martedì 26 Agosto 2025
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Open Arms: la Procura di Palermo impugna l’assoluzione di Salvini

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La Procura di Palermo ha impugnato l’assoluzione in primo grado di Matteo Salvini per il caso Open Arms. Il ricorso è stato presentato direttamente in Cassazione, in quello che viene definito “ricorso per saltum”, che permette di saltare il tribunale d’appello e fare riferimento direttamente alla Corte Suprema. I reati contestatigli sono quelli di rifiuto d’atti d’ufficio e sequestro di persona. Il cosiddetto processo Open Arms riguarda i fatti dell’agosto del 2019, quando Salvini, allora ministro dell’Interno, aveva impedito a una nave della omonima ONG con a bordo 147 naufraghi di sbarcare a Lampedusa.

Un gelato all’anguria per aiutare Gaza: domani in centinaia di gelaterie di tutta Italia

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Il prossimo sabato 19 luglio, centinaia di gelaterie in tutta Italia si uniranno all’iniziativa “Un Gelato per la Pace”, un gesto di solidarietà per sostenere le vittime del genocidio palestinese. L’iniziativa prevede la vendita di un gelato all’anguria il cui ricavato sarà destinato ai medici che operano nella Striscia di Gaza, impegnandosi ogni giorno per fornire assistenza medica in condizioni estreme. La scelta dell’anguria non è casuale, ma porta con sé un forte simbolismo. I colori dell’anguria: rosso, verde, bianco e nero, sono gli stessi della bandiera palestinese. In un momento in cui la politica sembra dividersi, l’iniziativa vuole essere una voce unanime di sostegno a chi soffre e ai diritti del popolo palestinese, senza partiti e senza schieramenti.

Oltre a ricordare visivamente i colori della bandiera palestinese, la simbologia dell’anguria è legata a racconti che arrivano dal passato. Dopo la Guerra dei Sei Giorni nel 1967, Israele occupò la Cisgiordania e Gaza e vietò l’esposizione pubblica del vessillo palestinese. Come forma di protesta, i palestinesi hanno cominciato a mostrare fette di anguria. Da allora l’esposizione di questo gusto estivo è divenuto un atto di resistenza e orgoglio nazionale da parte di un popolo che non intende sottomettersi all’occupazione coloniale israeliana. Ancora oggi esibire la bandiere palestinese all’interno delle zone occupate della Palestina è un atto vietato da Israele. 

L’iniziativa “Un Gelato per la Pace” è un gesto concreto a sostegno di una popolazione martoriata da un genocidio che non accenna a fermarsi. Tutto il ricavato della vendita del gelato, e le eventuali donazioni, saranno per questo destinati a Medici Senza Frontiere, che da tempo opera nelle zone più colpite del conflitto. In particolare, il lavoro dell’organizzazione in Gaza si concentra su cure mediche urgenti, supporto psicologico e distribuzione di acqua potabile. A oggi, MSF ha assistito oltre un milione di pazienti e ha eseguito oltre 23.000 interventi chirurgici.

Con l’adesione di numerose gelaterie in Italia e in Europa, questo piccolo ma significativo gesto offre a tutti l’opportunità di contribuire a una causa urgente. I cittadini, non solo consumatori, si trasformano in attivisti, facendo sentire la loro vicinanza a chi, a migliaia di chilometri di distanza, sta vivendo condizioni di vita insostenibili.

Per sapere dove trovare le gelaterie aderenti, basta visitare il sito ufficiale dell’iniziativa dove è presente una mappa interattiva dei locali che il 19 luglio serviranno il gelato all’anguria: www.ungelatoperlapace.it.

Un turismo sostenibile è realmente possibile?

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Negli ultimi tempi il turismo sembra essere sulla bocca di tutti. Nel corso dei mesi un numero sempre maggiore di testate appartenenti al circolo mediatico generalista ha iniziato a interessarsi a un tema per troppo tempo messo da parte, che è riuscito a emergere in superficie solo quando in molti luoghi la situazione è divenuta ormai fuori controllo. Dalle proteste contro la turistificazione a Barcellona, alla manomissione delle key box a Roma, dai quartieri di Kyoto chiusi per la presenza di troppi turisti, alle immagini delle varie località marittime o montane invase da turisti che sporcano...

