domenica 23 Novembre 2025
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Più natura nei cortili, più salute nei bambini: il modello degli asili verdi finlandesi

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bambini a contatto con la terra

In Finlandia, un gruppo di ricercatori ha trasformato i cortili degli asili nido urbani, inserendo piante, sottobosco e tappeti erbosi al posto dei classici pavimenti artificiali. E dopo appena un mese, nei bambini sono apparsi i primi segnali di un sistema immunitario più forte. Lo studio, condotto su 75 bambini tra i 3 e i 5 anni, ha confrontato le condizioni di salute tra chi frequentava gli asili “rinaturalizzati” e chi, invece, continuava a giocare in spazi rivestiti di sabbia, gomma e cemento. I ricercatori hanno prelevato campioni di sangue, analizzato il microbiota cutaneo e intestinal...

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Il governo italiano dà incentivi alle aziende che acquistano tecnologie da Israele

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Per le imprese italiane sarà più conveniente acquistare tecnologie di cybersicurezza da Israele. Le nuove linee guida dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, operative da questa settimana, premiano con fino a otto punti aggiuntivi nei bandi pubblici chi utilizza fornitori di Paesi “alleati”, tra cui Israele, Stati Uniti e Giappone. Il provvedimento, pensato per rafforzare la sicurezza digitale e allineare l’Italia agli standard NATO, arriva mentre Tel Aviv è accusata di crimini di guerra a Gaza e l’ONU, nel rapporto Gaza Genocide: A Collective Crime, imputa a Roma la complicità nel genocidio. A luglio, la Commissione europea aveva proposto di sospendere Israele dal programma per la ricerca e l’innovazione “Horizon Europe” per violazioni dei diritti umani, ma Italia e Germania si sono opposte, mantenendo a Tel Aviv l’accesso a circa 200 milioni di euro di fondi. Sullo sfondo resta, inoltre, il “caso Paragon”, la società israeliana accusata di aver spiato giornalisti e attivisti italiani con il software Graphite.

Il nuovo sistema di incentivi nasce dalla legge n. 90 del 2024, cardine della Relazione annuale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN). Dopo le pressioni di Washington, che chiedeva di escludere Cina e Russia dai bandi per le infrastrutture critiche, il governo Meloni aveva limitato le premialità ai Paesi UE e NATO, escludendo Israele. Ora, le nuove linee guida lo riportano tra i partner privilegiati in ambito della cybersicurezza, dando applicazione a un decreto del 30 aprile. La norma punta a rafforzare la resilienza digitale del Paese e a rendere più sicuri gli approvvigionamenti ICT, ossia l’acquisto di beni, software e servizi informatici da parte della pubblica amministrazione e delle aziende strategiche. L’obiettivo, secondo l’esecutivo, è ridurre i rischi della catena di approvvigionamento e garantire interoperabilità con le infrastrutture digitali di Unione Europea e NATO. Israele è stato incluso tra i partner privilegiati insieme ad Australia, Corea del Sud, Giappone, Israele, Nuova Zelanda e Svizzera, in quanto “Paese cooperante” in materia di ricerca e sicurezza cibernetica.

Il decreto attuativo del governo ha introdotto i cosiddetti “criteri di premialità” per le offerte che si basano su tecnologie provenienti da Paesi amici, inclusi antivirus, microprocessori, telecamere di videosorveglianza, firewall contro le intrusioni di hacker e software per il controllo di droni. La logica premiale non si limita agli appalti pubblici, ma si estende a soggetti privati con funzioni strategiche. Attraverso la “Bill of Materials”, l’elenco dettagliato di tutti i componenti, materiali e servizi necessari per realizzare un prodotto o un sistema, ogni componente software o hardware deve essere tracciato per origine e provenienza, con vantaggi concreti per le aziende che scelgono prodotti israeliani certificati. Critici e analisti avvertono che il sistema, pur volto a rafforzare la sicurezza nazionale, rischia di consolidare una dipendenza tecnologica esterna anziché l’autonomia industriale italiana.

