giovedì 11 Settembre 2025
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Australia, 300mila case senza elettricità

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Centinaia di migliaia di persone sono rimaste senza elettricità in Australia a causa delle piogge scatenate dal ciclone tropicale Alfred. Il ciclone è atterrato su suolo australiano venerdì, ma ha continuato a causare disagi per tutto il fine settimana. Dal suo arrivo, circa 300mila abitazioni risultano senza elettricità. Secondo quanto riportato dai quotidiani locali, una persona sarebbe morta a causa delle inondazioni, e 12 soldati sarebbero rimasti feriti in un incidente. Malgrado il ciclone sia stato declassato a tempesta tropicale, ancora oggi sono previsti disagi nel Paese. Le aree maggiormente colpite sono gli stati del Queensland e del Nuovo Galles del Sud.

Sono diventati 122 in tutta Italia i comuni riconosciuti “plastic free”

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Crescono in Italia i Comuni classificati plastic free, ossia quelli che si distinguono per aver adottato pratiche virtuose nella raccolta e nel riciclo dei rifiuti urbani. Una crescita significativa ha portato il numero dei Comuni premiati dai 49 del 2022 ai 122 di quest’anno. A conferire il riconoscimento è Plastic Free Onlus, organizzazione di volontariato nata nel 2019 per contrastare l’inquinamento da plastica. A guidare la classifica delle amministrazioni virtuose è l’Abruzzo, con 16 Comuni premiati, seguito dalla Sicilia (14), mentre Puglia e Veneto chiudono il podio con 12 Comuni ciascu...

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Romania, no alla candidatura di Georgescu: scontri a Bucarest

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L’Ufficio elettorale centrale di Bucarest ha respinto la candidatura di Calin Georgescu, politico di estrema destra in testa ai sondaggi, che aveva vinto a sorpresa le elezioni presidenziali di novembre, annullate poi dalla Corte Costituzionale per presunti sospetti di ingerenze russe sul voto. Georgescu non potrà partecipare alle elezioni previste per il prossimo 4 maggio. Appresa la notizia, i suoi sostenitori sono scesi nelle strade della capitale Bucarest a protestare. Si registrano scontri con la polizia.

Atletica, l’Italia conquista due ori agli europei

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Pioggia di medaglie per l’Italia agli europei indoor di atletica in corso ad Apeldoorn, in Olanda. Nella quattro giorni, la spedizione azzurra ha ottenuto gli ori di Larissa Iapichino nel salto in lungo e di Andy Díaz nel salto triplo, l’argento di Mattia Furlani nel lungo e gli bronzi di Andrea Dallavalle nel triplo e di Matteo Sioli nel salto in alto. Attualmente sono in corso le ultime gare, che in serata chiuderanno la competizione europea.

Siria, il regime contro gli alawiti: 745 civili uccisi

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Non si arresta la violenza del nuovo regime siriano, impegnato in una caccia all’uomo nei confronti della minoranza alawita, a cui apparteneva l’ex presidente Assad. Da venerdì scorso le forze del governo di al-Jolani e di gruppi affiliati hanno ucciso lungo la costa del Paese centinaia di civili – 745 secondo le ultime stime – con esecuzioni sommarie e torture documentate e diffuse su internet. Si registrano poi diversi scontri con le sacche di resistenza, non allineate al regime; sarebbero stati uccisi 148 sostenitori armati di Assad e 125 membri delle forze di sicurezza del nuovo governo.

Il Consiglio di Stato ha stabilito che il paesaggio ha la priorità sull’eolico

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Il parco eolico nel Comune di Roccalbegna, sul Monte Amiata, non si farà. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato che, ribaltando le sentenze precedenti, ha accolto due ricorsi, uno avanzato da Italia Nostra e cinque residenti, l’altro dall’amministrazione locale, che si erano scagliati contro l’opera per il suo impatto ambientale e paesaggistico. Nel sottolineare la rilevanza dell’impatto visivo nella realizzazione di un campo eolico, il Consiglio di Stato ha ricordato che “il paesaggio, quale bene potenzialmente pregiudicato dalla realizzazione di opere di rilevante impatto ambientale, si manifesta in una proiezione spaziale più ampia di quella riveniente dalla sua semplice perimetrazione fisica consentita dalle indicazioni contenute nel decreto di vincolo”. “La normativa in favore delle energie rinnovabili – scrivono i giudici – non può annullare la tutela del paesaggio”, il quale si manifesta come componente essenziale dell’ambiente, entrambi protetti dalla Costituzione.

