La Camera ha approvato la riforma della giustizia che introduce la separazione delle carriere dei magistrati e nuove regole per l’elezione del Csm. Il provvedimento, accolto con 243 voti favorevoli e 109 contrari, passa ora al Senato. Dopo il voto, un lungo applauso della maggioranza e dei membri del governo ha acceso tensioni con l’opposizione: alcuni deputati sono scesi al centro dell’emiciclo e il presidente di turno Sergio Costa ha sospeso la seduta. Critico il vicepresidente dell’Anm Marcello De Chiara, secondo cui la riforma ridimensiona il potere giudiziario creando «un quarto potere».
Nuove ombre sulla storia dei “droni russi” in Polonia, uno era un missile difettoso di Varsavia
Non sarebbe stato un drone russo, ma un missile polacco difettoso, sparato da un caccia F-16 durante un’operazione di difesa aerea contro droni russi penetrati nello spazio aereo nazionale, a colpire a colpire il tetto e a sfondare il soffitto di un’abitazione nel villaggio Wyryki-Wola, nella regione di Lublino, lo scorso 10 settembre. È quanto rivela Rzeczpospolita, che cita fonti vicine ai servizi di sicurezza polacchi. Secondo la ricostruzione del quotidiano, il missile aria-aria AIM-120 AMRAAM non avrebbe attivato la testata, limitandosi a danneggiare la struttura della casa. Il viceministro della Difesa nazionale Cezary Tomczyk ha ammesso la scorsa settimana l’abbattimento di tre droni, senza però fornire la posizione. La procura di Lublino, incaricata delle indagini, non ha confermato né smentito la tesi del missile polacco, limitandosi a parlare di un oggetto che «non è stato identificato né come drone né come suoi frammenti» e dichiarando per mezzo del procuratore Agnieszka Kępka, che «tutte le versioni devono essere prese in considerazione». Restano dunque aperti scenari diversi: errore tecnico, residuo di un drone, frammento di un ordigno difensivo o altro. L’episodio aveva fatto salire la tensione internazionale in seguito all’accusa del governo polacco nei confronti di Mosca di sconfinamento.
La ricostruzione di Rzeczpospolita ha suscitato numerose tensioni interne con l’opposizione che ha chiesto trasparenza e chiarimenti al governo. L’Ufficio per la Sicurezza Nazionale, il BBN e il presidente Karol Nawrocki, hanno chiesto al governo «chiarezza immediata» sull’accaduto. A quanto si apprende, né il presidente polacco né l’Ufficio per la Sicurezza Nazionale erano mai stati informati dal governo guidato da Donald Tusk che al vaglio ci fosse anche la possibilità di un errore dell’aeronautica polacca. Il presidente Nawrocki, pur sostenendo la necessità di difendere il Paese da intrusioni esterne, ha richiesto una relazione dettagliata sull’incidente e sulla gestione della catena di comando quella notte. Il premier Tusk ha provato a contenere le polemiche e ha ribadito che l’evento rientrerebbe in una strategia di Mosca per testare le difese polacche e seminare insicurezza lungo il fianco orientale della NATO: «Tutta la responsabilità per i danni alla casa di Wyryki ricade sui responsabili della provocazione dei droni, ovvero la Russia», ha scritto su X. Il premier ha comunque assicurato che i risultati dell’indagine saranno resi pubblici appena terminata, ma ha sottolineato l’urgenza di investimenti supplementari nella difesa aerea e di un coordinamento ancora più stretto con gli alleati occidentali. Il caso si inserisce così anche in uno scontro politico interno: da un lato l’esecutivo, intenzionato a mantenere la responsabilità sulla Russia, dall’altro chi teme che un’ammissione di errore tecnico indebolisca la credibilità delle istituzioni e dell’esercito. Il dibattito riguarda anche la comunicazione pubblica. L’accusa immediata contro Mosca, lanciata in assenza di prove definitive, ha attirato l’attenzione dei media internazionali e ha alimentato letture contrastanti. Non è la prima volta che un evento di confine genera tensioni: basti ricordare l’episodio del novembre 2022 a Przewodów, quando un missile cadde in territorio polacco causando due morti. In un primo momento l’accusa fu rivolta a Mosca, salvo poi scoprire che si trattava di un ordigno antiaereo ucraino.
