domenica 6 Luglio 2025
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Sciopero dei trasporti: inizia il primo venerdì nero dell’anno

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È iniziato il primo venerdì nero del 2025 sul fronte scioperi. Dalle 21 di ieri, si fermano infatti per 24 ore i lavoratori aderenti al Cub trasporti di Rfi addetti della manutenzione ferroviaria e i ferrovieri dei Cobas lavoro privato e del Coordinamento ferrovieri e dell’Assemblea nazionale lavoratori manutenzione Rfi. Coinvolto anche il trasporto aereo, con l’astensione dei lavoratori dei Cub a Linate e Malpensa, della Flai Ts a Venezia e della Filcams Cgil a Pisa. Per 4 ore si ferma anche il trasporto locale, con modalità diverse da città a città. Possibili disagi anche nella scuola per lo sciopero proclamato dalla Confederazione sindacale lavoratori europei autonomi (Csle).

 

La Thailandia non accetterà più i rifiuti in plastica dei Paesi ricchi

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La Thailandia ha ufficialmente vietato l'importazione di rifiuti plastici provenienti dai Paesi più ricchi del mondo: una decisione storica frutto di anni di pressione da parte degli attivisti. Il provvedimento mira a contrastare l’inquinamento e a tutelare la salute dei cittadini, ponendo fine a un fenomeno che per decenni ha trasformato il Paese in una delle principali destinazioni dei rifiuti plastici provenienti da Stati Uniti, Regno Unito, Giappone ed Europa. Condizione che si è aggravata nel 2018, quando la Cina, fino ad allora il maggiore importatore mondiale di plastica, ha imposto un ...

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Pensioni, CGIL: “Cambiano requisiti dal 2027”, l’INPS smentisce

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La CGIL ha denunciato oggi che l’INPS, con modifiche unilaterali e senza comunicazioni ufficiali, avrebbe aumentato l’età minima per la pensione di vecchiaia dal 2027 a 67 anni e 3 mesi (e a 65 anni e 5 mesi dal 2029), nonché i contributi per la pensione anticipata a 43 anni e 1 mese (e a 43 anni e 3 mesi dal 2029). Il sindacato ha manifestato «profonda preoccupazione» per il rischio di nuovi esodati e una mancanza di tutela per molti lavoratori. Subito dopo l’uscita della nota della CGIL, l’INPS ha però reagito smentendo l’applicazione di nuovi requisiti pensionistici e garantendo che le certificazioni saranno redatte in base alle tabelle attualmente pubblicate.

Libano, eletto presidente il capo dell’esercito Aoun

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Nella giornata di oggi, il parlamento del Libano ha eletto come nuovo presidente il capo dell’esercito Joseph Aoun. Il generale 60enne, che è un cristiano maronita, gode del sostegno delle forze occidentali e dei paesi arabi del Golfo ostili all’Iran. La carica era rimasta vacante per più di due anni. Aoun ha ottenuto il voto di 99 deputati su 128. «Lancerò rapidamente le mie consultazioni per la formazione di un governo. Con Parlamento e governo raddrizzeremo l’amministrazione per ridare prestigio allo Stato e mettere in piedi un’amministrazione moderna ed efficiente», ha annunciato Aoun in un discorso alla Camera. 

Garante UE: Frontex ha violato sistematicamente le leggi sulla privacy alle frontiere

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Il Garante europeo della protezione dei dati (EDPS) ha ammonito Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, per aver trasmesso illecitamente i dati personali dei migranti all’Europol, l’agenzia dell’UE per la cooperazione tra le forze dell’ordine. Le violazioni riguardano una serie di interviste svolte nel 2022, con le quali Frontex raccoglieva informazioni sui migranti. Basandosi sulle sole testimonianze, l’agenzia ha condiviso le informazioni raccolte «in modo sistematico e proattivo» con le forze di polizia senza effettuare alcun tipo di valutazione. «Una grave violazione», scrive il Garante, che tuttavia ha fruttato a Frontex solo un ammonimento, perché dopo le segnalazioni l’agenzia ha ridotto i propri scambi con Europol al minimo indispensabile. Quella segnalata dal Garante non è la prima violazione dei diritti di cui è accusata Frontex, già oggetto di accuse e controversie riguardo a una sua possibile collaborazione nelle operazioni di respingimento dei migranti.

