mercoledì 29 Ottobre 2025
Home Blog Pagina 21

In Europa entra in vigore il nuovo sistema di controllo biometrico alle frontiere

4

Dopo mesi di rinvii, a partire da domani, 12 ottobre 2025, in Europa entrerà gradualmente in vigore il nuovo sistema di ingresso e uscita EES (Entry/Exit System). Si tratta di un meccanismo informatico che sostituirà il timbro sul passaporto e che permetterà l’ingresso nei 29 Paesi dell’area Schengen a viaggiatori provenienti da Paesi terzi previa registrazione dei dati biometrici. Presentato come un sistema più efficiente e “moderno”, il nuovo meccanismo ha tuttavia anche lo scopo dichiarato di “rafforzare la sicurezza” dei confini europei, andando a integrare una lunga serie di altre misure implementate dall’Europa al medesimo scopo.

L’implementazione del sistema, che ha ricevuto il via libera definitivo lo scorso 18 luglio, sarà progressiva e dovrebbe essere portata a termine nel giro di sei mesi, con previsione di piena operatività per il 10 aprile 2026. I cittadini provenienti da Paesi terzi che vogliano sostare in uno dei Paesi della zona Schengen per un periodo massimo di 90 giorni dovranno ora in prima battuta passare alla dogana per farsi identificare dagli agenti, che racoglieranno le impronte digitali e scatteranno una fotografia, per inserire poi il materiale in un fascicolo digitale. In questo modo verrà quindi creato un “archivio digitale” che permetterà di monitorare l’identità e i movimenti dei viaggiatori. I dati saranno archiviati per un periodo di tempo da 1 a 5 anni e le sanzioni previste per coloro che si fermeranno oltre il termine dei 90 giorni senza avvisare le autorità dipendenranno dal regolamento interno dello Stato nel quale il soggetto si trova dopo la scadenza del tempo massimo di permanenza in Europa. In Italia, saranno inizialmente gli aeroporti di Malpensa, Linate e Fiumicino ad adottare il sistema, seguiti poi da Civitavecchia e Genova e, progressivamente, dagli altri aeroporti e uffici di frontiera.

Il nuovo sistema, scrive il Consiglio UE, permetterà di “rafforzare la gestione dello spazio Schengen”, contribuendo a “prevenire la migrazione irregolare”. La registrazione in tempo reale dei dati biometrici e delle informazioni contenute nel passaporto, che permette di fatto di schedare i viaggiatori, permetterà di “fornire informazioni in tempo reale sul rispetto del periodo di soggiorno autorizzato nello spazio Schengen. “Dobbiamo fare di tutto per impedire ai terroristi e ai migranti irregolari di entrare illegalmente nello spazio Schengen” ha dichiarato Rasmus Stoklund, ministro dell’Immigrazione della Danimarca, confermando la natura securitaria del nuovo sistema, “è fondamentale mantenere un controllo efficace sui cittadini dei Paesi terzi che entrano nello spazio Schengen, in modo da poter rafforzare la sicurezza alle frontiere esterne”.

L’Unione Europea è costantemente al lavoro per blindare le proprie frontiere e controllare i movimenti delle persone, con il pretesto di garantire la sicurezza dei cittadini. Insieme ad altri strumenti come l’ETIAS (un’autorizzazione a viaggiare nell’UE per le persone provenienti da 60 Paesi fino ad ora esenti da visto, che dovrebbe essere introdotta nell’ultimo trimestre del 2026 e prevedere l’introduzione di requisiti di ingresso per i viaggiatori, oltre ad autorizzare “controlli preventivi” al fine di negare, se necessario, l’autorizzazione all’ingresso) dovrebbe aiutare la “Fortezza Europa” a raggiungere gli obiettivi fissati nell’Agenda per la Sicurezza e la Migrazione.

