Non si è ancora fermato il vasto incendio che dalla tarda mattinata di martedì 7 gennaio sta inghiottendo la città di Los Angeles. Anzi, sta crescendo sempre di più. Nella notte tra mercoledì 8 e giovedì 9, le fiamme hanno raggiunto altre aree, tra cui le colline di Hollywood, Santa Monica, Malibu, costringendo sempre più persone alla fuga. Al momento, il bilancio è di 5 morti e oltre 130.000 persone evacuate; più di 300.000 le case e le attività senza elettricità (dal milione e mezzo di ieri). Per domare le fiamme sono stati mobilitati più di 7.500 vigili del fuoco, ma anche gli idranti sembrano avere problemi perché le manichette si stanno prosciugando. Il presidente uscente Biden è stato costretto a cancellare il proprio viaggio in Italia per dare la priorità a quello che in tanti stanno già definendo il più grande incendio della storia della città.
L’incendio di Los Angeles è scoppiato nella mattina di martedì, attorno alle 10:30 (ora locale), vicino al Topanga State Park. Da lì si è esteso per arrivare fin dentro ai quartieri della città di Los Angeles e alla vicina contea di Ventura, a causa delle forti raffiche di vento che ne hanno accelerato la diffusione. La prima area a venire colpita è quella sulle colline di Pacific Palisades, quartiere esclusivo di Los Angeles situato a nord-ovest della città e sede di ville multimilionarie, da cui prende nome uno dei roghi (il Palisades Fire). Dei vari incendi esplosi, l’incendio di Pacific Palisades è tutt’ora il più distruttivo: ha colpito 11.800 acri di territorio (circa 4.800 ettari) e ha coinvolto oltre un migliaio di edifici. Dopo Palisades, le fiamme sono arrivate in altri quartieri, e sono scoppiati nuovi epicentri. In questo momento, gli incendi principali oltre al Palisades Fire sono: l’Eaton Fire, che ha coinvolto un’area di oltre 10.000 acri (circa 4.000 ettari), e ha costretto l’evacuazione di oltre 32.000 persone; l’Hurst Fire, che ha colpito 700 acri (280 ettari); il Woodley Fire, di dimensioni più ridotte (così come quello a Ventura); il Lidia Fire, e il Sunset Fire, gli unici che sembrerebbero sotto controllo.
Dei sei incendi che divampano a Los Angeles, in sintesi, uno è di dimensioni più ridotte, due sembrano in fase di contenimento, e gli altri tre – i più distruttivi – continuano indisturbati a bruciare e ad allargarsi a nuove aree della città. I vigili del fuoco stanno infatti avendo problemi a domare le fiamme a causa della mancanza di acqua: molti idranti sono infatti stati prosciugati e l’ingente utilizzo di acqua sta consumando in fretta la risorsa. Mercoledì pomeriggio, tutti e tre i serbatoi (da 3,78 milioni di litri) e i 114 siti di riserva della città sono stati riempiti. Nel frattempo, sei Stati hanno mandato d’urgenza i propri vigili del fuoco in California. Secondo le prime stime, il danno iniziale provocato dagli incendi supera i 50 miliardi di dollari. Il presidente Joe Biden ha dichiarato lo stato di emergenza, per poi fare visita, accompagnato dal governatore della California Gavin Newsom, a una stazione dei vigili del fuoco di Santa Monica, dove ha ricevuto un aggiornamento sugli sforzi antincendio.
TULKAREM, PALESTINA OCCUPATA – È iniziata con forza quella che sembra la nuova vendetta di Tel Aviv a seguito dell’attacco che ha portato alla morte di tre coloni israeliani lunedì 6 gennaio. Solo ieri tre giovani palestinesi – di 8, 10 e 23 anni – sono stati uccisi in quella che Israele ha definito una “Operazione antiterrorismo” nella città di Tammun, nella provincia di Tubas, tramite un attacco aereo. I militari hanno impedito l’arrivo delle ambulanze, e hanno inizialmente portato via i loro corpi, rilasciandoli in serata. “Si tratta di un attacco deliberato contro i civili”, ha dichiarato Ahmed Al-Asaad, governatore di Tubas e della Valle del Giordano settentrionale. “Le forze di occupazione stanno inviando un chiaro messaggio: nessun palestinese, nemmeno i nostri bambini, è al sicuro”. Intanto un altro giovane di 18 anni è morto a seguito delle ferite riportate in un altro attacco aereo che aveva colpito sempre la città di Tammun il giorno precedente, nel quale erano stati uccisi altri due palestinesi. Sempre martedì 7 un uomo è stato ucciso dai militari durante un raid nella città di Taluza. Sette morti in due giorni, mentre i raid e le aggressioni continuano in tutto il Paese. Un’altra incursione militare ha preso di mira martedì 7 il campo profughi della città di Tubas, Al-Far’a, distruggendone ancora una volta le strade e le infrastrutture vitali, mentre si sono registrati nuovi attacchi di coloni a macchine e proprietà palestinesi in varie località.
