nei nostri affari, nelle nostre relazioni, ma per costruirli da soli, in modo tale da creare le condizioni necessarie per superare tutti i problemi e, nonostante la presenza di confini statali, di rafforzarci nel nostro insieme. Credo che questo sia il nostro futuro.

Vorrei anche rivolgermi al personale militare delle forze armate ucraine… Cari compagni.
I vostri padri, nonni, bisnonni hanno combattuto i nazisti, difendendo la nostra Patria comune, ma oggi i neonazisti hanno preso il potere in Ucraina. Voi avete giurato fedeltà al vostro popolo e non alla giunta antipopolare che saccheggia il Paese e deride queste stesse persone. Non seguite i suoi ordini criminali. Vi esorto a deporre immediatamente le armi e ad andare a casa. Mi spiego meglio: tutti i militari dell’esercito ucraino che lo faranno, potranno lasciare liberamente la zona di combattimento e tornare dalle loro famiglie. Ancora una volta, sottolineo con forza: ogni responsabilità per un possibile spargimento di sangue sarà interamente sulla coscienza del regime che regna sul territorio dell’Ucraina.

Adesso voglio dire alcune parole importanti, rivolgendomi a coloro che potrebbero essere tentati di intervenire negli eventi in corso. Chiunque tenti di ostacolarci, e ancor di più di creare minacce per il nostro Paese, per il nostro popolo, deve sapere che la risposta della Russia arriverà immediatamente e porterà a conseguenze che non avete mai visto nella storia. Siamo pronti per qualsiasi scenario. Tutte le decisioni necessarie al riguardo sono state prese, spero di essere ascoltato.

Cari cittadini russi.
Il benessere, l’esistenza stessa di interi stati e popoli, il loro successo e la loro vitalità hanno sempre origine nel potente apparato radicale della loro cultura e valori, esperienze e tradizioni dei loro antenati e, ovviamente, dipendono direttamente dalla capacità di adattarsi rapidamente a una vita in continuo cambiamento, sulla coesione della società, sulla sua disponibilità a consolidarsi, a raccogliere tutte le forze per andare avanti. Le forze sono necessarie sempre, ma la forza può essere di qualità diversa. Al centro della politica dell‘”impero della menzogna“, di cui ho parlato all’inizio del discorso, c’è principalmente la forza bruta e schietta. In questi casi, diciamo: “C’è potere, la mente non è necessaria”. Mentre noi sappiamo che la vera forza risieda nella giustizia e nella verità, che è dalla nostra parte. E se è così, allora è difficile non essere d’accordo con il fatto che sono la forza e la volontà di combattere che stanno alla base dell’indipendenza e della sovranità, rappresentando le fondamenta su cui poter progettare in modo affidabile il futuro, costruire la vostra casa, la vostra famiglia, la vostra patria…

Cari connazionali.
Sono fiducioso che i soldati e gli ufficiali delle forze armate russe devoti al loro Paese adempiranno al loro dovere con professionalità e coraggio. Non ho dubbi che tutti i livelli di Governo, gli specialisti responsabili della stabilità della nostra economia, del sistema finanziario, della sfera sociale, i capi delle nostre aziende e tutte le imprese russe agiranno in modo coordinato ed efficiente. Conto su una posizione consolidata e patriottica di tutti i partiti parlamentari e delle forze pubbliche. In definitiva, come è sempre stato nella storia, il destino della Russia è nelle mani affidabili del nostro popolo multinazionale. E questo significa che le decisioni prese saranno attuate, gli obiettivi fissati saranno raggiunti, la sicurezza della nostra Patria sarà garantita in modo affidabile. Credo nel vostro sostegno, in quella forza invincibile che ci dà il nostro amore per la Patria».

Bologna: la polizia fotografa e identifica gli studenti senza alcun motivo

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Da alcuni weekend per le strade di Bologna si sta verificando una situazione paradossale. Le Forze dell’ordine si aggirano nel cuore della zona universitaria identificando e schedando giovani e adolescenti tramite foto segnalamento. Nello specifico, nella zona di piazza Verdi e dintorni, polizia e carabinieri avvicinano i ragazzi chiedendo loro un documento di identità e fotografandoli poi con lo stesso in mano. Per chi si rifiuta, il rischio è di finire direttamente in Questura. Non solo. Si sono verificate diverse situazioni di tensione, con i collettivi universitari che hanno denunciato veri e propri abusi di potere e violenze verso chi contestatava la schedatura di massa.

