lunedì 10 Novembre 2025
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Sparatoria in un grattacielo a Manhattan: 5 morti

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Ieri un uomo armato di fucile d’assalto è entrato all’interno del grattacielo 345 di Park Avenue, Manhattan, New York, e ha ucciso quattro persone per poi spararsi al petto.  L’aggressione è avvenuta attorno alle 18:30 locali (le 00:30 italiane), presso l’edificio sede della lega di football americano e di importanti uffici finanziari. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo avrebbe iniziato a sparare nell’atrio dell’edificio, uccidendo un poliziotto; si sarebbe poi spostato negli uffici al piano superiore continuando a sparare e uccidendo tre uomini e una donna; avrebbe infine preso l’ascensore per il 33° piano, dove è stato trovato morto. L’uomo è stato identificato come Shane Tamura, 27enne residente a Las Vegas. Ignoto il movente dell’attacco.

L’Università di Pisa blocca i rapporti con due atenei israeliani

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L'Università di Pisa congelerà i rapporti con due atenei israeliani, la Reichman University e la Hebrew University. La decisione è stata ratificata dal Consiglio d'Amministrazione dell'Università, che ha deciso di seguire le raccomandazioni rilasciate dal Senato accademico lo scorso 11 luglio. Essa segue l'adozione del nuovo statuto dell'Ateneo, con cui l'Università si impegna a non collaborare nello sviluppo di armi. «Un risultato importante per il movimento», hanno commentato gli studenti pisani, frutto dei numerosi scioperi e delle manifestazioni portate avanti negli ultimi mesi. Il congela...

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Carrefour, al centro del boicottaggio per la Palestina, abbandona l’Italia

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Carrefour cede la sua rete italiana di 1.188 punti vendita a NewPrinces Group, in un’operazione da un miliardo di euro. La transazione, che vedrà la rete tornare al marchio storico GS entro tre anni, segna una nuova fase per l’azienda italiana, che diventa il secondo attore del settore food nel Paese. La decisione arriva dopo anni di vendite in calo per il gruppo francese in Italia e dopo che esso è diventato un obiettivo di boicottaggio per il suo presunto sostegno a Israele nel conflitto israelo-palestinese. Carrefour è infatti stato definito senza mezzi termini dalla campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) come un «facilitatore del genocidio» in atto a Gaza e oggetto di numerose operazioni di boicottaggio, che hanno avuto un impatto sui suoi conti in numerosi Paesi.

NewPrinces Group, azienda italiana fondata da Angelo Mastrolia, ha acquisito la rete Carrefour Italia, composta da 642 punti vendita diretti e 385 in franchising. L’operazione comprende l’intero perimetro di Carrefour Italia, incluse le sussidiarie Carrefour Property, GS Spa e Carrefour Finance. Il gruppo, che precedentemente operava nel settore alimentare, prevede un forte aumento di fatturato, passando da 750 milioni a 6,9 miliardi entro fine anno. Tuttavia, l’acquisizione è accompagnata da preoccupazioni sindacali per l’occupazione, con 18mila dipendenti coinvolti. Nonostante il calo dei ricavi e dell’utile operativo di Carrefour in Italia, NewPrinces punta a integrare la propria piattaforma logistica e ad espandere i canali di vendita online e nel settore horeca. Il governo italiano ha accolto positivamente l’operazione, considerando un rafforzamento del made in Italy, e ha programmato incontri con le parti coinvolte per monitorare l’impatto industriale e occupazionale. Carrefour ha deciso di uscire dal mercato italiano a causa delle perdite accumulate negli ultimi anni, con l’ultimo esercizio in rosso per 150 milioni di euro.

