domenica 11 Maggio 2025
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Serbia, confermate le dimissioni del premier

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Con 146 voti a favore, il Parlamento serbo ha convalidato le dimissioni del Primo Ministro Miloš Vučević. Vučević aveva rassegnato le proprie dimissioni alla fine di gennaio a causa dell’ingente mobilitazione sollevatasi dopo il crollo della tettoia della stazione ferroviaria di Novi Sad lo scorso 1° novembre, in seguito alla quale sono morte 15 persone. Ora, il governo serbo diventerà ufficialmente un governo tecnico e il Paese avrà 30 giorni per eleggere un nuovo esecutivo. Se ciò non dovesse avvenire, si andrà a elezioni.

Gli scienziati hanno scoperto centinaia di nuove specie animali oceaniche

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Ci sono squali a forma di chitarra, coralli a ventaglio e lumache velenose dotate di denti simili ad arpioni: è quanto scoperto grazie al lavoro di ricerca condotto da Ocean Census, iniziativa globale che punta ad accelerare la catalogazione della biodiversità marina. Grazie ad immersioni ed esplorazioni con sommergibili, la squadra ha catalogato ben 866 potenziali nuove specie, il che dimostra, secondo i ricercatori, la straordinaria diversità biologica ancora ignota agli scienziati e quanto ancora poco sappiamo degli abissi oceanici. «Queste ultime scoperte dimostrano come la collaborazione internazionale possa far progredire la nostra comprensione della biodiversità oceanica», ha dichiarato Mitsuyuki Unno, direttore esecutivo della Nippon Foundation-Nekton Ocean Census, il quale ha sottolineato però che le conferme e le registrazioni ufficiali potranno richiedere anni e che alcune specie potrebbero estinguersi ancora prima di essere documentate.

Gli oceani coprono oltre il 70% della superficie terrestre, ma rimangono tra gli ambienti meno esplorati del pianeta, in quanto si stima che solo il 10% delle specie marine sia stato identificato. Le profondità oceaniche ospitano ecosistemi complessi, ancora in gran parte sconosciuti, popolati da creature che si sono adattate a condizioni estreme, come alte pressioni e temperature variabili. Per colmare questa lacuna, nel 2023 è stato avviato Ocean Census, un’iniziativa globale che coinvolge più di 800 scienziati provenienti da 400 istituzioni. Il progetto, con un orizzonte decennale, punta a identificare 100.000 nuove specie e ad accelerare la catalogazione della biodiversità marina, utilizzando tecnologie all’avanguardia come il sequenziamento del DNA ambientale e l’imaging in tempo reale. Per quanto riguarda l’ultima scoperta, le nuove specie sono state individuate grazie a 10 spedizioni che hanno previsto immersioni di subacquei, esplorazioni con sommergibili pilotati e veicoli a comando remoto, in missioni che hanno raggiunto profondità comprese tra 1 e 4.990 metri. Gli scienziati hanno condotto analisi dettagliate, raccogliendo campioni per la classificazione e lo studio genetico delle specie rilevate.

Lo squalo chitarra scoperto durante le spedizioni. Credit: The Nippon Foundation-Nekton Ocean Census / Peter Stahlschmidt © 2025
Il nuovo “ottocorallo” scoperto durante le spedizioni. Credit: The Nippon Foundation-Nekton Ocean Census / Peter Stahlschmidt © 2025

I ricercatori hanno dichiarato che tra le scoperte più rilevanti figurano un elegante ottocorallo dalle Maldive capace di svolgere un ruolo chiave nella stabilità della barriera corallina, uno squalo chitarra del genere Rhinobatos – la 38esima specie simile al mondo, trovata a 200 metri di profondità al largo di Mozambico e Tanzania – e una lumaca predatrice, chiamata “Turridrupa magnifica”, capace di iniettare tossine nelle sue prede. Quest’ultima, spiegano i ricercatori, risulta particolarmente interessante perché i composti bioattivi del suo veleno potrebbero avere applicazioni mediche, come già avvenuto con specie affini per lo sviluppo di farmaci antidolorifici. In tutti i casi, nonostante il lavoro compiuto dimostri che le nuove tecnologie stanno rivoluzionando il settore della ricerca marina, gli esperti hanno sottolineato che ogni nuova specie scoperta necessita di un processo di identificazione, che spesso è lento e si protrae persino per anni: «Passare attraverso il processo di revisione paritaria accademica per avere il nome di quella specie in un articolo può richiedere un lasso di tempo così straordinario che quasi ostacola quella conoscenza. I nostri ambienti marini stanno affrontando sfide straordinarie e se vogliamo iniziare a comprendere la biodiversità, la connettività, la biogeografia e la potenziale perdita, come ad esempio l’impatto che questo cambiamento climatico avrà sul nostro ambiente marino, dobbiamo iniziare a trovare modi più rapidi», ha commentato Michelle Taylor, esperta di coralli presso l’Università dell’Essex e ricercatrice per Ocean Census, aggiungendo che in futuro l’organizzazione intraprenderà 10 nuove spedizioni allo scopo di fornire ulteriori dettagli sulla biodiversità marina e contribuire alla scoperta di nuove specie che popolano le profondità oceaniche.

