venerdì 9 Maggio 2025
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Il governo ha introdotto limiti agli PFAS nelle acque potabili, ma è una vittoria a metà

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Dopo anni di denunce da parte di comunità locali, associazioni ambientaliste e scienziati, il governo ha finalmente deciso di intervenire sulla questione PFAS, le cosiddette “sostanze chimiche eterne” che contaminano le acque potabili in tutto il Paese. Il decreto legislativo approvato il 13 marzo introduce un limite alla presenza di quattro PFAS pericolosi (PFOA, PFOS, PFNA e PFHxS) nelle acque potabili, fissato a 20 nanogrammi per litro. Per la prima volta, inoltre, viene regolamentato anche il TFA (Acido Trifluoroacetico), uno dei composti PFAS più diffusi e finora sfuggito a qualsiasi controllo normativo. Un passo avanti, certo, ma il provvedimento lascia ancora molte ombre: il limite imposto è ben lontano dagli standard più cautelativi adottati in altri Paesi europei e manca ancora una strategia complessiva per la dismissione di questi inquinanti dal sistema produttivo.

I PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) sono composti chimici artificiali utilizzati dagli anni ’50 per le loro straordinarie caratteristiche di resistenza all’acqua e al calore. Li troviamo ovunque: nelle padelle antiaderenti, nei tessuti impermeabili, nei prodotti per la cura della persona, e sono praticamente indistruttibili. Accumulandosi nell’organismo, sono stati associati a gravi problemi di salute, tra cui cancro, disfunzioni del sistema endocrino e malattie cardiovascolari. In Italia, il Veneto è tristemente noto per ospitare una delle aree più contaminate al mondo da questi composti, ma il problema è diffuso in tutto il territorio nazionale.

Il decreto approvato in Cdm stabilisce che la somma di quattro PFAS (PFOA, PFOS, PFNA e PFHxS) non potrà superare i 20 nanogrammi per litro nelle acque potabili. Si tratta di un valore allineato alla Germania, ma decisamente superiore ai limiti adottati da Danimarca (2 ng/L) e Svezia (4 ng/L), che si basano su standard più cautelativi per la salute pubblica. Inoltre, l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) e l’Agenzia Europea per l’Ambiente ritengono inadeguato il tetto massimo di 100 ng/L imposto dall’Unione Europea per la somma di 24 PFAS, che entrerà in vigore in Italia nel 2026. Una novità importante del decreto è l’introduzione di un limite per il TFA, fissato a 10 microgrammi per litro (10.000 nanogrammi per litro). Il TFA è una delle molecole PFAS più abbondanti sul pianeta, presente in tantissime acque potabili italiane, e finora non aveva alcuna regolamentazione. Il testo prevede anche il monitoraggio di altre sostanze della classe PFAS, come le molecole ADV prodotte in Italia dalla ex Solvay di Alessandria (ora Syensqo).

Se da un lato il decreto segna un’importante presa di coscienza del problema, dall’altro mostra i suoi limiti. Innanzitutto, il governo si è mosso con scarsa coerenza: il 26 marzo, la Camera ha approvato una mozione della maggioranza che impegna l’esecutivo a intervenire sui PFAS, quando un decreto in materia era già stato varato due settimane prima. Un disordine di metodo che rischia di minare l’efficacia dell’intervento normativo. Inoltre, il provvedimento è una soluzione parziale: imporre limiti nelle acque potabili è fondamentale, ma non basta. Come rimarcano le associazioni ambientaliste, infatti, la vera soluzione sarebbe vietare la produzione e l’uso dei PFAS nell’industria, come già fatto dalla Danimarca e, dal 2026, dalla Francia per tessuti e cosmetici contenenti questi composti. Senza un bando totale, continueranno a disperdersi nell’ambiente, rendendo vani gli sforzi di regolamentazione.