Quel che è certo è che, a livello mondiale, nell’ultimo periodo Carrefour ha patito conseguenze economiche sfavorevoli anche e soprattutto in seguito alla campagna scatenata contro il marchio dal movimento BDS, che ha conseguito successi significativi. Infatti, tali boicottaggi hanno fatto registrare all’azienda un calo del 47% nei profitti nei primi sei mesi del 2024 e sono sfociati nella chiusura di punti vendita in Oman e in Giordania. Al colosso francese della grande distribuzione è stato imputato di sostenere l’occupazione israeliana, in particolare per la sua partnership con Electra Consumer Products, un’impresa israeliana che gestisce anche filiali in colonie illegali in Cisgiordania. Nel 2022, Carrefour ha aperto punti vendita in Israele, con filiali che includono colonie come Ariel e Ma’ale Adumim. Questi insediamenti sono al centro di un sistema di apartheid e repressione che impedisce la continuità territoriale dei palestinesi, sottraendo loro risorse naturali e contribuendo alla segregazione. La critica si è intensificata dopo che Carrefour ha anche lanciato una partnership con startup israeliane, attive nei settori della sicurezza informatica e dell’intelligenza artificiale, i cui sistemi sono stati utilizzati anche nei massacri di Gaza. L’azienda ha fornito razioni alimentari gratuite ai soldati delle Forze di difesa israeliane impegnati a mettere a ferro e fuoco la Striscia, aumentando ulteriormente il suo coinvolgimento nel conflitto. Questo ha scatenato manifestazioni contro Carrefour in numerose città del mondo, tra cui Milano, Nairobi e Lione, con atti di boicottaggio come il danneggiamento di vetrine e la distribuzione di volantini informativi.

Il Ghana schiererà i soldati per sedare un conflitto tra tribù

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Il Ghana ha annunciato misure di emergenza per contenere le violenze nella provincia nordoccidentale di Bakwu. A Bakwu è in corso un conflitto tra i gruppi etnici Mamprusi e Kusaasi, i cui rappresentanti si contendono da decenni la carica di capo tribù Bawku. Dopo la mediazione di un sovrano tradizionale, la scorsa settimana sono scoppiate nuove violenze che hanno portato alla uccisione di un capo Kusaasi e di tre studenti di scuole superiori. L’amministrazione centrale ha dunque annunciato l’istituzione di un coprifuoco e il dispiegamento di un maggior numero di militari, senza tuttavia specificare il numero di soldati che invierà nella zona.

La scoperta di nuovi fossili getta luce sulla nascita della vita sulla Terra

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Ci sono molluschi dotati di catene dentate, crostacei filtratori e vermi dai denti ramificati: è il tesoro di fossili straordinariamente ben conservati e risalenti ad oltre 500 milioni di anni fa scoperti nel Grand Canyon, i quali potrebbero rivelare nuovi dettagli sull’origine della vita complessa sulla Terra. È quanto emerge da un nuovo studio condotto da un team internazionale di ricercatori, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Science Advances. Grazie ad una spedizione effettuata lungo il fiume Colorado, gli autori hanno raccolto alcune rocce che, poi sciolte in laboratorio, hanno rivelato per la prima volta in quest’area resti a corpo molle che consentono uno sguardo ravvicinato sull’anatomia, lo stile di vita e le strategie alimentari delle prime creature marine. «È una nuova finestra sulla vita del Cambriano nel Grand Canyon», ha commentato il coautore Giovanni Mussini, aggiungendo che lo scenario che emerge è quello di un ecosistema evolutivamente fertile, dove l’abbondanza di ossigeno e nutrienti avrebbe favorito sperimentazioni biologiche di rara complessità.

Per decenni, spiegano i ricercatori, la maggior parte dei fossili cambriani noti proveniva da ambienti estremi o poveri di risorse, come le formazioni del Burgess Shale in Canada o di Maotianshan in Cina. In quei luoghi, le condizioni anaerobiche o le basse temperature permettevano una conservazione eccezionale dei tessuti molli, ma d’altra parte restituivano un’immagine parziale della biodiversità dell’epoca. La nuova scoperta, aggiungono, sembra invece cambiare radicalmente prospettiva, in quanto nel Cambriano il Grand Canyon era una distesa marina poco profonda situata più vicino all’equatore e, in quest’ambiente – definito dagli autori una “zona Riccioli d’oro” – la luce del sole raggiungeva le piante fotosintetiche sul fondale e le onde non disturbavano i sedimenti. Queste caratteristiche avrebbero quindi creato un ecosistema florido e capace di sostenere una diversificazione esplosiva della vita animale. Secondo i ricercatori, inoltre, fu proprio questa combinazione di fattori a fornire l’energia e le risorse necessarie per investimenti evolutivi audaci, dando origine a una varietà di forme e comportamenti complessi. «Gli animali potevano permettersi di correre rischi evolutivi in tempi di abbondanza, proprio come avviene in economia», spiega Mussini.