I tre giovani palestinesi di 8, 10 e 23 anni uccisi da Israele nell’ambito dell'”Operazione Antiterrorismo” condotta a Tammun
Nel frattempo, a Tulkarem è iniziata verso le 13 di ieri una grossa operazione militare, conclusasi stamattina, chiamata “Operazione Zero“. L’obbiettivo dichiarato era di eliminare tutta la resistenza dai campi profughi della città. Il raid è iniziato nel pomeriggio al campo rifugiati di Tulkarem, e intorno a mezzanotte ha colpito anche il campo profughi del campo di Nur Shams. Entrambe i campi – la cui popolazione conta circa 40 mila individui – sono stati circondati dai mezzi israeliani, che hanno nuovamente attaccato i sistemi idrici, elettrici e la rete internet, lasciando gli abitanti senza acqua e luce. Vari bulldozer hanno distrutto le strade interne, mentre si sentivano forti esplosioni e spari. Alcuni residenti del campo profughi hanno riferito della presenza di cecchini sui tetti delle case più alte, i cui abitanti sono stati mandati via dai militari per prendere il possesso delle abitazioni. Numerosi i blindati con armi automatiche montate sui tetti delle vetture e dei bulldozer. Testimoni dicono che l’abitazione della famiglia di due palestinesi uccisi e di un prigioniero, al campo di Tulkarem, è stata evacuata con la forza e che i militari avrebbero cercato di farla saltare in aria. Intanto nella notte il rumore di droni che volano ad altezza molto bassa hanno impedito il sonno dei cittadini di Tulkarem. Almeno una donna è finita in ospedale dopo essere stata picchiata dai militari.
Parallelamente all’aggressione nella Striscia di Gaza, l’esercito israeliano sta portando avanti una campagna militare anche in Cisgiordania, la più violenta mai realizzata fino ad oggi. Sono oltre 800 i morti e oltre 7 mila i feriti, mentre sono 10.300 le persone arrestate (45 solamente nelle ultime ore): si tratta del bilancio più alto mai registrato nella storia dei Territori Occupati. Le violenze sono aumentate di intensità dopo che uomini armati palestinesi hanno sparato e ucciso tre israeliani vicino all’insediamento illegale di Kedumim. In seguito all’attacco, il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, esponente del Partito Sionista Religioso, ha invocato una pulizia etnica in Cisgiordania: «Al-Funduk, Nablus e Jenin devono assomigliare a Jabalia», la città del Governatorato di Nord Gaza che l’esercito israeliano tiene sotto assedio da mesi. Dal 5 dicembre, inoltre, l’ANP, l’organismo politico palestinese che governa la Cisgiordania, ha provato a mobilitare le proprie forze militari e di polizia per attaccare e disarmare le brigate di Jenin – tra le più importanti della resistenza palestinese – nella operazione “Protezione della patria”. Lo scontro è tra i più feroci degli ultimi anni tra personale “regolare” e brigate di resistenza, e ha già fatto diversi morti e decine di feriti.
Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca sta trasformando rapidamente il panorama politico dell’intero mondo. Tra le variazioni più eclatanti e significative spicca il drastico cambio di atteggiamento delle grandi aziende tecnologiche. A lungo considerate il bastione delle ideologie progressiste, queste realtà stanno rapidamente cambiando colore, con i rispettivi dirigenti che sembrano mettersi in fila per cercare il favore del Presidente eletto, nella speranza di accattivarsi i favori di un’Amministrazione che sarà mossa da una retorica conservatrice e autoritaria. Dai meccanismi elettoral...
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L’esercito svedese ha annunciato che acquisterà un pacchetto di potenziamento del proprio reparto corazzato di carri armati dal produttore franco-tedesco di attrezzature per la difesa KNDS, per un totale di 22 miliardi di corone svedesi (circa 1,97 miliardi di dollari). L’ordine comprende 44 carri armati Leopard 2 A8 e l’aggiornamento di 66 carri armati esistenti. Secondo una dichiarazione rilasciata dal governo, le consegne dei carri armati inizieranno a partire dal 2028 per proseguire fino al 2031. L’acquisto si colloca in un contesto di un progressivo aumento delle spese militari da parte del Paese scandinavo, che sta interessando anche gli altri Paesi della regione.