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Colombia, stop al partenariato con la Nato: “Non stiamo con chi uccide i bambini di Gaza”

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Continuano le misure prese dai paesi del Sud Globale che, di fronte a un Occidente complice e fiancheggiatore del massacro israeliano, rompono gli indugi e dicono basta. Ora è la volta del presidente della Colombia, Gustavo Petro, che con dichiarazioni durissime ha annunciato l’intenzione di ritirare il Paese latino americano dal rapporto di partenariato militare con la NATO, in vigore dal 2018. «Come possiamo stare con eserciti che tirano bombe ai bambini? Il carbone colombiano non può diventare bomba in Israele per uccidere bambini: potranno aumentare i dazi o fare quello che vogliono. Ci aiuteranno altri popoli», ha dichiarato Petro. La decisione è stata presa a margine della Conferenza di Bogotà, vertice nel quale, nei giorni scorsi, trenta Paesi si sono coordinati per concordare misure per cercare di fermare il genocidio del popolo palestinese. Petro ha lanciato anche un messaggio diretto ai Paesi europei, avvisandoli che «se vogliono stare con l’America Latina o con l’Africa devono smettere di aiutare i nazisti». Mentre in Colombia andava avanti il vertice di Bogotà, infatti, l’Unione Europea decideva di non sanzionare il partner israeliano nonostante il genocidio perpetuato in Palestina, preservando così gli accordi commerciali stipulati nel 1995.  La decisione colombiana arriva dopo due anni in cui l’Alleanza Atlantica ha continuato ad affiancare Israele. Nessuna contromisura o sanzione, ma continue vendite di armi e scambi di intelligence. La fine del partenariato con l’Alleanza Atlantica inverte definitivamente la rotta della politica estera colombiana, che nel 2018 aveva portato Bogotà a essere il primo e unico Paese dell’America Latina a diventare partner globale della NATO. Ciò si è tradotto nella collaborazione in diversi settori strategici, come ad esempio la formazione militare e la lotta al terrorismo e al narcotraffico. A finire nel mirino di Petro, oltre a NATO ed Europa, è stato anche il suo governo, che ha disatteso il decreto presidenziale con cui, nell’agosto del 2024, vietava la vendita di carbone a Israele, di cui la Colombia è il principale fornitore. Così, come rivelato dalla relatrice speciale ONU Francesca Albanese nel suo ultimo rapporto, le multinazionali Drummond e Glencore che estraggono carbone nel nord del Paese hanno continuato a esportarlo verso Tel Aviv per alimentare l’elettricità israeliana. Il decreto presidenziale intendeva fare pressione sullo Stato ebraico affinché cessasse il genocidio nella Striscia di Gaza. L’obiettivo è stato rilanciato durante il vertice di Bogotà, organizzato dal Gruppo dell’AIA, una coalizione di Stati nata all’inizio dell’anno per rendere efficaci le decisioni delle istituzioni internazionali, su tutte la Corte Internazionale di Giustizia, o appunto Corte dell’AIA. Quest’ultima, nel valutare le accuse di genocidio rivolte a Israele, ha ricordato ai Paesi terzi l’obbligo di prevenire ulteriori crimini, astenendosi ad esempio dal trasferire armi e munizioni e chiudendo i porti alle navi dotate di simili carichi destinati a Tel Aviv. A Bogotà dodici Paesi — tra cui la Colombia — hanno approvato queste misure, cui si aggiunge la revisione di tutti i contratti pubblici per impedire alle istituzioni di finanziare la presenza illegale di Israele nei territori palestinesi occupati.

Napoli, scossa di magnitudo 4.0

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Alle 9.15 un terremoto di magnitudo 4.0 ha scosso la città di Napoli. L’epicentro è stato localizzato in mare, tra Bagnoli e Pozzuoli, a una profondità di 3km, come rilevato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). La scossa è stata avvertita distintamente in tutta la città e in diversi comuni della provincia. Al momento non si registrano danni. È in corso uno sciame sismico, con scosse di assestamento di lieve entità.

Starmer e Merz firmano il Trattato di Kensington: è nato l’asse militare anglo-tedesco

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Il mondo cambia, le alleanze si ridisegnano, ma lo spirito della guerra fredda resta il convitato di pietra nei salotti della diplomazia euro-atlantica. Ieri, 17 luglio, con il Trattato di Kensington firmato a Londra tra il premier britannico Keir Starmer e il cancelliere tedesco Friedrich Merz, si è consumata una svolta storica che non ha nulla di neutrale: sotto il velo patinato della “cooperazione”, prende forma un patto strategico di respiro militare che sancisce ufficialmente la nascita di un asse anglo-tedesco – allineato con la Francia – in funzione apertamente anti-russa. La cerimonia di firma si è tenuta al Victoria and Albert Museum di Londra. 

Descritto come il «primo trattato bilaterale tra Regno Unito e Germania dalla Seconda guerra mondiale», l’accordo rappresenta molto più di un simbolico riavvicinamento tra due potenze storicamente rivali. I due leader hanno finalizzato un patto di ampia portata che punta molto sulla cooperazione in materia di sicurezza e che include la promessa di sviluppare un nuovo sistema missilistico a lungo raggio e un impegno di mutua assistenza, sottolineando che una minaccia per un Paese verrebbe probabilmente percepita come una minaccia anche per l’altro, come anticipato da Politico. Si tratta di un articolato piano politico e militare – 23 pagine dense – con cui Londra e Berlino blindano un’intesa volta al rafforzamento della difesa comune, alla proiezione bellica congiunta e alla sincronizzazione delle politiche di sicurezza, in piena sintonia con la narrazione NATO. 

