La Commissione europea ha erogato la quinta tranche del prestito eccezionale di assistenza macrofinanziaria (AMF) rivolto all’Ucraina, dal valore di 1 miliardo di euro. Complessivamente, l’AMF ammonta a 18,1 miliardi e si inserisce nella più ampia strategia di sostegno a Kiev dall’inizio dell’invasione russa. L’Unione europea si conferma infatti il principale donatore dell’Ucraina, con un sostegno complessivo di circa 150 miliardi di euro. Tali prestiti, spiega Bruxelles, saranno rimborsati utilizzando i proventi derivanti dai beni statali russi congelati detenuti nel territorio comunitario.
Il Club Bilderberg torna a riunirsi a porte chiuse a Stoccolma
Transenne, camionette della polizia, barricate metalliche e agenti armati a presidiare ogni accesso. Attorno al Grand Hotel di Stoccolma, nel cuore della capitale svedese, si percepisce un clima di tensione. L’apparato di sicurezza è da zona rossa: la città si è blindata per accogliere la settantunesima edizione della Conferenza del Club Bilderberg, il summit più discusso (e taciuto) dell’élite globalista occidentale. Qui, lontano da occhi indiscreti e soprattutto da microfoni scomodi, si sono dati appuntamento i vertici della NATO, i commissari dell’Unione Europea, ministri e banchieri, capi dell’intelligence, insieme agli amministratori delegati delle più potenti multinazionali del pianeta.
Le riunioni del Gruppo rimangono un evento di quattro giorni estremamente riservato, frequentato dal gotha della politica e della tecnocrazia mondialista. Un incontro che dovrebbe catalizzare l’attenzione dei media globali. E invece? Il nulla. Nessuna troupe, nessun inviato, nessuna domanda, giusto qualche curioso, e qualche giornalista indipendente. Scorrendo la rassegna stampa internazionale, troviamo soltanto un breve articolo di Reuters, che prova a rassicurare i lettori descrivendo l’evento come una semplice piattaforma di dialogo euro-atlantica, e a spiegare che, secondo gli organizzatori, «la segretezza serve a permettere ai partecipanti di parlare liberamente in un clima di fiducia».
Una lettura minimalista che mal si concilia con l’ingente dispiegamento militare, il contenuto delle discussioni mantenuto rigorosamente secretato e l’impossibilità per la stampa indipendente di assistere ai lavori o quantomeno di averne resoconti accurati.
Fondato nel 1954, il Gruppo è una sorta di “NATO economica”: lo si può considerare come il consiglio d’amministrazione delle oligarchie mondialiste, che incarna lo spirito più estremo del neoliberismo e della globalizzazione. The Times, nel 1977, lo descrisse come «una congrega dei più ricchi, dei più economicamente e politicamente potenti e influenti uomini nel mondo occidentale, che si incontrano segretamente per pianificare eventi che poi sembrano accadere per caso».
Quello a cui somiglia il Bildenberg, secondo molti detrattori, è un consesso dove si applica una logica neofeudale del potere: creare un potere economico mondiale, superiore a quello politico dei singoli governi nazionali, che ha il malcelato obiettivo di dettare l’Agenda globale.
Quello che è stato divulgato è che tra i temi all’ordine del giorno di quest’anno figurano: la guerra in Ucraina, la sicurezza nazionale, l’intelligenza artificiale, l’economia statunitense, l’industria della difesa, i minerali strategici. Facile ipotizzare che vi sarà spazio anche per parlare delle tensioni in Medio Oriente, acuite dall’attacco israeliano all’Iran. Questioni che influenzano direttamente la vita di miliardi di persone e che, in una democrazia degna di questo nome, dovrebbero essere affrontate nei Parlamenti o sui tavoli istituzionali – non nei saloni ovattati di un hotel extralusso, lontano da ogni controllo democratico.
A confermare la portata dell’evento, basta scorrere la lista dei partecipanti. Tra i nomi più rilevanti figura Mark Rutte, segretario generale della NATO e ospite d’onore del summit, fresco di missione in Italia – dove ha incontrato la premier Meloni e il vicepremier Tajani – per chiedere nuovi fondi militari. Ricordiamo che lo scorso dicembre l’ex capo della NATO, Jens Stoltenberg, è stato nominato nuovo co-presidente del Gruppo Bilderberg: la sua investitura consolida il ruolo del Gruppo nel cuore della strategia transatlantica. Il Bilderberg ha sempre avuto stretti legami con le forze armate: i suoi fondatori includevano alti membri dell’intelligence britannica e americana, e un precedente leader della NATO, Lord Carrington, ha presieduto il gruppo dal 1990 al 1998.