Texas, giuria condanna Samsung per brevetti 4G e 5G

0

Samsung dovrà pagare quasi 445 milioni di dollari per violazione di brevetti legati alle comunicazioni 4G, 5G e Wi-Fi: lo ha deciso una giuria federale di Marshall, in Texas, accogliendo la causa intentata dalla società statunitense Collision Communications. Secondo il verdetto, i laptop, gli smartphone Galaxy e altri dispositivi del colosso sudcoreano avrebbero utilizzato senza autorizzazione quattro brevetti registrati da Collision, sviluppati a partire da ricerche di BAE Systems, non coinvolta nel caso. L’azienda di Peterborough aveva avviato la causa nel 2023, accusando Samsung di sfruttare le sue tecnologie per migliorare l’efficienza della rete wireless. La multinazionale ha respinto le accuse, definendo i brevetti “non validi”.

Sbagliare non è fallire: secondo un sondaggio cambia la cultura tra gli studenti

0

L’errore sembra essere sempre meno un tabù per i giovani italiani, in quanto quasi la metà degli studenti riconosce che sbagliare può avere un valore positivo. È quanto emerge da una nuova ricerca di Skuola.net su 2.500 alunni di scuole superiori e università, secondo la quale il 32% lo considera “frustrante ma utile” e il 10% uno stimolo per migliorarsi, anche se la scuola resta spesso fonte di ansia e giudizio: quasi 8 ragazzi su 10 ammettono di aver provato disagio dopo un errore accademico, e le ragazze risultano più colpite. «La loro reazione è rivoluzionaria», commenta Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net, «usano l’errore come lezione per ripartire».

In Italia si continua a sprecare molto cibo, ma i giovani sono più attenti

0

Nonostante i progressi degli ultimi anni, l’Italia rimane lontana dagli obiettivi di sostenibilità alimentare. Ogni cittadino getta nella spazzatura una media di 555,8 grammi di cibo a settimana, equivalenti a 28,9 chilogrammi all’anno. Il quadro emerge dal nuovo rapporto di Waste Watcher International, presentato il 25 settembre in occasione della sesta Giornata internazionale di consapevolezza sulle perdite e gli sprechi alimentari. In questo scenario, la vera novità è rappresentata dalla Generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012), che si distingue come motore di un cambiamento concreto. I dati incoronano infatti i giovani come «campioni antispreco», registrando performance nettamente più virtuose rispetto ai concittadini più attempati.

Sebbene il dato generale sugli sprechi in Italia rappresenti un calo del 18,7% rispetto al 2024 e di 95 grammi rispetto a dieci anni fa, la situazione è ancora preoccupante: il traguardo fissato dall’Agenda ONU per il 2030 è di 369,7 grammi settimanali. I dati rivelano un Paese dalle forti disparità geografiche. Il Centro Italia si conferma l’area più virtuosa con 490,6 grammi di spreco settimanale pro capite, seguito dal Nord con 515,2 grammi. Il Sud, invece, rimane fanalino di coda con 628,6 grammi. I prodotti che finiscono più frequentemente nel cestino sono frutta fresca (22,9 g), verdura (21,5 g) e pane (19,5 g). Le famiglie con figli e i residenti dei grandi centri urbani mostrano maggiore attenzione, riducendo rispettivamente del 17% e del 9% le quantità di cibo gettate.

È in questo contesto che l’atteggiamento della Generazione Z si distingue nettamente. I suoi membri, infatti, sprecano il 22% in meno rispetto ai boomers (nati tra il 1946 e il 1964) e il 15% in meno dei Millennials (nati tra il 1981 e il 1996), con un calo domestico del 12% nell’ultimo anno, superiore alla media nazionale (-8%). Il loro approccio combina sensibilità ambientale e uso intelligente della tecnologia. Il 72% utilizza app per la pianificazione della spesa, il 61% ha scaricato lo Sprecometro e quasi la metà partecipa a community online dedicate al recupero degli avanzi. Le abitudini concrete dei giovani si traducono in comportamenti misurabili e più efficaci della media.

