domenica 15 Dicembre 2024

Una donna è stata condannata al carcere per aver esposto uno striscione NO TAV

Otto mesi di carcere per aver cercato di appendere uno striscione all’esterno del tribunale di Torino in segno di solidarietà per una compagna militante No TAV: questa la condanna spettata a Francesca, anche lei attivista del Movimento, giunta a ben dieci anni di distanza dai fatti. A imporre la misura il giudice del tribunale di Sorveglianza Elena Bonu, la stessa che impose due anni di detenzione all’attivista no Tav Dana Lauriola per aver parlato in un megafono nel corso di una manifestazione. Decisione che non può non suscitare una certa perplessità, considerato che la pena inflitta è inferiore a un anno e considerato il grave problema di sovraffollamento che affligge il carcere di Torino ormai da tempo.

I fatti contestati risalgono al 2013. il 26 luglio di quell’anno si era svolto un presidio di fronte al tribunale di Torino in sostegno a Marta, militante del Movimento contro l’Alta Velocità che era stata fermata e denunciata qualche giorno prima in Val di Susa, nel contesto di una manifestazione nei pressi del cantiere di Chiomonte. «La polizia ha bloccato il corteo sia davanti che dietro e ha iniziato a picchiare tutti, compresa Marta, che è stata anche molestata dagli agenti» racconta a L’Indipendente D., militante No TAV. All’indomani della manifestazione il Movimento organizzò una conferenza stampa per denunciare quanto accaduto e di lì a poco prenderà il via il processo che vedrà Marta coinvolta come imputata e come vittima (i poliziotti denunciati per le molestie verranno poi tutti assolti, riferisce D.).

Nel corso del presidio in suo sostegno le compagne, tra le quali Francesca, hanno cercato di appendere uno striscione all’esterno del tribunale. «Come donne No TAV abbiamo deciso di scendere dal presidio di Venaus a Torino per esprimere solidarietà a Marta fuori dal Tribunale» ci racconta Alice, altra militante presente quel giorno. «”Se toccano una toccano tutte – Non un passo indietro! Solidarietà a Marta”: questa era la scritta sullo striscione, non c’era nulla di violento o offensivo. Eravamo quasi tutte donne a portare questo striscione, peraltro erano cose che già avevamo fatto in precedenti manifestazioni a scopo dimostrativo. La celere presente all’ingresso ci ha caricati e successivamente sono arrivate denunce a carico di alcuni per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, che i poliziotti si sono causati da soli inciampando nei panettoni in cemento davanti al tribunale». Alle accuse è seguito un processo, al termine del quale Francesca è stata condannata a otto mesi di carcere. «Il suo avvocato ha chiesto l’applicazione delle misure alternative, anche in ragione del fatto che lei aveva un contratto di lavoro a tempo indeterminato – dal quale, in ragione della condanna, è stata costretta a licenziarsi – e il procuratore sembrava favorevole alla cosa. Sfortunatamente il giudice del Tribunale di Sorveglianza no». Si tratta del medesimo giudice, Elena Bonu, che ha condannato Dana Lauriola a due anni di detenzione per aver parlato a un megafono nel corso di una manifestazione.

Il carcere di Torino è da tempo afflitto da un grave problema di sovraffollamento, che causa non pochi disagi nella gestione della struttura stessa e nel benessere psicologico dei detenuti. Il 2022 è stato l’anno nero dei suicidi in carcere, con 84 reclusi che si sono tolti la vita nelle carceri di tutta Italia anche a fronte di reati minori commessi, con una media di 15 casi ogni 10 mila detenuti a fronte di una media di 0,67 tra le persone libere. Eppure, la macchina della giustizia sembra ancora non conoscere alternative migliori.

[di Valeria Casolaro]

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