Il 24 febbraio Putin annunciava di aver dato l’autorizzazione alle proprie truppe di invadere il confine ucraino: una guerra per molti versi preannunciata ma che, così come molti altri conflitti, ha aperto scenari diversi, alcuni visibili, altri meno. Proprio come accaduto durante la pandemia, e come vi abbiamo più volte raccontato, non è raro che i Governi tendano ad approfittare di situazioni così caotiche, emergenziali, nuove e impreviste – davanti cui la maggior parte di noi non sa come comportarsi – per abusare oltre ogni limite del proprio potere o fare cose che altrimenti sarebbe più difficile fare alla luce del sole.
È per questo che lo scoppio di una guerra non significa mai solo la nascita di un nuovo conflitto. E per capirlo non dobbiamo andare molto lontano. Basta guardare cosa sta succedendo in casa nostra, l’Europa e come stiano fioccando gli investimenti in armi e difesa. Vediamolo insieme.
Piovono miliardi per la difesa
Il modo migliore per mostrare l’evidenza dei fatti è partire dai dati, e in questo caso da quelli riportati da Statewatch e dal Transnational Institute, nel documento dal titolo “A che prezzo? Il finanziamento delle politiche di sicurezza, difesa e frontiere dell’UE”. Nel report c’è un numero che colpisce più degli altri: 43,9 miliardi, ovvero il budget che l’UE ha messo a disposizione per sicurezza, difesa e gestione dei confini fino al 2027. Si tratta di un aumento del 123% rispetto al periodo precedente (quello prima del 2021). Insomma, se parliamo di priorità, quelle europee non sono di certo rivolte a diritti, valori o giustizia, per cui invece è stata stanziata una spesa 30 volte più bassa rispetto a quella destinata alla parte belligerante. Abbiamo davvero bisogno di costruirci attorno una fortezza da 44 miliardi? L’impressione è che la guerra in Ucraina sia spesso utilizzata per gli scopi di cui dicevamo qualche riga più su: attuare dei piani che in altri momenti storici non sarebbero riusciti a passare così in sordina, come sta accadendo oggi.

Gli aumenti si stanno verificando sia nei bilanci fatti individualmente da ogni Stato membro che in quello comunitario, europeo appunto, e si traduce soprattutto nell’aumento degli investimenti in aziende con focus produttivo e di ricerca su materiale bellico altamente tecnologico. In questo settore infatti la spesa schizza a un +1256% rispetto ai cinque anni precedenti, per un totale di quasi otto miliardi di euro (su 44). Nello specifico, 2,7 saranno impiegati nella ricerca e “solo” 5,3 nella realizzazione vera e propria di armi e attrezzature simili. L’obiettivo è quello di “sostenere progetti di ricerca che possano incrementare in modo significativo le prestazioni delle future capacità militari in tutta l’Unione” e “favorire lo sviluppo di prodotti e tecnologie di difesa”.

Non chiamatele missioni di pace
All’interno del “budget militare” rientrano anche i soldi destinati al Fondo europeo per la pace (EPF), in aumento del 119% per un totale di 5,7 miliardi di euro. A cosa serviranno? A “finanziare operazioni militari dell’UE avviate nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune, a dare supporto militare a stati extra UE, in operazioni di sostegno alla pace guidate da un’organizzazione regionale o internazionale o da Stati terzi e per altre operazioni militari o di difesa dell’UE”. Di fatto, altro denaro che finisce per rimpolpare la spesa bellica, anche perché “i soldi potranno essere spesi non solo per operazioni nel continente africano ma in tutto il mondo, e sarà possibile inoltre utilizzare i fondi direttamente per l’acquisto di armi”.
Chi decide quando e dove avviare le operazioni militari dell’UE o le misure di assistenza? Sempre gli Stati membri, sempre cioè gli stessi, che quindi potranno decidere di intraprendere missioni o spedizioni in qualsiasi momento e senza troppe difficoltà, disponendo a loro piacimento di tutto il cassetto dei risparmi europeo.

Meno budget dove ne servirebbe di più
Oltre ai budget destinati a “difesa e pace” – ed entrambi raggruppabili con la dicitura di spese militari – ce ne sono altri 4 che insieme costituiscono quel pacchetto da 44 miliardi di cui parlavamo prima, e che, ognuno a modo suo, nell’immaginario europeo contribuiscono a rafforzare le politiche dell’UE in materia di sicurezza, difesa e frontiere.
Partiamo con il primo dei 4, quello di “Sicurezza civile per la società” da 1,5 miliardi di euro, e che prevede di “finanziare progetti di ricerca scientifica e innovazione per assistere l’attuazione di aree politiche dell’UE come i trasporti, la salute, l’ambiente e lo sviluppo industriale”. Nello specifico il programma è stato pensato per preparare i cittadini a rispondere adeguatamente alle catastrofi (che vanno da attacchi terroristici a disastri industriali, inondazioni e incendi boschivi) e più in generale alla criminalità, alla radicalizzazione, terrorismo e controllo delle frontiere. Con tutti i pro e i contro del caso, il programma – le cui intenzioni di base sarebbero anche buone – ha una sola pecca: ha un budget molto limitato, calato di quasi il 9% rispetto a quello disponibile lo scorso quinquennio. Una scelta governativa che alla fine dei conti non sorprende più di tanto e che non fa altro che mettere in luce le effettive intenzioni dell’Unione Europea. Meglio un fucile di precisione che trasporti più efficienti.