Pezzi di sterno di alcuni crostacei del Cambriano. Credit: Mussin et al

In particolare, durante una spedizione lungo il fiume Colorado nel 2023, i ricercatori hanno raccolto rocce argillose della Formazione Bright Angel, sciogliendole in laboratorio per estrarre minuscoli fossili, grandi appena pochi millimetri. Sebbene nessuno degli organismi sia stato ritrovato intatto, numerose strutture anatomiche – catene di denti, arti pelosi, molari – hanno permesso di ricostruire le abitudini alimentari degli animali. Alcuni crostacei per esempio, simili alle attuali artemie, usavano i loro arti a pettine per convogliare particelle di cibo verso la bocca, dove denti molari ne trituravano i resti. Altri fossili appartengono a molluschi simili a lumache, dotati di strutture dentate per raschiare alghe o batteri dalle rocce. Il reperto più insolito è però quello di una nuova specie di priapulide, chiamata Kraytdraco spectatus in omaggio a una creatura dell’universo di Star Wars. Questo verme marino, lungo circa dieci centimetri, possedeva centinaia di denti ramificati disposti attorno a una bocca tubolare estensibile e, secondo gli autori, era probabilmente specializzato nel filtrare detriti dal fondale. «È difficile capire con esattezza come si nutrisse, ma la sua anatomia suggerisce strategie elaborate di alimentazione», ha spiegato il ricercatore, aggiungendo che l’insieme dei fossili rinvenuti indica un’ampia varietà di stili alimentari – alcuni con analoghi moderni, altri completamente scomparsi – che forniscono un’inedita testimonianza sulle pressioni ecologiche dell’epoca e sulla creatività evolutiva che ne è scaturita. «C’è molto che possiamo imparare dai piccoli animali che scavavano nei fondali marini 500 milioni di anni fa», concludono i coautori.

Thailandia-Cambogia, annunciato accordo per tregua immediata

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Thailandia e Cambogia hanno concordato un cessate il fuoco immediato e incondizionato per fermare gli scontri armati iniziati il 24 luglio in una zona di confine contesa. L’intesa, mediata dalla Malesia e annunciata oggi, lunedì 28 luglio, nella residenza del premier malese Anwar Ibrahim vicino Kuala Lumpur, entrerà in vigore a mezzanotte (le 19 in Italia). I primi ministri Hun Manet e Phumtham Wechayachai si sono impegnati a proseguire il dialogo per una soluzione definitiva. Il conflitto, causato da una disputa storica su templi indù contesi, ha provocato oltre 30 morti e 180.000 sfollati.

Allarme PFAS nella Pedemontana veneta: rischio ambientale imminente

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La Pedemontana veneta, una delle arterie viarie più importanti per l’economia del Veneto, è al centro di un grave allarme ambientale. Le agenzie ambientali Ispra e Arpav hanno infatti rilevato la presenza di sostanze perfluoroalchiliche PFAS nelle acque di scolo delle sue gallerie. La contaminazione, attribuibile all’uso di un accelerante di presa contenente PFBA, starebbe dunque minacciando l’ecosistema e le fonti idriche potabili di Vicenza e Padova. Il Ministero dell’Ambiente ha ricevuto una relazione tecnica di oltre 70 pagine, mentre la Regione Veneto ha attivato i controlli e segnalato il caso alla Procura. Il caso risulta ancora più emblematico dal momento che, proprio in Veneto, nel 2013 è stata scoperta la più grande contaminazione di una falda acquifera, che ha coinvolto oltre 350 mila cittadini in diverse province e portato al processo contro i dirigenti della ex Miteni, sfociato in numerose condanne in primo grado per danno ambientale.