Ieri un gruppo di 24 uomini armati è entrato nel palazzo presidenziale del Ciad, presso la capitale N’Djamena, venendo fermato dalle guardie presidenziali. Secondo il governo, dopo l’assalto sarebbero morte 19 persone, di cui 18 aggressori; gli altri 6 attentatori sarebbero stati feriti. Dopo l’aggressione, il ministro degli Esteri del Paese, Abderaman Koulamallah, ha pubblicato una videodichiarazione in cui assicura che la situazione è «totalmente sotto controllo» e che «il tentativo di destabilizzazione è stato sradicato». Secondo fonti di sicurezza riprese dai media, gli aggressori provenivano dal gruppo Boko Haram, che le forze di sicurezza ciadiane stanno combattendo nella regione del Lago Ciad (ovest), al confine con Camerun, Nigeria e Niger.
L’Irlanda si è formalmente unita al caso di genocidio intentato dal Sudafrica contro Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia (CIG). A dare la notizia è la stessa CIG in un comunicato, in cui annuncia che «Lunedì 6 gennaio 2025 l'Irlanda, invocando l'articolo 63 dello Statuto della Corte, ha depositato nella cancelleria della Corte una dichiarazione di intervento nella causa concernente l'applicazione della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio nella Striscia di Gaza (Sudafrica contro Israele)». L'Irlanda diventa così l'undicesimo Stato a unirsi all...
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Il presidente austriaco, Alexander Van der Bellen, ha nominato Alexander Schallenberg, ministro degli Esteri del governo uscente a guida di Karl Nehammer, come prossimo cancelliere ad interim del Paese. Schallenberg guiderà l’Austria fino alla formazione di un nuovo governo. Il presidente aveva precedentemente conferito allo stesso Nehammer l’incarico di formare un nuovo esecutivo, trovando tuttavia la resistenza di centrosinistra e centro. Lunedì 6 gennaio, Van der Bellen ha dunque assegnato l’incarico a Herbert Kickl, leader del Partito della Libertà (FPÖ) considerato di estrema destra, che sta cercando un’alleanza con i popolari.
Il primo ministro canadese Justin Trudeau si è dimesso lunedì dalla sua carica di governo e da quella di capo del Partito Liberale. Trudeau ha comunicato che rimarrà nelle sue funzioni fino a quando il suo partito non potrà scegliere un nuovo leader e che il parlamento sarà prorogato – o sospeso – fino al 24 marzo. Trudeau, 53 anni, uno dei maggiori rappresentanti dell’establishment progressista mondiale, sostenuto dai globalisti e da organizzazioni come il World Economic Forum, aveva dovuto affrontare richieste di dimissioni sempre più numerose giunte dal suo stesso partito. Il suo tasso di gradimento era in costante discesa dal periodo di emergenza pandemica, quando il suo governo mise in atto una dura repressione del dissenso nei confronti dei manifestanti contrari agli obblighi vaccinali, arrivando a bloccarne i conti bancari.
I legami con il WEF e la repressione in periodo pandemico
Secondo l’organizzazione canadese Angus Reid Institute, il consenso nei confronti del governo Trudeau raggiungeva a malapena il 22%, mentre il tasso di disapprovazione aveva raggiunto il 74%. Ad essere determinanti nella scelta delle dimissioni sono state le pressioni provenienti dai membri del suo stesso partito. Trudeau è stato per lungo tempo un astro nascente e cavallo di razza del progressismo globalista in quanto partecipante di spicco del World Economic Forum, nel quale è intervenuto più volte. Nel 2017, Klaus Schwab ha affermato di essere stato in grado di «penetrare» il gabinetto del primo ministro canadese, in virtù del fatto che molti dei suoi ministri erano stati un tempo membri del programma Young Global Leaders del WEF, come del resto lo stesso Trudeau. Come alfiere del globalismo neoliberista propugnato dal WEF, Trudeau si è più volte espresso in sostegno dei «valori progressisti nel contesto della globalizzazione». Trudeau era per questo un sostenitore dei grandi accordi di libero scambio e di partenariato globale, come il Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTPP), di cui il Canada fa parte dal 2018 proprio grazie all’impegno di Trudeau.