La sentenza n. 1872 del Consiglio di Stato ha annullato le autorizzazioni disposte dalla Regione Toscana a favore del parco eolico sul Monte Amiata. Il massimo organo della giustizia amministrativa ha lanciato un chiaro messaggio ai decisori pubblici, i quali sono tenuti a bilanciare le opere in ambito rinnovabile con un’ampliata tutela del paesaggio, da considerarsi oltre il mero perimetro della costruzione. Tremano quindi i nuovi parchi eolici italiani. I soggetti che intendono proporre progetti simili – afferma il Consiglio di Stato – sono tenuti a svolgere una “analisi del territorio attraverso una attenta e puntuale ricognizione e indagine degli elementi caratterizzanti e qualificanti il paesaggio, effettuata alle diverse scale di studio (vasta, intermedia e di dettaglio) in relazione al territorio interessato alle opere e al tipo di installazione prevista. Le analisi debbono non solo definire l’area di visibilità dell’impianto, ma anche il modo in cui l’impianto viene percepito all’interno del bacino visivo”.

Quella del Comune e della società civile di Roccalbegna è solo l’ultima di una lunga serie di lotte e dispute legali che accompagna il percorso delle rinnovabili in Italia. Sempre in Toscana, questa volta nel Mugello, i cittadini sono in prima linea contro il parco eolico previsto a ridosso di un’area protetta. Il cuore delle proteste resta la Sardegna, il cui passaggio è stato stravolto dalle opere green, come i parchi fotovoltaici e eolici. Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le mobilitazioni, tra cortei, raccolte firme e attacchi contro i cantieri.

[di Salvatore Toscano]

Argentina, alluvione a Bahia Blanca: almeno 13 vittime

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Sulla città portuale di Bahia Blanca, circa 600 chilometri a sud-ovest di Buenos Aires, si è abbattuta una tempesta che in poche ore ha riversato le piogge di un anno, provocando almeno 13 vittime e due dispersi. Centinaia di persone sono state poi allontanate dalle proprie abitazioni. Le piogge torrenziali hanno inondato Bahia Blanca, trasformando i quartieri in isole e provocando diversi blackout, con la ministra della Sicurezza nazionale, Patricia Bullrich, che l’ha definita «una città distrutta».

 

 

 

Calabria, il sistema ospedaliero è al collasso: il governo dichiara lo stato di emergenza

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Un sistema sanitario al collasso, ospedali obsoleti e cantieri bloccati. Dopo anni di immobilismo, ospedali fatiscenti e un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) incapace di tradursi in riforme concrete, su richiesta del governatore calabrese Roberto Occhiuto, il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per il sistema ospedaliero della Calabria. Un provvedimento straordinario, di durata annuale, che solitamente viene attivato per catastrofi naturali, ma che ora si rende necessario per affrontare una crisi strutturale che ha messo in ginocchio l’assistenza sanitaria regionale.

L’input per l’intervento straordinario del governo è partito dal presidente della Regione, Roberto Occhiuto, che lo scorso 5 febbraio ha inviato una comunicazione al Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio. Nel documento, Occhiuto descrive «alcune ineludibili esigenze per le quali risulta necessaria l’emanazione di disposizioni che disciplinino procedure acceleratorie volte a consentire la rapida costruzione dei nuovi nosocomi». Si tratta di un’urgenza che affonda le sue radici in un contesto di criticità strutturale. Già vent’anni fa, il governo nazionale aveva dichiarato un’emergenza di Protezione Civile per affrontare le carenze del sistema ospedaliero calabrese, con l’obiettivo di realizzare tre nuovi ospedali su sette previsti. Tuttavia, quella fase si concluse dopo sei anni senza risultati concreti. Oggi, la situazione è ancora più critica. Gli ospedali calabresi sono tra i più vetusti d’Italia: l’ultimo costruito, il Mater Domini di Catanzaro, risale a 18 anni fa, mentre molte strutture sono inadeguate e prive delle necessarie condizioni igienico-sanitarie. Il problema non riguarda solo l’obsolescenza degli edifici, ma anche l’organizzazione interna: gli spazi sono spesso inadatti alle funzioni che ospitano, con ripercussioni sulla qualità del servizio e sul fabbisogno di personale.