Nella Relazione al Parlamento 2024, l’ACN sottolinea la necessità di «un equilibrio tra innovazione e tutela degli interessi strategici nazionali», ma l’evoluzione normativa sembra spingersi verso una maggiore integrazione con i partner NATO e UE, anziché verso una reale indipendenza. Mentre il governo promuove la cooperazione bilaterale con Israele in campo cyber, cresce il divario tra l’obiettivo di una “sovranità digitale” e la realtà di un mercato dominato da tecnologie estere. L’Italia si trova così di fronte a un bivio: sviluppare una propria filiera cyber autonoma o consolidare alleanze che, pur garantendo sicurezza nel breve periodo, potrebbero limitarne la libertà strategica nel lungo termine. Le nuove linee guida dell’ACN rappresentano, inoltre, un cortocircuito politico ed etico: un Paese che si dice impegnato nella tutela dei diritti umani incentiva i propri attori economici a legarsi a un partner accusato di crimini internazionali. Invece di interrogarsi sul peso delle proprie alleanze di fronte alla tragedia palestinese, il governo trasforma la cybersicurezza in uno strumento di diplomazia economica, dove la ragion di Stato e il profitto prevalgono sulla responsabilità morale. Così, la tutela digitale diventa il paravento di una complicità silenziosa, che ignora la portata umana del genocidio in corso.

USA: firmato accordo sulle terre rare con il Kazakistan

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Gli Stati Uniti d’America hanno firmato un accordo di cooperazione sulle terre rare, materiali necessari per produrre componenti tecnologiche di diversa natura. L’accordo è stato siglato in seguito a un incontro tra il Segretario di Stato statunitense Marco Rubio e il Presidente del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev, in occasione di una visita di Rubio nel Paese. Esso segue di un giorno un analogo accordo firmato dagli USA con due imprese private, che impegna gli Stati Uniti a investire 1,4 miliardi di dollari nel settore. Questi ultimi annunci si collocano sulla scia di analoghi investimenti promossi da Trump nel corso dell’ultimo anno in quello che risulta un mercato dominato dalla Cina.

L’India ha avviato esperimenti di inseminazione artificiale delle nuvole

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Nuova Delhi, capitale dell’India, è tornata a fare notizia per l’aria che respirano i suoi abitanti. Con i livelli di inquinamento che toccano vette critiche, le autorità di Delhi, in collaborazione con l’Indian Institute of Technology (IIT) di Kanpur, hanno dato il via agli esperimenti di inseminazione delle nuvole (cloud seeding). Con questa mossa, le autorità indiane intendono infatti indurre piogge artificiali per “lavare” lo smog, sollevando un acceso dibattito in merito all’efficacia a breve termine di questa tecnica controversa, a fronte di un problema che ha radici storiche strutturali. 

Come riportato da media indiani, l’iniziativa si è concretizzata a partire dal 28 ottobre 2025, con un primo volo di prova, dopo settimane in cui l’Indice di Qualità dell’Aria (AQI) ha superato abbondantemente la soglia considerata come “pericolosa”. Altri voli (almeno due) sono poi stati condotti nei cieli della capitale, mentre altri ancora saranno condotti nelle prossime settimane. Il piano, costato l’equivalente di circa 400.000 dollari, prevede l’utilizzo di aerei per il rilascio di sostanze come lo ioduro d’argento e il cloruro di calcio nelle nuvole. Queste sostanze agiscono come nuclei di condensazione, accelerando la formazione di goccioline di pioggia (da qui il termine “inseminazione delle nuvole”). I primi test, tuttavia, hanno incontrato difficoltà: la scarsa umidità atmosferica ha reso inefficaci i tentativi iniziali.

Un rapporto pubblicato dall’ufficio del Ministro dell’Ambiente di Delhi (IIT-Delhi), Manjinder Singh Sirsa, sminuisce la portata e gli effetti di queste tecniche. Il rapporto dell’IIT-Delhi, di cui ha parlato anche Nature, ha concluso che l’atmosfera invernale di Delhi è climaticamente inadatta per una applicazione di tecniche di cloud seeding che siano “consistenti ed efficaci”. Esperti ambientali definiscono l’esperimento un costoso “espediente” che non affronta le radici del problema, ma è solo una “misura SOS” temporanea e insostenibile. Una tecnica della quale, oltretutto, si ignorano ancora le possibili conseguenze nocive a medio e lungo termine, come approfondito su L’Indipendente in una inchiesta.