Il premier britannico ha aperto la conferenza stampa facendo gli onori di casa e spiegando che il trattato prevede nuovi investimenti nel Regno Unito per un valore di 200 milioni di sterline. Il cancelliere tedesco ha dichiarato che si tratta di una giornata storica: «Siamo davvero sulla strada verso un nuovo capitolo» e che l’accordo odierno mira a garantire la libertà, la sicurezza e la prosperità dei popoli di entrambi i Paesi.

Il cuore del trattato è chiaro: costruire un blocco compatto per «contrastare Stati ostili, interferenze straniere e minacce ibride». Tradotto: contenere Mosca, alzare nuove cortine d’acciaio, rilanciare la corsa agli armamenti con la scusa della sicurezza collettiva. A conferma della linea atlantista e interventista dell’accordo, è stata ribadita l’assistenza militare reciproca in caso di attacco armato – un doppione dell’articolo 5 della NATO, ma con sfumature politiche precise: saldare un triangolo decisionale europeo Berlino-Londra-Parigi, che sopperisca all’ambiguità americana sotto la presidenza Trump e riequilibri l’inerzia dell’Unione Europea. Nonostante Starmer e Merz provengano da famiglie politiche differenti – laburista il primo, cristiano-democratico il secondo – la loro convergenza su armamenti, controllo migratorio e hard power dimostra quanto il bipolarismo ideologico sia oggi svuotato. I due, infatti, hanno più cose in comune di quanto sembri a prima vista: condividono l’ambizione di assumere la guida della difesa europea. Entrambi hanno fatto della spesa militare una priorità nazionale. Entrambi si presentano come uomini della “ragionevolezza atlantica”, ma agiscono da promotori di un neo-interventismo europeo che guarda all’Est con ostilità crescente. La collaborazione prevista si estende anche alla lotta contro la criminalità organizzata transfrontaliera, con accenti marcati sul contrasto ai flussi migratori irregolari. Misure, queste, che rischiano di diventare il cavallo di Troia per una più vasta militarizzazione del Mediterraneo e dei confini esterni europei.

Non si tratta solo di cooperazione militare. Il Trattato di Kensington tocca anche altri temi: tecnologia quantistica, intelligenza artificiale, mobilità studentesca, transizione verde. Ma è evidente che tutto gravita attorno a un asse fondato su difesa e deterrenza, dove anche la scienza e la tecnologia vengono subordinate agli interessi della sicurezza nazionale e della supremazia strategica. L’idea è chiara: costruire una “fortezza euro-atlantica” guidata da tecnocrati in doppiopetto, affrancata dalle dinamiche democratiche nazionali, in perfetta coerenza con i piani già delineati a Bruxelles e Washington. L’«amicizia» invocata nel testo non è fra popoli, ma fra apparati. Fra oligarchie politiche accomunate dalla medesima visione del mondo: un mondo da sorvegliare, controllare, armare.

Nel contesto della guerra in Ucraina, l’accordo rafforza il sostegno all’Ucraina e si muove nel solco della diplomazia parallela dei “volenterosi”, già visibile nel recente vertice di Kiev, quando Starmer e Merz viaggiavano con Macron sul treno per incontrare Zelensky. I tre, ora saldamente alleati, stanno definendo la nuova architettura geopolitica del continente: una cabina di regia bellica, formalmente europea, ma sostanzialmente subordinata alla volontà statunitense. Non a caso, la firma del trattato arriva pochi giorni dopo l’annuncio di Donald Trump di voler potenziare l’invio di armi all’Ucraina: una sincronia sospetta, che evidenzia quanto questa “amicizia” anglo-tedesca sia funzionale alla strategia bellicista USA, in piena continuità con l’establishment bipartisan di Washington.

Il Trattato di Kensington non è un accordo di cooperazione: è una dichiarazione di intenti geopolitici. Un’operazione chirurgica che mira a cementare l’Europa dei falchi, affrancata dalle dinamiche parlamentari e affamata di armamenti. Un’Europa che parla il linguaggio della guerra preventiva, della deterrenza muscolare, della sicurezza militarizzata. In nome della “pace”, si prepara la guerra. Ancora una volta. Ma questa volta con l’applauso bipartisan dell’élite europea.