Uno dei nodi centrali della questione è la difficoltà nella gestione dei fondi stanziati per l’edilizia sanitaria. Risorse finanziate con fondi Inail da oltre un decennio sono rimaste inutilizzate a causa di una burocrazia farraginosa e della mancanza di una programmazione efficace. Adesso, il commissario straordinario dovrà garantire che tali risorse vengano finalmente impiegate per costruire nuove strutture e ammodernare quelle esistenti. Le linee di intervento principali saranno due: completare gli ospedali pianificati vent’anni fa e procedere alla sostituzione degli edifici esistenti più compromessi. Tra le opere in attesa di realizzazione ci sono i nuovi ospedali della Sibaritide, di Gioia Tauro e di Vibo Valentia, progetti fermi per motivi tecnici e amministrativi. L’obiettivo del governo regionale, come sottolineato da Occhiuto, non è ricominciare da zero, ma aggiornare i progetti già avviati per evitare ulteriori ritardi e possibili contenziosi legali. A questo si aggiunge la necessità di razionalizzare la spesa: gli attuali ospedali calabresi, a fronte di costi elevati, forniscono prestazioni sanitarie inferiori rispetto agli standard nazionali, incidendo negativamente sulla qualità del servizio offerto ai cittadini.

Il provvedimento del Consiglio dei ministri prevede la nomina di un commissario straordinario, il cui compito sarà quello di coordinare gli interventi di riqualificazione della rete ospedaliera e sbloccare i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il nome sarà individuato dal capo della Protezione civile, Fabio Ciciliano. Il commissario sarà chiamato a garantire che i lavori procedano senza ulteriori ritardi e che le risorse economiche disponibili vengano impiegate in maniera efficace. Non è la prima volta che la sanità calabrese finisce sotto una gestione straordinaria: la regione è commissariata dal 2010 a causa del mancato rispetto degli adempimenti del piano di rientro sanitario. Il commissariamento è stato disposto dal governo a causa delle gravi criticità economiche e gestionali della sanità calabrese, tra cui deficit finanziario, inefficienza amministrativa e livelli di assistenza inadeguati rispetto agli standard nazionali. Da allora, il sistema sanitario regionale è stato gestito da diversi commissari nominati dal governo centrale, con l’obiettivo di risanare i conti e migliorare i servizi. Tuttavia, nonostante oltre un decennio di gestione straordinaria, i problemi persistono.

Mentre l’Italia si prepara a ingenti investimenti nel settore bellico attraverso le politiche europee di riarmo, tutti gli indicatori mostrano un Servizio Sanitario Nazionale al collasso. Secondo quanto attestato la Ragioneria generale dello Stato, nel 2023 la spesa sanitaria privata in Italia ha superato i 43 miliardi di euro, con un incremento del 7% rispetto al 2022 e del 24% rispetto al 2019, mentre la spesa sanitaria pubblica è cresciuta solo del 2% rispetto al 2022 e del 13,6% rispetto al 2019, raggiungendo i 132,8 miliardi di euro. Si tratta della dimostrazione plastica di come, nonostante le rassicurazioni governative, gli investimenti nella sanità pubblica non siano sufficienti a garantire il mantenimento degli standard di assistenza. A lanciare l’allarme sul pessimo stato di salute del Servizio Sanitario Nazionale era già stato, lo scorso ottobre, un importante rapporto della Fondazione GIMBE. Il report aveva attestato che nel 2023 – tra tempi di attesa infiniti e difficoltà di accesso alle strutture sanitarie – circa 4,5 milioni di italiani hanno dovuto rinunciare a visite mediche e cure specialistiche, rilevando inoltre come il SSN soffra un deficit di oltre 52 miliardi rispetto agli standard europei. Nel frattempo, nel 2023 la mobilità sanitaria – fenomeno vede molti cittadini del Sud Italia spostarsi verso strutture sanitarie del Nord in cerca di cure migliori – ha raggiunto un valore di 2,87 miliardi di euro, superando addirittura i livelli pre-Covid.

[di Stefano Baudino]

Giornata della donna: manifestazioni in tutta Italia

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In occasione della ricorrenza della Giornata internazionale della donna, in tutta Italia sono stati segnalati cortei di studenti e manifestazioni di vario tipo. Nella Capitale, numerose iniziative: le lavoratrici scendono in piazza contro i licenziamenti, mentre un corteo contro la “buona scuola” arriva al Miur. In piazza anche il presidio “Libere di scegliere, pronte a reagire” per rivendicare il diritto all’aborto e il sostegno ai Centri antiviolenza. A Bologna un 8 marzo “di lotta e di sciopero” promosso da Non Una di Meno in piazza Maggiore, mentre a Pisa alcune decine di manifestanti hanno fatto un blitz davanti alla filiale di Leonardo definendola “fabbrica di morte”.

