lunedì 5 Maggio 2025
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Il mondo delle Big Tech si inginocchia ai piedi di Trump

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Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca sta trasformando rapidamente il panorama politico dell’intero mondo. Tra le variazioni più eclatanti e significative spicca il drastico cambio di atteggiamento delle grandi aziende tecnologiche. A lungo considerate il bastione delle ideologie progressiste, queste realtà stanno rapidamente cambiando colore, con i rispettivi dirigenti che sembrano mettersi in fila per cercare il favore del Presidente eletto, nella speranza di accattivarsi i favori di un’Amministrazione che sarà mossa da una retorica conservatrice e autoritaria. Dai meccanismi elettoral...

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Svezia acquisto da 2 miliardi in carri armati da KNDS

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L’esercito svedese ha annunciato che acquisterà un pacchetto di potenziamento del proprio reparto corazzato di carri armati dal produttore franco-tedesco di attrezzature per la difesa KNDS, per un totale di 22 miliardi di corone svedesi (circa 1,97 miliardi di dollari). L’ordine comprende 44 carri armati Leopard 2 A8 e l’aggiornamento di 66 carri armati esistenti. Secondo una dichiarazione rilasciata dal governo, le consegne dei carri armati inizieranno a partire dal 2028 per proseguire fino al 2031. L’acquisto si colloca in un contesto di un progressivo aumento delle spese militari da parte del Paese scandinavo, che sta interessando anche gli altri Paesi della regione.

Ciad, attaccato il palazzo presidenziale: 19 morti

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Ieri un gruppo di 24 uomini armati è entrato nel palazzo presidenziale del Ciad, presso la capitale N’Djamena, venendo fermato dalle guardie presidenziali. Secondo il governo, dopo l’assalto sarebbero morte 19 persone, di cui 18 aggressori; gli altri 6 attentatori sarebbero stati feriti. Dopo l’aggressione, il ministro degli Esteri del Paese, Abderaman Koulamallah, ha pubblicato una videodichiarazione in cui assicura che la situazione è «totalmente sotto controllo» e che «il tentativo di destabilizzazione è stato sradicato». Secondo fonti di sicurezza riprese dai media, gli aggressori provenivano dal gruppo Boko Haram, che le forze di sicurezza ciadiane stanno combattendo nella regione del Lago Ciad (ovest), al confine con Camerun, Nigeria e Niger.

L’Irlanda si è unita al Sudafrica nella causa per genocidio contro Israele

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L’Irlanda si è formalmente unita al caso di genocidio intentato dal Sudafrica contro Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia (CIG). A dare la notizia è la stessa CIG in un comunicato, in cui annuncia che «Lunedì 6 gennaio 2025 l'Irlanda, invocando l'articolo 63 dello Statuto della Corte, ha depositato nella cancelleria della Corte una dichiarazione di intervento nella causa concernente l'applicazione della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio nella Striscia di Gaza (Sudafrica contro Israele)». L'Irlanda diventa così l'undicesimo Stato a unirsi all...

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Austria, il presidente nomina il cancelliere ad interim

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Il presidente austriaco, Alexander Van der Bellen, ha nominato Alexander Schallenberg, ministro degli Esteri del governo uscente a guida di Karl Nehammer, come prossimo cancelliere ad interim del Paese. Schallenberg guiderà l’Austria fino alla formazione di un nuovo governo. Il presidente aveva precedentemente conferito allo stesso Nehammer l’incarico di formare un nuovo esecutivo, trovando tuttavia la resistenza di centrosinistra e centro. Lunedì 6 gennaio, Van der Bellen ha dunque assegnato l’incarico a Herbert Kickl, leader del Partito della Libertà (FPÖ) considerato di estrema destra, che sta cercando un’alleanza con i popolari.