Nello specifico, la questione è emersa in seguito a un esposto del Comitato Veneto Pedemontana Alternativa (Covepa), che un anno e mezzo fa ha sollecitato il Ministero dell’Ambiente a indagare sugli scarichi di acque di drenaggio provenienti dalle gallerie della superstrada. Dopo mesi di approfondimenti, il ministero ha chiesto un’indagine tecnico-scientifica. La relazione ha rivelato la presenza di PFBA (acido perfluoro-butanoico), un composto della famiglia dei PFAS, che ha contaminato le acque di falda. Il composto è stato utilizzato in fase di costruzione per accelerare la presa del calcestruzzo nelle gallerie di Malo e Sant’Urbano, e la sua demolizione, interrata nel terreno, avrebbe favorito la diffusione nel sottosuolo. «Le acque di drenaggio in uscita dalle gallerie di Malo e di Sant’Urbano rappresentano delle fonti, tuttora attive, di inquinamento da PFBA delle acque superficiali e sotterranee e, inoltre, il PFBA è individuabile come fattore di potenziale danno ambientale alle acque superficiali, in quanto suscettibile di incidere sullo stato ecologico delle stesse, nonché sullo stato di qualità delle acque sotterranee destinate ad uso potabile», ha scritto Ispra. L’istituto non ha rilevato ad ora un «danno o minaccia imminente di danno ambientale», ma una potenziale «minaccia imminente».

In risposta alla situazione, il gruppo del Pd in Consiglio regionale ha presentato una mozione urgente, con le parole della capogruppo Vanessa Camani che rimarcano i pericoli per la salute dei cittadini: «La Pedemontana rischia di avere anche un impatto sulla salute dei cittadini, in particolare del Vicentino e del Padovano». La Regione Veneto, pur ammettendo la gravità della situazione, ha fatto sapere che gli impianti di trattamento sono costantemente monitorati e che dal 2021 sono stati introdotti filtri a carboni attivi per ridurre la contaminazione. Tuttavia, le preoccupazioni persistono. Andrea Zanoni, consigliere regionale di Europa Verde, ha sollevato il problema già nel gennaio 2024, chiedendo interventi di bonifica e una risposta chiara sul coinvolgimento di Sis, il concessionario della superstrada. Lo stesso ha lamentato la mancanza di una risposta ufficiale. In un’intervista, Claudio Dogliani, amministratore delegato di Sis, ha difeso la sua azienda e negato che la contaminazione fosse causata dai materiali utilizzati per la costruzione della galleria, sostenendo che non ci siano prove che colleghino l’accelerante di presa al PFBA.

L’allarme sollevato è ancora più inquietante se si considera quanto accaduto in Veneto negli ultimi anni in relazione alla questione PFAS. La vicenda giudiziaria legata all’inquinamento da PFAS nella Regione è iniziata nel 2013 con la scoperta della contaminazione di una vasta falda acquifera che ha coinvolto circa 350mila cittadini nelle province di Vicenza, Verona e Padova. Tra il 2015 e il 2016, rilevazioni a campione spinte da associazioni ambientaliste hanno evidenziato livelli elevati di PFAS nel sangue dei residenti, portando nel 2018 alla dichiarazione dello stato di emergenza e all’istituzione di una zona rossa in 30 comuni, con divieto di utilizzo dell’acqua potabile. Uno studio dell’Università di Padova, pubblicato su Environmental Health, ha rilevato in quest’area un aumento di mortalità per malattie cardiovascolari e neoplastiche tra il 1985 e il 2018. A fine giugno si è chiuso in primo grado il processo contro gli ex dirigenti della Miteni di Trissino (Vicenza) per il disastro provocato dai PFAS, che ha visto la condanna di 11 imputati fino a 17 anni di carcere. Le pene inflitte hanno superato di vent’anni le richieste dell’accusa, arrivando complessivamente a 141 anni di carcere contro i 121 chiesti dalla Procura.