L’episodio di Wyryki-Wola non è un fatto isolato, ma il sintomo di un contesto più ampio. Negli ultimi due anni, la Polonia si è trasformata nel bastione orientale della NATO, moltiplicando il proprio impegno a sostegno di Kiev e assumendo un ruolo di avamposto strategico. Con un accordo miliardario firmato il 1° agosto a Gliwice, nel cuore industriale della Slesia, la Polonia ha ufficialmente imboccato la strada per diventare, entro il 2030, la prima potenza corazzata d’Europa. La pressione al confine con Ucraina e Bielorussia, le continue incursioni nello spazio aereo e il rischio di incidenti hanno reso Varsavia il punto più fragile e al tempo stesso più esposto della regione. Parallelamente, in un clima da assedio permanente, la retorica antirussa pervade il dibattito pubblico e il giornalismo mainstream, mentre il volontariato territoriale e le esercitazioni delle forze di difesa locali vengono incentivate e normalizzate. In questo scenario, la gestione della comunicazione diventa parte integrante della strategia: attribuire subito la colpa a Mosca non è solo una reazione politica, ma un atto che rafforza l’idea di una minaccia costante e legittima l’accelerazione della militarizzazione dell’Est Europa. L’accelerazione del riarmo, le missioni come la “Sentinella dell’Est”, il dispiegamento di truppe lungo i confini con Russia e Bielorussia trovano così una giustificazione immediata. L’incidente di Wyryki-Wola dimostra anche quanto sia sottile la linea di confine tra un errore tecnico, un incidente militare e un attacco deliberato, e quanto sia alto il rischio che la narrazione politica preceda, e sostituisca, l’accertamento dei fatti, piegandosi a interessi geopolitici.
Francia, al via lo sciopero nazionale contro la manovra finanziaria
In Francia è partita la giornata di mobilitazione indetta dai sindacati contro le misure di austerità della Finanziaria 2026, con forti ripercussioni su scuole e trasporti. Nel primo pomeriggio sono previsti grandi cortei in molte città, mentre il bilancio dei fermi supera quota 50: sette nell’area di Parigi e 44 nel resto del Paese. Registrati 170 tentativi di corteo e 63 blocchi stradali. A Parigi, studenti hanno bloccato il liceo Maurice-Ravel, mentre a Marsiglia la polizia ha disperso manifestanti con lacrimogeni. Attesi fino a 900.000 partecipanti, riportando la protesta ai livelli del 2023.
Rischio botulino nelle conserve, nuovi sequestri: i prodotti coinvolti
Il Ministero della Salute ha ufficialmente segnalato il ritiro in via precauzionale di diverse conserve vegetali sott’olio, comprendenti diversi lotti di friarielli alla napoletana, melanzane alla brace e scarole in olio tutti a marchio Vittoria. La decisione riguarda il rischio di una sospetta contaminazione biologica, spiega la nota, e segue altri provvedimenti che hanno già interessato lo stesso produttore. Già in passato, infatti, l’azienda che confeziona per il distributore dei prodotti era stata coinvolta in richiami legati a un focolaio di botulino in Calabria. Le raccomandazioni ai consumatori restano tuttavia quelle di non utilizzare i prodotti e restituirli al punto vendita. Ecco la lista dei lotti degli alimenti segnalati:
- Friarielli alla napoletana (vaso da 1 kg) – Lotti: 310125 (TMC 31/01/2028), 060325 (TMC 06/03/2028), 150225 (TMC 15/02/2028), 130225 (TMC 13/02/2028), 280325 (TMC 28/03/2028), 160525 (TMC 16/05/2028), 050625 (TMC 05/06/2028), 110725 (TMC 11/07/2028), 040825 (TMC 04/08/2028);
- Melanzane alla brace (vaso da 1 kg) – Lotti: 130325 (TMC 13/03/2028), 150525 (TMC 13/05/2028);
- Scarole in olio (vaso da 1 kg) – Lotto: 140225 (TMC 14/02/2028);
I vasetti richiamati sono stati prodotti da Terra Mia di Amura Stefano per il distributore del marco Vittoria Ciro Velleca Srl, nello stabilimento di Scafati (provincia di Salerno).