[di Roberto Demaio]

Trasporti, oggi sciopero treni in tutta Italia

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Dalle 9 alle 17 oggi sarà in atto lo sciopero del personale delle Ferrovie, indetto dal sindacato autonomo Orsa, da Ugl e da Fast. Tra i punti della protesta, il mancato rinnovo del contratto, scaduto da un anno e mezzo. A causa della mobilitazione potrebbe verificarsi la cancellazione parziale o totale di Frecce, Intercity e Regionali, fa sapere Ferrovie dello Stato.

L’Italia si riempie di manifestazioni contro la ripresa del genocidio in Palestina

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Ieri mattina, alla notizia del massiccio bombardamento israeliano sulla Striscia di Gaza giovani e attivisti italiani hanno deciso di reagire, organizzando presidi di emergenza contro il genocidio in Palestina. Tra i primi a prendere parola sono stati i Giovani Palestinesi, Unione Democratica Arabo-Palestinese e Associazione dei Palestinesi Italiani, che hanno lanciato manifestazioni a Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Modena, Napoli, Padova e Torino. La maggior parte dei presidi si è tenuta nelle piazze principali delle rispettive città, a partire dalle 20. Alcune province, tuttavia, si sono mobilitate sin dalle prime ore del pomeriggio, come nel caso di Padova. Nelle stesse ore sono pervenuti anche appelli provenienti da movimenti solidali alla Palestina e da realtà islamiche italiane.

A Milano si è svolto in serata un corteo che ha attraversato le vie del centro cittadino, con un gruppo di manifestanti che ha sostato di fronte alla sede del consolato statunitense, in via Turati, protestando contro il supporto statunitense al genocidio in corso a Gaza. Centinaia di persone in piazza anche a Napoli e Bologna, dove erano presenti anche diverse sigle sindacali: «Siamo scese in piazza ieri e oggi, e continueremo le mobilitazioni per ribadire che Napoli è una città resistente e solidale, che non sarà complice del genocidio e che resterà al fianco della Resistenza palestinese fino alla vittoria» riporta un comunicato dell’Unione Democratica Arabo-Palestinese sui social. A Torino, un migliaio di persone hanno attraversato le vie del centro e annunciato nuove mobilitazioni per il prossimo 22 marzo e il 12 aprile, data della manifestazione nazionale che dovrebbe svolgersi a Milano. «Israele rompe la tregua, il genocidio non si è mai fermato» si legge sullo striscione a capo del corteo. A Padova, cinque manifestanti avrebbero ricevuto altrettanti fogli di via dopo alcuni brevi momenti di tensione con le forze dell’ordine.

Il grido sollevatosi dalle piazze in tutta Italia è il medesimo: stop al genocidio. Dopo l’ennesimo massacro compiuto da Israele ai danni della popolazione civile (il cui bilancio avrebbe superato le 400 vittime, per la maggior parte bambini), la cittadinanza è tornata a chiedere la fine dell’aggressione in corso e della complicità occidentale con Israele, oltre a ribadire la propria contrarietà verso la corsa al riarmo europea. Numerosi, infatti, sono stati gli striscioni contro i piani bellicistici dell’UE, insieme alle richieste rivolte ai governi di smettere di essere complici e di condannare, una volta per tutte e in maniera concreta, il piano genocida di Israele.