La crisi dell’aria di Delhi non è un fenomeno nuovo, ma la manifestazione di un problema che affonda le radici in decenni di sviluppo incontrollato, aggravato dal fatto che la capitale indiana si trova al centro di una conca geografica che, soprattutto in inverno, intrappola l’aria fredda e lo smog. L’inquinamento atmosferico non è solo un disastro ecologico, ma ha un impatto profondo sull’economia e sulla salute pubblica. Lo smog riduce la visibilità, causando ritardi di trasporti e una riduzione della produttività del lavoro indotta dalle malattie. L’OMS, nei suoi report, ha spesso indicato Nuova Delhi tra le città più inquinate al mondo. L’esposizione al PM 2.5 è collegata a malattie respiratorie croniche e a una riduzione stimata della speranza di vita fino a 10 anni in alcune aree. La decisione di optare per il cloud seeding riflette l’incapacità politica di far fronte in modo strutturale a un problema che trascende i confini statali e regionali, e ancor di più i cicli elettorali. Nel migliore dei casi, l’inseminazione delle nuvole potrebbe offrire un effimero sollievo capace di rinviare il problema, risolvibile solo tramite politiche ecologiche e industriali che affrontino la tossicità dell’aria alla radice.

L’inseminazione artificiale delle nuvole è utilizzata in maniera sperimentale in diversi Paesi. I più attivi a livello globale sono gli Emirati Arabi Uniti dove, lo scorso anno, analoghi esperimenti furono seguiti da inedite piogge torrenziali e grandinate che paralizzarono la città di Dubai.

La Procura rinuncia all’appello contro Turetta: confermato l’ergastolo

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La Procura di Venezia ha rinunciato alla impugnazione contro Filippo Turetta, condannato all’ergastolo per il femminicidio di Giulia Cecchettin. La Procura contestava il mancato riconoscimento dell’aggravante della crudeltà. L’annuncio della Procura arriva dopo quello dello stesso Turetta, che lo scorso 14 ottobre ha dichiarato di rinunciare all’appello e di accettare la condanna all’ergastolo. Con la rinuncia anche da parte della Procura, si attende solo la formalizzazione degli atti, che avverrà in occasione di un’udienza fissata per il prossimo 14 novembre. In quella data dovrebbe dunque divenire effettiva la condanna.

Congo, la guerra invisibile e il silenzio complice del mondo

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Poco meno di 30 anni fa si sgretolava la trentennale dittatura di Mobutu Sese Seko nell’allora Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo (RDC). Dal 1996, il Paese ha visto violenze, morte e devastazione, culminate con la recente ascesa della milizia M23, figlia, come molti dei problemi della regione, del sanguinoso genocidio ruandese. Ma la grandezza ingovernabile della RDC e la presenza massiccia delle ricchezze minerarie nelle regioni orientali hanno creato i presupposti per l’odierna anarchia violenta. Se oggi, immerso in uno stallo diplomatico, il movimento M23 sembra aver perso la rile...

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Consulta: no al terzo mandato per i governatori di regioni autonome

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La Corte Costituzionale ha stabilito che i presidenti di regioni e province autonome a statuto speciale non possono venire eletti per tre mandati. Nel farlo, la Consulta ha dichiarato illegittima una norma della provincia autonoma di Trento che avrebbe permesso all’attuale presidente Maurizio Fugatti, in questo momento al suo secondo mandato, di correre per le prossime elezioni. La scelta della Corte Costituzionale fa eco a un’analoga decisione riguardante le regioni a statuto ordinario.

“Decreto incostituzionale”: il GIP manda alla Consulta la legge sugli appalti per Cortina ’26

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La giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano Patrizia Nobile ha rinviato alla Corte Costituzionale il decreto legge con il quale il Governo ha qualificato la Fondazione Milano-Cortina 2026 come un ente di diritto privato. Nel farlo, la giudice ha accolto in parte la richiesta della Procura di Milano nell’ambito di un fascicolo riguardante un’inchiesta contro l’ex AD Vincenzo Novari, l’ex dirigente Massimiliano Zuco e altre cinque persone; gli indagati erano incaricati dei servizi digitali per i Giochi ed erano accusati di corruzione e turbativa d’asta. La qualifica della Fondazione come ente di diritto privato, però, esclude di fatto le ipotesi di reato perché comporta che le attività della Fondazione non siano disciplinate dalle norme del diritto pubblico. Secondo la gip, la presunta natura privata della Fondazione sarebbe «costituzionalmente illegittima» poiché essa presenterebbe tutti i requisiti fondamentali per essere definita pubblica. Il Governo avrebbe dunque agito «in violazione» delle direttive UE in materia di appalti pubblici.