Tali prodotti e lotti si aggiungono a quelli già segnalati per contaminazione biologica e botulino negli scorsi mesi sempre dal Ministero della Salute, i quali hanno portato anche a intossicazioni alimentari e due vittime in Sardegna e Calabria:
- Avocado Metro Chef, confezione surgelata venduta in confezione da 1 kg
- Spicchi di carciofi grigliati in olio, in vasi di vetro da 500 grammi, con il numero di lotto 051224 e il termine minimo di conservazione (TMC) 05/12/2027;
- Scarole in olio, in vasi di vetro da 500 grammi, con il numero di lotto 220224 e il TMC 22/02/2027;
- Funghi grigliati in olio, in vasi di vetro da 500 grammi, con il numero di lotto 061224 e il TMC 06/12/2027;
- Carciofi grigliati in olio, in vasi di vetro da 500 grammi, con il numero di lotto 270924 e il TMC 27/09/2028.
- Mozzarella Valbontà Penny Market, in confezioni da 4×125 grammi con il numero di lotto N5205E e la data di scadenza 17/08/2025;
- Mozzarella Latbri, in confezioni da 125 grammi, con il numero di lotto N5205D e la data di scadenza 22/08/2025;
- Mozzarella Conad, in confezioni da 3×125 grammi e da 125 grammi, con il numero di lotto N5205D e la data di scadenza 15/08/2025;
- Mozzarella maxi pack Carrefour Classic, in confezioni da 3×125 grammi, con il numero di lotto N5205E e la data di scadenza 18/08/2025;
- Friarielli alla napoletana Vittoria, lotti 290425 e il 280325 con scadenza rispettivamente il 29/04/2028 e il 28/03/2028
- Friarielli alla napoletana Bel Sapore, lotti 280325 e 060325 con scadenza rispettivamente il 20/03/2028 e il 06/03/2028
Nonostante la sospetta contaminazione biologica recente non sia ancora ben specificata, è utile fornire un quadro chiaro riguardo al botulino, visti i precedenti tutt’altro che rassicuranti a riguardo. Il botulino è una tossina prodotta dal batterio Clostridium botulinum, capace di provocare il botulismo, una grave forma di intossicazione alimentare. Questo microrganismo si sviluppa soprattutto in ambienti privi di ossigeno, come appunto i prodotti sott’olio, dove può proliferare se le conserve non sono state preparate e conservate in maniera corretta. L’ingestione della tossina può causare sintomi come nausea, vomito e difficoltà respiratorie, fino a compromettere seriamente le funzioni neurologiche. Pur trattandosi di casi rari, il botulismo è considerato un’emergenza medica che richiede cure immediate. Per questo motivo, i richiami precauzionali rappresentano uno strumento fondamentale per ridurre il rischio: anche solo il sospetto di contaminazione porta le autorità sanitarie a intervenire con il ritiro dal mercato, a tutela dei consumatori.
La Commissione UE approva sanzioni cosmetiche contro Israele: niente contro armi e colonie
Dopo due anni di genocidio in Palestina, 65 mila morti accertati (che potrebbero diventare centinaia di migliaia, una volta rimosse le macerie di Gaza), oltre 420 persone morte di fame, milioni di sfollati e infiniti appelli della società civile, la Commissione Europea mette sul tavolo il primo pacchetto di sanzioni contro lo Stato di Israele. Lo fa probabilmente più per accontentare la popolazione civile, stanca dell’inazione dei governi di fronte al più grande massacro in diretta streaming della storia, che per imporre effettive ritorsioni contro Tel Aviv. Nel pacchetto non vi è infatti nulla che possa effettivamente fermare il genocidio o l’occupazione illegale dei territori in Cisgiordania: nessuna misura contro il commercio di armi, né contro la collaborazione di aziende e università europee nei progetti di ricerca a scopi finti civili (ma in realtà usati per sorvegliare e colpire i palestinesi) da parte dello Stato sionista.
Tra le misure proposte dalla Commissione vi è innanzitutto la sospensione del trattamento di favore concesso a Israele nelle relazioni commerciali e definito nel quadro dell’Association Agreement tra UE e Israele. Se la proposta verrà approvata, saranno dunque applicati dazi doganali pari a quelli applicati a qualsiasi altro Paese terzo con il quale l’UE non abbia accordi di libero scambio. Ciò, scrive la Commissione, inciderà sulle dotazioni annuali tra il 2025 e il 2027, oltre che sui progetti di cooperazione istituzionale in corso e sui progetti finanziati nell’ambito della cooperazione regionale. Nel 2024 le importazioni dell’UE da Israele sono ammontate a 15,9 miliardi le esportazioni a 26,7 miliardi, rendendo l’UE il principale partner commerciale di Tel Aviv. Secondo quanto riferito da membri della commissione a Reuters, Israele vedrà l’imposizione di dazi su circa 5,8 miliardi di euro di merci, pari ad appena 227 milioni all’anno di tasse.