[di Valeria Casolaro]

Caos in Turchia: arrestato il sindaco di Istanbul, principale oppositore politico di Erdogan

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Le autorità turche hanno arrestato Ekrem İmamoğlu, sindaco di Istanbul e principale rivale politico del presidente Recep Tayyip Erdoğan. İmamoğlu è accusato nell’ambito di due indagini separate: la prima riguarda presunti episodi di corruzione legati all’assegnazione di gare d’appalto da parte del Comune, mentre la seconda il suo presunto favoreggiamento e aiuto al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), che la Turchia considera un’organizzazione terrorista. «È un colpo di Stato contro la volontà nazionale», denunciano i vertici del CHP, partito di cui İmamoğlu è esponente, puntando il dito contro le tempistiche dell’arresto. Domenica 23 marzo, infatti, sono previste le primarie per scegliere il candidato del partito alle prossime presidenziali del 2028, in cui İmamoğlu risultava il netto favorito. Secondo l’opposizione, insomma, si tratta di un arresto politico che, oltre a İmamoğlu, ha coinvolto un altro centinaio di persone, tutte accusate di estorsione, corruzione, frode, e turbativa d’asta o favoreggiamento del PKK.

L’arresto di İmamoğlu è stato annunciato dallo stesso sindaco di Istanbul con un video sul social X. Nella notte, decine di poliziotti hanno fatto irruzione nella sua casa, perquisendola e arrestandolo. Dopo l’arresto, uno dei suoi assistenti ha comunicato che il primo cittadino è stato portato al quartier generale della polizia. Secondo una dichiarazione della procura di Istanbul, con İmamoğlu sono indagate un totale di 100 persone, tra cui giornalisti e imprenditori, sospettate di essere coinvolte in attività criminali relative ad alcuni appalti aggiudicati dal Comune. Altre 6 sono invece finite al centro dell’indagine relativa al PKK. Le autorità turche, inoltre, hanno chiuso diverse strade di Istanbul e vietato le manifestazioni in sostegno di İmamoğlu per i prossimi quattro giorni. Dopo i vari raid condotti dagli agenti turchi, la lira turca è crollata del 12%, raggiungendo il minimo storico.

İmamoğlu è stato eletto due volte sindaco di Istanbul, la prima nel 2019 e la seconda l’anno scorso. Con l’elezione del 2019, che si dovette ripetere per decisione di Erdoğan, İmamoğlu mise fine a circa 25 anni di governo dell’AKP, il partito del presidente. Con i suoi mandati da sindaco, ha acquisito parecchia notorietà, diventando gradualmente il principale politico dell’opposizione turca. Domenica sarebbe dovuto essere confermato candidato alle prossime presidenziali, che si dovrebbero tenere nel 2028. Tuttavia, in molti ritengono che i cittadini possano venire chiamati alle urne ben prima, così da permettere la rielezione di Erdoğan, che ha esaurito il limite di mandati. Una modifica alla costituzione turca introdotta dallo stesso Erdoğan nel 2017, infatti, prevede una sola rielezione per presidente, ma solo se il suo mandato arriva alla scadenza naturale. Questo significa che, in caso di scioglimento del Parlamento, il presidente può ricandidarsi anche per un terzo mandato. In generale, le tempistiche dell’arresto, sottolineano esponenti dell’opposizione, risultano sospette: il raid segue infatti di soli due giorni la decisione dell’Università di Istanbul di ritirare a İmamoğlu il diploma di laurea, requisito fondamentale per candidarsi alle elezioni. İmamoğlu, inoltre, è finito più volte al centro di vicende giudiziarie che l’opposizione giudica come tentativi di delegittimazione e di fermare una sua possibile candidatura.

[di Dario Lucisano]

Turchia: dopo sette anni di persecuzione sono state assolte le “Madri del sabato”

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Dopo sette anni di battaglie giudiziarie, 45 rappresentanti del gruppo "Madri del Sabato", parenti di persone scomparse forzatamente negli anni ’80 e ’90 in Turchia durante il conflitto tra lo Stato turco e il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), sono state assolte dalle accuse di "partecipazione a raduno non autorizzato" e "rifiuto di disperdersi nonostante il preavviso". Il processo riguardava gli arresti del 25 agosto 2018, quando la polizia intervenne con violenza per disperdere la 700esima veglia del gruppo in piazza Galatasaray, a Istanbul, utilizzando gas lacrimogeni e idranti. L...