L’ingloriosa fine di Justin Trudeau, il preferito delle élite globali

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Il primo ministro canadese Justin Trudeau si è dimesso lunedì dalla sua carica di governo e da quella di capo del Partito Liberale. Trudeau ha comunicato che rimarrà nelle sue funzioni fino a quando il suo partito non potrà scegliere un nuovo leader e che il parlamento sarà prorogato – o sospeso – fino al 24 marzo. Trudeau, 53 anni, uno dei maggiori rappresentanti dell’establishment progressista mondiale, sostenuto dai globalisti e da organizzazioni come il World Economic Forum, aveva dovuto affrontare richieste di dimissioni sempre più numerose giunte dal suo stesso partito. Il suo tasso di gradimento era in costante discesa dal periodo di emergenza pandemica, quando il suo governo mise in atto una dura repressione del dissenso nei confronti dei manifestanti contrari agli obblighi vaccinali, arrivando a bloccarne i conti bancari.

I legami con il WEF e la repressione in periodo pandemico

Secondo l’organizzazione canadese Angus Reid Institute, il consenso nei confronti del governo Trudeau raggiungeva a malapena il 22%, mentre il tasso di disapprovazione aveva raggiunto il 74%. Ad essere determinanti nella scelta delle dimissioni sono state le pressioni provenienti dai membri del suo stesso partito. Trudeau è stato per lungo tempo un astro nascente e cavallo di razza del progressismo globalista in quanto partecipante di spicco del World Economic Forum, nel quale è intervenuto più volte. Nel 2017, Klaus Schwab ha affermato di essere stato in grado di «penetrare» il gabinetto del primo ministro canadese, in virtù del fatto che molti dei suoi ministri erano stati un tempo membri del programma Young Global Leaders del WEF, come del resto lo stesso Trudeau. Come alfiere del globalismo neoliberista propugnato dal WEF, Trudeau si è più volte espresso in sostegno dei «valori progressisti nel contesto della globalizzazione». Trudeau era per questo un sostenitore dei grandi accordi di libero scambio e di partenariato globale, come il Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTPP), di cui il Canada fa parte dal 2018 proprio grazie all’impegno di Trudeau.

[Il caso del Freedom Convoy tenuto dai canadesi]
Tra le decisioni politiche più controverse dei suoi anni di governo ci sono senz’altro quelle prese in epoca pandemica. Trudeau ha gestito l’emergenza in linea con i diktat dei lockdown e degli obblighi vaccinali impartiti dalle organizzazioni internazionali. Proprio nel periodo pandemico, Trudeau ha più volte fatto utilizzo del termine “reset”, mutuato dallo slogan del Grande Reset propagandato da Schwab. Nel gennaio 2022, il primo ministro canadese ha aperto la strada ad un nuovo tipo di repressione sociale, quando ha assunto poteri speciali e congelato i conti bancari dei camionisti del Freedom Convoy che paralizzarono Ottawa per protestare contro l’obbligo vaccinale, a cui si aggiunsero migliaia di cittadini in sostegno alla protesta.

Gli USA, un vicino difficile

Le dimissioni di Trudeau arrivano in un momento cruciale per la politica del Paese, specie con il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, il quale si insedierà il 20 di gennaio. Trump ha recentemente minacciato il Canada di applicare dazi del 25% alle merci esportate negli Stati Uniti. La misura verrebbe imposta a causa dell’incapacità del Paese di garantire la sicurezza delle proprie frontiere, da cui passerebbero, secondo il neoeletto presidente USA, immigrati clandestini e droghe come il Fentanyl. In un post pubblicato nel giorno di Natale sul proprio social network Truth, Trump, oltre a rivendicare la proprietà del Canale di Panama e – di fatto – la sovranità sulla Groenlandia, si era rivolto a Trudeau in maniera canzonatoria definendolo “Governatore” e aveva rivolto un appello al Canada invitandolo a diventare il 51° Stato degli Stati Uniti d’America. Proprio ieri, nel giorno delle dimissioni di Trudeau, Trump è tornato a scrivere sul suo social il medesimo appello, rincarando la dose. Molti adesso rinfacciano a Trudeau il fatto di non essersi dimesso prima, in tempo per poter affrontare il cambio di potere negli Stati Uniti, dando quindi al Canada il tempo necessario per riorganizzarsi a livello di leadership politica. Per diverse settimane, se non mesi, il Canada avrà infatti un primo ministro dimissionario, senza quindi alcuna legittimità nell’affrontare importanti questioni.