Altro denaro per finanziare crimini d’odio
“Non ci sono finanziamenti per intraprendere operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, ma piuttosto per fornire assistenza o partecipare attivamente alle operazioni di “respingimento” per impedire ai migranti e ai richiedenti asilo di raggiungere le coste europee”. Con questo estratto, ripreso dal report, introduciamo due altri budget, quello destinato alla gestione integrata delle frontiere e quello previsto per Asilo e migrazione.
Rispetto al primo fondo, “gran parte del budget sarà speso per l’acquisizione di nuove tecnologie di controllo delle frontiere, l’addestramento delle forze di sicurezza alle frontiere e la raccolta di informazioni”, per garantire “una gestione europea integrata delle frontiere forte ed efficace”, con una spesa che aumenta del 131% rispetto ai cinque anni precedenti (per un totale di 6 miliardi di euro). Non vi è traccia di menzione invece per i diritti fondamentali dei rifugiati.

A beneficiare di questa scelta strategica sono soprattutto le agenzie europee il cui compito è proprio quello di controllare le frontiere. Parliamo ad esempio di Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) ed Europol (Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione di polizia) che riceveranno un +129% di finanziamenti. La prima, nello specifico, avrà un budget senza precedenti, come riporta Altreconomia: 5,6 miliardi di euro, con un aumento personale del 194% e una crescita del 13.200% del budget in meno di 20 anni. E a proposito di Frontex: ricordiamo che proprio Fabrice Leggeri, si era dimesso lo scorso aprile dal ruolo di capo dell’agenzia dopo che in molti l’hanno accusato di collaborare e di acconsentire a respingimenti di massa di richiedenti asilo – vietati da UE e diritto internazionale. In ogni caso, anche i paesi terzi (come la Libia) riceveranno più soldi per controllare l’immigrazione “a casa loro”. Tutte informazioni che, sommate, lasciano poco spazio all’immaginazione.
Il Fondo Asilo e migrazione invece, l’altro “budget” citato a inizio paragrafo, mira a “contribuire a una gestione efficiente dei flussi migratori in linea con le leggi dell’Unione e nel rispetto degli impegni dell’Unione in materia di diritti fondamentali”, cioè – si legge più avanti “rafforzare la cooperazione e il partenariato con i paesi terzi ai fini della gestione della migrazione, anche rafforzando le loro capacità di migliorare la protezione delle persone bisognose di protezione internazionale nel contesto degli sforzi di cooperazione globale”. In altre parole, ancora una volta, si traduce in finanziamenti rivolti a paesi terzi per evitare che i migranti arrivino in Europa, cosi quel che costi.

E ultimo, ma non per importanza…
L’ultimo dei budget è quello destinato a “rafforzare i poteri della polizia e di altri attori delle forze dell’ordine” e che raccoglie circa 2 miliardi di euro (+ 90%) per “prevenire e combattere il terrorismo e la radicalizzazione, la criminalità grave e organizzata e la criminalità informatica, assistendo e proteggendo le vittime di reati… preparandosi, proteggendo e gestendo efficacemente incidenti, rischi e crisi legati alla sicurezza”.

Insomma, ancora una volta si finisce in sintesi per non intervenire sulle cause profonde delle questioni, quanto piuttosto sulle conseguenze. Come capita per i conflitti politici e sociali, su cui spesso ci si chiede “come possiamo curare?” quando sarebbe meglio domandarsi “come possiamo prevenire?”.

[di Gloria Ferrari]




La storia probabilmente non è ” magistra vitae ” e non permette in genere di prevedere il futuro. Tuttavia il ripetersi costante di taluni fenomeni suggerisce alcune regole generali; una di queste , fondamentale, è che quando gli stati investono in armamenti si va rapidamente verso una guerra.
Ciò è evidente fin dalla storia greca e romana ma ancor di più nella storia più recente. Si pensi alle guerre napoleoniche, alla guerra franco-prussiana o alla prima e alla seconda guerra mondiale, per citare le più importanti.
C’è dunque da preoccuparsi della leggerezza con cui i governanti europei hanno imboccato decisi ed unanimi questa strada, pur riempiendosi la bocca con la parola ” pace”
La parte dell’aumento delle spese militari lascia basiti, è pazzesca e degna di assassini quali questi personaggi evidentemente sono, il tutto coi soldi dei cittadini europei. Per quanto riguarda la lotta all’immigrazione incontrollata, certo non viene gestita nel migliore dei modi, ma è indubbio che occorrano invterventi per controllare i flussi migratori, spesso fra l’altro usati per fini politici e finanziari dagli stessi assassini e speculatori di cui sopra.
Tutto questo è a dir poco desolante! Non c’è posto o paese dove fuggire per trovare idee di vita più progressite o innovative. Tutti sono stati fagocitati dalle lobby finanziarie e non, a discapito della popolazione che ormai è totalmente o quasi lobotomizzata dalla propaganda dei media e incapace di organizzarsi o reagire in modo importante. Compatisco le nuove generazioni e disprezzo la nostra che ha reso possibile tutto questo!
Brava Gloria Ferrari, veramente un bell’articolo. Purtroppo la direzione è quella di una maggiore militarizzazione del mondo e questa va sempre a discapito della democrazia e dei diritti anche fondamentali. Questa cosa determinerà un grave cambiamento della nostra società, da società del diritto si passerà gradualmente ad una società del controllo e dell’ubbidienza assoluta.