Il decreto è stato trasmesso al Senato e dovrà passare al vaglio delle commissioni parlamentari competenti. Le associazioni ambientaliste, pur sottolineando il passo in avanti, chiedono al Parlamento di intraprendere un’azione ancora più incisiva. «Se è vero che il provvedimento rappresenta un risultato importante per la tutela della salute di cittadini e cittadine, è indubbio però che debba essere ancora perfezionato – ha scritto Greenpeace in un comunicato –. Le forze politiche dovranno al più presto trovare un accordo per ridurre ancora di più i limiti consentiti avvicinandoli all’unica soglia sicura, lo zero tecnico. È fondamentale che si arrivi al più presto a una legge che vieti l’uso e la produzione dei PFAS!». Proprio Greenpeace, conducendo tra il settembre e l’ottobre 2024 un’indagine chiamata “Acqua e veleni”, ha recentemente attestato come, in Italia, il 79% dell’acqua potabile è contaminato da PFAS. I numeri descrivono uno spaccato di proporzioni preoccupanti: dei 260 campioni raccolti in 235 città di tutte le regioni e province autonome, ben 206 contengono queste sostanze tossiche.

[di Stefano Baudino]

Ora legale, arriva il cambio: lancette un’ora in avanti

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Nella notte tra stasera 29 marzo e domani 30 marzo, l’Italia passa all’ora legale, spostando le lancette avanti di un’ora fino al 26 ottobre 2025. Un cambio che, seppur consueto, quest’anno ha creato una discrepanza temporanea con gli Stati Uniti, dove l’orario è stato anticipato all’8 marzo, portando il fuso tra Italia e America a 7 ore invece di 6. Nonostante da anni si discuta riguardo all’ipotetica abolizione dell’ora legale, l’Unione Europea ha deciso di mantenere il sistema attuale e quindi, per ora, il cambio stagionale delle lancette sembra restare una certezza.

OpenAI diventa virale imitando lo stile di un artista che odia l’IA

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Di recente ha fatto il giro del web il nuovo generatore di immagini di OpenAI, se non altro perché gli utenti si divertono a mettere alla prova l’efficacia dello strumento replicando lo stile grafico dello Studio Ghibli, celebre casa d’animazione giapponese conosciuta per capolavori quali Il mio vicino Totoro e La città incantata. La tendenza, fomentata con entusiasmo dall’azienda di intelligenza artificiale, assume una connotazione particolarmente cinica, specialmente se si considera il noto scetticismo di Hayao Miyazaki, co-fondatore di Studio Ghibli, nei confronti dell’automatizzazione dell’arte.

Non appena è stato lanciato l’ultimo aggiornamento dell’IA, gli utenti hanno rapidamente constatato che il modello online non solo è in grado di generare immagini di alta qualità, ma riesce anche a riprodurre fedelmente stili e tecniche di artisti ancora in attività. In poco tempo hanno iniziato a emergere disegni ispirati ai Simpsons e a Rick and Morty, ma il fatto che a diventare virale sia stato il tratto di Miyazaki ha il sapore di una provocazione deliberata, la quale viene accentuata dalla natura dei soggetti che sono stati rappresentati.

Una provocazione che apparentemente non è stata accolta da Sam Altman, CEO di OpenAI, il quale ha anzi incoraggiato il trend modificando il proprio profilo in modo da seguire il tema. Il fenomeno ha dunque assunto connotazioni più esplicite quando meme internettiani e molteplici immagini politiche sono state immesse nel sistema, rinascendo sotto forma di colorati disegni. Dall’impiccagione di Saddam Hussein all’attacco alle Torri Gemelle, passando per una serie di eventi che hanno segnato la storia contemporanea e l’immaginario collettivo della Rete, il fenomeno ha assunto dimensioni sorprendenti. La spirale degenerativa si è completata quando il profilo X della Casa Bianca ha deciso di cavalcare l’onda della viralità, traducendo nello stile di Miyazaki le fotografie dell’arresto di Virginia Basora-Gonzalez, donna accusata di spaccio di fentanyl. Un messaggio che si contrappone nettamente all’ethos di Studio Ghibli, sia sul piano politico che su quello tecnico.

Nel 2016, dopo aver assistito a una dimostrazione su come le intelligenze artificiali potessero essere applicate nel mondo dell’animazione, Miyazaki non nascose il suo disappunto. “Sono assolutamente disgustato, non desidererei mai integrare questa tecnologia nel mio lavoro”, aveva dichiarato, “ritengo con fermezza che sia un oltraggio alla vita stessa”. La sua conclusione era stata lapidaria: “Sento che ci stiamo avvicinando alla fine dei tempi. Noi esseri umani stiamo perdendo la fiducia in noi stessi”.