Rispetto al resto della popolazione, i ragazzi della Generazione Z riutilizzano gli avanzi con maggiore frequenza (+10%), condividono il cibo con amici, parenti e vicini (+5%), mostrano una maggiore propensione all’acquisto di frutta e verdura di stagione (+2%) e prestano più attenzione all’impatto ambientale dei prodotti (+2%). Significativo anche il dato sull’attenzione all’economia dei prodotti (+11%), che dimostra come sostenibilità e convenienza possano coesistere. L’educazione alimentare gioca un ruolo decisivo in questo cambiamento: il 64% dei giovani coinvolti in progetti scolastici dichiara di aver ridotto lo spreco in casa. A questo si aggiungono altre scelte consapevoli: il 41% predilige prodotti locali e stagionali, il 17% riduce il consumo di carne e oltre la metà riutilizza scarti e avanzi.

Il contesto internazionale, caratterizzato da guerre, dazi e crisi climatica, ha influenzato le scelte di tutti i consumatori: il 37% degli italiani privilegia il Made in Italy e due su tre (66%) mantengono alta l’attenzione per l’ambiente. L’inflazione alimentare, salita del 3,8% ad agosto 2025, ha contribuito a spingere verso acquisti più oculati. Tuttavia, le difficoltà restano diffuse. Tra le cause principali dello spreco figurano la cattiva conservazione dei prodotti (37%), le dimenticanze (31%), il deterioramento già al momento dell’acquisto (29%) e le offerte promozionali troppo allettanti (29%). Le pratiche più comuni per limitare lo spreco consistono nel consumare prima gli alimenti più a rischio (50%), congelarli (47%) o utilizzare prodotti da poco scaduti se ancora commestibili (39%). «Nel 2025 ogni italiano spreca ancora 555,8 grammi di cibo a settimana: oltre 1,7 milioni di tonnellate in un anno, pari a 3,4 miliardi di pasti da 500 grammi – fa notare Andrea Segrè, economista e fondatore della campagna Spreco Zero -. Basterebbero a sfamare più di 3 milioni di persone, cioè due terzi degli italiani in povertà alimentare. Siamo ancora in forte ritardo: serve ora uno scatto decisivo per trasformare lo spreco in risorsa».

Esplosione in fabbrica di munizioni in Tennessee: 18 dispersi

0

Diciotto persone risultano disperse dopo una violenta esplosione in una fabbrica di munizioni nel Tennessee, che ha distrutto completamente l’edificio e provocato vittime ancora da quantificare. È quanto riportato alle agenzie di stampa dalle autorità locali, che aggiungono che l’incidente è avvenuto alla Accurate Energetic Systems, circa 100 chilometri a ovest di Nashville, e l’onda d’urto è stata avvertita per chilometri. «Non c’è nulla da descrivere. Non c’è più», ha dichiarato lo sceriffo Chris Davis, definendo la scena «una delle più devastanti» mai viste nella sua carriera. Sul posto stanno indagando FBI e Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives, mentre l’azienda ha espresso vicinanza alle famiglie colpite.

Lituania: mobilitati migliaia di soldati e cittadini per simulare un’invasione russa

1

La Lituania ha dato il via alla esercitazione militare “Vycio Skliautas 2025”, una delle più ampie della storia del Paese. L’esercitazione ha lo scopo di verificare la tempestività di reazione dello Stato in caso di attacco, inscenando una ipotetica invasione russa. Durante le esercitazioni verranno effettuate evacuazioni di civili e test di risposta a eventuali minacce ibride nelle infrastrutture e nei servizi essenziali, come gli ospedali. Nel corso dell’addestramento, che durerà fino all’11 ottobre, verranno mobilitate oltre 2.000 persone tra cui 1.200 funzionari e ufficiali e circa 1.000 volontari. Le esercitazioni si svolgeranno in tutte le 60 municipalità del Paese, e interesseranno 115 istituzioni e agenzie.

