venerdì 22 Agosto 2025
Home Blog Pagina 21

Il governo Meloni ha stanziato 7,5 milioni per la comunicazione pro-nucleare

5

Il governo Meloni punta forte sulla comunicazione per riportare l’atomo in Italia. La Conferenza unificata tra governo, regioni ed enti locali ha infatti dato parere positivo alla legge delega sul «nuovo nucleare sostenibile», che prevede anche 7,5 milioni di euro tra il 2025 e il 2026 per campagne informative e azioni nei territori potenzialmente interessati a impianti. Nessun fondo analogo è destinato a rinnovabili o efficienza energetica, nonostante il 93% degli italiani chieda più impegno su questo fronte. Gli obiettivi nucleari italiani includono 0,4 gigawatt (GW) di piccoli reattori modulari entro il 2035 e 7,6 GW di fissione al 2050, tecnologie ancora lontane dall’essere disponibili.

La cifra stanziata risuona come un campanello d’allarme per il Coordinamento FREE, principale rete italiana di associazioni delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. «Un intervento senza precedenti», sottolinea il presidente Attilio Piattelli, evidenziando il clamoroso sbilanciamento rispetto ad altre tecnologie energetiche cruciali per la transizione. Basti un confronto: il Decreto Legislativo 102/2014 ha destinato un contributo massimo di appena 3 milioni di euro per informazione e formazione sull’efficienza energetica, spalmati però su un decennio (2021-2030). Una disparità che stride. Ma le perplessità vanno ben oltre la questione dei fondi. FREE solleva infatti dubbi sostanziali sulla roadmap nucleare italiana: i primi piccoli reattori modulari (SMR) sarebbero operativi verso il 2035, con un obiettivo di 7,6 GW (+ 0,4 GW da fusione) al 2050. Numeri che impallidiscono di fronte alla realtà delle rinnovabili: nel solo 2024 sono stati installati in Italia 7,48 GW di nuovi impianti puliti.

A ciò si aggiunge l’incertezza tecnologica ed economica che avvolge gli SMR, tecnologia ancora sperimentale, con costi sconosciuti e nessun impianto commerciale operativo al mondo. L’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) ha stimato che nel 2050 il nucleare rappresenterà appena il 10% della produzione elettrica globale. La spesa per la comunicazione pro-nucleare appare ancor più problematica se contestualizzata. L’Italia, infatti, non ha ancora risolto il problema fondamentale dello smaltimento delle scorie radioattive esistenti, ereditate dalle centrali del passato. Il deposito nazionale unico, pur tecnicamente individuabile, è un caso emblematico di paralisi politica. Ogni proposta di sito ha scatenato fortissime opposizioni locali, spesso sostenute proprio da quegli amministratori e forze politiche – anche di maggioranza – che oggi invocano il ritorno all’atomo.

Il via libera del Consiglio dei Ministri al disegno di legge delega sul cosiddetto “nuovo nucleare sostenibile” era arrivato lo scorso 28 febbraio. Il provvedimento, composto da quattro articoli, affida al governo il compito di adottare, entro dodici mesi dall’entrata in vigore, una serie di decreti legislativi per disciplinare in maniera organica l’intero ciclo di vita della produzione di energia nucleare. Si prevede la sperimentazione, localizzazione, costruzione ed esercizio di nuovi reattori, insieme alla gestione dei rifiuti radioattivi e allo smantellamento delle vecchie centrali. Inoltre, verranno istituiti strumenti di formazione per nuovi tecnici e si valuterà la creazione di un’Autorità indipendente per la sicurezza e il controllo.

