domenica 13 Ottobre 2024

Israele approva una legge per chiudere i media stranieri: nel mirino Al Jazeera

Nella giornata di ieri, lunedì 1 aprile, il Parlamento israeliano ha approvato in via definitiva una legge che fornirà al Primo Ministro e al ministro delle Comunicazioni i poteri per chiudere quelle emittenti straniere operative nel Paese che «costituiscono una minaccia per la sua sicurezza» dello Stato. La misura è passata con 71 voti a favore e 10 contrari e sarà attiva fino al 31 luglio o fino alla fine della guerra a Gaza. Con questa nuova legge, Tel Aviv intende colpire quei media stranieri accusati di fare «propaganda terroristica» in favore del popolo palestinese, tra cui figura in prima fila l’emittente qatariota Al Jazeera, una delle poche ancora presenti nella Striscia a riportare il massacro di Gaza, la quale si trova da tempo sotto il mirino di Israele. Lo stesso Premier Benjamin Netanyahu ha condiviso un post su X in cui sostiene che il «canale terroristico» di «Al Jazeera ha danneggiato la sicurezza di Israele, ha partecipato attivamente al massacro del 7 ottobre e ha incitato contro i soldati dell’IDF», tutte accuse prontamente smentite dallo stesso canale mediatico.

Con la nuova legge, se il Primo Ministro riterrà che un servizio di comunicazione straniero possa causare danni alla sicurezza dello Stato, egli, in coordinazione con il Governo o con il Gabinetto di Sicurezza Politica, potrà dare il consenso al Ministro delle Comunicazioni per bloccare le sue attività all’interno del Paese. Nello specifico, il Ministro delle Comunicazioni, dopo avere ricevuto assieme al Premier e al Gabinetto l’opinione professionale di un’agenzia di sicurezza, potrà fermare le trasmissioni del canale straniero, chiuderne gli uffici, dare istruzioni per chiuderne il sito se il server è locato in Israele, oppure sequestrare l’apparecchiatura utilizzata per la fornitura dei suoi contenuti. L’istruttoria del Ministro delle Comunicazioni dovrà poi venire presentata al Presidente di una Corte Distrettuale entro 24 ore dalla sua proposta, e quest’ultimo avrà il potere di scegliere se cambiare o limitare il periodo di validità del fermo. L’istruttoria potrà rimanere in vigore fino a 45 giorni, con l’opzione di venire estesa per un periodo di tempo altrettanto lungo, e scadrà il 31 luglio o nel caso in cui la campagna militare a Gaza termini o raggiunga un momento di svolta notevole.

La “legge bavaglio” approvata lunedì dalla Knesset era in cantiere da mesi, e non è la prima operazione di censura nei confronti di coloro che mostrano di avere opinioni scomode al Governo Netanyahu. A tal proposito basterebbe pensare al disegno di legge presentato a inizio febbraio, con cui Tel Aviv intende punire con la reclusione fino a cinque anni chi nega o minimizza la narrazione israeliana ufficiale del 7 ottobre. La bolla emanata lunedì, nello specifico, fa parte di una campagna contro i giornalisti che Israele porta avanti sin dall’escalation del 7 ottobre, e che non si sta svolgendo sul solo campo di battaglia mediatico. Solo a inizio anno, infatti, erano già morti 109 giornalisti nel suolo di Gaza, dato che, dopo la guerra i Iraq, costituisce il secondo numero più alto di vittime dei media in un conflitto in termini assoluti, e il maggiore in un periodo di tempo così breve: né la guerra in Vietnam coi suoi 63 morti, né la Seconda Guerra Mondiale con le sue 69 vittime sono infatti riuscite a raggiungere numeri di tale grandezza.

Con la bolla di lunedì, Israele continua la campagna di delegittimazione nei confronti dell’emittente panarabica Al Jazeera che va avanti da anni. I rapporti con il canale mediatico qatariota, infatti, sono tesi da tempo e si sono inaspriti nel 2022 con l’uccisione della giornalista palestinese-statunitense Shereen Abu Aqleh. In generale, dopo i fatti del 7 ottobre, Tel Aviv ha spesso accusato Al Jazeera di essere un canale di informazione terroristico al soldo di Hamas. Sul fronte degli esteri, non è ancora chiaro a cosa la legge approvata lunedì possa portare, anche perché la stessa Al Jazeera riporta che Israele non potrà negare ai giornalisti dell’emittente l’accesso nella Striscia di Gaza. Dall’escalation di ottobre, Al Jazeera è una delle emittenti che più ha contribuito nella condivisione di fatti e informazioni riguardanti il massacro in corso a Gaza. A oggi Al Jazeera risulta una delle testate più presenti all’interno della Striscia, con inviati e reporter attivi ogni giorno sul luogo per riportare quanto succede nel territorio palestinese; i giornalisti del canale contribuiscono alla stesura di una live permanente e attiva 24 ore su 24, e sono spesso coinvolti in operazioni di fact checking e controinchieste sulle dichiarazioni del Governo Netanyahu e delle IDF.  Al Jazeera ospita inoltre con una certa frequenza specialisti e analisti sul tema della questione palestinese, come la Relatrice Speciale ONU Francesca Albanese, che ha da poco presentato il suo rapporto “Anatomia di un genocidio” davanti al Consiglio per i Diritti Umani di Ginevra. Secondo il Comitato per la Protezione dei Giornalisti, la chiusura di Al Jazeera in Israele costituirebbe un pericoloso precedente che, con la legge di lunedì, potrà facilmente trovare nuovi sfoghi, e rischierebbe di “contribuire a un clima di auto-censura e ostilità nei confronti della stampa”, confermando una “tendenza in crescita sin dall’inizio della guerra Israele-Gaza”.

[di Dario Lucisano]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

1 commento

  1. L’unica democrazia del medio Oriente era lo slogan… E prima Una terra senza popolo per un popolo senza terra, o anche hanno fatto un giardino di un deserto. Quante pagliacciate.
    Ormai TUTTI vedono la realtà, Israele se ne faccia una ragione.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria