sabato 27 Luglio 2024

Come le Big Pharma influenzano la ricerca, i media e le istituzioni

Studi clinici “falsificati”, governi e organizzazioni internazionali “in conflitto di interessi” e media che mettono in campo una vera e propria “censura scientifica”: sono queste alcune delle conseguenze dell’operato delle grandi società farmaceutiche, che dall’inizio della pandemia da Covid-19 hanno attuato tutta una serie di “metodi di manipolazione delle informazioni”. A sottolinearlo è un articolo scientifico pubblicato recentemente sulla rivista Surgical Neurology International, con cui sono state esaminate le tecniche tramite le quali l’industria farmaceutica riesce ad esercitare la propria influenza. Utilizzando diversi tipi di fonti, tra cui studi scientifici (di cui una buona parte sottoposta a revisione paritaria) e documenti governativi, il lavoro ha sostanzialmente dimostrato che l’informazione viene manipolata in maniera importante dalle Big Pharma, il cui obiettivo secondo l’autore dell’articolo Fabien Deruelle sarebbe sia quello di accrescere il proprio patrimonio che quello di sopprimere la capacità dei cittadini di fare scelte, così da “acquisire il controllo globale della salute pubblica”. Tralasciando però le opinioni personali dello scienziato, quanto analizzato all’interno dell’articolo scientifico dimostra chiaramente non solo che l’industria farmaceutica ha messo le mani su diverse informazioni scientifiche durante l’emergenza Covid, ma anche che quanto fatto in tale periodo di tempo sostanzialmente conferma l’esistenza di “un enorme problema che si sviluppa da decenni”. Il lavoro infatti sottolinea in particolare che il controllo della scienza da parte delle Big Pharma va avanti da diversi anni, con quest’ultima che sulla scia dell’esempio dato negli anni ’50 dall’industria del tabacco ha da tempo messo in atto tutta una serie di meccanismi manipolatori.

Oltre il Covid-19: il problema dell’ingerenza delle Big Pharma esiste da tempo

“Nel 2005, un rapporto della Camera dei Comuni nel Regno Unito descriveva dettagliatamente il controllo e le conseguenze della lobby farmaceutica”, viene affermato riguardo la storica ingerenza delle Big Pharma nell’articolo, in cui viene ricordato che nel rapporto si leggeva: “le persone assumono da secoli farmaci inefficaci e dannosi […], l’industria è estremamente influente, condizionando ogni aspetto del mondo medico, compresi i prescrittori, i pazienti, gli accademici, i media e persino le istituzioni progettate per regolamentarlo. La sua influenza in Parlamento è ampia […], e circa il 90% degli studi clinici sui farmaci e il 70% degli studi riportati nelle principali riviste mediche sono condotti o commissionati dall’industria farmaceutica”. “Poiché quest’ultima svolge la maggior parte della ricerca, inevitabilmente l’industria non ha solo un effetto importante su ciò che viene ricercato, ma anche su come viene ricercato e sul modo in cui i risultati vengono interpretati e riportati”, si leggeva ancora nel rapporto.

Insomma, un’ampia influenza non solo nei confronti delle istituzioni ma anche della ricerca scientifica, nell’ambito della quale in quegli anni vi erano stati vari campanelli di allarme. Nel 2004 Richard Horton, editore della rivista The Lancet, aveva infatti affermato che le riviste mediche si erano trasformate in «operazioni di riciclaggio delle informazioni per l’industria farmaceutica», così come nel medesimo anno i redattori della rivista PLoS Medicine avevano dichiarato di non voler «far parte del ciclo di dipendenza…tra le riviste e l’industria farmaceutica». Esternazioni da parte del settore scientifico erano poi arrivate anche nel 2005, quando ad esempio Richard Smith, ex redattore della rivista British Medical Journal (BMJ), aveva definito le riviste mediche come «un’estensione del braccio commerciale delle aziende farmaceutiche», mentre Richard Horton nel 2015 si era sbilanciato affermando che «gran parte della letteratura scientifica, forse la metà, potrebbe semplicemente essere falsa». Affermazioni che non sorprendono se si tiene conto del contesto in cui si pongono, caratterizzato da veri e propri conflitti di interesse. Basterà citare un rapporto del 2007 del Parliamentary and Scientific Committee (un’organizzazione parlamentare del Regno Unito), da cui è emerso che i maggiori conflitti di interesse per le riviste nascono dalle “ristampe”, che vengono acquistate in gran numero dalle case farmaceutiche e poi date ai loro rappresentanti per vendere i propri farmaci.

Il problema, però, non è di certo solo quello delle ristampe: come ricordato all’interno dell’articolo scientifico, infatti, “fino agli anni ’80, le sperimentazioni cliniche per le industrie farmaceutiche venivano condotte nelle scuole di medicina e negli ospedali universitari”. Tuttavia, “ciò richiedeva troppo tempo e non consentiva alle aziende di avere il controllo totale sull’avanzamento e soprattutto sui risultati degli studi“, motivo per cui “nacquero le organizzazioni di ricerca a contratto (CRO)”, le quali sono simili a “società commerciali che gestiscono gli studi clinici delle aziende farmaceutiche”. Le CRO, infatti, “costituiscono reti di medici che lavorano sotto la loro supervisione e sono pagati per somministrare ai pazienti i farmaci studiati per poi raccoglierne gli effetti”, e “circa il 70-75% delle spese del settore per le sperimentazioni cliniche va ad esse”. Di conseguenza, gli articoli scientifici sui prodotti delle Big Pharma e da esse sponsorizzati “sono in gran parte creazioni delle stesse aziende”, che effettuano il lavoro “tramite ghostwriters”: gli “autori fantasma” finanziati dall’industria con lo scopo di “preparare il manoscritto”, che “viene poi inoltrato a uno scienziato riconosciuto nel settore, che può o meno essere autorizzato ad apportare modifiche, e quindi inviato a una rivista rispettabile per la pubblicazione”. Ovviamente, tutto ciò può generare vari problemi, come ad esempio la tendenza ad evidenziare solo gli aspetti positivi di un farmaco o ad omettere gli eventi avversi.

Le criticità emerse durante la pandemia: le cure osteggiate

Criticità come quelle appena citate si sono palesate in maniera importante con la pandemia da Covid-19, durante la quale le zone d’ombra dell’operato dell’industria farmaceutica sono venute alla luce in maniera alquanto evidente. In tal senso, da menzionare è innanzitutto l’idrossiclorochina, che a quanto pare ha immotivatamente ricevuto una forte opposizione pubblica in Francia. “Nonostante gli effetti benefici dell’idrossiclorochina (HCQ) nel trattamento del Covid-19, il governo francese ne ha vietato l’uso sulla base di uno studio fraudolento pubblicato, poi ritirato pochi giorni dopo, dal The Lancet“, si legge nell’articolo scientifico, il quale poi ricorda che “uno studio ha rilevato che durante il periodo pandemico c’era una correlazione tra gli importi finanziari dati da Gilead Sciences (remdesivir) ai medici accademici di malattie infettive e la loro pubblica opposizione all’uso dell’idrossiclorochina”. Del resto, sembra che in Francia Gilead Sciences abbia un grande potere, avendo speso “65 milioni di dollari negli ultimi 7 anni per stabilire la sua influenza con professionisti e istituzioni”. Ad ogni modo, però, l’azienda ha effettuato affari importanti anche in Europa, visto che seppur il remdesivir “non abbia benefici clinici statisticamente significativi, e sia altamente tossico per reni e polmoni, è stato firmato un contratto da 1 miliardo di euro tra il laboratorio Gilead e l’Unione Europea”. Il tutto, nonostante il fatto che “poco prima della firma di questo contratto, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) avesse sconsigliato l’uso del farmaco a causa della sua inefficacia, della elevata tossicità renale e del suo costo elevato”.

Stranezze, però, si sono verificate anche negli Stati Uniti: basterà ricordare che “durante la pandemia l’industria farmaceutica ha collaborato con il settore militare” e BARDA – un ufficio del Dipartimento della salute e dei servizi umani (HHS) degli Stati Uniti che secondo quanto scritto nell’articolo ha avuto a che fare con l’azienda Moderna – insieme alla Food and Drug Administration (FDA) ha “chiesto la cancellazione dell’uso dell’idrossiclorochina come metodo con cui trattare il Covid-19″. Una eliminazione che sembrerebbe andare ancora una volta a “vantaggio delle aziende farmaceutiche”, in quanto potrebbe essere “correlata al fatto che i vaccini Covid-19 hanno ricevuto un’autorizzazione all’uso di emergenza (EUA) che, quindi, può essere rilasciata solo in ‘assenza di adeguata alternative'”. Se così fosse, in pratica, l’efficacia dell’idrossiclorochina oltre che dell’ivermectina – i cui studi avrebbero dato risultati “promettenti” – sarebbe “stata sabotata” con il fine di “consentire ai vaccini anti-Covid, così come al remdesivir, di beneficiare di un’autorizzazione all’uso di emergenza (EUA)”. Un’ipotesi alquanto inquietante, non soltanto per quanto detto, ma anche in virtù del fatto che proprio grazie all’autorizzazione all’uso di emergenza (EUA) “gli studi Moderna e Pfizer sono in Fase 3 rispettivamente fino a dicembre 2022 e febbraio 2023”, con i vaccini che dunque “sono ancora in fase di test”. Non si tratta però dell’unico episodio sospetto avvenuto negli Stati Uniti: basterà ricordare di quando nel 2021 i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) cambiarono la definizione della parola “vaccino”, passando infatti dal definire il vaccino come “un prodotto che stimola il sistema immunitario di una persona a produrre immunità a una malattia specifica, proteggendo la persona da quella malattia” a descriverlo come “una preparazione che viene usata per stimolare la risposta immunitaria del corpo contro le malattie”. Una scelta che potrebbe avere diverse ragioni, tra le quali – secondo quanto ipotizzato dall’autore dell’articolo – vi potrebbe essere quella di “proteggere i produttori dall’essere citati in giudizio per aver realizzato un prodotto che non rientrava nella definizione di ‘vaccino'”.

Tutto ciò che non torna in merito ai vaccini anti-Covid

Oltre a quanto avvenuto negli Stati Uniti, però, bisogna ricordare che le zone d’ombra legate ai vaccini anti-Covid sono molteplici. “Mentre l’autorizzazione alla vaccinazione dei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni con il vaccino Pfizer è stata votata in Europa il 25 novembre 2021”, il 26 ottobre 2021 Pfizer aveva pubblicato un rapporto in cui affermava che in quel momento il numero di partecipanti al programma di sviluppo clinico fosse “troppo piccolo per rilevare eventuali rischi potenziali di miocardite associati alla vaccinazione”. “La sicurezza a lungo termine del vaccino Covid-19 nei partecipanti di età compresa tra 5 e 12 anni sarà studiata in cinque studi sulla sicurezza post-autorizzazione, incluso uno studio di follow-up di 5 anni per valutare le sequele a lungo termine della miocardite/pericardite post-vaccinazione”, aveva inoltre aggiunto l’azienda.

Non solo, perché dubbi sembrano esservi anche nei confronti della terza dose. “Uno studio Pfizer-BioNTech ha dimostrato che una terza iniezione del loro vaccino in persone di età pari o superiore a 16 anni era sicura ed efficace”, si legge nell’articolo, il quale specifica però non solo che lo studio in questione “è stato finanziato da BioNTech e Pfizer”, ma anche che “la Pfizer era responsabile della progettazione e della conduzione della sperimentazione”, della “raccolta, dell’analisi e dell’interpretazione dei dati” nonché della “stesura del manoscritto”, ed anche BioNTech ha “contribuito all’interpretazione dei dati ed alla stesura del manoscritto”. Infine, le due società hanno altresì “prodotto il placebo utilizzato nella sperimentazione”, motivo per cui nell’articolo si legge che – sulla base delle “precedenti spiegazioni” apparse all’interno delle pubblicazioni scientifiche condotte dall’industria farmaceutica – risulta essere “inconcepibile il fatto che questo studio sia stato preso in considerazione nello sviluppo delle linee guida sanitarie”.

Anche il tema degli effetti avversi a lungo termine, inoltre, sembra essere contornato da diverse zone d’ombra. Basterà citare un documento Pfizer del dicembre 2021, il quale “mostra che “non è stata valutata la possibilità che il vaccino Pfizer-BioNTech causi cancerogenicità, genotossicità o comprometta la salute maschile dal punto di vista della fertilità”. Detto questo, nell’articolo scientifico si legge poi che “le due principali categorie di malattie riportate nella letteratura biomedica scatenate dalle vaccinazioni sono autoimmuni” e “neurologiche”, e che “queste conseguenze sono particolarmente preoccupanti con l’attuale ripetizione delle dosi di vaccino”. Del resto, la letteratura mostra che “la sovrastimolazione del sistema immunitario mediante immunizzazione ripetuta con un antigene porterà inevitabilmente a una risposta autoimmune sistemica”, la quale sembra probabile visto che “dopo la vaccinazione con mRNA, l’antigene spike del vaccino e l’mRNA persistono fino a 8 settimane nei centri germinali dei linfonodi e la produzione di proteine ​​spike è più elevata che nei pazienti gravemente malati di Covid-19”. A tutto ciò poi si aggiungano i possibili problemi cardiaci: i “dati post-marketing di dicembre 2021 di Pfizer dimostrano un aumento del rischio di miocardite e pericardite negli uomini di età inferiore ai 40 anni”, con le “potenziali sequele a lungo termine che non sono ancora note”.

Il modo in cui le Big Pharma influenzano le istituzioni

Nel 2015, un rapporto dell’organizzazione Corporate Europe Observatory (CEO) ha “mostrato l’eccessiva influenza del settore farmaceutico nell’operato della Commissione europea a Bruxelles, a scapito della salute pubblica e della correttezza commerciale”: questo si legge innanzitutto nel paragrafo dell’articolo dedicato al rapporto tra l’industria e le istituzioni. “Questo settore tiene saldamente le redini di una vasta e ricca macchina di lobbying che ha un accesso quasi sistematico ai decisori della Commissione”, sottolineava infatti il rapporto, che poi specificava come l’industria farmaceutica fosse anche “in stretto contatto con l’EMA (Agenzia europea per i medicinali)” e che “un minimo di 40 milioni di euro” servivano a “pagare un esercito di 176 lobbisti legati all’industria farmaceutica“. Non sarà un caso, dunque, il ruolo chiave della Federazione europea delle industrie farmaceutiche emerso dal rapporto, secondo cui vari testi, appartenenti al settore delle “sperimentazioni cliniche o dei segreti aziendali”, sono stati “modellati in base ai suoi desideri”.