Un recente rapporto dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA) ha sollevato molti dubbi in merito agli SMR. Sebbene inizialmente presentati come una soluzione economica e rapida rispetto alle centrali nucleari tradizionali, essi hanno infatti visto un aumento dei costi che spesso supera le previsioni iniziali, come dimostrano esempi concreti in Paesi come Russia, Cina, Argentina e Stati Uniti. Inoltre, i tempi di costruzione si sono rivelati molto più lunghi del previsto, mentre le rinnovabili proseguono con progressi rapidi. Un ulteriore problema riguarda l’incertezza e i rischi associati alla tecnologia, che rimane relativamente nuova. In Italia, dietro alle novità sul nucleare c’è anche una dirimente questione politica, dal momento che i referendum del 1987 e del 2009 avevano bocciato l’energia nucleare. Tuttavia, il governo attuale sostiene che il nucleare “sostenibile” rappresenti oggi una fonte sicura e pulita, diversa da quella oggetto del voto popolare passato.

Rischio incendi, Spagna e Portogallo in allerta

0

Forte caldo in arrivo sulla penisola iberica. Nel fine settimana, il Portogallo è entrato in stato di allerta a causa di un grave rischio di incendi, con temperature previste tra i 36 e i 44 gradi. La ministra dell’Amministrazione interna, Maria Lúcia Amaral, ha annunciato divieti su accesso a spazi forestali, lavori e attività che potrebbero favorire i roghi. Cinque provincie sono in allerta rossa, altre in arancione. Anche la Spagna affronta una seconda ondata di caldo, con temperature oltre i 40 gradi in alcune regioni, come Andalusia e Castiglia-La Mancia. Il ministero della Salute ha emesso un’allerta sanitaria rossa per numerosi comuni.

Le bevande alla cannabis sfidano il mercato USA e i produttori di alcolici

1

Negli Stati Uniti un'innovazione silenziosa sta rivoluzionando il mercato delle bevande per adulti: quella delle bibite infuse con la cannabis. Questo fenomeno non è solo una tendenza emergente, ma un vero e proprio motore di cambiamento che sta alterando gli equilibri di un settore tradizionalmente dominato dall'alcol. La chiave di volta di questa espansione risiede in una singolare ambiguità della legislazione federale, in particolare nella Farm Bill del 2018. Su questa faglia molti Stati hanno iniziato a legiferare in maniera autonoma. Questo ha innescato un'impennata nelle vendite e ha per...

Questo è un articolo di approfondimento riservato ai nostri abbonati.
Scegli l'abbonamento che preferisci 
(al costo di un caffè la settimana) e prosegui con la lettura dell'articolo.

Se sei già abbonato effettua l'accesso qui sotto o utilizza il pulsante "accedi" in alto a destra.

ABBONATI / SOSTIENI

L'Indipendente non ha alcuna pubblicità né riceve alcun contributo pubblico. E nemmeno alcun contatto con partiti politici. Esiste solo grazie ai suoi abbonati. Solo così possiamo garantire ai nostri lettori un'informazione veramente libera, imparziale ma soprattutto senza padroni.
Grazie se vorrai aiutarci in questo progetto ambizioso.

Da inizio 2025 in Italia ci sono state 873 morti sul lavoro, in media una ogni 6 ore

