martedì 15 Ottobre 2024

Dopo l’arresto di Durov, Telegram ha deciso di introdurre la moderazione nelle chat

Pavel Durov, fondatore e CEO dell’app social di messaggistica Telegram, ha deciso di effettuare delle modifiche al suo prodotto, alterandone strategicamente l’impostazione al fine di enfatizzare la possibilità da parte degli utenti di segnalare i contenuti ritenuti inappropriati o illegali. Il cambiamento, avvenuto con grande discrezione, giunge in coda agli eventi che hanno portato Durov a finire in un carcere francese con l’accusa di aver permesso la diffusione incontrollata dell’“attività criminale” sulla sua app.

Arrestato il 24 agosto e rilasciato su cauzione pochi giorni dopo, Durov sta approfittando della sua ritrovata libertà per avviare dei cambiamenti formali a Telegram. La prima, nonché più simbolica, rivoluzione è stata notata da The Verge, il quale ha fatto prontamente notare che il sito dell’azienda sia stato ritoccato nella sezione delle domande frequenti, le cosiddette FAQ. Al quesito “c’è un contenuto illegale su Telegram, come posso rimuoverlo?”, l’azienda era solita far notare che “tutte le chat e i gruppi di Telegram sono privati tra i loro partecipanti. Non processiamo nessuna richiesta che li riguarda”.

Ora, il portale riporta una dichiarazione profondamente diversa: “tutte le app di Telegram sono dotate di pulsanti ‘report’ che ti permettono di segnalare ai nostri moderatori un contenuto illegale”. Nonostante la diversa dicitura, non sono state notate modifiche al programma e la stessa azienda fa notare che la funzione fosse già presente nel sistema, quindi che il nuovo testo serva esclusivamente a esplicitare con maggiore chiarezza le possibilità a disposizione dell’utenza. Nonostante la convinzione popolare che l’app sia sempre e comunque criptata, infatti, solamente le “chat segrete” vantano una qualche forma di tutela end-to-end, una funzione che la maggior parte degli utenti non adopera.

Considerando che le accuse mosse nei confronti di Durov dal Governo francese sono quelle di non aver adeguatamente moderato ciò che viene caricato sull’app e di non aver fornito riscontro alle richieste di intervento delle autorità, è facile convincersi che la variazione di rotta da parte dell’azienda rappresenti una soluzione immediata a una criticità attuale. Difficile però a dirsi se si tratti di un passo indietro o di una promessa d’intenti. Su X, Durov sostiene di “impegnarsi a trasformare la moderazione di Telegram perché da punto di critica diventi un elemento degno di lode”, tuttavia, sempre su X, il dirigente lamenta anche che “applicare leggi dell’era pre-smartphone per accusare un CEO di crimini commessi da terze parti sulla piattaforma che gestisce è un approccio semplicistico. Costruire la tecnologia è già abbastanza difficile così com’è. Nessun innovatore costruirà mai nuovi strumenti se sa di poter essere ritenuto personalmente responsabile per un potenziale abuso di tali strumenti”.

Nelle sue esternazioni, Durov omette di far notare che il ruolo di “innovatore” non debba necessariamente corrispondere a quello di “distributore” o di “imprenditore”, né rimarca che la moderazione dei social sia una pratica particolarmente onerosa e che spesso si abbatte sulla manodopera del Sud globale. Molte delle piattaforme minori sfruttano pertanto il mito del voler tutelare a ogni costo la libertà di parola degli utenti per giustificare il fatto che non abbiano intenzione di investire nel personale necessario a supervisionare quanto viene caricato sulle app, anche se non mancano di rivelare i loro veri colori quando intervengono per oscurare contenuti poco graditi ai dirigenti di turno. 

Telegram, nello specifico, si trova ora in una posizione molto particolare, se non altro perché è sospettato di aver dichiarato un numero di utenti inferiore al reale al fine di ingannare l’Unione Europea, entità che sta iniziando ad applicare attivamente i nuovi pacchetti di legge – il DSA e il DMA – previsti per le piattaforme online considerate di dimensioni molto grandi. Durov, insomma, sembra si stia progressivamente rassegnando ad ammettere di dover giocare alle stesse regole adottate dalle Big Tech, ovvero che si prepari ad assecondare, almeno superficialmente, le pretese dei politici. 

[di Walter Ferri]

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