Tra i delegati nell’elenco di quest’anno figurano anche Satya Nadella, CEO di Microsoft, e Christopher Donahue, comandante dell’esercito statunitense per l’Europa e l’Africa. Presenti anche otto esponenti di spicco dell’Unione Europea: Luis Maria Albuquerque (servizi finanziari), Magnus Brunner (affari interni), Wopke Hoekstra (clima), Michael McGrath (democrazia), Maros Sefcovic (commercio), Nadia Calvino (BEI), Paschal Donohoe (Eurogruppo) e Sophie Wilmes (vicepresidente del Parlamento europeo).
Non manca la delegazione italiana. Spicca il ritorno di Mario Monti e di Enrico Letta, nomi noti nel firmamento europeista e già habitué del Bilderberg. Confermata anche la presenza del giornalista Stefano Feltri. La vera novità, però, è la partecipazione ufficiale di un membro del governo Meloni: Valentino Valentini, viceministro alle Imprese e al Made in Italy.
Il problema non è tanto che le élite si incontrino – lo fanno da sempre – quanto che lo facciano al riparo da ogni forma di controllo democratico, nell’assenza totale di trasparenza, tra complici silenzi e connivenze giornalistiche. Non è certo una teoria del complotto sottolineare che il Club Bilderberg rappresenti l’incarnazione del potere opaco: un consesso in cui le decisioni che cambieranno il mondo vengono prese rigorosamente a porte chiuse. Ed è proprio questo il punto: il problema non è tanto che il Bilderberg esista, ma che nessuno ne parli – nemmeno quei giornalisti che vengono invitati a partecipare alle riunioni del Gruppo e che dovrebbero, in base alla deontologia professionale, riferire cosa accade dietro le quinte del potere anziché presenziarci solo per banchettare.
USA, giudice federale dichiara “illegale” l’invio di truppe a Los Angeles
Il dispiegamento della Guardia Nazionale ordinato dal presidente USA Trump a Los Angeles per sedare presunte rivolte è stato giudicato illegale da un giudice federale, che ieri sera ha definito l’intervento incostituzionale e lo ha bloccato, affermando che le proteste sono «ben lontane dal concetto di “ribellione”». Il controllo delle truppe sarebbe dovuto tornare al governatore Newsom, ma l’amministrazione Trump ha presentato ricorso contro la sentenza. La Corte d’Appello ha sospeso temporaneamente il verdetto, mantenendo per ora il potere federale sullo schieramento. La decisione definitiva è attesa nei prossimi giorni.
Istat, ad aprile cala export italiano con crollo extra UE
Ad aprile 2025 l’export italiano è calato del 2,8% su base mensile, risentendo della flessione delle vendite extra UE, che segna un -7%. Lo ha reso noto l’Istat, specificando che, al netto di operazioni straordinarie nei mezzi navali, il calo si riduce a -0,6%, con una crescita tendenziale del +1,7%. L’export aumenta dello 0,4% in valore annuo, ma cala in volume (-3,7%). I farmaci trainano sia export (+30,1%) che import (+76,9%). Tra gennaio e aprile 2025, le esportazioni crescono del 2,5%, ma l’avanzo commerciale cala a 11,3 miliardi (da 17,6 nel 2024). I prezzi all’import diminuiscono dell’1,2% su base mensile e dell’1,5% annua.
La Corte Costituzionale ha stabilito nuovi limiti per tutelare i cittadini dai TSO
Con la sentenza n. 76 del 2025, la Corte Costituzionale è intervenuta in maniera pregnante sulla normativa sul trattamento sanitario obbligatorio (TSO), giudicando parzialmente illegittimo l’articolo 35 della legge 833/1978. I giudici hanno stabilito che da ora in poi, infatti, il provvedimento del sindaco dovrà essere comunicato al paziente, che dovrà essere ascoltato dal giudice tutelare prima della convalida, e ricevere notifica del decreto. La Consulta ha stabilito che tali passaggi sono essenziali, anche in caso di infermità psichica, perché nessuno può essere privato dei propri diritti costituzionali. Le nuove garanzie si estendono anche alle proroghe del TSO. Resta però aperto il nodo applicativo: i colloqui da remoto, specie con pazienti sedati, rischiano di svuotare la riforma di efficacia.