L’imposizione deriva dal fatto che l’UE ha rilevato violazioni, da parte di Israele, dell’art. 2 dell’Accordo, che lo vincola al rispetto dei diritti umani e dei principi democratici. «In particolare, tale violazione si riferisce al rapido deterioramento della situazione umanitaria a Gaza a seguito dell’intervento militare di Israele, al blocco degli aiuti umanitari, all’intensificarsi delle operazioni militari e alla decisione delle autorità israeliane di portare avanti il piano di insediamento nella cosiddetta zona E1 della Cisgiordania, che compromette ulteriormente la soluzione dei due Stati», riporta il documento della Commissione. La decisione, per essere resa effettiva, dovrà superare la votazione degli Stati con una maggioranza qualificata. Ad ogni modo, della sospensione del commercio di armi o di materiale militare nemmeno l’ombra.
La Commissione propone poi sanzioni contro Hamas, «coloni violenti» e «ministri estremisti» del governo israeliano, ovvero Itamar Ben-Gvir (ministro della Sicurezza nazionale) e Bezalel Smotrich (ministro delle Finanze). La decisione, che per diventare effettiva dovrà essere approvata dal Consiglio all’unanimità, segue la decisione di Israele di bloccare gli aiuti umanitari (ormai in vigore da sei mesi) e «dei continui bombardamenti, delle operazioni militari, degli sfollamenti di massa e del collasso dei servizi di base» (iniziati l’8 ottobre 2023). Vi sono infatti indicazioni dell’Alto Rappresentante degli Affari Esteri UE, infatti, secondo le quali così facendo Israele violerebbe «diritti umani e principi democratici». Una «grave violazione», sottolinea la Commissione.
Per poter diventare effettive le due misure dovranno ottenere rispettivamente la maggioranza qualificata e la maggioranza assoluta tra gli Stati membri. Un traguardo che pare difficile, se non impossibile da raggiungere, considerato che difficilmente Paesi come l’Italia, la Germania e l’Ungheria daranno il proprio via libera. Ad ogni modo, si tratta di misure che hanno più un valore politico che altro, dal momento che non si traducono in un effettivo ostacolo per l’economia di occupazione e di genocidio dello Stato. Ma a due anni dall’inizio del massacro della popolazione civile, è comunque, finalmente, qualcosa di concreto.
Giudice USA ordina espulsione del leader pro‐Palestina
Un giudice della Louisiana ha ordinato l’espulsione dagli Stati Uniti di Mahmoud Khalil, noto leader delle proteste filopalestinesi nei campus universitari a livello nazionale, verso l’Algeria o la Siria, sostenendo che nella sua domanda per la green card avrebbe intenzionalmente nascosto informazioni sostanziali. Khalil, residente permanente legale, sposato con una cittadina americana e padre di un figlio negli USA, in una dichiarazione all’ong American Civil Liberties Union (Aclu) ha risposto accusando l’amministrazione Trump di “vendicarsi” per il suo impegno politico.
Spagna, Islanda, Irlanda, Olanda e Slovenia contro Eurovision ’26: boicotteremo se c’è Israele
Con il recente annuncio di Madrid, sono cinque i Paesi europei che hanno dichiarato di rifiutare di partecipare all’Eurovision 2026 se vi prenderà parte anche Israele. La Spagna diventa così il primo Paese dei “Big Five” (che comprende Italia, Germania, Francia e Regno Unito) che annuncia l’operazione di boicottaggio di Israele. Le motivazioni non sono solo di natura etica: se da un lato i Paesi hanno mostrato preoccupazione per quanto sta avvenendo a Gaza, dall’altro hanno manifestato timori per «l’impatto negativo» derivante dall’eccessiva politicizzazione dell’evento, come conseguenza della presenza di Israele.