[Il caso del Freedom Convoy tenuto dai canadesi]Tra le decisioni politiche più controverse dei suoi anni di governo ci sono senz’altro quelle prese in epoca pandemica. Trudeau ha gestito l’emergenza in linea con i diktat dei lockdown e degli obblighi vaccinali impartiti dalle organizzazioni internazionali. Proprio nel periodo pandemico, Trudeau ha più volte fatto utilizzo del termine “reset”, mutuato dallo slogan del Grande Reset propagandato da Schwab. Nel gennaio 2022, il primo ministro canadese ha aperto la strada ad un nuovo tipo di repressione sociale, quando ha assunto poteri speciali e congelato i conti bancari dei camionisti del Freedom Convoy che paralizzarono Ottawa per protestare contro l’obbligo vaccinale, a cui si aggiunsero migliaia di cittadini in sostegno alla protesta.
Gli USA, un vicino difficile
Le dimissioni di Trudeau arrivano in un momento cruciale per la politica del Paese, specie con il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, il quale si insedierà il 20 di gennaio. Trump ha recentemente minacciato il Canada di applicare dazi del 25% alle merci esportate negli Stati Uniti. La misura verrebbe imposta a causa dell’incapacità del Paese di garantire la sicurezza delle proprie frontiere, da cui passerebbero, secondo il neoeletto presidente USA, immigrati clandestini e droghe come il Fentanyl. In un post pubblicato nel giorno di Natale sul proprio social network Truth, Trump, oltre a rivendicare la proprietà del Canale di Panama e – di fatto – la sovranità sulla Groenlandia, si era rivolto a Trudeau in maniera canzonatoria definendolo “Governatore” e aveva rivolto un appello al Canada invitandolo a diventare il 51° Stato degli Stati Uniti d’America. Proprio ieri, nel giorno delle dimissioni di Trudeau, Trump è tornato a scrivere sul suo social il medesimo appello, rincarando la dose. Molti adesso rinfacciano a Trudeau il fatto di non essersi dimesso prima, in tempo per poter affrontare il cambio di potere negli Stati Uniti, dando quindi al Canada il tempo necessario per riorganizzarsi a livello di leadership politica. Per diverse settimane, se non mesi, il Canada avrà infatti un primo ministro dimissionario, senza quindi alcuna legittimità nell’affrontare importanti questioni.
Tra coloro che hanno mosso critiche in merito alle tempistiche delle dimissioni del primo ministro canadese c’è anche David MacNaughton, che Trudeau ha nominato ambasciatore del Canada negli Stati Uniti nel 2016. «Avremo alcuni mesi di incertezza in questo momento e nel frattempo Trump si sente piuttosto presuntuoso», ha detto MacNaughton. Anche Xavier Delgado, senior program associate presso il Canada Institute del Wilson Center di Washington, ha fatto notare che le dimissioni di Trudeau lasciano il Canada e la sua economia vulnerabili a qualsiasi cosa Trump intenda imporre. «È un momento straordinario per il primo ministro per annunciare le dimissioni. Nel contesto delle relazioni Canada-USA non ha davvero molto senso», ha detto Delgado. Ricordiamo che gli scambi commerciali tra Stati Uniti e Canada ammontano a quasi 910 miliardi di dollari (nel 2022) e che i due Paesi sono i migliori partner economici l’uno dell’altro, con circa 3 miliardi di dollari (nel 2023) di beni e servizi che attraversano il confine ogni giorno.
Si interrompe così una leadership durata 9 anni, caratterizzata da vari problemi di immagine pubblica e di scarsa capacità di incidere, sebbene la scalata al potere del primo ministro prometteva di portare freschezza e rinnovamento nella direzione del Paese. Trudeau ha sofferto a causa dell’inflazione record e degli alti prezzi dei generi alimentari e del fatto che l’economia canadese non èmai veramente riuscita a riprendersi dopo la pandemia. La crisi abitativa interna, che ha visto i prezzi delle case salire anche del 30%-40% negli ultimi anni, ha aggravato il risentimento nei confronti del governo. Gli scandali politici e le gaffe del primo ministro nel corso degli anni non hanno di certo aiutato in questa sua parabola negativa nei gradimenti e nel sentimento dei cittadini canadesi.
Finisce così un’epoca di progressismo aperto sempre a tutto tranne che per coloro che lo criticano. Resta tutto da vedere cosa accadrà adesso, con il Paese che deve fare i conti con una transizione politica in un momento delicato, tanto dal punto di vista interno della crisi economica e della tensione sociale, tanto da quello esterno con il vicino ingombrante, nonché maggior partner commerciale e alleato, che sono gli Stati Uniti.