Tra coloro che hanno mosso critiche in merito alle tempistiche delle dimissioni del primo ministro canadese c’è anche David MacNaughton, che Trudeau ha nominato ambasciatore del Canada negli Stati Uniti nel 2016. «Avremo alcuni mesi di incertezza in questo momento e nel frattempo Trump si sente piuttosto presuntuoso», ha detto MacNaughton. Anche Xavier Delgado, senior program associate presso il Canada Institute del Wilson Center di Washington, ha fatto notare che le dimissioni di Trudeau lasciano il Canada e la sua economia vulnerabili a qualsiasi cosa Trump intenda imporre. «È un momento straordinario per il primo ministro per annunciare le dimissioni. Nel contesto delle relazioni Canada-USA non ha davvero molto senso», ha detto Delgado. Ricordiamo che gli scambi commerciali tra Stati Uniti e Canada ammontano a quasi 910 miliardi di dollari (nel 2022) e che i due Paesi sono i migliori partner economici l’uno dell’altro, con circa 3 miliardi di dollari (nel 2023) di beni e servizi che attraversano il confine ogni giorno.

Si interrompe così una leadership durata 9 anni, caratterizzata da vari problemi di immagine pubblica e di scarsa capacità di incidere, sebbene la scalata al potere del primo ministro prometteva di portare freschezza e rinnovamento nella direzione del Paese. Trudeau ha sofferto a causa dell’inflazione record e degli alti prezzi dei generi alimentari e del fatto che l’economia canadese non è mai veramente riuscita a riprendersi dopo la pandemia. La crisi abitativa interna, che ha visto i prezzi delle case  salire anche del 30%-40% negli ultimi anni, ha aggravato il risentimento nei confronti del governo. Gli scandali politici e le gaffe del primo ministro nel corso degli anni non hanno di certo aiutato in questa sua parabola negativa nei gradimenti e nel sentimento dei cittadini canadesi.

Finisce così un’epoca di progressismo aperto sempre a tutto tranne che per coloro che lo criticano. Resta tutto da vedere cosa accadrà adesso, con il Paese che deve fare i conti con una transizione politica in un momento delicato, tanto dal punto di vista interno della crisi economica e della tensione sociale, tanto da quello esterno con il vicino ingombrante, nonché maggior partner commerciale e alleato, che sono gli Stati Uniti.

[di Michele Manfrin]

Nigeria, scontri contro Boko Haram: oltre 40 morti

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L’esercito nigeriano ha annunciato di aver ingaggiato uno scontro a fuoco nello stato nord-orientale del Borno, uccidendo 34 militanti islamici e perdendo 6 soldati. Successivamente, l’aeronautica nigeriana ha effettuato attacchi aerei sugli insorti in fuga, provocando ulteriori vittime. A dare la notizia è il portavoce dell’esercito nigeriano, il maggiore generale Edward Buba. Lo scontro è stato annunciato oggi, mercoledì 8 gennaio, ed è avvenuto sabato nel villaggio di Sabon Gari, quando i militanti hanno teso un’imboscata alle truppe che tornavano alla base militare. La Nigeria è alle prese con scontri e insurrezioni di gruppi islamisti situati nel nord-est da oltre un decennio.

Una sonda spaziale è riuscita a entrare nella corona solare senza sciogliersi

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Ha superato tutti i record precedenti, ha sfrecciato alla più alta velocità mai registrata per un oggetto costruito dall’uomo e ha attraversato la corona solare senza sciogliersi, captando per la prima volta dati che, secondo gli scienziati, potrebbero rappresentare una nuova pietra miliare nella storia dell’esplorazione spaziale: è quanto ottenuto con la missione della sonda Parker Solar Probe della NASA, la quale si è avvicinata a solo 6,1 milioni di chilometri dalla superficie del Sole ad una velocità di circa 700.000 chilometri all’ora. «Volare così vicino al Sole è stato un momento storico per l’umanità nello studio della nostra stella», ha dichiarato Nicky Fox, a capo del Science Mission Directorate della NASA.