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Caso Huawei, convalidati gli arresti di 4 lobbisti

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L’autorità giudiziaria belga ha convalidato l’arresto di quattro lobbisti legati a Huawei che giovedì scorso sono stati fermati con l’accusa di aver corrotto ex e attuali parlamentari europei per favorire gli interessi della multinazionale cinese presso le istituzioni UE. Lo ha reso noto la Procura del Belgio, precisando che nei loro confronti sono contestati i reati di «corruzione attiva e organizzazione criminale». Nel frattempo, rimane dietro le sbarre il principale indagato nell’inchiesta, l’italo-belga Valerio Ottati, mentre un quinto lobbista – un consulente italiano di Huawei – è stato rilasciato con condizioni.

Telefonata Trump-Putin: la Russia accetta il cessate il fuoco di 30 giorni in Ucraina

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Si è conclusa da poco, dopo oltre due ore di colloquio, l’attesa telefonata tra il presidente statunitense Donald Trump e il suo omologo russo Vladimir Putin, incentrata in particolare sul conflitto tra Russia e Ucraina. Il primo resoconto su quanto convenuto arriva da un comunicato rilasciato dal Cremlino, che ha reso noto come il presidente russo abbia accettato la proposta di Trump affinché le parti in conflitto si astengano reciprocamente dagli attacchi alle infrastrutture energetiche per 30 giorni, impartendo immediatamente il comando corrispondente al suo esercito. Contestualmente è uscita con una nota anche la Casa Bianca, che ha confermato che i due leader hanno concordato che il percorso verso una pace permanente proseguirà con negoziati tecnici sull’attuazione di un cessate il fuoco marittimo nel Mar Nero e un cessate il fuoco completo.

Nel comunicato diramato dal governo russo si legge che «Vladimir Putin ha espresso gratitudine a Donald Trump» per il suo desiderio di «contribuire al raggiungimento del nobile obiettivo di porre fine alle ostilità e alle perdite umane», sottolineando che, «dopo aver confermato il suo impegno fondamentale per una risoluzione pacifica del conflitto, il presidente russo ha dichiarato la sua disponibilità a collaborare con i suoi partner americani per esplorare a fondo le possibili modalità per raggiungere una soluzione che sia globale, sostenibile e a lungo termine». Tenendo conto, puntualizza la nota, «dell’assoluta necessità di eliminare le cause profonde della crisi, gli interessi legittimi della Russia nel campo della sicurezza». Durante la telefonata, spiega ancora il Cremlino, «è stato sottolineato che la condizione fondamentale per impedire l’escalation del conflitto e lavorare alla sua risoluzione attraverso mezzi politici e diplomatici dovrebbe essere la cessazione completa degli aiuti militari stranieri e la fornitura di informazioni di intelligence a Kiev», rilevando «i gravi rischi legati all’incapacità di negoziare» del governo ucraino, che ha «ripetutamente sabotato e violato gli accordi raggiunti». Putin ha inoltre riferito che domani avrà luogo uno scambio di prigionieri con la controparte ucraina, «175 per 175 persone», e che «verranno trasferiti 23 militari ucraini gravemente feriti, attualmente ricoverati presso strutture mediche russe». Inoltre, Putin e Trump hanno convenuto che bisognerà intraprendere sforzi congiunti per «stabilizzare» la situazione in Medio Oriente e nella regione del Mar Rosso.

«Oggi, il Presidente Trump e il Presidente Putin hanno parlato della necessità di pace e di un cessate il fuoco nella guerra in Ucraina – si legge nel comunicato diffuso da Washington –. Entrambi i leader hanno concordato che questo conflitto deve concludersi con una pace duratura». Oltre a dare atto dell’accordo raggiunto sul cessate il fuoco e sulle tappe funzionali a una pace duratura, la nota si spiega che «i leader hanno parlato ampiamente del Medio Oriente come di una regione di potenziale cooperazione per prevenire futuri conflitti», discutendo inoltre della «necessità di fermare la proliferazione di armi strategiche e si impegneranno con altri per garantire la più ampia applicazione possibile» e condividendo l’opinione che «l’Iran non dovrebbe mai essere in grado di distruggere Israele». Il comunicato si chiude attestando che Trump e Putin hanno concordato che «un futuro con un rapporto bilaterale migliorato tra Stati Uniti e Russia ha un enorme potenziale positivo», includendo «enormi accordi economici e stabilità geopolitica quando la pace sarà raggiunta».