L’esercito nigeriano ha annunciato di aver ingaggiato uno scontro a fuoco nello stato nord-orientale del Borno, uccidendo 34 militanti islamici e perdendo 6 soldati. Successivamente, l’aeronautica nigeriana ha effettuato attacchi aerei sugli insorti in fuga, provocando ulteriori vittime. A dare la notizia è il portavoce dell’esercito nigeriano, il maggiore generale Edward Buba. Lo scontro è stato annunciato oggi, mercoledì 8 gennaio, ed è avvenuto sabato nel villaggio di Sabon Gari, quando i militanti hanno teso un’imboscata alle truppe che tornavano alla base militare. La Nigeria è alle prese con scontri e insurrezioni di gruppi islamisti situati nel nord-est da oltre un decennio.
Ha superato tutti i record precedenti, ha sfrecciato alla più alta velocità mai registrata per un oggetto costruito dall’uomo e ha attraversato la corona solare senza sciogliersi, captando per la prima volta dati che, secondo gli scienziati, potrebbero rappresentare una nuova pietra miliare nella storia dell’esplorazione spaziale: è quanto ottenuto con la missione della sonda Parker Solar Probe della NASA, la quale si è avvicinata a solo 6,1 milioni di chilometri dalla superficie del Sole ad una velocità di circa 700.000 chilometri all’ora. «Volare così vicino al Sole è stato un momento storico per l’umanità nello studio della nostra stella», ha dichiarato Nicky Fox, a capo del Science Mission Directorate della NASA.
Lanciata nel 2018, la Parker Solar Probe è stata progettata con tecnologie all’avanguardia per resistere a condizioni estreme. Grazie a sette sorvoli di Venere in cui è stata sfruttata la cosiddetta “assistenza gravitazionale”, infatti, la sonda ha progressivamente modificato la sua orbita, avvicinandosi sempre di più al Sole e incrementando la sua velocità. Durante il suo ultimo passaggio ravvicinato al pianeta, avvenuto il 6 novembre 2024, la navicella ha raggiunto l’orbita ottimale che le consente di avvicinarsi al Sole ogni tre mesi. Si tratta di una traiettoria che è stata calcolata per mantenere un equilibrio tra l’estrema vicinanza al Sole, necessaria per raccogliere dati scientifici unici, e la protezione dagli effetti distruttivi del calore e delle radiazioni. La sonda è inoltre protetta da uno scudo termico di schiuma di carbonio capace di resistere a temperature fino a 2.600 gradi Fahrenheit, mantenendo gli strumenti scientifici a temperature operative sicure.
Il 24 dicembre 2024, la Parker Solar Probe ha raggiunto un nuovo record, sorvolando ad un’altezza di 6,1 milioni di chilometri la superficie del Sole ed entrando nella corona solare senza sciogliersi. La conferma è arrivata dalla NASA, che ha dichiarato tramite un comunicato stampa di aver ricevuto i primi dati che attestano lo stato di sicurezza di quello che, di fatto, risulta l’oggetto più veloce in assoluto costruito dall’essere umano. «Questa è una sfida che la comunità scientifica spaziale voleva affrontare fin dal 1958 e ha impiegato decenni per far progredire la tecnologia necessaria. I dati sono fondamentali per la comunità scientifica perché ci offrono un nuovo punto di osservazione. Ottenendo informazioni di prima mano su ciò che accade nell’atmosfera solare, Parker Solar Probe ha rivoluzionato la nostra comprensione del Sole», ha commentato lo scienziato dell’Agenzia Kelly Korreck. Si tratta di parole che, viste le recenti scoperte che la sonda ha già permesso agli esperti di effettuare, difficilmente possono essere descritte come “esagerate”: infatti, grazie alla missione sono state scoperte o dettagliate con maggiore precisione la conformazione “rugosa” del confine esterno della corona e l’individuazione dell’origine delle strutture a zig-zag nel vento solare, chiamate “switchback, oltre che le emissioni radio di Venere e il suo anello di polvere orbitale.
I primi dati raccolti durante questo passaggio solare saranno presto trasmessi in streaming dall’Agenzia, la quale li ha descritti come «informazioni inedite su un luogo in cui noi, come umanità non siamo mai stati». Ciò che rimane, quindi, è attendere che tali informazioni vengano condivise ed elaborate dagli scienziati che, anche se non dovessero ritenerli utili per scoperte mozzafiato, potranno consolarsi ricordando che la sonda effettuerà altri passaggi ravvicinati il 22 marzo ed il 19 giugno di quest’anno.
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