Lettera di 48 ex ambasciatori a Meloni: “L’Italia riconosca subito lo Stato di Palestina”

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Dopo che, nel corso di un’intervista, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato che, per il momento, l’Italia non riconoscerà lo Stato di Palestina, in quanto la mossa potrebbe risultare «controproducente» per la causa palestinese stessa, 48 ex ambasciatori italiani hanno sottoscritto una lettera nella quale chiedono il governo di ripensare la propria posizione. Secondo i diplomatici, è urgente che il nostro Paese metta in atto una serie di misure, dall’interruzione dei rapporti con Israele al sostenere vere e proprie sanzioni, oltre ad un «immediato riconoscimento dello Stato di Palestina, in vista della Conferenza internazionale sull’attuazione della soluzione a due Stati», prevista per oggi all’ONU.

«Ci sono momenti nella storia in cui non sono più possibili ambiguità né collocazioni intermedie»: inizia così il testo della missiva indirizzata alla capo di governo dai 40 diplomatici in congedo, secondo i quali «ormai da molti mesi non ci sono più giustificazioni possibili o argomentazioni convincenti sulla condotta delle operazioni militari israeliane a Gaza». «Gli esecrabili attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 non hanno più alcuna relazione, né quantitativa né qualitativa, con l’orrore perpetrato nella Striscia da Israele nei confronti della stragrande maggioranza di civili inermi, che non ha nulla a che vedere con il diritto di Israele all’autodifesa e che non è affatto improprio qualificare in termini di pulizia etnica, mentre la Corte Internazionale di Giustizia esamina gli estremi del genocidio». Per questo motivo, «non servono più le dichiarazioni», ma è necessario passare a fatti concreti: interruzione di ogni forma di cooperazione con Israele, sanzioni e riconoscimento formale dello Stato di Palestina,

In una intervista rilasciata lo scorso sabato 26 luglio a Repubblica, Meloni aveva dichiarato che riconoscere lo Stato palestinese quando questo esiste solo sulla carta potrebbe portare a pensare che il problema sia risolto, quando, in realtà, non lo è. «Quanto ho detto è la ragione per la quale essendo favorevolissima allo Stato della Palestina, non sono favorevole al suo riconoscimento a monte di un processo per la sua costituzione», ha dichiarato la presidente del Consiglio. Una posizione volta a mantenere ben saldo l’asse con l’alleato Netanyahu, nonchè in piena linea con la posizione statunitense sul tema. Intanto, nel mondo sono già 147 (su 193) i Paesi delle Nazioni Unite che riconoscono lo Stato di Palestina. A questi si dovrebbe aggiungere la Francia, come annunciato nei giorni scorsi dal presidente Macron.

Germania, treno deraglia a Riedlingen: 3 morti e diversi feriti gravi

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Ieri sera, domenica 27 luglio, un treno regionale è deragliato nel sud della Germania, vicino alla città di Riedlingen, provocando la morte di tre persone e diversi feriti gravi. A bordo si trovavano circa 100 passeggeri quando almeno due carrozze sono uscite dai binari in una zona boschiva intorno alle 18:10. Le immagini mostrano i vagoni rovesciati, mentre i soccorritori operano tra i rottami per prestare aiuto. Le cause dell’incidente, avvenuto a circa 158 km da Monaco, restano sconosciute. Né la polizia federale né Deutsche Bahn hanno ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali.

Israele sequestra nuovamente la nave della Freedom Flotilla, a bordo due italiani

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A circa 50 miglia nautiche dalla costa di Gaza, la nave Handala, della Freedom Flotilla Coalition, il movimento che si batte per rompere l’assedio israeliano su Gaza, è stata fermata illegalmente e sequestrata dalle autorità israeliane. La nuova Freedom Flotilla è stata intercettata in acque internazionali e successivamente condotta fino al porto di Ashdod, dove l’equipaggio è stato fatto sbarcare e arrestato. L’imbarcazione, partita da Siracusa con a bordo 21 attivisti di 12 nazionalità, mirava a portare aiuti simbolici alla popolazione palestinese. L’equipaggio si trova ora di fronte a due possibilità: firmare e rientrare nel Paese di provenienza, oppure rifiutare e rimanere in stato di trattenimento in attesa di espulsione. Tra i fermati figurano anche due italiani: lo skipper barese Tony La Piccirella, che risulta ancora detenuto, e il giornalista siciliano Antonio Mazzeo, che dovrebbe essere rimpatriato.

