sabato 27 Luglio 2024

Vulvodinia: la malattia che in Italia è ancora invisibile

Alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica è stata depositata una proposta di legge per il riconoscimento di vulvodinia e neuropatia del pudendo. Malattie considerate “invisibili” perché ancora non ufficialmente riconosciute come tali. Anche se la vulvodinia, di cui soffre in media una donna su sette, è stata appena riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità nell’ultima revisione della classificazione internazionale delle malattie. Da gennaio 2022 rientra nell’ICD-11, categoria che riunisce il dolore correlato alla vulva, alla vagina o al pavimento pelvico. Un motivo in più per cominciare a parlare, anche in Italia, di una questione a lungo negata e che merita un riconoscimento oltre agli stereotipi e ai tabù.

Vulvodinia e neuropatia del pudendo

La vulvodinia è una “percezione dolorosa a livello vulvare”, malattia ginecologica che coinvolge la vulva e le terminazioni nervose dei genitali esterni femminili. Il dolore che si crea è cronico e invalidante, al bruciore consegue ovviamente disagio e si generano difficoltà in tutte le attività quotidiane. La vulvodinia è spesso associata anche a problemi urinari intestinali, può affettare la muscolatura e lo scheletro. Per quanto se ne parli davvero poco è una malattia anche più diffusa di disturbi come l’endometriosi, ben più conosciuta e che colpisce dal 5 al 10% delle donne. Invece è stato recentemente dimostrato come la vulvodinia sia presente tra il 12 e il 16 % della popolazione femminile. La sindrome si manifesta con un dolore di tipo neuropatico (cioè determinato da una lesione o disfunzione del sistema nervoso) e le donne affette sentono “scosse” improvvise, fitte, “punture di spilli” e fastidioso gonfiore. La malattia si presenta più spesso nei soggetti in età fertile ma può anche presentarsi durante il periodo della pubertà e della menopausa.

Il nervo pudendo è sensitivo, motorio e parasimpatico, motivo per cui si definisce misto. Se non trattata in tempo, qualsiasi alterazione del nervo pudendo diventa cronica. E la neuropatia rende quindi difficile anche il solo stare seduta, per non parlare della difficoltà nella minzione, nella defecazione e nello stare in piedi, ferme, per troppo tempo. Un disagio che continua e anzi si intensifica nei rapporti sessuali, talmente dolorosi che alle volte non posso essere vissuti.

Un calvario evitabile

Alcuni numeri sulla vulvodia [fonte dell’immagine: vulvodinia.online]
Il disegno di legge proposto sui media ha goduto di qualche attenzione principalmente per motivi di gossip, in quanto tra i soggetti che lo hanno presentato c’era Giorgia Soleri, sui giornali meglio conosciuta come “la compagna di Damiano dei Maneskin”. Nel dettaglio esso cataloga i disturbi legati alla malattia, dando tutte le corrette istruzioni e suggerendo le manovre per far sì che vulvodinia e la neuropatia del nervo pudendo siano ufficialmente riconosciute e correttamente trattate. Necessario sapere che tali patologie sono curate non in maniera standardizzata, ma esistono diversi provvedimenti da prendere a seconda delle specifiche condizioni del paziente e le possibili varianti che riguardano le patologie, e ogni particolare situazione clinica delle persone affette. Quando e se la diagnosi arriva, spesso è tardi e la vulvodinia è ormai cronica. Ecco perché è essenziale che la legge venga approvata, come hanno reso chiaro le tante donne presenti al presidio del 3 maggio 2022. In questo modo i disturbi potranno avere un’attenzione maggiore anche da parte della ricerca, ancora troppo acerba. Approfondire delle vere e proprie malattie, una volta che queste saranno considerate tali, è un modo per conoscere sempre più dettagli e magari trovare soluzioni efficaci e aiutare realmente nella prevenzione.

Il disegno di legge

“Il presente disegno di legge nasce dall’esigenza di ottenere il riconoscimento da parte del Servizio sanitario nazionale (SSN) di vulvodinia e neuropatia del nervo pudendo come malattie croniche e invalidanti” si legge nel documento ufficiale presentato alla Camera e al Senato. Si compone di quindici articoli, tra cui l’articolo 8 che garantisce il diritto al lavoro per le persone affette, l’articolo 9 che garantisce il dritto allo studio e l’undicesimo che istituisce un pass di disabilità dinamica per le pazienti. In quanto tema mai davvero trattato e malattia invalidante non riconosciuta come tale, chi soffre di vulvodinia (in Italia il 15% della popolazione femminile) non gode dei diritti e delle esenzioni che invece le spetterebbero. Ecco perché la nuova proposta di legge prevede anche l’inserimento della vulvodinia e neuropatia del pudendo nei livelli essenziali di assistenza (Lea) come malattie croniche invalidanti.