Gli scenari previsti dall’esercitazione sono particolarmente articolati e includono l’evacuazione dei civili dalla stazione ferroviaria di Vilnius verso altre municipalità, l’attivazione dei sistemi di allerta pubblica attraverso sirene, notifiche mobili e messaggi sui media, e una prova dedicata alle risposte in caso di attacco aereo. «Le esercitazioni aiuteranno a verificare la prontezza istituzionale nel funzionare in condizioni di mobilitazione, garantire la continuità delle operazioni, testare la cooperazione civile-militare e identificare i punti deboli», ha dichiarato il vice ministro della Difesa Tomas Godliauskas. Particolare attenzione viene dedicata alla protezione delle infrastrutture critiche e alla continuità dei servizi essenziali. Gli ospedali praticheranno la modalità di mobilitazione per garantire l’assistenza sanitaria, mentre le unità di comando locali si eserciteranno a proteggere i punti strategici in collaborazione con le agenzie civili. Le autorità hanno posto l’accento sulla cooperazione interistituzionale: insieme alle forze armate partecipano il Servizio di Guardia di Frontiera, il Servizio di Protezione dei Dignitari, la polizia e numerose ONG, oltre a quattro grandi catene della grande distribuzione alimentare che collaborano alla pianificazione della continuità dei servizi.

A provvedere al coordinamento delle funzioni essenziali dello Stato durante la simulazione sarà il Centro Operativo di Mobilitazione dello Stato, che coinvolge personale dell’Ufficio del Governo, di tutti i Ministeri, del Dipartimento di Mobilitazione e Resistenza Civile, del Dipartimento di Sicurezza dello Stato, dello Stato Maggiore delle Forze Armate, della Corte Suprema, della Banca di Lituania e altri enti. «In questi tempi difficili, le istituzioni della Lituania, le ONG e i cittadini stanno facendo molto per prepararsi alle minacce emergenti: questa unità è la nostra forza», ha dichiarato la premier Inga Ruginiene, aggiungendo che «anche i piani migliori devono essere testati nella pratica». Le parole del primo ministro sottolineano la portata storica di un’esercitazione che rappresenta «uno dei test di preparazione più importanti per l’intero Stato» nel contesto delle crescenti tensioni con la Russia.

Nel frattempo, proprio in Lituania la Germania sta costruendo una nuova base militare NATO. La struttura sorgerà a Rudninkai, al confine con la Bielorussia. Nell’estate 2024 si è svolta la cerimonia di inizio dei lavori di costruzione: la base, una volta completata alla fine del 2027, ospiterà fino a 4.000 soldati tedeschi pronti al combattimento. Il progetto di costruzione è uno dei più grandi nella storia della Lituania. Anche nella vicina Lettonia, in particolare ad Adazi, saranno aperti impianti di stoccaggio e manutenzione di veicoli corazzati, finanziati dal Canada. Gli impianti saranno utilizzati per ospitare i carri armati della Brigata e altri veicoli corazzati, oltre a fornire aree protette per la loro manutenzione.

Nel contesto di generale ostilità che oppone i Paesi baltici alla Russia, l’Estonia ha recentemente aggiunto un ulteriore tassello nelle azioni contro la Nazione eurasiatica confinante, decidendo ad agosto di installare cancelli scorrevoli e blocchi stradali nei tre valichi di frontiera estoni con la Russia per bloccare la circolazione di persone e veicoli in pochi secondi. I Paesi baltici sono saldamente schierati a fianco dell’Ucraina e non sono inclini a concessioni o negoziati per risolvere il conflitto. Negli stessi giorni, infatti, hanno dichiarato in una nota – insieme a Danimarca, Norvegia, Finlandia, Islanda e Svezia – di «riaffermare il principio secondo cui i confini internazionali non possono essere modificati con la forza», rifiutando quindi l’ipotesi che attraverso i negoziati possa essere modificato lo status ucraino dei territori conquistati dall’esercito russo.

Israele bombarda sud del Libano: un morto

0

L’esercito israeliano ha bombardato nella notte tra venerdì 10 e sabato 11 ottobre il sud del Libano, dichiarando che si trattava di «un’infrastruttura terroristica di Hezbollah» che «conteneva macchinari ingegneristici» utilizzati dal gruppo per «ristabilire le strutture terroristiche, violando gli accordi tra Israele e Libano». Una persona è stata uccisa nell’attacco, sette i feriti. Il presidente del Libano ha condannato i raid, dichiarando che l’IDF ha colpito infrastrutture civili «senza giustificazione nè pretesto».

