martedì 10 Dicembre 2024

Lontano dai riflettori la Birmania è in rivolta: i ribelli catturano una città

Mentre l’attenzione mediatica rimbalza da un conflitto all’altro, concentrando i suoi racconti su quelli più recenti e ‘appetibili’, alcune ostilità continuano a rimanere in vita anche quando nessuno ne parla più. È il caso del Myanmar, travolto appena due anni fa da un colpo di Stato militare e che ancora oggi si batte per riprendersi quanto gli è stato tolto dall’esercito.

Lo scorso 6 novembre alcuni gruppi di resistenza armata liberamente organizzati e contrari all’attuale governo imposto – noti come Forza di Difesa Popolare o PDF –, hanno detto di aver preso il controllo di Kawlin, nella regione di Sagaing, a nord del Paese e a circa 200 chilometri da Mandalay, la seconda città più grande del Myanmar: una conquista significativa, tenuto conto che la città è la prima ‘capitale’ amministrativa che le forze di resistenza riescono a strappare ai militari, dopo un’offensiva durata quattro giorni in cui ribelli riferiscono (con un post su Facebook) di aver occupato uffici statali, una stazione di polizia, la scuola superiore, e l’ufficio di gestione e statistica del territorio.

Non è tuttavia facile reperire informazioni più dettagliate, visto che, a causa dei combattimenti, l’accesso a Internet e ai servizi di telefonia mobile è stato quasi completamente interrotto. Decide di persone sentite da AP, residenti di Kawlin ma lontani dalla città al momento degli scontri, hanno detto di non essere riusciti a contattare neppure i propri familiari.

In ogni caso quella di Kawlin non è l’unica conquista ottenuta di recente. Dopo la presa del potere da parte dell’esercito sono stati molti i gruppi nati in tutto il Paese – che spesso si sono alleati anche con gli eserciti di minoranze etniche come i Kachin e i Karen che combattono per una maggiore autonomia dal governo centrale da più di mezzo secolo – per spodestare i militari. Agli inizi di novembre infatti l’Alleanza delle Tre Fratellanze, che comprende l’Esercito di Arakan (AA), l’Esercito dell’Alleanza Nazionale Democratica di Myanmar (MNDAA) e l’Esercito di Liberazione Nazionale di Ta’ang (TNLA), ha lanciato un’offensiva contro il governo golpista e ha sequestrato tre città nel nord-est del Paese, compreso un importante valico di frontiera per il commercio con la Cina. Un’azione che molti hanno interpretato come un rafforzamento della lotta armata nazionale per rovesciare il regime militare, salito in carica lunedì 1 febbraio del 2021.

In quel giorno, sostenendo che le elezioni non fossero state svolte nel modo corretto, l’esercito ha arrestato Aung San Suu Kyi – leader del partito che aveva la maggioranza in parlamento e capo de facto del governo – assieme ad altri esponenti del partito, e ha dichiarato lo stato di emergenza per un anno. I poteri legislativi, esecutivi e giudiziari sono stati trasferiti al capo delle forze armate, Min Aung Hlaing, mentre all’ex generale Myint Swe è toccata la carica di presidente ad interim. Le elezioni si erano tenute l’8 novembre del 2020. La Lega nazionale per la democrazia (NLD), il partito di Aung San Suu Kyi, aveva vinto con ampio margine (368 seggi su 434). La leader era molto apprezzata dalla popolazione, ma criticata a livello internazionale per aver negato l’esistenza del genocidio della minoranza musulmana dei Rohingya.

Dopo il colpo di Stato, le linee telefoniche nella capitale Naypyitaw e nella città di Yangon sono immediatamente state interrotte, così come le trasmissioni della televisione di Stato e l’accesso a Facebook, nel tentativo di reprimere il dissenso della popolazione e con la scusa che gli utenti stavano «turbando la stabilità del Paese», utilizzando la rete per diffondere «fake news e disinformazione». Facebook, che in Myanmar registra 22 milioni di utenti, è stato utilizzato per coordinare azioni di disobbedienza civile e proteste. È così che per esempio gli operatori sanitari di 70 ospedali si sono organizzati per lasciare il lavoro in massa e protestare contro le azioni dell’esercito. Anche Instagram e WhatsApp sono stati soggetti a restrizioni, perché usati dai cittadini per pianificare la protesta dei balconi, che ha visto i residenti di diversi quartieri del Paese sbattere rumorosamente pentole e padelle come atto simbolico per scacciare il male.

[di Gloria Ferrari]

 

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