Oltre a creare un paradosso etico e autoriale, l’esplosiva popolarità di queste illustrazioni solleva notevoli interrogativi anche sulla tutela dei diritti d’autore. L’anno scorso, OpenAI aveva ammesso apertamente che preservare il copyright avrebbe reso “impossibile” lo sviluppo del suo modello di IA. Possiamo dunque presumere che le immagini dei film di Miyazaki siano ormai finite in pasto alla macchina già da tempo, tuttavia, secondo OpenAI, il generatore di immagini avrebbe dovuto prevenire forme di plagio adottando un “approccio conservatore”: l’azienda sostiene infatti di aver inserito nel sistema alcuni comandi che dovrebbero impedire l’imitazione dello stile di artisti ancora in vita. Smentita dai fatti, OpenAI ha successivamente chiarito che gli “stili generici di uno studio” possono però essere liberamente replicati.

Per l’impresa tech, il limite non è dunque etico, artistico o legislativo, quanto tecnico: Altman ha annunciato che le richieste di generazione di immagini sono troppo frequenti, che i processori di ChatGPT “stanno fondendo”. Per questo, gli utenti non abbonati dovranno subire dei “limiti temporanei” che gli impediranno di commissionare all’IA più di tre immagini al giorno. Studio Ghibli, da parte sua, non ha ancora commentato la situazione e si concentra piuttosto sul selezionare nuovo personale che possa dare una mano a coronare i suoi traguardi artigianali.

[di Walter Ferri]

Turchia, centinaia di migliaia di manifestanti contro incarcerazione Imamoglu

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A Istanbul, in Turchia, centinaia di migliaia di manifestanti hanno protestato nel quartiere di Maltepe contro l’incarcerazione del sindaco Ekrem Imamoglu, principale rivale del presidente Tayyip Erdogan. Lo riportano le agenzie di stampa locali e internazionali, pubblicando le immagini del corteo. I manifestanti, che hanno affollato metropolitane, traghetti e autobus, hanno scandito slogan come “Giustizia e legge,” e “O tutti insieme o nessuno di noi!”. Al raduno è stata letta anche una lettera di Imamoglu: «Non ho paura, siete dietro di me e al mio fianco. Non ho paura perché la nazione è unita. La nazione è unita contro l’oppressore». Secondo gli organizzatori, la protesta avrebbe coinvolto 2,2 milioni di persone presenti per l’evento.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato la stretta sul diritto alla cittadinanza

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Il governo ha deciso: ottenere la cittadinanza italiana per discendenza non sarà più così semplice. Con il pacchetto di riforme approvato dal Consiglio dei Ministri, l’Italia pone infatti un freno alla trasmissione automatica dello ius sanguinis, limitandola ai discendenti di prima e seconda generazione. Non più trisavoli o bisnonni come lasciapassare per un passaporto europeo, ma solo genitori o, al massimo, nonni nati in Italia. Un provvedimento che giunge dopo anni di crescita esponenziale dei cittadini italiani residenti all’estero, passati da 4,6 a 6,4 milioni in appena un decennio. È stato inoltre stabilito lo spostamento della gestione delle domande dai consolati all’estero a un nuovo ufficio centrale presso la Farnesina, con un periodo transitorio di circa un anno per l’organizzazione del sistema.

La riforma introduce criteri più stringenti per ottenere la cittadinanza italiana attraverso la discendenza. Da ora in avanti, saranno riconosciuti come italiani dalla nascita solo coloro che hanno almeno un genitore o un nonno nato in Italia. Per i figli di italiani nati all’estero, il riconoscimento sarà automatico solo se almeno uno dei genitori ha risieduto in Italia per almeno due anni continuativi prima della nascita del figlio. Saranno comunque processate secondo le regole precedentemente vigenti le richieste di riconoscimento della cittadinanza documentate e presentate entro il 27 marzo 2025. La riforma promossa dall’esecutivo si articola anche in una seconda fase, che prevede un disegno di legge in cui si stabilisce che i cittadini nati e residenti all’estero mantengano nel tempo un legame reale con il nostro Paese, esercitando i diritti e i doveri del cittadino almeno una volta ogni venticinque anni.