I poteri del gioco

2

Con i segni del gioco incontriamo gli oggetti e i soggetti, i procedimenti e i valori, i contesti e le regole che ne caratterizzano la struttura; ma i giochi sono spesso interattivi, prevedono il coinvolgimento di vari partecipanti, hanno funzione comunicativa. Il più delle volte chi gioca con noi è con noi solidale – nelle regole – ma avversario per il risultato, in quanto la meta, la vincita o la vittoria non è di tutti; e così per gli eventuali premi che non si dividono in parti eguali: si tratta insomma di una vera e propria comunicazione a un solo oggetto

Ma è gioco anche l’enigmistica o il gioco in solitudine o simulato, dove l’avversario e chi si è proposto di giocare coincidono in un unico soggetto, che si è suddiviso in due distinti ruoli nell’atto stesso di mettersi alla prova, di sfidare le proprie capacità; in ultima analisi, si tratta di giocare non con un’altra persona ma con il Caso, quando ad esempio si tratta di gioco d’azzardo. In tale tipo di gioco-prova, l’ostacolo da superare è il gioco stesso, la sua capacità di autoriprodursi e di riproporre continuamente una posta, che non è il senso, ma il mezzo perché il gioco possa durare. Sotto quest’aspetto il senso del gioco e la sua durata coincidono: il senso del gioco è il tempo, null’altro che questo. Non si vince se non per acquisire il mezzo affinché il gioco possa continuare, non si gioca per vincere ma per continuare a giocare. Ecco dunque affiorare due distinte visioni. Nella prima, la competizione comporta una storia prevalentemente antagonistica, uno sviluppo dove si tratta di acquisire il bene, l’oggetto di valore, la posta in gioco sottraendola alla possibile vittoria di un altro. Nella seconda è in azione invece un meccanismo intracomunicativo, dove le sfide, le vittorie e le sconfitte coinvolgono un soggetto post-mitologico, “moderno”, che ritiene di potersi misurare con sé stesso. Si è detto che gioco è anche l’arena politica, con il suo perpetuo oscillare fra quel che è dichiarato e quel che è davvero sul tavolo: ma qui la posta è sempre tattica, mai strategica, in quanto la strategia va posta in essere non sul piano della comunicazione pubblica ma del progetto, che resta riservato a pochi (lo staff di un presidente, ad esempio). 

La semiologia e la filosofia del linguaggio, con Saussure e Wittgenstein, hanno ripreso la metafora del gioco per spiegare il funzionamento del linguaggio e dei codici che producono senso; ma Wittgenstein, com’è noto, scelse quello che abbiamo chiamato “secondo modello”: «la parola “giuoco linguistico” è destinata a mettere in evidenza il fatto che il parlare un linguaggio fa parte di un’attività, o di una forma di vita». Attività – e condotta – appunto, prima di tutto cognitiva, come fanno vedere i giochi d’immagine, dove si confrontano varie interpretazioni possibili a seconda che si focalizzino differenti punti di vista e dove l’idea stessa di realtà è messa in discussione dalla percezione che ne possiamo avere. 