Lanciata nel 2018, la Parker Solar Probe è stata progettata con tecnologie all’avanguardia per resistere a condizioni estreme. Grazie a sette sorvoli di Venere in cui è stata sfruttata la cosiddetta “assistenza gravitazionale”, infatti, la sonda ha progressivamente modificato la sua orbita, avvicinandosi sempre di più al Sole e incrementando la sua velocità. Durante il suo ultimo passaggio ravvicinato al pianeta, avvenuto il 6 novembre 2024, la navicella ha raggiunto l’orbita ottimale che le consente di avvicinarsi al Sole ogni tre mesi. Si tratta di una traiettoria che è stata calcolata per mantenere un equilibrio tra l’estrema vicinanza al Sole, necessaria per raccogliere dati scientifici unici, e la protezione dagli effetti distruttivi del calore e delle radiazioni. La sonda è inoltre protetta da uno scudo termico di schiuma di carbonio capace di resistere a temperature fino a 2.600 gradi Fahrenheit, mantenendo gli strumenti scientifici a temperature operative sicure.

Il 24 dicembre 2024, la Parker Solar Probe ha raggiunto un nuovo record, sorvolando ad un’altezza di 6,1 milioni di chilometri la superficie del Sole ed entrando nella corona solare senza sciogliersi. La conferma è arrivata dalla NASA, che ha dichiarato tramite un comunicato stampa di aver ricevuto i primi dati che attestano lo stato di sicurezza di quello che, di fatto, risulta l’oggetto più veloce in assoluto costruito dall’essere umano. «Questa è una sfida che la comunità scientifica spaziale voleva affrontare fin dal 1958 e ha impiegato decenni per far progredire la tecnologia necessaria. I dati sono fondamentali per la comunità scientifica perché ci offrono un nuovo punto di osservazione. Ottenendo informazioni di prima mano su ciò che accade nell’atmosfera solare, Parker Solar Probe ha rivoluzionato la nostra comprensione del Sole», ha commentato lo scienziato dell’Agenzia Kelly Korreck. Si tratta di parole che, viste le recenti scoperte che la sonda ha già permesso agli esperti di effettuare, difficilmente possono essere descritte come “esagerate”: infatti, grazie alla missione sono state scoperte o dettagliate con maggiore precisione la conformazione “rugosa” del confine esterno della corona e l’individuazione dell’origine delle strutture a zig-zag nel vento solare, chiamate “switchback, oltre che le emissioni radio di Venere e il suo anello di polvere orbitale.

I primi dati raccolti durante questo passaggio solare saranno presto trasmessi in streaming dall’Agenzia, la quale li ha descritti come «informazioni inedite su un luogo in cui noi, come umanità non siamo mai stati». Ciò che rimane, quindi, è attendere che tali informazioni vengano condivise ed elaborate dagli scienziati che, anche se non dovessero ritenerli utili per scoperte mozzafiato, potranno consolarsi ricordando che la sonda effettuerà altri passaggi ravvicinati il 22 marzo ed il 19 giugno di quest’anno.

[di Roberto Demaio]

Le immagini rivelano: Ramy Elgaml fu speronato dai carabinieri

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I video dell’inseguimento tra tre volanti dei carabinieri e il motorino guidato da Fares Bouzidi, sul quale viaggiava Ramy Elgaml, avvenuto nella notte tra il 23 e il 24 novembre 2024 a Milano, sembrerebbero non lasciare spazio a ulteriori dubbi. L’impatto tra la volante e il motorino c’è stato e potrebbe essere stato proprio quello ad aver causato la caduta del mezzo e quindi la morte di Ramy. A dimostrarlo, oltre alle immagini, sarebbero anche alcuni ciuffi del giubbotto di Ramy rimasti incastrati nella targa della volante. Le immagini contrastano con le dichiarazioni degli agenti messe a verbale subito dopo i fatti, secondo le quali non vi sarebbe stato alcun impatto: lo scooter sarebbe caduto da solo. Gli agenti avrebbero anzi dichiarato di aver intrapreso ogni misura necessaria per evitare lo scontro con il motorino. Dall’audio del video emerge invece come per l’intera durata dell’inseguimento i carabinieri abbiano ripetutamente invocato la caduta del mezzo e che fossero consapevoli che, durante la fuga, Ramy avesse perso il casco. Le immagini dimostrano anche la presenza sul luogo dell’incidente del testimone che sostiene di aver filmato l’intera scena. Immediatamente dopo lo schianto l’uomo, che accusa i carabinieri di averlo costretto ad eliminare il video, viene avvicinato da due agenti.