Il legame tra istituzioni e società farmaceutiche, però, non può essere di certo relegato solo al periodo di pubblicazione del rapporto, essendoci tracce dell’ingerenza dell’industria sia nel recente passato che negli anni più distanti. Nel 2021, infatti, il Parlamento europeo osservava: “l’EMA è un’agenzia finanziata da commissioni, con l’85,70% delle entrate del 2019 derivanti da commissioni pagate dall’industria farmaceutica, il 14,29% dal bilancio dell’Unione e lo 0,01% da entrate esterne con destinazione specifica”. Venendo invece agli anni meno recenti, basterà menzionare un rapporto dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, che già all’epoca avrebbe dovuto far comprendere che le istituzioni probabilmente non operavano in totale indipendenza. Il rapporto, infatti, “criticava pesantemente l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), i governi nazionali e le agenzie dell’UE per la loro gestione della pandemia di influenza suina”, accusandoli di “distorsione delle priorità dei servizi sanitari pubblici in tutta Europa, spreco di ingenti somme di denaro pubblico, provocazione di timori ingiustificati tra gli europei e creazione di rischi per la salute attraverso vaccini e farmaci che potrebbero non essere stati sufficientemente testati prima di essere autorizzati in procedure rapide”. A ciò si aggiungano le parole dell’ex capo della sanità presso il Consiglio d’Europa, Wolfgang Wodarg, secondo cui l’epidemia di influenza suina sarebbe stata una «falsa pandemia» guidata dalle compagnie farmaceutiche, che avrebbero influenzato scienziati ed agenzie ufficiali. Infine, tornando all’attualità, il già enigmatico ruolo dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sembra divenire maggiormente oscuro se si tiene conto della sua mancata indipendenza finanziaria, con la Bill and Melinda Gates Foundation (una fondazione privata americana) che nel 2021 è stata la seconda maggior finanziatrice della stessa.

Il controllo dei media

“L’industria farmaceutica finanzia e influenza i media per garantire la presenza di messaggi ad essa favorevoli”: si legge infine nel rapporto, che sottolinea come “il controllo dell’informazione a favore della vaccinazione, e quindi dell’industria farmaceutica, passi anche attraverso Bill Gates che finanzia fortemente le organizzazioni che promuovono i vaccini, come l’OMS e l’Alleanza globale per i vaccini e l’immunizzazione (GAVI Alliance), nonché molti media”. Media che, tra l’altro, hanno anche unito le forze contro la “disinformazione sui vaccini” tramite l’istituzione della “Trusted News Initiative” (TNI): un’iniziativa avente ad oggetto la collaborazione dei principali media mainstream (come l’agenzia di stampa Reuters o il quotidiano The Washington Post) e delle più importanti società tecnologiche (come Google, YouTube e Facebook), che appunto lavorano insieme per fermare la diffusione della “disinformazione” sui vaccini anti-Covid. Non sarà un caso, dunque, se come ricordato nell’articolo “dall’inizio della pandemia tanti dati scientifici e opinioni di esperti sono stati censurati o etichettati come falsi o fuorvianti da molte piattaforme digitali”, così come potrebbe non essere un caso l’adesione della agenzia di stampa Reuters all’iniziativa. Un amministratore di Pfizer, infatti, “è stato anche presidente e amministratore delegato di Thomson Reuters e mantiene ancora una relazione con tale agenzia di stampa”, il che, ovviamente, non può che sollevare una ennesima ed importante “questione di conflitto di interessi”.

[di Raffaele De Luca]

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5 Commenti

  1. Seppure ormai, quasi completamente demoralizzato e fiaccato nella speranza, per come la “Massa Vaccina” (miei parenti compresi) e i Media appaiano stoici e “stolti”, come dice il nostro amico Cristian Z., nel loro continuo e masochistico cieco parteggiare per la via della propria ed altrui distruzione (qui mi riferisco anche a cose come 5G./ Chemioterapie/ OMG/ Robotica ecc..), vorrei anche io citare alcuni autori di bellissimi libri che ho letto: Marco Pizzuti, Tiziana Alterio, Gianni Lannes, del Dott. Scoglio e di Massimo Citro.
    Penso che, queste informazioni siano ormai cose che ci passiamo e ripassiamo, direi allora quasi inutilmente, solo fra noi, facenti parte della esigua “contro élite” della Coscienza umana e Planetaria rimasta; spero di sbagliarmi.
    Ringrazio il Sig. Raffaele De Luca per il bellissimo articolo, ricco di spunti, e mi unisco idealmente agli autori dei commenti precedenti il mio.

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