Gioco e giocattolo si distinguono in rapporto alla nozione di attore coinvolto, inteso in qualità di produttore, trasmettitore o ricettore. C’è la possibilità però che il giocattolo si trasformi in gioco, per mezzo della variazione del numero degli attori. Se qualcuno che gioca chiama qualcun altro a usare lo stesso giocattolo o giocattoli dello stesso tipo, il puro e semplice uso del giocattolo si trasforma in gioco, proprio per la presenza di più attori-giocatori. Il giocattolo è inoltre una merce, ha un suo prezzo, mentre il gioco no, non si può acquistare: non esiste una fase precedente a quella dell’usarlo, della pratica che lo riguarda, mentre nel giocattolo c’è una fase precedente a quella dell’uso che consiste nel suo acquisto. La conversione di giocattoli in giochi (e viceversa, ad esempio quando i giochi costituiscono prodotti da utilizzare successivamente) costituisce un problema semiotico, collegabile ai rapporti fra competenza ed esercizio delle facoltà linguistiche. Una ulteriore differenza consiste nel rapporto comunicativo con le regole: a questo riguardo nel giocattolo possiamo parlare di un donatore, nel gioco di un istruttore; in effetti nel gioco si può parlare di regole, nel giocattolo di istruzioni per l’uso. Ma l’esercizio delle regole richiede forme di controllo, e dunque la messa in campo di un potere che sovraintenda alla produzione del senso riconosciuta e accettata da una comunità. Queste componenti di tipo rituale si incontrano in forma residuale nei tradizionali giochi di carte, dove, per passare dalle norme al contesto, bisogna svolgere un pre-gioco che consiste nel determinare chi dovrà distribuire le carte, ma sono più accentuate in certi giochi infantili dove è percepibile chiaramente l’idea di una sacralizzazione dello spazio e di una definizione del limite. Prendiamo il gioco della grotta o campana, nel quale si disegna per terra un grande rettangolo suddiviso in una serie di quadrati sormontati da un semicerchio, si lancia una pietra, e si percorre la serie degli spazi contrassegnati evitando che nei rilanci successivi il sasso vada a finire nella tana, vale a dire nel recinto proibito. 

Emergono così i significati di concesso-vietato, favorevole-sfavorevole, che contengono a livello profondo quell’opposizione vita-morte che il gioco vorrebbe esorcizzare attraverso la prova del percorso labirintico. Come mostra il gioco dell’Oca, una delle punizioni che si infliggono ai partecipanti consiste nel tornare indietro, nel perdere tempo, essendo il vantaggio primario quello di procedere in avanti per raggiungere per primi la meta. Con questo gioco il modello competitivo si intreccia con l’idea, in qualche modo pedagogica e iniziatica, che nel gioco come nella vita è meglio non compiere passi falsi; d’altra parte essi sono inevitabili, essendo vero quanto osserva l’antico detto taoista: «chi gioca spesso non può non perdere».

Il cessate il fuoco a Gaza non ferma le violenze in Cisgiordania: raid e arresti nella notte

0

Dopo che, nella mattinata di ieri, il gabinetto di Netanyahu ha ratificato l’accordo con Hamas per l’entrata in vigore della prima fase del cessate il fuoco a Gaza, le bombe hanno per il momento smesso di cadere sull’enclave, dando un giorno di tregua al genocidio in corso da due anni. Nel mentre però, le violenze in Cisgiordania, dove Israele prosegue indisturbato i propri piani di annessione, si stanno intensificando di giorno in giorno. Solamente tra le giornate di ieri e oggi, una quarantina di persone, tra le quali numerosi giornalisti, sono rimaste ferite nelle incursioni da parte di coloni e militari israeliani nei terreni e nelle città palestinesi, mentre numerose altre sono state arrestate. Gli attacchi si sono concentrati in particolare contro i contadini impegnati nella raccolta delle olive, attività fondamentale per la popolazione palestinese.

Nella serata di ieri, venerdì 10 ottobre, almeno cinque persone sono state arrestate dalle forze di occupazione israeliane nel campo di Nur Shams, ad est di Tulkarem, mentre incursioni dei militari si sono verificate anche nei campi di Balata, ad est di Nablus, e nella città di Ramallah, nella zona in cui si trovano gli uffici di Al Jazeera. Nella città di Dura, nel governatorato di Hebron, i militari hanno sparato a un ragazzo, impedendo poi ai medici di avvicinarsi per prestargli soccorso. Diversi attacchi sono stati poi registrati da parte dei coloni israeliani, scortati dalle forze di occupazione, durante le operazioni di raccolta delle olive da parte dei contadini palestinesi, con almeno 36 persone ferite nelle località di Beita, Huwara e Deir Sharaf, nel governatorato di Nablus. Di queste, cinque sono state colpite da armi da fuoco, mentre numerose altre sono state ferite gravemente dopo essere state prese a sassate e bastonate. Tra di essere vi erano anche numerosi giornalisti, tra i quali il reporter di AFP Jafaar Jshtayeh, la cui macchina è stata colpita a sassate e poi data alle fiamme dai coloni che lo avevano già ripetutamente colpito con colpi di bastone alla schiena. Ishtayeh ha riferito che i militari israeliani, che hanno assistito all’intera violenza dei coloni, non hanno fatto nulla per fermarli. A Beita in particolare, secondo quanto riportano i media palestinesi, si sarebbero verificati numerosi casi di soffocamento a seguito dell’uso intensivo di gas lacrimogeni da parte dei coloni.