La verità sul caffè in capsule

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Da secoli quello tra italiani e caffè è un rapporto d’amore che appare inscalfibile, che riempie di ritualità i vari momenti della giornata: al mattino per svegliarsi, sul lavoro per prendere una pausa, in famiglia nei momenti di condivisione. Ma il modo in cui lo si consuma cambia nel tempo e negli ultimi anni l’uso a casa e in ufficio del caffè espresso in capsule si è diffuso rapidamente, fino a rappresentare oltre il 20% del totale dei volumi di caffè acquistati nel Paese. Un successo che dipende dalla comodità del prodotto, immediatamente pronto per l’uso, e dalle capillari strategie di marketing delle aziende produttrici, che lo hanno spinto nella consapevolezza che la sua diffusione ne avrebbe aumentato i profitti. Il costo del caffè in capsule, di circa 30 euro/kg, è infatti di molto superiore rispetto ai 9,35 euro/kg necessari in media per quello macinato venduto nelle “vecchie” confezioni da 250 grammi. Eppure, il rovescio della medaglia di questa moda non risiede solo nell’ovvio impatto ambientale (dato dalla necessità di produrre e poi smaltire milioni di capsule monouso), ma anche – come ormai è provato a livello scientifico – da alcuni rischi non trascurabili per la salute umana.

Le capsule possono essere fatte di tre materiali diversi: plastica, alluminio e plastica compostabile. Al momento, le capsule in commercio in Italia fanno riferimento alla compatibilità con due sistemi diversi di macchine da caffè: il sistema Dolce Gusto e quello Nespresso. Le macchine Nespresso sono note per il loro design elegante e compatto, ideali per chi ha spazi limitati in cucina. Offrono un sistema di estrazione a pressione elevata, garantendo una bevanda ricca e cremosa che soddisfa anche i palati più esigenti. Al contrario, le macchine Dolce Gusto presentano un design più versatile e moderno, con una gamma di colori e forme che si adattano a diversi stili di arredamento. Sono progettate per preparare una varietà di bevande, non solo caffè espresso ma anche cappuccino, caffelatte, latte macchiato, offrendo più opzioni al consumatore.

Le capsule compatibili con il sistema Dolce Gusto non sono di certo la migliore scelta per l’ambiente: sono più grandi rispetto a quelle del sistema Nespresso, pesano di più e sono solo di plastica tradizionale non compostabile. Inoltre contengono più caffè, in media 7,3 grammi rispetto ai 5,5 delle capsule Nespresso.

Una bomba ecologica

Sono tre i tipi di capsule che possiamo trovare al supermercato. In primo luogo vi sono quelle in alluminio, facilmente riconoscibili perché i produttori tendono a specificare il materiale sulle confezioni, in quanto l’alluminio è considerato il migliore per preservare l’aroma del caffè.

Poi abbiamo le capsule in plastica, che costituiscono la stragrande maggioranza ma, a differenza di quelle in alluminio, sono riconoscibili da piccole diciture poste sul retro della confezione, in quanto non sono percepite come un valore aggiunto dal consumatore. Alcuni marchi di capsule in plastica aggiungo diciture come quella di «capsule riciclabili», tuttavia, perché il loro impatto ecologico sia davvero ridotto, sarebbe necessario che tutti gli utenti seguissero la corretta procedura di riciclo – che implica l’apertura di ogni singola capsula dopo l’uso e l’eliminazione della polvere esausta del caffè, per poi differenziare la plastica negli appositi contenitori. 

Per riciclare correttamente le capsule in plastica queste andrebbero aperte e svuotate del loro contenuto

Infine ci sono le capsule compostabili, le uniche realmente ecologiche per quanto riguarda lo smaltimento: possono essere gettate dopo l’uso direttamente nel bidone dell’umido di casa in quanto soggette a biodegradabilità nell’arco di alcuni mesi. I produttori sono in questo caso molto attenti a evidenziare la qualità ambientale del prodotto, eppure in commercio ne esistono ancora pochissime. Va poi sottolineato come l’impatto ecologico, per quanto ridotto, esista comunque: le capsule sono infatti conservate in confezioni usa e getta (la cui fabbricazione non è certo a impatto zero) le quali impiegano spesso coloranti la cui tipologia non viene specificata sulla confezione.