2
Dal 1° gennaio 2025, in Italia sono morti 873 lavoratori, di cui 621 sul posto di lavoro, con una media di una morte ogni 6 ore. Lo ha attestato l’Osservatorio Nazionale Morti sul Lavoro nel suo ultimo report, rendendo noto che si tratta dei numeri più alti registrati nei 18 anni di esistenza dell’ente. Tra le vittime, oltre il 30% ha più di 60 anni (di cui il 17% oltre 70) e il 32% è costituito da stranieri. Le categorie più colpite includono i lavoratori agricoli, gli autotrasportatori, e chi soffre per stress da superlavoro. Se si considerano solo i dati INAIL, che escludono migliaia di lavoratori non assicurati o assicurati con altri enti, le denunce al 30 maggio 2025, comprensive di itinere, risultano invece, in un’enorme sottostima, appena 389. Il rapporto dell’Osservatorio Nazionale Morti sul Lavoro riguarda il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e il 31 luglio. Senza prendere in considerazione i morti in itinere, la regione dove si è registrato il numero più alto di casi (in termini assoluti) è la Lombardia, con 73 morti; seguono la Campania con 58, e l’Emilia-Romagna e il Veneto con 56. Mettendo in proporzione il numero di morti alla popolazione, invece, la regione con il tasso più alto è l’Abruzzo (31 morti in termini assoluti), con 24,2 morti per milione di abitanti; seguono la Basilicata (10 morti totali) con 18,5 morti per milione di abitanti e il Trentino-Alto Adige (15 morti) con 13,9. Secondo il rapporto, la maggior parte delle morti (94) sono avvenute per schiacciamento da trattori o mezzi agricoli; altre categorie particolarmente colpite sono quella degli autotrasportatori (88 morti) e delle persone morte per fatica o stress da superlavoro (anch’esse 88), che include, per esempio, operai, braccianti, medici e infermieri. I morti per incidenti domestici risultano 48, mentre 11 sono morti durante la potatura di alberi. Il rapporto stima, infine, che «gli stranieri sotto i 65 anni diventeranno presto la maggioranza delle vittime sui luoghi di lavoro».

Dalla nascita dell’Osservatorio nel 2008, il dato del 2025 risulta il più alto di sempre. Tra le responsabilità politiche e normative di questo aumento, il rapporto cita l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e l’aumento degli appalti con la legge del giugno 2023. Di preciso, l’Osservatorio riporta che, dall’abolizione dell’articolo 18, si è registrato un aumento del 43% dei morti, mentre la legge del 2023 «ha provocato un aumento del 15% dei decessi, soprattutto in edilizia e appalti pubblici». Di fronte ai dati in aumento, il governo ha dichiarato che stanzierà 650 milioni per «potenziare il sistema di incentivi e disincentivi per le imprese», mettendo tuttavia al centro la cosiddetta «cultura della prevenzione», che, secondo l’esecutivo, deve partire dal lavoratore stesso. L’annuncio è arrivato il primo maggio, con quel classico tempismo simbolico che caratterizza la politica, e non include alcuna misura volta ad aumentare concretamente la tutela dei lavoratori. Eppure, proposte alternative ci sarebbero, e risiedono in Parlamento da oltre un anno: l’entrata in vigore di una legge che istituisca il reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime sul lavoro, che porterebbe, secondo i promotori, a significative modifiche nell’atteggiamento dei responsabili della sicurezza.

Siria: scontri tra drusi e forze governative: 4 morti

0

La provincia siriana di Suwayda torna teatro di scontri. Secondo quanto riportano i media locali, i gruppi drusi avrebbero attaccato il personale delle forze di sicurezza interna siriane e bombardato alcuni centri. I combattimenti sono iniziati a Tal Hadid, dove, secondo quanto riporta l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, sarebbero stati uccisi tre membri del personale di sicurezza e un miliziano appartenente a fazioni locali. Altre dieci persone sarebbero rimaste ferite. Lo scorso mese, la stessa Suwayda è stata sede di violenti combattimenti tra le milizie druse e i gruppi beduini, terminati con l’istituzione di un cessate il fuoco e l’invio di personale di sicurezza da parte del governo centrale.

Migranti: oltre 60 morti al largo dello Yemen

0

Una barca che trasportava 157 persone migranti è affondata al largo delle coste dello Yemen, causando almeno 68 morti. Di preciso l’incidente è avvenuto al largo del distretto di Ahwar, nella provincia meridionale yemenita di Abyan, sul Mar Arabico, e la maggior parte delle vittime provenivano dall’Etiopia. Da quanto ha comunicato Abdusattor Esoev, responsabile per lo Yemen dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, all’emittente britannica BBC, 12 persone sono state tratte in salvo, e decine risultano ancora disperse. Dalle prime ricostruzioni pare che l’imbarcazione si sia capovolta.