In Spagna, la proposta è giunta dal direttore dell’emittente RTVE, José Pablo López, ed è stata approvata con maggioranza assoluta (10 voti a favore, 4 contrari e una astensione) da parte del Consiglio di Amministrazione dell’azienda. Ad aprire il dibattito sulla partecipazione di Israele all’Eurovision era stata proprio RTVE, quando, nel corso dell’Assemblea Generale della UER (Unione Europea di Radiodiffusione, organizzazione internazionale che comprende operatori pubblici e privati del settore della teleradiodiffusione) aveva chiesto di aprire un dibattito «serio e profondo» sul tema. Il segretario generale di RTVE, Alfonso Morales, aveva sottolineato anche la necessità di tenere in conto l’impatto negativo della presenza di Israele alla manifestazione canora, dal momento che, nelle ultime edizioni, l’attenzione si è spostata più sulle questioni politiche che su quelle culturali e artistiche.
Un annuncio simile è arrivato lo scorso 9 settembre dall’emittente islandese RÚV, la quale ha riferito che «è possibile» che il Paese non prenda parte al contest se la UER autorizzerà la partecipazione di Israele. «Abbiamo seri dubbi sulla condotta sia dell’emittente pubblica israeliana che del governo israeliano per quanto riguarda l’Eurovision, e abbiamo espresso queste preoccupazioni all’interno dell’UER, sostenendo che le regole del concorso vengono violate» ha riferito Stefán Eiríksson, direttore generale – anche se la RÚV non ha presentato richiesta formale di esclusione di Israele dal concorso. Pochi giorni prima era stato il turno della Slovenia, che aveva fatto una dichiarazione simile. Il 12 settembre era poi stata la volta dell’Irlanda: «la posizione della RTÉ è che l’Irlanda non parteciperà all’Eurovision Song Contest 2026 se Israele sarà ammesso al concorso. La decisione finale sulla partecipazione dell’Irlanda sarà presa una volta che l’UER avrà comunicato la propria decisione», ha fatto sapere l’emittente. A questi si è aggiunta l’Olanda, la cui emittente AVROSTOS ha dichiarato che «la sofferenza umana, la soppressione della libertà di stampa e l’ingerenza politica sono in contrasto con i valori dell’emittenza pubblica» e che «non può più giustificare la partecipazione di Israele alla luce dell’attuale situazione, considerando le gravi sofferenze umane che continuano a verificarsi a Gaza». AVROSTOS ha inoltre espresso «profonda preoccupazione per la grave erosione della libertà di stampa» e per il numerosi giornalisti uccisi nell’enclave, oltre a ricordare che esistono «prove comprovate dell’interferenza del governo israeliano durante l’ultima edizione dell’Eurovision Song Contest, in cui l’evento è stato utilizzato come strumento politico».
Già la scorsa edizione dell’Eurovision, svoltosi dal 13 al 17 maggio a Basilea, era stata oggetto di pressioni al fine di escludere Israele dalla competizione, ma le azioni si erano fermate alle proteste e petizioni. Queste avevano già visto protagoniste Spagna, Islanda e Slovenia, le quali, in una lettera all’UER, chiedevano che Israele fosse escluso dalla competizione. Questo non era avvenuto, e l’evento era stato accompagnato da forti proteste contro il governo israeliano e il protrarsi del genocidio in Palestina. La decisione dell’UER sarà nota entro dicembre, dopo un processo di consultazione. Nel frattempo, proprio a causa delle controversie in corso, le scadenze per la presentazione degli artisti e il ritiro volontario sono state prorogate. In tutto ciò, Israele non ha ceduto di un passo alle pressioni, confermando la propria presenza al prossimo evento.
Mondiali di atletica: Italia oro nel salto in lungo
È azzurro l’oro per il salto in lungo ai mondiali di atletica in corso a Tokyo: a guadagnarsi la medaglia è Mattia Furlani, 20 anni, il più giovane della categoria maschile che abbia mai conquistato un oro in questa disciplina. Furlani ha saltato per ben 8 metri e 39 centimetri, superando di 5 centimetri il giamaicano Gayle e di 6 centimetri il cinese Shi. L’Italia conquista così la 14ma medaglia d’oro di sempre ai mondiali di atletica. «Ancora non ci credo, quello che è successo stasera è qualcosa di magico» ha commentato Furlani subito dopo il risultato.