[di Stefano Baudino]

Ecuador: emergenza ambientale per una grave fuoriuscita di petrolio

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In Ecuador una fuoriuscita di petrolio sta causando un vero e proprio disastro ambientale che ha già colpito diverse riserve naturali e un tratto del fiume principale della provincia, causando anche il blocco di diverse linee di distribuzione di acqua potabile. L’incidente è avvenuto nel settore El Vergel-El Mirador del cantone di Quinindé, nella provincia di Esmeraldas, e sarebbe stato causato da una frana che avrebbe danneggiato gli oleodotti della società statale Petroecuador. Il sindaco di Esmeraldas, Vicko Villacís, ha affermato che la perdita ha causato «danni senza precedenti». Le autorità hanno dichiarato lo stato di emergenza ambientale, mentre alcuni abitanti tentano di contenere i danni con mezzi di fortuna. Il governo, invece, ha annunciato misure straordinarie per gestire la crisi e avviare la bonifica della zona.

La causa dell’incidente è stata la rottura di un tratto dell’oleodotto transecuadoriano (SOTE) che, secondo i media locali, sarebbe dovuta a una frana che ha danneggiato l’infrastruttura nel chilometro 431 della condotta. Il petrolio si è poi riversato nel fiume Esmeraldas, alterandone il colore e penetrando nei pendii circostanti. Nelle aree più colpite, gli abitanti si sarebbero persino impegnati a costruire dighe improvvisate nel tentativo di arginare il flusso di greggio. Il sindaco Vicko Villacís, intanto, ha bloccato l’approvvigionamento cittadino per evitare contaminazioni, ma ciò ha causato una crisi idrica che ha comportato razionamenti e il conseguente utilizzo dei 35 milioni di litri di riserva per distribuirli alla popolazione locale. Nel frattempo, Petroecuador, la compagnia petrolifera statale, ha avviato interventi di emergenza, ma non ha ancora quantificato l’ammontare della fuoriuscita. In totale, il Ministero dell’Ambiente ha stimato che l’incidente ha colpito almeno 966 famiglie residenti in zona.

Il presidente dell’Ecuador, Daniel Noboa Azin, ha dichiarato: «Convocherò il Comitato per le operazioni di emergenza a livello nazionale. Petroecuador deve assumersi le proprie responsabilità. A differenza del passato, questa volta risponderà delle sue azioni con l’obbligo di effettuare la bonifica a Esmeraldas. Per questo motivo verrà creato un fondo con due obiettivi: il risanamento ambientale e il risarcimento a tutte le famiglie colpite. Il Ministro dell’Ambiente si mobiliterà immediatamente per coordinare queste azioni». L’Agenzia nazionale per l’acqua, invece, ha pubblicato un comunicato che riassume le strategie messe in atto per contenere l’emergenza: è stata definita una tabella di marcia per ridurre al minimo l’impatto sulla fornitura di acqua potabile nei cantoni colpiti, sono stati monitorati quattro punti che potrebbero fungere da fonti alternative di raccolta dell’acqua, sono stati prelevati otto campioni di acque profonde all’interno della struttura di presa dell’impianto di trattamento di San Mateo – con il supporto di subacquei e laboratori accreditati – allo scopo di analizzare il rientro dell’acqua sulla spiaggia e il riavvio dell’impianto di trattamento e, infine, è stato elaborato un piano per individuare i luoghi in cui dare priorità alla distribuzione dell’acqua, tra cui ospedali, macelli, mercati, asili nido e istituti di aiuti umanitari.

Il disastro si aggiunge all’emergenza che era già in vigore in zona a causa delle piogge. Tuttavia, al momento, stando alle fonti locali, rimane un interrogativo tutt’altro che ignorabile: Petroecuador aveva già riportato una perdita nella stessa zona domenica 9 marzo, attraverso un comunicato che parlava di «perforazioni clandestine» come cause. Non è ancora noto se si tratti della stessa perdita che si è amplificata o di un altro evento simile in zona. Quello che è certo, per ora, è che sembra difficile pensare che la zona non necessiti di un’accurata manutenzione e bonifica per impedire il ripetersi di disastri simili.