Non solo, ma l’intenzione sempre col fine di sensibilizzare su un argomento quasi sconosciuto è anche quella di istituire una Giornata nazionale per la vulvodinia e la neuropatia del nervo pudendo, così come promuoverne la prevenzione nelle scuole. Per quanto il percorso legislativo sia lento e difficile, il fatto che la proposta di legge, nata raccogliendo le istanze della società civile e delle attiviste sia stata depositata è già un grande passo avanti.

In Italia è ancora difficile “essere donne”

Giorgia Soleri e Silvia Carabelli, le attiviste che hanno presentato la proposta di legge in Parlamento

Quando si parla di donne e di tutto quel che concerne la sfera intima e genitale delle ultime, si tende ad affrontare il tema come fosse innominabile. Dei tabù tanto radicati che le stesse donne, oltre a soffrire fisicamente per delle vere e proprie “malattie invisibili”, sono portate a sentire imbarazzo, coscienti dei possibili giudizi e pregiudizi.
Un lavoro prima di tutto di accettazione, un necessario cambiamento culturale per abbattere uno stigma dannoso, dov’è essenziale comprendere che non è giusto – come invece sembrano far credere – soffrire in silenzio. Eppure chi è affetta da simili patologie è realmente impossibilitata a condurre una vita normale. È difficile stare sedute per troppo tempo, visto il forte bruciore alla parte esterna dei genitali che poi sfocia in una imponente infiammazione dei nervi dell’area pelvica. Viene da sé quanto il dolore impedisca le normali attività e condizioni ovviamente, oltre alla sfera personale, anche il lavoro e lo studio. Motivo per cui se il Ministero della Salute riconoscesse la malattia come tale e non più come una patologia praticamente “invisibile” anche le donne costrette a vivere il dolore silenziosamente, avrebbero finalmente possibilità di accedere alla didattica a distanza e al telelavoro, sicure di essere tutelate dallo Stato. È dunque di fondamentale importanza il riconoscimento da parte del SSN (Sistema sanitario nazionale), come sottolineato nel disegno di legge.

Se approvata, la proposta porterebbe – come già sottolineato – a una più specifica formazione del personale medico-sanitario. Perché altre problematiche sono legate all’approccio culturale di un’Italia troppo spesso condizionata dalla mentalità religiosa e dall’immagine della donna come “pura”, certo possibilmente dotata di sessualità ma quasi come fosse l’immagine cara al Dolce stil novo della “donna angelo”. Infernale se invece esplicita ed esposta, eretica e volgare se pronta a dirsi anatomicamente donna, umanamente dotata di un apparato sessuale apprezzabile e salvo da severi giudizi solo nella sfera della riproduzione.

E così anche la diagnosi di determinate patologie è spesso difficile perché regna una sorta di ignoranza mista a noncuranza, dove l’imbarazzo e il timore sembrano più dignitosi di una sincera ammissione. Le donne di diverse età che hanno vissuto e vivono dolori cronici senza sapere come curarsi, sono costrette a vivere “normalmente” le proprio giornate, nonostante le difficoltà fisiche e psicologiche portate da una malattia non vista come tale.

Convivere con un “Dolore senza voce”

Come sottolineano le attiviste, è necessario che le donne affette dalla sindromi sopracitate possano non soffrire più il dolore “senza voce.”

Quindi oltre alle sofferenze nel qui presente articolo brevemente esposte, le donne affette da patologie non ancora riconosciute dallo Stato non hanno solo difficoltà fisiche e successive conseguenze psicologiche, ma sono lasciate “sole”, a soffrire in silenzio e domandarsi quale sia il vero problema. Ne conseguono anche comparse di depressione e disagi personali e sociali.

Chi decide non ha conoscenze ed è maschio

Viene allora da chiedersi se finalmente le donne potranno avere ascolto e voce in capitolo su qualcosa che le riguarda direttamente e che spesso è in mano a una maggioranza di uomini, i quali devono scegliere mentre impossibilitati a comprendere fino in fondo e ignari di tante realtà. E il tanto parlare di un argomento così importante in Italia sembra essere ancora una rarità, che questa volta è stata messa in evidenza più perché coinvolto è un famoso cantante e non per il lavoro decennale di chi cerca di denunciare certe ingiustizie. Per fortuna dunque che una rockstar sia intento a dare il suo contributo a una giusta causa, ma certo viene da chiedersi cosa sarebbe successo se a dare voce all’argomento non fosse stata Giorgia Soleri. E non serve immaginare per avere un riscontro. Basta guardare la storia dei diritti delle donne in Italia, dove esistono vittorie ottenute (anche se con fatica) ma spesso, per quanto lo Stato abbia abbracciato determinate richieste, c’è un’intera Italia per certi versi culturalmente arretrata alla quale servirebbe un cambio di traiettoria, una rinascita culturale.