L’EDPS ha rimproverato a Frontex la violazione del regolamento UE 2019/1896 (regolamento Frontex), per la trasmissione di dati a Europol. I fatti riguardano una valutazione indipendente svolta dall’EDPS nell’ottobre del 2022, in merito alle attività di assistenza fornite da Frontex agli Stati membri nell’ambito delle operazioni congiunte. In particolare, l’EDPS si è concentrato sulle interviste di debriefing effettuate da Frontex alle persone intercettate mentre attraversavano le frontiere esterne e sull’utilizzo da parte dell’Agenzia delle informazioni raccolte dai colloqui. Nelle indagini, il Garante ha rilevato che, contrariamente a quanto richiesto dal regolamento Frontex, l’agenzia raccoglieva informazioni sui migranti sulla base delle testimonianze degli intervistati, condividendole con Europol senza effettuare alcun tipo di valutazione sulla necessità di tale condivisione.

«Considerando gli elevati rischi per le persone segnalate come sospette nel caso in cui le informazioni risultassero inattendibili o inesatte, l’EDPS ha deciso di avviare un’indagine», si legge in una nota rilasciata dallo stesso Garante. Il Garante ha dunque stabilito che «Frontex non stava valutando se la condivisione di informazioni con Europol su persone segnalate come sospettate di criminalità transfrontaliera fosse strettamente necessaria affinché Europol potesse svolgere il proprio mandato, come richiesto dall’articolo 90, paragrafo 2, lettera a), di detto regolamento», e che pertanto la sua condotta costituiva una violazione del regolamento Frontex.

«È responsabilità di Frontex rispettare le garanzie specifiche imposte dalla legge per evitare che individui, che potrebbero non essere di interesse per Europol, finiscano comunque nei loro sistemi. Il trattamento dei dati in una banca dati delle forze dell’ordine dell’UE può avere profonde conseguenze sulle persone coinvolte. Gli individui corrono il rischio di essere ingiustamente collegati a un’attività criminale in tutta l’UE, con tutto il danno potenziale che ciò comporta per la loro vita personale e familiare, per la libertà di movimento e di occupazione», ha commentato Wojciech Wiewiórowski, Garante europeo della protezione dei dati dal 2019. «Sebbene ciò costituisca una grave violazione del regolamento Frontex», continua la nota dell’EDPS, il Garante si è limitato a un ammonimento, «tenendo conto del fatto che cinque giorni dopo l’adozione della relazione di audit dell’EDPS nel maggio 2023, Frontex ha interrotto la sua condivisione di informazioni con Europol», escluso un singolo caso.

In passato, Frontex era già stata accusata di violazioni, e specialmente di essere coinvolta in casi di respingimento illegale dei migranti. Un’inchiesta portata a termine dal quotidiano tedesco Der Spiegel in collaborazione con l’organizzazione giornalistica Lighthouse Reports nel 2022 avrebbe mostrato la piena consapevolezza e complicità dell’agenzia Frontex nell’operare respingimenti illegali di migranti ai confini europei, in particolare nei pressi delle coste greche. L’indagine, corroborata da foto che proverebbero il coinvolgimento di Frontex, mostra diversi casi in cui pare che l’agenzia europea abbia agito attivamente per evitare che imbarcazioni di migranti oltrepassassero i confini europei.

[di Dario Lucisano]

Strage di Bologna, i giudici non hanno dubbi: “Bellini portò la bomba e Gelli la finanziò”

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Fu Paolo Bellini, ex terrorista di Avanguardia Nazionale, a portare alla stazione di Bologna la bomba che, il 2 agosto 1980, provocò 85 morti. Una strage tremenda, finanziata dal capo della loggia massonica deviata P2 Licio Gelli, responsabile anche del depistaggio delle indagini sull’eccidio. È questo il fulcro delle motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Assise d’Appello di Bologna, lo scorso luglio, aveva stabilito la condanna all’ergastolo per il killer Bellini – già arrivata in primo grado -, considerato uno dei principali punti di tramite fra eversione nera, servizi deviati e criminalità organizzata. L’uomo avrebbe agito assieme agli ex NAR Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini (già definitivamente condannati) e all’ex NAR Gilberto Cavallini (su cui pende un ergastolo in primo e secondo grado per concorso nella strage). Il capo della P2, Licio Gelli, l’uomo d’affari Umberto Ortolani, l’ex capo dell’ufficio Affari riservati del Viminale, Federico Umberto D’Amato, e il senatore missino Mario Tedeschi sono stati individuati come mandanti, finanziatori e organizzatori dell’attentato che ha insanguinato il capoluogo emiliano.