Negli ultimi anni, il numero di italiani all’estero è aumentato del 40%, con richieste di cittadinanza in forte crescita in Paesi come Argentina, Brasile e Venezuela. Secondo le stime, tra i 60 e gli 80 milioni di persone nel mondo potrebbero potenzialmente avanzare una richiesta di riconoscimento della cittadinanza italiana. Questo ha messo sotto pressione i servizi consolari, che si sono trovati a dover gestire decine di migliaia di domande. La stretta sul diritto alla cittadinanza segna una svolta nella politica migratoria italiana, limitando uno dei meccanismi che per decenni hanno consentito la trasmissione del passaporto italiano a discendenti di emigrati ormai lontanissimi. Le nuove regole non hanno toccato lo ius soli o lo ius scholae, lasciando immutato il percorso per chi nasce o cresce in Italia da genitori stranieri. La riforma, insomma, non amplia i diritti per chi vive stabilmente nel Paese, ma restringe quelli di chi ha legami solo sulla carta.

Negli ultimi mesi, effettivamente, il dibattito parlamentare si era maggiormente incentrato sul tema dello Ius Scholae e dello Ius Soli, mostrando posizioni diverse sul tema all’interno della stessa maggioranza. Lo scorso ottobre, dopo aver passato l’estate ad aprire al Partito Democratico sullo Ius Scholae – per poi cassarlo in sede parlamentare -, Forza Italia ha avanzato una proposta di legge per concedere la cittadinanza ai figli di immigrati regolari. Denominata Ius Italiae, la proposta prevede che i nati in Italia o coloro che arrivano entro i 5 anni, residenti per 10 anni, possano ottenere la cittadinanza a 16 anni se completano il percorso scolastico obbligatorio. La “fuga in avanti” di Forza Italia ha però scatenato le ire della Lega, fortemente contraria all’introduzione della misura.

[di Stefano Baudino]

Guinea, ex dittatore Camara graziato per «motivi di salute»

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L’ex dittatore guineano Moussa Dadis Camara, condannato a 20 anni di carcere per le sue responsabilità dei massacri del settembre 2009 in Guinea, è stato graziato per «motivi di salute» dal capo della giunta della Guinea, sulla base di un decreto letto dal generale Amara Camara, portavoce presidenziale. Dopo un processo durato quasi due anni, nell’agosto 2024 Moussa Dadis Camara è stato condannato per crimini contro l’umanità. Il 28 settembre 2009, come verificato dall’ONU, almeno 156 persone furono uccise e centinaia di altre rimasero ferite durante la repressione di una manifestazione dell’opposizione in uno stadio di Conakry e dintorni, mentre almeno 109 donne furono violentate.

La responsabilità degli intellettuali

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«Quanto a coloro che si sono limitati a guardare, nel silenzio e nell’apatia, il lento svolgersi di questa catastrofe nel corso degli ultimi anni, in quale pagina della storia meritano di essere inseriti?». È il 1966, queste sono parole di Noam A. Chomsky che, in apertura del suo celebre saggio The Responsibility of Intellectuals, scrive sulla guerra in Vietnam ; e in chiusura: «La storia recente sta a dimostrare che a noi americani poco importa quale sia la forma di governo che un paese ha, a patto che sia ‘aperto’ nel senso che diamo a questo termine, che sia cioè suscettibile di penetrazione economica e di controllo politico. Se per ottenere questo in Vietnam dobbiamo mettere in atto un genocidio, ebbene, sarà il prezzo che ci toccherà pagare in difesa della libertà e dei diritti dell’uomo». 

Queste spietate considerazioni, con i debiti distinguo, rischiano di venire applicate con successo a quanto sta accadendo in Palestina, di cui siamo inevitabilmente complici, dal momento che facciamo parte di un sistema di alleanze, un sistema tuttavia che mostra un anacronismo di base perché perpetua vecchie metodologie e orizzonti superati dai fatti. Dal momento, ad esempio, che l’Urss non esiste più, perché persistono patti militari contro l’attuale Russia, persistono forse perché il governo russo non è sufficientemente democratico? È fuori di dubbio che la pace in Ucraina vada ricercata con ogni mezzo anche perché dovrà servire a porre fine a una situazione piena di rischi a largo raggio.  