Da 223.000 casi l’anno a zero: come la repubblica di Timor EST ha sconfitto la malaria

1

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha ufficialmente inserito Timor Est nella lista dei Paesi liberi dalla malaria. Un risultato straordinario, cui si è giunti dopo anni di lotte e sacrifici, da quando il piccolo Stato, appena indipendente nel 2002, ha deciso di affrontare la lotta contro questa malattia come una priorità nazionale. Con questo annuncio, arrivato a fine luglio, un totale di 47 Paesi e 1 territorio sono stati certificati dall'OMS come esenti da malaria. Timor Est è il terzo paese ad essere certificato nella regione del Sud-Est asiatico, dopo Maldive e Sri Lanka, certifi...

Questo è un articolo di approfondimento riservato ai nostri abbonati.
Scegli l'abbonamento che preferisci 
(al costo di un caffè la settimana) e prosegui con la lettura dell'articolo.

Se sei già abbonato effettua l'accesso qui sotto o utilizza il pulsante "accedi" in alto a destra.

ABBONATI / SOSTIENI

L'Indipendente non ha alcuna pubblicità né riceve alcun contributo pubblico. E nemmeno alcun contatto con partiti politici. Esiste solo grazie ai suoi abbonati. Solo così possiamo garantire ai nostri lettori un'informazione veramente libera, imparziale ma soprattutto senza padroni.
Grazie se vorrai aiutarci in questo progetto ambizioso.

Cile, incidente in miniera El Teniente: trovati quattro morti dopo terremoto

0

In seguito a un incidente causato da un forte terremoto di magnitudo 4,2 avvenuto giovedì scorso, sono stati ritrovati morti tre dei cinque lavoratori rimasti intrappolati nella miniera di rame El Teniente, della Codelco. Una vittima era già deceduta durante l’incidente, portando il bilancio totale a quattro morti. Le squadre di soccorso stanno cercando di liberare i passaggi crollati e hanno finora liberato 24 metri su un totale di 90 necessari. Codelco sta indagando per determinare se il crollo sia stato causato dall’attività mineraria o da movimenti tettonici naturali.

Gaza: secondo un rapporto UNICEF Israele ha già ucciso almeno 18.000 bambini

3

Da oltre ventidue mesi, i tremendi massacri nella Striscia di Gaza da parte dell’esercito israeliano hanno provocato la morte di oltre 18mila bambini palestinesi. Lo rende noto l’ultimo rapporto dell’UNICEF, che delinea un bilancio tragico. La strage è infatti quotidiana, con una media di 28 minori che perdono la vita ogni giorno: un numero equivalente a un’intera classe scolastica che, nell’arco di 24 ore, scompare nel nulla. Un bilancio che si aggrava non solo per i continui bombardamenti e dei raid dell’esercito israeliano, ma anche a causa del devastante effetto della carestia, delle malattie e della malnutrizione, che ormai da mesi hanno fatto piombare Gaza nell’inferno.

Ted Chaiban, vicedirettore generale dell’UNICEF, ha dichiarato di essere appena tornato da una missione in Israele, Gaza e Cisgiordania, dove ha potuto osservare direttamente le conseguenze della crisi umanitaria che sta segnando il popolo palestinese: «I segni della profonda sofferenza e della fame erano visibili sui volti delle famiglie e dei bambini che hanno perso i loro cari, sono affamati, spaventati e traumatizzati», ha affermato. La realtà sul campo, raccontata anche dal personale dell’UNICEF, è sconvolgente. Gaza sta vivendo una crisi senza precedenti, dove l’emergenza umanitaria è ormai all’ordine del giorno. Lo scoppio del conflitto, iniziato il 7 ottobre del 2023, ha spinto la Striscia di Gaza verso un baratro senza ritorno, con livelli di malnutrizione ormai incontrollabili. «Gaza rischia seriamente la carestia», ha ammonito Chaiban, sottolineando che oggi una persona su tre a Gaza passa giorni senza cibo. La malnutrizione acuta ha raggiunto il 16,5% nella città di Gaza, e oltre 320mila bambini sono a rischio di malnutrizione grave. Le immagini che Chaiban ha portato con sé parlano da sole: bambini malnutriti, ridotti a pelle e ossa, mentre le madri, ormai troppo affamate, non riescono nemmeno più a produrre latte materno.