Il fallito alibi

Nelle motivazioni del verdetto si legge che, dal quadro probatorio, emerge «con assoluta certezza» la piena colpevolezza di Bellini «in ordine agli orrendi delitti a lui contestati». Bellini fu infatti ripreso il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna da un filmato amatoriale girato dal turista Harald Polzer, che ne ha attestato la presenza in loco pochi minuti dopo l’esplosione. Maurizia Bonini, ex moglie dell’imputato, ha identificato proprio in Bellini l’uomo ripreso dal filmato a camminare nell’area del binario 1 della stazione. Ulteriori testimonianze avrebbero poi indicato la presenza di Luciano Ugoletti, simpatizzante di estrema destra, «nelle immediate vicinanze della stazione subito prima dello scoppio della bomba», facendo emergere «la concreta possibilità» che Ugoletti avesse avuto come specifico compito quello di «sorvegliare l’auto del Bellini», parcheggiata nelle immediate vicinanze della stazione, al cui interno c’era Daniela, la piccola nipote di Bellini. La presenza della bambina ha costituito un elemento «essenziale» per la costruzione di un «fortissimo alibi»: Bellini, infatti, «diverse ore prima della strage» si fece consegnare «da terze persone lontane da Bologna» la nipote, con la quale «si è poi fatto vedere da altre persone dopo la strage ancora lontano da Bologna». Secondo i giudici, si trattò di un alibi «raffinatissimo, organizzato dettagliatamente nei minimi particolari ed eseguito altrettanto abilmente anche nei minimi dettagli», poi rivelatosi falso soprattutto «per una circostanza assolutamente fortuita e imprevedibile», ovvero il video girato dal turista straniero «per ricordo famigliare».

Una strage di Stato

Per i magistrati, il capo della P2 Licio Gelli è «il consapevole finanziatore della strage di Bologna», circostanza che «spiega il movente dell’attività calunniosa e depistatoria da lui posta in essere, unitamente ad alti funzionari dello Stato, proprio in relazione alla strage di Bologna». La Corte ricorda infatti che Gelli, insieme a Pietro Musumeci, Giuseppe Belmonte e Francesco Pazienza, è già stato condannato definitivamente per il reato di calunnia per l’operazione di depistaggio sulle indagini della strage, «che aveva il preciso fine di evitare che le indagini potessero svelare il suo personale coinvolgimento, oltre il coinvolgimento di altissimi funzionari dello Stato, nella strage». La Corte sottolinea che «senza ombra di dubbio alcuno non solo sono provati i rapporti diretti tra Licio Gelli e Federico Umberto D’Amato e Stefano Delle Chiaie, ma anche quelli tra quest’ultimo e l’imputato, entrambi militanti nella formazione di destra eversiva Avanguardia Nazionale». I giudici mettono nero su bianco che «i mandanti, gli organizzatori, i finanziatori e gli esecutori materiali hanno condiviso l’obiettivo di fondo di compiere una strage», ma mentre «i mandanti, gli organizzatori, i finanziatori ed alcuni degli esecutori materiali hanno agito con lo scopo di eversione dell’ordinamento democratico e di destabilizzazione delle istituzioni dello Stato», alcuni fra gli esecutori materiali, come appunto Bellini, «potrebbero aver agito anche perseguendo soltanto propri specifici ed ulteriori obiettivi, vale a dire un rilevante compenso economico nonché continuare ad avere “coperture” e “protezione” ad opera di apparati deviati dello Stato, coperture e protezioni pacificamente acclarate in favore di Paolo Bellini, sia prima che dopo la strage di Bologna».

Bellini e la mafia

La figura di Bellini aleggia anche su un altra delicata inchiesta in corso alla Procura di Firenze – che sta indagando sui mandanti esterni delle stragi del 1993 – in cui l’ex ufficiale del ROS Mario Mori è accusato di strage, associazione mafiosa e associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell’ordine democratico. Le strade di Bellini e Mori si incontrarono indirettamente nel ’92, quando il maresciallo dei carabinieri Roberto Tempesta – amico e uomo di Mori –, inviò Bellini in qualità di infiltrato per lo Stato dai membri di Cosa Nostra, con l’obiettivo di recuperare alcune opere d’arte rubate dalla pinacoteca di Modena. Bellini si interfacciò con il boss Nino Gioè, uomo “cerniera” tra mafia e servizi, con cui aveva stretto rapporti nel carcere di Sciacca nel decennio precedente. Gioè propose a Bellini uno “scambio”, fornendogli un biglietto contenente i nomi di cinque importanti mafiosi allora detenuti e chiedendo per loro «arresti domiciliari o ospedalieri» per la buona riuscita della trattativa. Il biglietto finì nelle mani del generale Mori, che non informò nessuno della vicenda, decidendo invece di distruggere il manoscritto e ordinando a Tempesta di non redigere alcuna relazione scritta. La magistratura ha già accertato la presenza di Bellini ad Enna nel ’91, dove la Cupola di Cosa Nostra organizzò le riunioni in cui deliberò la strategia stragista consumatasi negli anni a venire con gli attentati del ’92 e ’93. La Procura sostiene che Mori sarebbe «stato informato già nell’agosto 1992, dal maresciallo Roberto Tempesta del proposito di Cosa Nostra, veicolatogli dalla fonte Paolo Bellini, di attentare al patrimonio storico, artistico e monumentale italiano». Mori, secondo i pm (ma siamo ancora solo in fase di indagine), non avrebbe impedito «mediante doverose segnalazioni o denunce, ovvero con l’adozione di autonome iniziative investigative o preventive» il verificarsi degli attentati.