A dare speranza ora è il fatto che la legge abbia goduto dell’appoggio di diversi gruppi parlamentari: Partito Democratico, Forza Italia, Lega Nord, Movimento 5 Stelle, +Europa, Italia Viva, Coraggio Italia. Comunque appare imminente l’avvento di una mentalità diversa, così molte battaglie diverrebbero ben più semplici e intuitive, non giovando solo alle donne ma a tutti coloro troppo spesso considerati come “ultimi”, “diversi” e, spesso, ignorati.

[di Francesca Naima]

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13 Commenti

  1. Sono molto colpita negativamente dalla maggior parte dei commenti qui letti. Qui si parla di una malattia, non si parla né di politica, né di femminismo, né di sessismo. Si tratta di riconoscere una malattia che esiste, che colpisce in Italia migliaia di persone (femmine, certo, perché la vagina ce l’ha la donna), ma di malattia si tratta. Il problema, come afferma correttamente Loretta, è la scarsissima cultura dei medici, che invece di studiare la medicina ogni giorno, spesso si affrettano a bollare come immaginarie le cose che non conoscono semplicemente perché sono ignoranti e superficiali. Non ci si prende gioco delle persone che stanno male, uomini o donne che siano, un po’ di rispetto, per favore! Vorrei vedere voi se doveste combattere tutti i giorni con questa infiammazione che colpisce la vostra intimità!

    • E da quando in qua c’è bisogno del parlamento per riconoscere una nuova malatia?
      Ma non si rende conto che è un’operazione di facciata, strumantale, per farsi un pò di pubblicità e distrarre dalle questione dove il parlamento dovrevrebbe davver intervenire?
      Siamo in guerra con la Russia e il parlamento non ha osso un dito.
      Ma si rende conto ?

  2. Vorrei che venisse riconosciuto anche il fracasso scrotale come malattia invalidante e state a casa a carico della comunità…chi si incarica di portare avanti questa proposta? Se la cosa non è oggettivabile non si può fare niente, altrimenti su 2 vere sofferenti ne troviamo 10 finte. Purtroppo ormai sono pessimista fino al midollo, visto cosa ci hanno propinato nell’ultimo periodo!

  3. Tutto quadra come al solito.
    Strumentalizzazione di un problema esistente, sponsorizzato da ” influencer” che sicuramente non rappresentano il mondo felice che vorrei, solita retorica della donna che vuole essere libera dagli stereotipi tradizionali soprattutto legati alla procreazione e sessualità.
    Chissà come mai vedo sempre all orizzonte la legalizzazione dell ‘utero in affitto o utero artificiale.
    Come donna non vedo necessità di reclamare se non solo il riconoscimento dell essere donna e dell essere uomo con naturali differenze, non certo che la politica, che È ordine costituito, mi manovri in una ribellione interessata da se stessa pianificata.

  4. È una malattia che come tale va affrontata dal medico e non dal politico.
    Essendo poi una nevralgia non è per sua natura oggettivabile e quindi non c’è possibilità di riconoscerla come invalidità.

    • E che poteva dire un uomo?
      Ha letto l’articolo??? La politica deve inserire qs disagio tra le “malattie” e solo qs (oltre che il medico ovviamente) potrà dare a chi ne soffre la tutela del caso.

  5. A me pare proprio ridicolo che di un problema medico se ne occupi la politica, mentre i ginecologi non sanno neanche cos’è questa malattia e chi ne soffre deve cercare uno dei pochissimi specialisti in questo paese che hanno avuto la voglia di approndirlo e hanno messo a punto terapie adeguate. I categoria medica dovrebbe tenersi aggiornata continuamente, invece non fa altro che ricevere gli informatori dei fasci e farsi raccontare le loro storielle, questa é la formazione medica… Vergognoso come tutto in questo paese che é un semi dittatura

  6. Secondo me sarebbe un po’ ora di smettere di dare sempre la colpa al famigerato dominio maschile…credo che se fosse possibile fare una statistica libera da pregiudizi e stereotipi salterebbero fuori molti più uomini di quanto si crede che auspicano un risveglio e una piena accettazione della donna riguardo la propria sessualità. Spesso temo sia proprio la diretta interessata ad averne paura per prima (per colpa dell’uomo? Pur se esistono esempi in questo senso non credo sia possibile generalizzare in questo modo).

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