Si tratta di una sentenza additiva, che aggiunge cioè elementi a una legge che, senza quegli elementi, presenta profili di incostituzionalità. Secondo la Consulta, i TSO sono illegittimi ove non siano effettuati davanti a un giudice. I giudici hanno infatti ritenuto incostituzionale la parte relativa al ricovero disposto, secondo la norma del 1978, dal sindaco. «L’audizione della persona sottoposta a TSO da parte del giudice tutelare prima della convalida assolve a diverse funzioni», spiega la Corte. «L’audizione è presidio giurisdizionale minimo, parte dello statuto costituzionale della libertà personale ai sensi degli articoli 13, 24 e 111 della Costituzione. In secondo luogo, svolgendosi presso il luogo in cui la persona si trova – normalmente un reparto del servizio psichiatrico di diagnosi e cura – è garanzia che il trattamento venga eseguito nel rispetto del divieto di violenza fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizioni della libertà personale (articolo 13, quarto comma, della Costituzione) e nei limiti imposti dal rispetto della persona umana (articolo 32, secondo comma, della Costituzione)». In ultimo, aggiungono i giudici, «costituisce uno strumento di primo contatto, che consente al giudice tutelare di conoscere le condizioni in cui versa la persona interessata, anche dal punto di vista dell’esistenza di una rete di sostegno familiare e sociale», ed è «funzionale all’adozione, se del caso, dei provvedimenti provvisori in via d’urgenza di cui all’articolo 35, sesto comma, della legge numero 833 del 1978, rivolti, in base a una lettura costituzionalmente orientata, non solo alla conservazione del patrimonio, ma anche alla cura della persona».
A ogni modo, l’efficacia delle nuove garanzie previste dalla Consulta dipende in gran parte dall’effettiva possibilità per la persona sottoposta a TSO di partecipare al procedimento di convalida. Attualmente non esistono disposizioni chiare sulle modalità di questo “incontro” con il giudice tutelare: ad esempio, il Tribunale di Trento ha stabilito che l’audizione avvenga via videochiamata. Questo solleva due criticità principali. Primo, il collegamento a distanza può risultare inadeguato dal punto di vista tecnico (scarsa qualità audio/video, interruzioni) e relazionale, rendendo difficile un vero dialogo e la comprensione dello stato psico-fisico del paziente. Secondo, e più grave, è il rischio che l’udienza diventi un mero adempimento formale (“udienza pro-forma”) se il soggetto è sotto effetto di sedativi o psicofarmaci: in tali condizioni, l’interessato non può esprimersi consapevolmente né partecipare al contraddittorio, vanificando la tutela dei diritti di difesa e della libertà personale che la Corte ha voluto rafforzare.
Come evidenziato dal Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Melegnano e della Martesana, Federico Durbano, il verdetto ha suscitato reazioni contrastanti tra i colleghi: da un lato si apprezza il rafforzamento delle garanzie costituzionali, dall’altro emergono dubbi su ruoli, responsabilità e procedure. In particolare, oltre ai rischi di “udienze pro‑forma”si segnalano criticità organizzative (spazi, piattaforme per video‑audizioni, coordinamento Tribunali‑Dipartimenti di salute mentale) e incertezze legali (gestione del paziente se manca la convalida entro 48 ore, divisione di responsabilità tra operatori, Polizie locali e giudici). Le risorse disomogenee tra territori aggravano il problema. Tra le proposte avanzate ci sono protocolli operativi coordinati a livello regionale/nazionale, investimenti per formazione e infrastrutture, maggiore integrazione fra sanità, giustizia e servizi sociali e promozione di una cultura giuridica nei professionisti. L’obiettivo condiviso è infatti quello di tradurre le novità costituzionali in prassi sostenibili e tutelanti per pazienti e operatori.
Ex ILVA, governo stanzia 200 milioni per continuità produttiva
Il Consiglio dei ministri ha approvato ieri un decreto-legge che destina 200 milioni di euro ad Acciaierie d’Italia (ex ILVA), il principale impianto siderurgico del Paese, situato a Taranto. Il finanziamento servirà a garantire la continuità produttiva, coprendo stipendi e manutenzioni. L’azienda è attualmente sotto amministrazione straordinaria. Il decreto prevede anche un commissario per autorizzare investimenti esteri strategici: in corso una trattativa con Baku Steel, società azera interessata a espandersi in Europa. L’intervento del governo mira a evitare il blocco dell’impianto e ad attrarre investitori per il rilancio industriale.