L’impatto delle capsule sul nostro pianeta in termini di rifiuti è altissimo, a prescindere dal materiale di fabbricazione. Di quelle in plastica già abbiamo detto. Quelle in alluminio sono anche peggio, perché alle medesime difficoltà di riciclo – visto che il prodotto dovrebbe essere separato tra involucro e contenuto di caffè esausto dal consumatore dopo l’uso – si aggiunge il fatto che l’alluminio, se finisce nell’inceneritore, sprigiona sostanze tossiche come la diossina. Non dimentichiamo poi che esiste il problema ecologico anche della confezione esterna del prodotto e della frequente presenza della bustina di plastica che avvolge insensatamente ogni singola capsula. Ci sono infine i costi ambientali poco noti ai consumatori, che riguardano la produzione dell’alluminio, che si estrae dalla bauxite attraverso complessi processi chimici che producono fino a quattro tonnellate di fanghi nocivi di scarto per ogni tonnellata di prodotto finito.

Da qualunque punto di vista, quindi, non bisogna mai credere alla retorica green della comunicazione pubblicitaria nel caso delle capsule: di qualsiasi materiale siano composte, sono insostenibili dal punto di vista ambientale. La capsula, in quanto prodotto usa e getta, è per definizione insostenibile rispetto al consumo di caffè fatto con la moka o espresso erogato dalle macchinette “vecchia maniera” che lavorano direttamente il caffè in polvere.

Un espresso di sostanze tossiche?

A preoccupare i consumatori rispetto all’uso di caffè in capsule non devono essere solo i risvolti ambientali. Il quadro, infatti, è piuttosto fosco anche per la salute umana. Nel caffè in plastica troviamo gli ftalati, sostanze classificate scientificamente come interferenti endocrini (ovvero in grado di interferire e alterare il funzionamento di alcune ghiandole responsabili della produzione degli ormoni nel nostro organismo, come la tiroide, il seno, i testicoli). Gli ftalati sono prodotti a livello industriale in grandi quantità e vengono comunemente utilizzati come emollienti e additivi plastici, trovando impiego in numerose applicazioni industriali e prodotti di largo consumo. Si aggiungono ai materiali plastici, in lattice, o nei cosmetici di bellezza, per vari scopi come conferire flessibilità, garantire la stabilità del colore o la resistenza. Particolarità dell’utilizzo degli ftalati è che essi non vengono legati alla plastica alla quale sono aggiunti, potendo quindi percolare o essere rilasciati nel tempo e a seguito di stress termici. Numerosi studi hanno riportato un’ampia e diffusa esposizione ambientale dell’uomo agli ftalati, identificando l’ingestione/alimentazione come principale via di assunzione di questi composti. 

Sebbene la compatibilità di tali capsule di caffè con l’uso preposto sia dichiarata dalle aziende produttrici, a oggi la quantità effettiva di sostanze contaminanti rilasciate (e in particolare di interferenti endocrini come gli ftalati) nella bevanda finale non è nota e non viene comunicata dalle aziende produttrici. Gli ftalati vengono rilasciati dalla plastica delle capsule, quando esse entrano in contatto con l’acqua riscaldata a circa 90°C, per ottenere la percolazione del caffè. Invece le capsule in alluminio rilasciano durante la perforazione microparticelle metalliche di vari metalli tossici come vanadio, cadmio, ferro, piombo e titanio. Tutte queste sostanze (ftalati e/o metalli tossici) entrano pertanto nel caffè e, una volta ingerite, svolgono nell’organismo un’azione simil-estrogenica, andando a interferire e a “disturbare” alcune ghiandole normalmente soggette al funzionamento e regolamento di determinati ormoni. Così, ad esempio, la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILIT) riferisce che «nei testicoli svolgono una funzione anti-androgenica, potendo causare infertilità; mentre nelle donne, in virtù della loro azione simil-estrogenica, a lungo andare possono essere all’origine di patologie (anche neoplastiche) del seno, organo bersaglio tra i principali di quegli ormoni».