[di Roberto Demaio]

Rapporto: una patrimoniale europea del 3% sui super ricchi porterebbe 121 miliardi l’anno

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Una tassa del 3% sui patrimoni superiori ai 100 milioni di euro potrebbe generare 15 miliardi in Italia e 121 miliardi a livello europeo. È quanto emerge dal rapporto dell’Osservatorio fiscale europeo, guidato dall’economista Gabriel Zucman. La misura, già discussa al G20, è stata ripresentata oggi all’annuale Tax Symposium di Bruxelles. Essa, secondo le stime, neutralizzerebbe l’attuale regressività fiscale, per cui i più ricchi pagano aliquote inferiori rispetto alla classe media. Oggi, fase in cui l’imposizione effettiva sui miliardari si attesta solo allo 0,2%, l’introduzione di questo patrimonio garantirebbe risorse per investimenti e servizi pubblici, senza aumentare il debito.

Nello specifico, il report suggerisce l’introduzione di un’imposta minima del 2% sulla ricchezza delle persone con un patrimonio superiore a 100 milioni di euro, o una tassa del 3% per chi possiede più di un miliardo di euro. Uno strumento che, secondo gli autori, potrebbe generare entrate significative senza impattare la crescita economica. La logica alla base della proposta è semplice: attualmente, i super-ricchi pagano aliquote fiscali effettive inferiori rispetto al resto della popolazione. Secondo l’EU Tax Observatory, i sistemi fiscali moderni non riescono infatti a tassare efficacemente questa fascia di contribuenti, permettendo loro di sfruttare scappatoie e paradisi fiscali. Durante la Seconda guerra mondiale, evidenzia il rapporto, Francia e Regno Unito introdussero tasse straordinarie sui ricchi per finanziare le spese belliche, e l’idea di una tassazione più equa su questa fascia di popolazione è ampiamente supportata dai cittadini europei: secondo un sondaggio Eurobarometro, il 67% si è espresso favorevolmente.

Una delle principali critiche alle imposte patrimoniali è la possibile mancanza di liquidità per i contribuenti colpiti. Tuttavia, il report evidenzia che un’imposta del 2% sulla ricchezza sarebbe inferiore al rendimento medio del capitale per i super-ricchi, stimato oltre il 7% annuo negli ultimi 40 anni, al netto dell’inflazione. Inoltre, la proposta include un meccanismo di compensazione: chi già paga imposte sul reddito elevate non dovrebbe versare ulteriori somme, garantendo così equità ed evitando doppia imposizione. La proposta ha già trovato spazio nel dibattito politico europeo. A febbraio 2025, l’Assemblea Nazionale francese ha approvato una tassa del 2% sui centi-milionari, e altri Stati membri potrebbero seguire l’esempio. La ricerca presenta inoltre una serie di simulazioni per calcolare il gettito fiscale nei diversi Paesi europei. Ad esempio, in Francia la tassa potrebbe generare fino a 34,8 miliardi di euro con un’aliquota del 3%, mentre in Germania si arriverebbe a 30,4 miliardi di euro. In Italia, il gettito stimato sarebbe di 15 miliardi con un’imposta del 3% e 8,3 miliardi con un’aliquota del 2%.

Ma come potrebbe concretamente impattare l’introduzione di una tassa del 3% sui patrimoni superiori ai 100 milioni di euro in Italia e in Europa? Tali risorse potrebbero essere destinate a numerosi investimenti pubblici strategici. A livello europeo, oltre che per il potenziamento delle infrastrutture di trasporto e la promozione della sostenibilità – settori per i quali la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) ha stanziato oltre 15 miliardi – i 121 miliardi recuperati dalla tassa sui patrimoni dei super-ricchi coprirebbero interamente la quota del contributo offerti dai fondi strutturali e di investimento europei (SIE) per il miglioramento della ricerca e innovazione, alla competitività delle piccole e medie imprese e allo sviluppo del mercato unico digitale. Nel nostro Paese, per esempio, contribuendo all’ammodernamento e alla digitalizzazione delle infrastrutture elettriche nei prossimi 10 anni, stimato da Terna in 23 miliardi, così come ad investimenti nelle energie rinnovabili per il settore ferroviario, dopo che Ferrovie dello Stato ha annunciato un piano di 1,3 miliardi di euro destinato a coprire il 19% del fabbisogno energetico del settore ferroviario entro il 2029. Altro capitolo potrebbe essere quello del welfare studentesco: basti pensare che il PNRR prevede 1,91 miliardi di euro per triplicare i posti disponibili per gli studenti fuori sede e aumentare importo e platea di riferimento delle borse di studio.

[di Stefano Baudino]