Congo, si ribaltano due imbarcazioni: decine di morti e dispersi
Dazi, cosa sappiamo dell’accordo raggiunto da Stati Uniti e Cina
Dopo intense trattative dell’ultimo mese, Cina e Stati Uniti sembrano aver raggiunto un’intesa che, almeno per ora, mette in pausa l’escalation dei dazi reciproci causata dalla guerra commerciale che Trump ha dichiarato, in particolare, alla Cina. Le clausole specifiche dovranno essere concordate nel dettaglio e approvate dai due presidenti, ma la quadra sembra essere stata trovata. L’accordo di tregua commerciale suggerisce un significativo disgelo nelle relazioni bilaterali. Il segretario al Tesoro USA, Scott Bessent, ha dichiarato alla stampa che i colloqui sono stati strettamente focalizzati e che un accordo più completo avrebbe necessitato di tempo. «Sarà un processo molto lungo», ha detto Bessent. Questo sviluppo apre uno spiraglio di speranza per la ristabilizzazione economica globale. Tuttavia, la situazione rimane estremamente fluida e carica di incertezze. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, ha dichiarato che «Ora che è stato raggiunto un consenso, entrambe le parti dovrebbero rispettarlo».
Secondo quanto scritto da Trump sul suo social Truth, l’accordo dovrà certamente riguardare la questione dei minerali e delle terre rare. Questi elementi sono vitali per la produzione di veicoli elettrici, smartphone, missili e altre tecnologie avanzate, e la Cina controlla gran parte della loro estrazione e lavorazione a livello mondiale. La Cina, nell’aprile scorso, aveva introdotto un regime di licenze per l’esportazione di alcuni metalli e delle terre rare, in particolare di sei metalli pesanti e dei magneti a base di terre rare. La mossa rientrava nell’escalation della guerra commerciale, cui Pechino stava rispondendo. Questo ha costituito sicuramente un problema per gli Stati Uniti, vista la posizione dominante della Cina sul mercato mondiale di questi elementi così preziosi per le tecnologie odierne. Come parte della tregua, dunque, la Cina dovrebbe rimuove le barriere all’export di minerali e terre rare.
Le decisioni sembrano essere in linea con quanto era stato riferito dopo gli ultimi colloqui di Ginevra, nella maggio scorso, come aveva riferito la Casa Bianca. La Cina si sarebbe impegnata a ridurre al 10% i dazi sui beni americani mentre gli Stati Uniti abbasserebbero le proprie tariffe dal 145% al 30% ed eliminerebbero le restrizioni sui chip. Nell’accordo dovrebbe poi rientrare la questione dei permessi di studio negli Stati Uniti agli studenti cinesi, ora che il Presidente sta scuotendo gli atenei statunitensi con il blocco per gli studenti stranieri, nel tentativo di reprimere le manifestazioni pro-Palestina. Con un altro post, Trump annuncia poi anche l’intenzione di voler lavorare con il Presidente cinese, Xi Jinping, per aprire il mercato della Cina ai prodotti made in US.
Insomma, l’accordo tra Stati Uniti e Cina, per quanto avvolto in un velo di riserbo sui dettagli, potrebbe rappresentare un passo cruciale verso la de-escalation della guerra commerciale scatenata dall’amministrazione Trump. Tuttavia, la cautela è d’obbligo. In primis, il processo avrà bisogno di tempo e la tregua attuale potrebbe essere solo il preludio a negoziati ben più complessi e potenzialmente turbolenti. La partita per una pace commerciale duratura è appena iniziata.
Blitz dei Nas nei centri estetici: 132 irregolarità, 14 strutture sequestrate
Controlli a tappeto dei Carabinieri del Nas, in collaborazione con il Ministero della Salute, hanno portato a 1.160 ispezioni in centri estetici e studi medici da Nord a Sud. Scoperte 132 irregolarità, con 104 titolari/operatori deferiti, 14 strutture sequestrate e diversi siti oscurati. In molti casi, interventi estetici venivano eseguiti da personale non qualificato, in ambienti privi dei requisiti minimi. Il ministro della Salute Schillaci, dopo tre morti sospette a Roma, ha invitato i cittadini a non affidarsi ai social per scelte delicate e a rivolgersi sempre a medici esperti.