La schedatura di massa degli studenti è stata ammessa dalle stesse forze dell’ordine. Il questore Isabella Fusiello, insediatasi ad ottobre scorso, in proposito ha dichiarato: «Abbiamo attivato un servizio specifico con la polizia locale. Abbiamo agenti che venerdì e sabato fermano e identificano gruppi di minori che arrivano anche da altri comuni: nomi, cognomi e foto. Questo serve sia come deterrente che, in caso di problemi, per risalire agli autori». Insomma, la Fusiello reputa tale procedura una pratica di routine, come se la schedatura di massa fosse non un abuso da paese autoritario ma un metodo come un altro per garantire il quieto vivere a tutta la cittadinanza. Gli abusi sono tuttavia stati documentati.

Le immagini riportate dal CUA (Collettivo Universitario Autonomo di Bologna) fanno riferimento in particolare ad alcuni episodi accaduti nella notte tra il 19 e il 20 febbraio. Secondo il racconto di chi c’era, le forze di polizia sono sopraggiunte in Piazza Scaravilli (sempre nel cuore della zona universitaria), proprio con l’intento di identificare i presenti. La situazione è però degenerata in pochi minuti, quando “un noto elemento della polizia inizia ad indicare persone a caso sostenendo di voler procedere con degli arresti, senza alcuna motivazione”. Nelle dinamiche della vicenda il Collettivo racconta poi di insulti da parte delle Forze dell’ordine, che hanno minacciato alcune persone puntandogli in faccia lo spray al peperoncino.

Ancora altre testimonianze. Federico e Isa, che rappresentano il CUA e Split (Spazio per liberare il tempo), raccontano di una ragazza colpita con un pugno in faccia mentre stava cercando di riprendere gli accadimenti con il cellulare. «Ma stiamo scherzando? L’ordine pubblico è questo? Le azioni anti degrado sono queste?», ribadiscono.

Secondo il Collettivo siamo di fronte alla vecchia retorica sulla “malamovida” e la zona universitaria, per cui violenza e movida, alla fine, sono la stessa identica cosa. Qualche settimana fa, sia il sindaco Matteo Lepore che il questore Isabella Fusiello avevano espresso la volontà di voler intervenire con dei piani specifici (e di controllo) per gestire al meglio orari e vendita di alcolici in centro. Una misura che chiaramente non giustifica il comportamento della Polizia che, per l’ennesima volta, apapre abusare di alcune disposizioni locali per fini diversi da quelli stabiliti dalle ordinanze. Lo stesso abuso che si utilizza decidendo di schedare un individuo senza alcun criterio.

Gli studenti raccolti nell’organizzazione “Cambiare Rotta” riportano i fatti nel contesto più ampio del desiderio autoritario di “ripulire” la zona universitaria, rendendola sempre più asettica ed a misura di turismo. In quest’ottica le azioni sarebbero da ricondurre in una dinamica in atto da anni e accresciuta dal recente sviluppo del turismo nel capoluogo emiliano. La volontà sarebbe quella di allontanare gli studenti “per rendere appetibile agli investimenti la zona del centro storico”. A prescindere dal contesto rimane un fatto certo: a Bologna si stanno verificando situazioni da stato di polizia che poco c’entrano con le pratiche di uno stato democratico.

[di Gloria Ferrari]

Ucraina, secondo la Cina non è in corso alcuna “invasione”

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La portavoce del Ministero degli Esteri cinese Hua Chunying ha criticato l’uso del termine “invasione” da parte dei media occidentali per definire le mosse della Russia in Ucraina delle ultime ore. La portavoce ha dichiarato che «la Cina sta monitorando da vicino la situazione» e invitato le parti alla moderazione «per evitare che la situazione vada fuori controllo». Nei giorni scorsi Pechino aveva mosso forti critiche nei confronti degli Stati Uniti per il fatto di stare «aumentando le tensioni» imponendo sanzioni a Mosca.