UE: ok a 18° pacchetto di sanzioni alla Russia

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L’Unione europea ha approvato un nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia, il diciottesimo dall’inizio della guerra con l’Ucraina. Superato il veto della Slovacchia, l’Alto rappresentante della politica estera dell’UE Kaja Kallas ha dato su X l’annuncio dell’intesa: «Gli oleodotti Nord Stream saranno vietati. Un tetto massimo più basso al prezzo del petrolio. Stiamo esercitando maggiore pressione sull’industria militare russa, sulle banche cinesi che consentono l’elusione delle sanzioni e bloccando le esportazioni di tecnologia utilizzata nei droni».

È stato approvato il primo trattamento antimalarico per neonati al mondo

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Un'importante novità nella lotta contro la malaria, una malattia potenzialmente letale trasmessa all'uomo da alcuni tipi di zanzare, è arrivata con l'approvazione del primo trattamento antimalarico specificamente formulato per i neonati e i bambini molto piccoli. Questo trattamento, scioglibile nel latte materno, è un traguardo nella cura di una malattia che, ogni anno, provoca centinaia di migliaia di decessi, soprattutto tra i più piccoli. Fino ad ora i casi di malaria di neonati e bambini sotto i cinque anni, i più vulnerabili all’infezione, venivano trattati con farmaci destinati ai più gr...

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I dirigenti delle banche italiane hanno ottenuto 20.000 euro di aumento di stipendio

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A partire dal prossimo anno, i dirigenti di banca avranno un aumento del 31% in busta paga. È stato infatti siglato in via definitiva l’accordo tra i sindacati di categoria e l’Associazione bancaria italiana per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del settore Credito. Il testo prevede diverse modifiche al CCNL, che vanno da misure per potenziare la formazione dei dipendenti ad adeguamenti di stipendio per tutti i lavoratori del settore. A guadagnare maggiormente, tuttavia, saranno i vertici direzionali. La misura alza la soglia dello stipendio minimo dei dirigenti da 65mila euro a 85mila e interesserà circa 6.300 dirigenti. L’aumento sarà scaglionato in due tornate: la prima è prevista ad agosto e sarà pari a 15mila euro; il passaggio da 80mila a 85mila euro, invece, scatterà il 1° gennaio 2026.

La firma del testo coordinato per il rinnovo del CCNL Credito è arrivata il 14 luglio ed è stata resa nota ieri, 15 luglio; essa fa seguito all’accordo raggiunto il 23 novembre 2023, segnandone l’adozione definitiva. Le novità introdotte dal nuovo Contratto Collettivo sono diverse, ma una delle centrali è proprio l’aumento degli stipendi dei lavoratori e dei dirigenti. Fabi, uno dei sindacati, descrive l’aumento ai dirigenti come una misura che «tiene conto dei profondi mutamenti che hanno interessato l’organizzazione del lavoro, la responsabilità gestionale e le pressioni a cui è sottoposta questa fascia professionale», e dello «stress» a cui i dirigenti dovrebbero fare fronte davanti alle richieste dei vertici aziendali; in generale, tutti i sindacati coinvolti (Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin) utilizzano toni trionfali per descrivere l’accordo, e, malgrado tutti menzionino l’aumento dei dirigenti, c’è chi usa termini più moderati per descriverlo, o chi parla generalmente di un aumento per i dipendenti di ogni fascia.

Oltre all’aumento dei dirigenti, l’accordo prevedeva già a novembre 2023 un aumento di circa il 13% per i dipendenti di terzo e quarto quadro, e del 14% circa per i dipendenti fino al secondo quadro direttivo, con l’eccezione dei dipendenti di quarto livello della terza area, per cui l’aumento è di circa il 15%. Al momento del suo raggiungimento, era stato concordato che anche questi aumenti sarebbero dovuti avvenire in diverse tornate, quasi tutte già passate; l’ultimo scatterà a marzo 2026. Nell’ambito di questi aumenti, l’intervento di cui i sindacati hanno più parlato è quello dei lavoratori del quarto livello della terza area, che coinvolge circa 170mila bancari; per loro, l’aumento concordato a novembre è pari a 435 euro, circa un dodicesimo di quello previsto per i dirigenti bancari, e in proporzione meno della metà. In aggiunta agli aumenti, l’accordo prevede anche un potenziamento della formazione professionale dei dipendenti di banca, porta il periodo di aspettativa a 24 mesi, fissa il periodo di prova per le nuove assunzioni a non più di sei mesi e garantisce la retribuzione piena per le gravidanze a rischio.

Slovenia: sanzioni e divieto di entrata per due ministri israeliani

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La Slovenia ha dichiarato il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich e il ministro per la Sicurezza Nazionale israeliano Itamar Ben Gvir personae non grate e ha imposto loro sanzioni. I due ministri sono i rispettivi capi del Partito Sionista Religioso e di Otzma Yehudit (in italiano Potere Ebraico), due partiti di estrema destra di orientamento ultranazionalista religioso. Con tale mossa, la Slovenia diventa il primo Paese dell’Unione Europea a imporre misure contro cariche dell’esecutivo israeliano.