La tolleranza al caffè dipende dai geni: i metabolizzatori rapidi ne traggono benefici, mentre per altri può essere rischioso

I produttori di capsule dichiarano che il rilascio di queste sostanze tossiche è ben al di sotto dei limiti di legge fissati dalla normativa europea, ma questo non è un aspetto che deve rassicurare più di tanto, in quanto molti studiosi di tossicologia avvertono che esiste la tossicità da «effetto accumulo»: essendo sia le plastiche che i metalli pesanti sostanze che il corpo non riesce a espellere e smaltire facilmente, essi si accumulano e si depositano in vari organi e tessuti, causando nel tempo danni e l’innesco di patologie di vario tipo, come quelle neurologiche. Se si tiene conto, poi, che oltre all’assunzione di caffè i consumatori hanno a che fare quotidianamente con numerosi altri alimenti confezionati o cucinati in contenitori di plastica o alluminio, si comprende facilmente come si vada inevitabilmente incontro a un subdolo, quasi inosservato effetto di accumulo, con gravi ripercussioni sulla salute. Nel 2019, il programma Report della RAI ha fatto analizzare in laboratorio i quantitativi di alluminio, ftalati e altri metalli tossici rilasciati nel caffè a seguito dell’uso delle capsule di caffè e i risultati sono stati mostrati ad alcuni esperti tossicologi come la dottoressa Belpoggi dell’Istituto Ramazzini di Bologna o il professor Carlo Foresta dell’Università di Padova. Entrambi gli esperti hanno espresso forti preoccupazioni sulla ingestione di queste sostanze in via quotidiana parlando di effetto tossico da accumulo che, come detto, è indeterminato e ignoto alla scienza allo stato attuale delle cose. Il prof. Foresta ad esempio ha affermato che «l’Europa ha dato questo limite e quindi dobbiamo attenerci a questo. Io sono un po’ scettico su questa faccenda perché a dire il vero [gli ftalati, ndr] sono presenti in tante altre condizioni, nei rivestimenti alimentari, negli abiti, nelle sostanze di plastica, sono in giro dappertutto. La sommatoria di tutte queste contaminazioni potrebbe essere superiore al limite consentito». 

Un’altra sostanza molto tossica che è stata ritrovata nel caffè delle capsule è il furano. Uno studio realizzato dall’Università di Barcellona e pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Agricultural and Food Chemistry mostra che il caffè preparato con le macchine a capsula contiene una concentrazione di furano da due a tre volte superiore di quella contenuta nel caffè delle caffettiere tradizionali o del caffè istantaneo. Il furano è un composto tossico e classificato come cancerogeno, al pari dell’acrilammide, che compare quando un alimento o una bevanda sono esposti a temperature elevate. Pertanto già la torrefazione, cioè la tostatura dei chicchi di caffè, produce furano che poi si ritrova in parte nella bevanda (una parte evapora, essendo un composto volatile). Il fatto che nel caffè in capsule sia rilevata una maggior quantità di furano rispetto al caffè prodotto con la caffettiera tradizionale potrebbe essere dovuto al fatto che la tostatura del caffè in capsula avviene a temperature molto più alte rispetto a quello in polvere o destinato ad altri usi. Questo da un lato consente ai produttori di tostare e avere il caffè pronto all’uso in tempi molto brevi, dall’altro fa sviluppare livelli maggiori di furano rispetto alla tostatura con temperature più basse. Un’altra ipotesi avanzata dagli esperti sostiene che la chiusura ermetica delle capsule impedisca al furano, che è particolarmente volatile, di fuoriuscire quando la pressione e l’acqua calda fanno penetrare la sostanza nella bevanda.

Il caffè fa bene o fa male?

Secondo i numerosi studi disponibili, sembra che il consumo abituale di caffè abbia un effetto protettivo verso alcune malattie. Ma la questione è più complessa e meno scontata di quello che sembra e in realtà il consumo di caffè è benefico per alcuni individui ma potrebbe essere nocivo e pericoloso per altri. Gli studi più recenti indicano infatti che esiste una diversa predisposizione genetica alla tolleranza della caffeina a seconda degli individui. Uno studio condotto all’Università di Toronto ha scoperto che alcuni individui possiedono una variante di un gene, chiamata CYP1A21A, che scompone la caffeina presente nell’organismo con una velocità 4 volte maggiore rispetto agli individui che invece possiedono il gene CYP1A21F. Per chi appartiene al primo gruppo, bere 2-3 tazzine di caffè al giorno diminuisce del 22% il rischio di infarto. «Il pericolo di infarto cresce del 36% nei metabolizzatori lenti che bevono due o tre tazze di caffè al giorno e si arriva fino al 64% per i forti consumatori di caffè, ossia coloro che ne consumano quattro o più tazze al dì», concludono i ricercatori.

[di Gianpaolo Usai]