La scelta della gip è stata resa nota oggi, giovedì 6 novembre. Con essa, la giudice accoglie in parte la richiesta della procura milanese che lo scorso aprile aveva chiesto l’archiviazione delle indagini per turbativa d’asta a carico dei sette indagati, sollevando tuttavia questioni di legittimità costituzionale. La gip sostiene che la Fondazione risponda a tutti i requisiti per essere definita un ente di diritto pubblico. Questi sono stabiliti dalla direttiva UE 2014/24, e recepiti dall’Italia dal Codice degli Appalti. I requisiti per qualificare una realtà come ente di diritto pubblico sono tre, e devono presentarsi tutti insieme: avere un interesse generale; essere dotati di personalità giuridica; essere finanziati per la maggior parte da autorità pubbliche, o gestiti da membri nominati dallo Stato. I criteri, insomma, ci sarebbero tutti. La qualifica come ente di diritto privato sarebbe dunque da considerarsi «costituzionalmente illegittima», poiché viola i «vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario» e dagli «obblighi internazionali».

Definire la Fondazione Milano-Cortina un ente di diritto privato ha avuto un effetto a cascata sulle indagini per corruzione e turbativa d’asta aperte dalla Procura di Milano nei confronti degli incaricati dei servizi digitali per i Giochi. Secondo quanto si è letto nelle carte dell’indagine, al fine di «favorire l’affidamento delle gare relative al cosiddetto ecosistema digitale» alla Vetrya (ora Quibyt), società di Orvieto cui sono stati assegnati i servizi digitali, Novari e Zuco avrebbero ottenuto dal rappresentante legale della società che si aggiudicò gli appalti, Luca Tomassini, «somme di denaro e altre utilità». Tali gare sarebbero state assegnate alla società con fatture emesse per i lavori «da parte di Vetrya e Quibyt», amministrate entrambe da Tomassini, e pagate «per importi complessivamente non inferiori» a quasi 1,9 milioni di euro dalla Fondazione. Se si accetta di considerare la Fondazione come un ente privato, non sussistono più i margini per i reati ipotizzati, perché essa non sarebbe tenuta a rispondere agli obblighi degli enti di diritto pubblico. Con la pronuncia di oggi, la gip ha rinviato la questione alla Corte Costituzionale, che dovrà esprimersi sulla vicenda; se dare ragione alla gip, aprirebbe nuovamente l’inchiesta.

La società civile sfida il governo sulla politica sulle droghe

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politica droghe guerra conferenza

Pretendere di fare la “guerra alla droga” arrestando i consumatori, è come pensare di sconfiggere l’obesità arrestando le persone che mangiano troppo: un fallimento annunciato. È quanto sostengono da tempo i movimenti antiproibizionisti, che si sono dati appuntamento a Roma, dal 6 al 9 novembre, per ribattere punto su punto alla Conferenza sulle droghe organizzata negli stessi giorni dal governo Meloni. D’altra parte, fanno notare, l’uso di stupefacenti è presente nelle società umane dalla notte dei tempi, in tutte le società, ecco perché la pretesa di eliminare le droghe dalla società e criminalizzare i consumatori è buona solo per la propaganda politica, ma si rivela controproducente nella pratica. Quello che chiedono è che la politica produca norme, iniziando a inquadrare la questione dal punto di vista sociale, sanitario e dei diritti umani

È quello che l’Onu chiede da tempo, da quando a livello internazionale l’approccio proibizionista ha iniziato a perdere consenso. Nel giugno del 2022, in occasione della Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico di droga, l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR) rilasciò una lunga dichiarazione per chiedere di porre fine alla cosiddetta “guerra alla droga” e a promuovere politiche antidroga saldamente ancorate ai diritti umani. I dati e l’esperienza accumulati dagli esperti delle Nazioni Unite hanno dimostrato che la guerra alla droga mina la salute e il benessere sociale e spreca risorse pubbliche senza riuscire a sradicare la domanda di droghe illegali e il mercato delle droghe illegali. Peggio ancora, questa “guerra” ha generato in molti casi narcoeconomie a livello locale, nazionale e regionale, a scapito dello sviluppo nazionale”. In un importante studio pubblicato nel 2021, la stessa agenzia ha rilevato che la “guerra alla droga” ha portato all’incarcerazione di massa attraverso il profiling razziale, le leggi e le procedure di perquisizione e sequestro, l’eccessiva detenzione preventiva, le condanne sproporzionate e la criminalizzazione delle persone che fanno uso di droghe.