[di Stefano Baudino]

Siria, scontri tra gruppi pro-turchi e curdi: 37 morti

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Oggi, giovedì 9 gennaio, in Siria, si sono verificati scontri tra i gruppi sostenuti dalla Turchia, appoggiati da attacchi aerei, e le forze democratiche siriane (SDF) guidate dai curdi, in cui sono morte 37 persone. A dare la notizia è stato l’Osservatore Siriano per i Diritti Umani, ripreso da diversi media. Gli scontri sono avvenuti nella regione settentrionale di Manbij, controllata dai curdi. Le vittime sembrerebbero appartenere per lo più ai gruppi di combattenti sostenuti dalla Turchia, ma pare siano stati uccisi anche 6 combattenti delle SDF e 5 civili. Secondo quanto riportato dall’Osservatorio, dallo scorso mese, nella campagna di Manbij, almeno 322 persone sarebbero state uccise nei combattimenti.

La Cina avvia il progetto della “grande muraglia solare”

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Nel terzo secolo a.C, le dinastie cinesi costruirono la lunghissima Grande Muraglia. Due millenni dopo, se ne sta costruendo un’altra, che non proteggerà la Cina dalle orde mongole ma, piuttosto, potrebbe alimentare l’intera città di Pechino entro il 2030. È quanto sta avvenendo nel deserto di Kubuqi, ambiente un tempo noto come il “mare di morte” per il suo paesaggio arido e privo di vita che potrebbe essere rivitalizzato grazie all’ambizioso progetto energetico ancora in corso. Il progetto è iniziato diversi anni fa ma è cresciuto a ritmi costanti e considerevoli, al punto da essere visibile dai sensori dei telescopi della NASA, che hanno immortalato il processo grazie a nuovi e recenti scatti. Finora, i funzionari cinesi hanno affermato di aver installato circa 5,4 gigawatt di potenza, i quali dovrebbero essere presto portati a quota 100 entro la fine del decennio.

Si tratta di un progetto iniziato diversi anni fa con la costruzione della Junma Solar Power Station, completata nel 2019 e famosa per la sua forma di cavallo al galoppo visibile dall’alto. L’impianto produce ogni anno circa 2 miliardi di kilowattora di elettricità, sufficienti a coprire il fabbisogno di 300.000-400.000 persone. I lavori si concentrano su una fascia di dune lunga 400 chilometri e larga 5 chilometri – le dimensioni definitive che dovrebbe raggiungere il progetto una volta completato – situata a sud del Fiume Giallo, tra le città di Baotou e Bayannur. Il proseguimento dei lavori ed il sostanziale aumento di produzione ha catturato l’attenzione anche dei satelliti della NASA, che grazie all’OLI (Operational Land Imager) e l’OLI-2 montati sui satelliti Landsat 8 e 9 hanno mostrato l’espansione degli impianti fotovoltaici dal 2017 al 2024, testimoniando il rapido avanzamento del progetto. Funzionari cinesi hanno spiegato che la scelta del deserto di Kubuqi non è casuale: è stato appositamente preferito ad altre località per il suo terreno pianeggiante e la vicinanza ai centri industriali, il che lo rende ideale per la produzione di energia solare. Inoltre, però, i progettisti hanno aggiunto che la costruzione non si dovrebbe limitare solo alla generazione di elettricità, in quanto c’è speranza che possa contrastare la desertificazione, stabilizzando le dune e rallentando i venti, e promuovere la crescita di vegetazione sotto i pannelli, grazie all’ombra che dovrebbe ridurre l’evaporazione. Tutti benefici ambientali che potrebbero avere un impatto significativo sulla biodiversità e sull’ecosistema locale.