Dal 7 ottobre 2023, almeno 1.025 palestinesi sono stati uccisi dai militari israeliani e dai coloni nella Cisgiordania occupata, 9.527 feriti. In aggiunta a ciò, quasi 7 mila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case, mentre Israele ha raso al suolo oltre 3200 case e strutture di altro genere. Secondo un report delle Nazioni Unite datato 29 settembre 2025, la violenza dei coloni nella Cisgiordania occupata è aumentata notevolmente nel corso dell’anno corrente. Solamente nel periodo compreso tra il 18 giugno e il 19 settembre, le autorità israeliane hanno costruito o portato avanti i progetti di costruzione di quasi 21 mila unità abitative, anche a Gerusalemme Est. Sono in aumento anche demolizioni e sfratti: mentre per i palestinesi i permessi di costruzione sono praticamente impossibili da ottenere da parte di Israele, «le autorità israeliane hanno demolito, sequestrato o costretto le persone a demolire 455 strutture», scrive l’ONU. Le Nazioni Unite riscontrano anche come, mentre decine di civili rimangono uccisi nei raid e migliaia feriti da lacrimogeni, incursioni e aggressioni fisiche (e anche qui, come a Gaza, non vengono risparmiati nemmeno i bambini), proseguono le operazioni su larga scala da parte di Israele nelle città e nei campi profughi della Cisgiordania settentrionale, in particolare nella zona di Tulkarem e Jenin. A questo, si aggiunge il «disastroso» piano di costruzione di circa 3400 unità abitative nella zona E1 che, una volta realizzate, romperanno il collegamento tra la Cisgiordania settentrionale e meridionale, «minando ulteriormente la contiguità di uno Stato palestinese indipendente e sovrano, aumentando il rischio di sfollamenti forzati e alimentando le tensioni». Il rapporto si conclude ribadendo che gli insediamenti israeliani «non hanno alcuna validità giuridica» e che «costituiscono una flagrante violazione del diritto internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite».

Lo scorso 9 ottobre, il think-tank belga International Crisis Group ha pubblicato un report nel quale si afferma che gli attori internazionali, compresi i Paesi arabi, dovrebbero approfittare del cessate il fuoco a Gaza «per agire, piuttosto che aspettare un’annessione formale della Cisgiordania, probabilmente superflua» e «usare la propria influenza, compresi il commercio e la vendita di armi, per esercitare pressioni su Israele affinchè interrompa il consolidamento e la diffusione dell’annessione e inizi a fare marcia indietro». Per il momento, tuttavia, gli occhi della comunità internazionale (salvo poche eccezioni, come la Spagna) sembrano essere puntati altrove. D’altronde, del destino della Cisgiordania, all’interno del piano per Gaza di Netanyahu e Trump e acclamato da numerosi Paesi, Italia inclusa, non è fatta menzione alcuna.

Francia, il dimissionario Lecornu è di nuovo primo ministro

0

Dopo che aveva presentato le dimissioni lo scorso lunedì 6 ottobre, a meno di 24 ore dalla formazione del nuovo governo, Sébastien Lecornu è stato riproposto dal presidente Macron come primo ministro francese. Su X, Lecornu ha commentato: «Accetto per dovere la missione che mi è stata affidata per fare sì che la Francia abbia un bilancio entro la fine dell’anno». La Francia si trova in una forte crisi politica, che ha portato alla caduta di quattro governi in un anno.