«Vaff… non è caduto»: con queste parole si aprono le immagini della dash cam di una delle tre volanti lanciatesi all’inseguimento del motorino con a bordo i due giovani. Il commento arriva dopo un primo contatto del mezzo dei carabinieri con il motorino, che non cade e prosegue la sua fuga. I commenti simili saranno diversi («Chiudilo, chiudilo, chiudilo che cade!», «Noooo, mer… non è caduto»). Gli agenti si accorgono anche immediatamente che, nel corso dell’inseguimento, Ramy ha perso il casco: «Ha perso il casco!» urla uno di loro. L’impatto avviene ad un incrocio in via Ripamonti, venti minuti e otto chilometri dopo l’inizio dell’inseguimento. Le immagini sono riprese da una telecamera posta proprio sull’incrocio: lo scooter sembra girare leggermente a sinistra, la volante dei carabinieri gli va dietro. Subito dopo il motorino cade e scivola per alcuni metri, seguito dalla volante, fino a schiantarsi contro il muro. Ramy perderà la vita poco dopo.

«Via Quaranta/Ortles, sono caduti» riferisce una comunicazione, seguita dal commento di un carabiniere: «Bene». Quando la terza volante giunge sul posto, la dash cam riprende il momento esatto in cui due agenti si dirigono verso il testimone presente sulla scena, che alza le mani in alto. Successivamente, l’uomo riferirà di aver ripreso la scena per intero, ma che i carabinieri gli hanno imposto di cancellare il video. Secondo la sua testimonianza, che coincide con quella di Fares Bouzidi, sarebbe stato l’impatto con la volante a causare la caduta del mezzo. A rendere evidente l’impatto sarebbe inoltre un dettaglio, reso noto da alcuni media: un ciuffo della pelliccia del giaccone di Ramy rimasto incastrato nella targa dei carabinieri.

La dinamica raccontata chiaramente dal video, che gli inquirenti stanno esaminando, contrasta con le dichiarazioni degli agenti di aver adottato ogni misura necessaria a tentare di «non occorrere nella collisione». Al momento, il carabiniere alla guida dell’auto e Fares Bouzidi sono indagati per omicidio stradale. Altri due carabinieri sono indagati per falso, frode processuale e depistaggio, proprio perchè dai verbali non risulta alcun accenno allo scontro con il mezzo e per le accuse del testimone di aver imposto la cancellazione delle prove video sul proprio telefono. Saranno gli inquirenti ad esaminare le immagini e determinare con certezza quello che sembra evidente: a uccidere Ramy Elgaml potrebbe essere stato lo speronamento da parte degli agenti.

[di Valeria Casolaro]

Raid israeliani, in poche ore decine di morti, tra cui bambini

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Circa trenta persone sono state uccise questa mattina nella striscia di Gaza da attacchi israeliani. Lo riporta Al Jazeera, la quale aggiunge che sono stati effettuati bombardamenti nella zona di Al Mawasi – a Khan Yunis – che hanno provocato 20 vittime e altri nella Striscia che ne hanno provocato almeno altre nove. Inoltre, citando un governatore nella Cisgiordania settentrionale, l’emittente ha riportato che gli attacchi che secondo l’esercito israeliano dovevano aver ucciso tre combattenti palestinesi a Tammun, in realtà avrebbero provocato la morte di un uomo di 23 anni e due bambini, di otto e dieci anni.