E ora che i cinesi, attraverso i loro progressi interni, stanno forse dimostrando agli asiatici che «i loro metodi possono essere migliori e più efficaci di quelli democratici», come ci comportiamo? così paventava Walter Rostow, analista della politica statunitense in Asia, nel lontano 1955, con parole riprese da Chomsky. E dunque, che cosa significa oggi aprire alla Cina e chiudere alla Russia? Che cosa ne dicono i nostri responsabili strategici, soprattutto nel campo dell’economia, come è logicamente sostenibile una tale contraddizione? Ovviamente non basterà sottolineare la gestione del governo russo oppressiva contro ogni forma di opposizione, così da fare apparire l’Europa una specie di succursale degli Stati Uniti che difende la libertà in Occidente.

Come reagiamo noi intellettuali all’idea di doverci rendere nemica la Russia, in quanto paese, mettendo in campo la vetusta concezione, un tempo valida, di un’ Urss che voleva dilagare nell’Europa occidentale? Perché non insistiamo, proprio in quanto europei, nella visione di una Russia che parzialmente fa anch’essa parte dell’Europa? Perché non ne facciamo seguire dei progetti di cooperazione? Perché abbiamo vanificato le prospettive di nuovi orizzonti che si potevano aprire dopo la caduta dell’Urss? Mikhail Gorbaciov scriveva nel 1987 (Perestrojka. Il nuovo pensiero per il nostro paese e per il mondo) che era necessario il dialogo, che bisognava «rafforzare la fiducia tra le nazioni». Affermava, probabilmente anche con quella speciale astuzia sovietica nel voler apparire benevoli, che «il  mondo non è più quello di un tempo e i suoi problemi nuovi non si possono affrontare sulla base di un pensiero mutuato dai secoli precedenti… Siamo passeggeri a bordo della stessa nave, la Terra, e non dobbiamo permettere che faccia naufragio. Non ci sarà una seconda Arca di Noè». E ancora:«noi …ripudiamo le aspirazioni egemoniche e le rivendicazioni globali degli Stati Uniti… Tuttavia rispettiamo il diritto del popolo degli Stati Uniti, come di ogni altro popolo, di vivere secondo le sue leggi, le sue tradizioni e i suoi gusti».

Non emergono attualmente reali proposte e iniziative dal campo intellettuale o forse non sono abbastanza prese in considerazione. Fatta eccezione dei primi anni del governo Berlusconi, dove alcuni professori rivestivano ruoli ministeriali e di rappresentanza parlamentare, bilanciando la innegabile egemonia della sinistra, il ruolo propositivo è venuto a mancare, anzi è venuto a mancare, paradossalmente,  anche quel sostegno acritico denunciato da Chomsky, per cui «gli intellettuali hanno perso più o meno interesse alla trasformazione totale del nostro modo di vivere». Gli intellettuali non contano più nulla. Le rare eccezioni (ad esempio, quella lucida di Massimo Cacciari) non sono in grado di suggerire forme di mobilitazione, di dissenso efficace, forse sono ammesse perché autorevoli, e anche perché rispondenti a un quadro predisposto.

L’apporto degli intellettuali nelle attività di governo e di progettazione sembra recentemente essersi ancora più rarefatto e non riesce in ogni caso a costruire alternative credibili (e decenti) a un sistema consolidato di pensiero. L’ignoranza dilaga in chi ci governa assumendo quasi forme di provocazione. Eppure «c’è effettivamente una sorta di consenso fra gli intellettuali che hanno conseguito potere e benessere economico», scriveva Chomsky «ad accettare la società così com’è facendosi paladini dei suoi valori». E di fatto questo accade anche per coloro che sono fortemente critici, non foss’altro perché si avvalgono dei media allineati, ricevendo consenso dal loro modo di operare. 

Scriveva nel 1936 Denis de Rougemont, grande umanista svizzero, primo presidente del Consiglio d’Europa, nel suo strepitoso Diario di un intellettuale disoccupato (trad.it. Fazi editore, 1997), a tale proposito: il ruolo degli intellettuali «non sarebbe piuttosto quello di conoscere un po’ meglio della ‘gente’ ciò di cui la gente ha bisogno, quel che domanda realmente? Perché la gente non domanda quel che ha l’aria di domandare, e che ci si affretta a offrirle a buon mercato. In realtà si esprime male, tradisce il proprio pensiero, i propri desideri, non osa parlare, non ha formule per confessare il malessere, per domandare i ‘rimedi’ che ci vorrebbero. Non le è stato insegnato. Si è preferito prenderla in giro. La si è presa per quello che ha l’aria di essere…Come se il fine dei fini fosse quello di prendere in parola dei pover’uomini preventivamente abbrutiti dalla scuola, dalla stampa, dai partiti e dal cinema». 