A peggiorare la situazione, oltre alla carestia, è la scarsità di acqua potabile. Le temperature giornaliere sfiorano i 40 gradi e l’acqua scarseggia, aumentando il rischio di epidemie in un contesto già estremamente fragile. L’UNICEF sta cercando di fornire almeno un minimo di aiuti, con 2,4 milioni di litri di acqua potabile distribuiti ogni giorno nella parte settentrionale della Striscia. Tuttavia, ciò rappresenta solo una piccola frazione di ciò che sarebbe necessario per garantire la sopravvivenza delle persone. Il Fondo delle Nazioni Unite ha dichiarato che solo il 30% delle esigenze sanitarie e nutrizionali sono state coperte dai finanziamenti ricevuti. «Le scelte che faremo ora determineranno la vita o la morte di decine di migliaia di bambini», ha dichiarato Chaiban, evidenziando che le misure di emergenza devono essere immediatamente potenziate per evitare un ulteriore esodo di sfollati e per contrastare la carestia e la malnutrizione dilagante.

Secondo fonti ufficiali, circa un terzo delle oltre 60mila vittime registrate a Gaza sono minori. Un’intera classe di bambini uccisi, ogni giorno per quasi due anni. «Alcuni sono stati uccisi nei loro letti. Altri mentre giocavano. Molti sono stati sepolti prima di imparare a camminare», scrive il Washington Post, che ha pubblicato una lista con i nomi di 18.500 bambini uccisi, uno per ogni ora di conflitto. Le identità di queste vittime sono raccolte attraverso registri ospedalieri e testimonianze dirette, ma la difficoltà di identificare i corpi, data la situazione di totale collasso del sistema sanitario di Gaza, rende ancora più agghiacciante questa contabilità.

Nel frattempo, nelle ultime ore i massacri non si sono fermati. Al-Jazeera scrive che almeno 22 persone sono state uccise dall’IDF, tra cui 16 mentre cercavano disperatamente aiuti. Nella sola giornata di ieri sono invece almeno 35 le persone uccise da Israele mentre erano in coda per ricevere aiuti umanitari. L’esercito israeliano, secondo quanto hanno riferito testimoni sul posto citati da Al-Jazeera, ha aperto il fuoco contro i civili in attesa. Uccisioni che portano a oltre cinquanta il numero di persone assassinate da Israele ieri lungo tutta la Striscia di Gaza. Si aggiungono quelle causate dalla carestia indotta dal blocco degli aiuti da parte del governo israeliano. In tutto, sono 175 i civili palestinesi uccisi dalla mancanza di cibo: 93 di questi sono bambini.

Ucraina, un parlamentare e diversi funzionari arrestati per corruzione

0

Diversi funzionari pubblici, tra cui il parlamentare Oleksii Kuznetsov, sono stati arrestati in Ucraina con l’accusa di corruzione. L’inchiesta riguarda il pagamento di tangenti legate all’assegnazione di appalti per droni e dispositivi militari. Gli arresti sono stati resi possibili grazie al lavoro dell’agenzia anticorruzione (Nabu) e della procura (Sapo). Questo accade dopo che la settimana precedente migliaia di ucraini avevano protestato contro una legge che riduceva l’autonomia di queste agenzie. Dopo le proteste, Zelensky ha fatto approvare dal parlamento una nuova legge che ne ha ripristinato l’autonomia