Le forze israeliane hanno intercettato Handala alle 22:43 di sabato 26 luglio, mentre la nave si trovava a 49,1 miglia nautiche da Gaza, in acque internazionali. In un video condiviso sulle piattaforme social del gruppo si vedono i 21 attivisti seduti uno di fianco all’altro con le mani alzate e i giubbotti di salvataggio indosso, mentre le imbarcazioni israeliane si avvicinano alla nave umanitaria per fare salire un gruppo di circa dieci soldati tutti armati di fucile. Dopo essere stata fermata, la nave è stata condotta al porto di Ashdod e agli attivisti è stata data l’opzione di scegliere se venire rimpatriati subito o venire detenuti. Il giorno dopo, il centro legale per i diritti delle minoranze arabe in Israele, Adalah, ha dichiarato di avere incontrato 17 dei 21 attivisti affermando di averli trovati in «condizioni relativamente stabili». Adalah ha spiegato che Israele sta trattando gli attivisti come persone entrate clandestinamente sul proprio territorio, malgrado siano stati arrestati mentre si trovavano all’infuori da esso. Il centro legale ha inoltre reso noto che, degli attivisti incontrati, tre, tra cui Antonio Mazzeo, hanno deciso di venire rimpatriati, 12, tra cui Tony La Piccirella, hanno deciso di venire arrestati, e due, entrambi di cittadinanza israelo-statunitense, sono stati interrogati e rilasciati e risultano ora sotto custodia di Adalah.

La Handala era partita da Siracusa il 13 luglio con a bordo latte in polvere per i bambini di Gaza, cibo, acqua e medicine. Il 20 luglio, la nave è salpata dalla Puglia per arrivare a Gaza. Nel corso dell’intero viaggio, scrive il gruppo sui suoi canali social, l’imbarcazione è stata seguita da droni di Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) e da quelli greci; arrivata attorno a novanta miglia nautiche dalla costa gazawi, invece, Israele ha mobilitato direttamente i propri droni. Il gruppo ha inoltre reso noto che, quando si trovava a bordo dell’imbarcazione, l’equipaggio ha iniziato uno sciopero della fame per chiedere ai propri governi di interrompere tutte le proprie relazioni con Israele.

Quella di sabato non è la prima volta che Israele ferma, sequestra o attacca una nave della Freedom Flottilla. La prima volta è capitato alla nave Conscience, attaccata in piena notte da droni al largo delle coste di Malta. In seguito all’attacco, le voci di condanna da parte della comunità internazionale sono state particolarmente deboli, e il Parlamento europeo ha rifiutato di discutere dell’accaduto, malgrado le richieste di alcuni deputati. Dopo Conscience, è stata la volta di Madleen, a bordo della quale si trovava anche la nota attivista ambientale Greta Thunberg. I fatti di Madleen sono stati analoghi a quelli che hanno coinvolto Handala: la nave era partita da Catania, carica di cibo e aiuti umanitari. Nel corso del viaggio, la nave era stata sorvegliata ripetutamente da droni; nella notte tra l’8 e il 9 giugno è stata fermata dall’esercito israeliano, nonostante si trovasse in acque internazionali, dove Israele non ha giurisdizione. La nave è stata sequestrata e dirottata verso le coste israeliane, e gli attivisti sono stati arrestati. Alcuni di essi hanno firmato delle carte per essere rimpatriati, mentre altri sono rimasti in Israele in attesa di processo e sono stati detenuti in carcere. Il 16 giugno, tutti gli attivisti presenti sull’imbarcazione sono stati rimpatriati.