Nel settembre 2023, sempre l’OHCHR ha pubblicato uno storico rapporto mettendo in evidenza che la guerra alla droga, è innanzitutto una guerra contro le persone che la utilizzano. Nel 2024 l’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani Volker Türk, ha sottolineato la necessità di un cambiamento di approccio che dia priorità alla salute, alla dignità e all’inclusione: «La criminalizzazione e il proibizionismo non sono riusciti a ridurre l’uso di droga e non sono riusciti a scoraggiare i crimini correlati alla droga. Queste politiche semplicemente non funzionano e stiamo deludendo alcuni dei gruppi più vulnerabili delle nostre società». Ad aprile 2024, durante la 67essima sessione dei lavori della Commission on Narcotics Drug, per la prima volta nella storia la riduzione del danno viene inserita in una risoluzione approvata dalla Commissione stupefacenti dell’Onu.

Eppure l’impostazione che quasi tutto l’Occidente mantiene, è proprio quello della war on drugs lanciata da Nixon nel 1971, quando, con la necessità di compattare le fila dei suoi elettori, identificò negli stupefacenti il nemico numero uno della Nazione. Ecco perché in Italia, dopo che il governo ha convocato la Conferenza nazionale sulle dipendenze per i prossimi 7 e 8 novembre, è stata lanciata, dal basso, una contro-conferenza con appuntamenti previsti per il 6, il 7 e l’8 novembre, quando la Million Marijuana March, storica parata antiproibizionista, tornerà per le strade di Roma dopo la sfilata di aprile, nata per contestare le norme del decreto Sicurezza. «Sulle droghe abbiamo un piano. Fermiamo la guerra alla droga, contro il governo della paura garantiamo diritti civili e sociali» è lo slogan della manifestazione che vede impegnate diverse associazioni promotrici come A Buon Diritto, ARCI, Antigone, Associazione Luca Coscioni, CGIL, CNCA, Forum Droghe, Gruppo Abele, LILA, Meglio Legale, Milion Marijuana March e altri.

«Il 7 e 8 novembre è stata annunciata la Conferenza Nazionale governativa sulle Droghe. Il copione appare già scritto dalle norme repressive approvate da questo governo: dal decreto anti-rave, al decreto anti-giovani (cosiddetto Caivano) che ha riempito di minori le carceri, sino alle norme che trasformano il codice stradale in una legge che criminalizza ulteriormente i consumatori di droghe. Il Decreto Sicurezza che viola, infine, la Costituzione restringendo le libertà individuali e per pura ideologia assimila una sostanza senza effetti psicoattivi, come la cannabis light, alle sostanze psicotrope vietate», raccontano spiegando che: «Nel solco di questa storia già scritta, il Governo ha escluso, nella preparazione alla Conferenza Nazionale, tutte le organizzazioni della società civile esperta e delle Persone che Usano Droghe (PUD). Una scelta che segna una sostanziale differenza con la precedente Conferenza Nazionale del 2021 che aprì il confronto a tutti, approvando documenti innovativi per le politiche sulle droghe ed elaborando il Piano Nazionale sulle Droghe, non a caso ignorato dal governo Meloni». E quindi la volontà è quella di proporre «la nostra strategia e le pratiche necessarie per porre fine alla guerra alle droghe e alle persone che le usano, alle discriminazioni sociali, al razzismo istituzionale e allo stigma, e promuovere politiche attive rispettose delle conoscenze, delle esperienze, dei diritti e della salute».

Il programma è vasto e articolato. Si parte oggi, 6 novembre, con la prima sessione plenaria dalle 17.30, presso la Città dell’altra economia. Si continua il venerdì 7 a partire dalle 9, con dibattiti e convegni. E si continuerà anche l’8 fino alle 14, ora in cui è previsto il ritrovo per la partenza della Million Marijuana March da piazza Ugo La Malfa.

USA, a ottobre licenziamenti record: oltre 150mila

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Nel mese di ottobre, le aziende statunitensi hanno eliminato oltre 150.000 posti di lavoro, registrando la maggiore ondata di licenziamenti da oltre vent’anni, secondo il rapporto della società di outplacement Challenger, Gray & Christmas. Il settore tecnologico è risultato il più colpito, seguito da commercio al dettaglio e servizi. Le motivazioni principali dei tagli riguardano la riduzione dei costi e l’adozione di tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, che stanno trasformando i modelli produttivi. Per il 2025, il rapporto individua come causa prevalente dei licenziamenti il cosiddetto effetto “DOGE Impact”, legato a ulteriori ristrutturazioni aziendali.