Una visione pessimistica, certamente, che tuttavia va tenuta presente se, come suggeriva G.K. Chesterton (1908),«in qualche modo bisogna trovare la maniera di amare il mondo senza fidarsene».

[di Gian Paolo Caprettini]

Ponte sullo Stretto, iter fermo: senza deroga UE, tempi più lunghi

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L’iter per l’approvazione del Ponte sullo Stretto è in stallo. Nonostante gli annunci del Ministero delle Infrastrutture, il progetto non ha ancora ottenuto l’autorizzazione ambientale e non può essere approvato dal Cipess. Il problema principale riguarda tre siti di interesse comunitario, per cui le compensazioni ambientali previste sono insufficienti: serve una deroga della Commissione Europea, che richiede una risposta formale, allungando i tempi. Dopo un recente vertice, non è stato annunciato l’invio del progetto al Cipess. L’amministratore delegato di Stretto di Messina, Pietro Ciucci, ha confermato che i lavori potrebbero iniziare solo nel 2026, partendo con opere complementari.

Birmania, sono già oltre mille le vittime del terremoto, migliaia i dispersi

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Sarebbero già oltre mille le vittime del violento terremoto di magnitudo 7.7 che ha scosso ieri la Birmania e che continua ancora oggi, con diverse violente scosse di assestamento in corso. Tuttavia, sono ancora migliaia le persone intrappolate sotto le macerie dei palazzi crollati, motivo per il quale si teme che il bilancio finale delle vittime possa essere di molto superiore. Inoltre, sono molte le persone che vivono in luoghi remoti del Paese, dove la comunicazione è normalmente difficile e dove si teme che i morti possano essere numerosi. In un Paese già devastato da una lunga guerra civile, i danni potrebbero essere incalcolabili.

L’epicentro del sisma si trova a 10 km di profondità nei pressi della città di Sagaing, a pochi chilometri da Mandalay, la seconda città più grande del Paese. La scossa, verificatasi poco prima dell’una del pomeriggio, è stata talmente potente da essere stata avvertita con forza anche a Bangkok, in Thailandia, a mille chilometri circa di distanza. Qui, il crollo di un grattacielo in costruzione ha causato la morte di almeno 10 persone, anche se sono almeno ancora un centinaio gli operai dispersi. La scossa è stata inoltre avvertita anche in Cina, Cambogia e in India.

Secondo il Servizio Geologico degli Stati Uniti (USGS), a causare il sisma sarebbe stato lo sfregamento di due placche tettoniche, quella indiana e quella eurasiatica. Secondo le previsioni del Servizio, le scosse di assestamento potrebbero continuare per tutta la prossima settimana con magnitudo che potrebbe arrivare a 5, causando quindi potenzialmente ulteriori danni gravi. Le vittime potenziali del sisma di ieri, stima l’USGS, potrebbero superare le 10 mila unità, con danni economici che potrebbero arrivare a superare il PIL dell’intera Birmania.

In queste ore stanno cominciando ad arrivare i primi aiuti internazionali, in primis da Russia, India, Malesia e Singapore, mentre la Corea del Sud ha annunciato la mobilitazione di due milioni di dollari di fondi tramite varie organizzazioni internazionali. Il presidente Donald Trump ha inoltre dichiarato che gli Stati Uniti “aiuteranno” il Paese.

[di Valeria Casolaro]

Livorno, assalto a portavalori: bottino di 4 milioni

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Nella serata di ieri una banda armata ha assaltato un portavalori sull’Aurelia a San Vincenzo (Livorno), ottenendo un bottino di circa 4 milioni di euro. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, la banda criminale, composta da una decina di elementi, ha fermato il portavalori con un furgone porta animali, sparando colpi in aria per fare scappare i vigilantes e facendo saltare il portavalori con l’esplosivo. I componenti della banda si sono dunque impossessati del denaro, per poi fuggire a bordo di tre auto. Nessuno è rimasto ferito, ma le persone che hanno assistito parlano di una rapina «da film». A sparire sarebbero stati i soldi delle pensioni.