Impossibile escludere l’idea che il progetto rappresenti uno sforzo per contrastare altre politiche ambientali tutt’altro che inattaccabili. La Cina è uno dei principali emettitori mondiali di CO2 – 15,9 miliardi di tonnellate solo nel 2021 – e circa l’80% del suo mix energetico è basato sui combustibili fossili. D’altra parte però, il paese sta investendo massicciamente sulle energie rinnovabili, diventando uno dei principali mercati a livello globale per il settore dell’energia pulita. È facile pensare, quindi, che progetti come la “grande muraglia solare” rientrino a pieno come parte integrante di questa strategia, rappresentando un passo significativo verso gli obiettivi fissati entro il 2030 e quelli di “neutralità climatica” fissati con scadenza nel 2060.

[di Roberto Demaio]

Londra, proteste contro Unilever: cadono le accuse per gli attivisti

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Nel Regno Unito sono state ritirate le accuse penali contro 34 attivisti di Greenpeace che avevano protestato per denunciare la mancanza di azioni concrete nel fronteggiare l’inquinamento da plastica da parte del colosso Unilever. Il Crown Prosecution Service ha deciso di non procedere pochi giorni prima dell’inizio del processo per l’assenza di «prove sufficienti per fornire una prospettiva realistica di condanna». Otto persone erano state accusate di violazione di domicilio aggravata e 26 di «aggressione», secondo il Public Order Act del 2023. La protesta era stata inscenata lo scorso settembre fuori dalla sede centrale di Unilever a Londra.

Los Angeles devastata dagli incendi: almeno 5 morti e 130 mila evacuati

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Non si è ancora fermato il vasto incendio che dalla tarda mattinata di martedì 7 gennaio sta inghiottendo la città di Los Angeles. Anzi, sta crescendo sempre di più. Nella notte tra mercoledì 8 e giovedì 9, le fiamme hanno raggiunto altre aree, tra cui le colline di Hollywood, Santa Monica, Malibu, costringendo sempre più persone alla fuga. Al momento, il bilancio è di 5 morti e oltre 130.000 persone evacuate; più di 300.000 le case e le attività senza elettricità (dal milione e mezzo di ieri). Per domare le fiamme sono stati mobilitati più di 7.500 vigili del fuoco, ma anche gli idranti sembrano avere problemi perché le manichette si stanno prosciugando. Il presidente uscente Biden è stato costretto a cancellare il proprio viaggio in Italia per dare la priorità a quello che in tanti stanno già definendo il più grande incendio della storia della città.

L’incendio di Los Angeles è scoppiato nella mattina di martedì, attorno alle 10:30 (ora locale), vicino al Topanga State Park. Da lì si è esteso per arrivare fin dentro ai quartieri della città di Los Angeles e alla vicina contea di Ventura, a causa delle forti raffiche di vento che ne hanno accelerato la diffusione. La prima area a venire colpita è quella sulle colline di Pacific Palisades, quartiere esclusivo di Los Angeles situato a nord-ovest della città e sede di ville multimilionarie, da cui prende nome uno dei roghi (il Palisades Fire). Dei vari incendi esplosi, l’incendio di Pacific Palisades è tutt’ora il più distruttivo: ha colpito 11.800 acri di territorio (circa 4.800 ettari) e ha coinvolto oltre un migliaio di edifici. Dopo Palisades, le fiamme sono arrivate in altri quartieri, e sono scoppiati nuovi epicentri. In questo momento, gli incendi principali oltre al Palisades Fire sono: l’Eaton Fire, che ha coinvolto un’area di oltre 10.000 acri (circa 4.000 ettari), e ha costretto l’evacuazione di oltre 32.000 persone; l’Hurst Fire, che ha colpito 700 acri (280 ettari); il Woodley Fire, di dimensioni più ridotte (così come quello a Ventura); il Lidia Fire, e il Sunset Fire, gli unici che sembrerebbero sotto controllo.

Dei sei incendi che divampano a Los Angeles, in sintesi, uno è di dimensioni più ridotte, due sembrano in fase di contenimento, e gli altri tre – i più distruttivi – continuano indisturbati a bruciare e ad allargarsi a nuove aree della città. I vigili del fuoco stanno infatti avendo problemi a domare le fiamme a causa della mancanza di acqua: molti idranti sono infatti stati prosciugati e l’ingente utilizzo di acqua sta consumando in fretta la risorsa. Mercoledì pomeriggio, tutti e tre i serbatoi (da 3,78 milioni di litri) e i 114 siti di riserva della città sono stati riempiti. Nel frattempo, sei Stati hanno mandato d’urgenza i propri vigili del fuoco in California. Secondo le prime stime, il danno iniziale provocato dagli incendi supera i 50 miliardi di dollari. Il presidente Joe Biden ha dichiarato lo stato di emergenza, per poi fare visita, accompagnato dal governatore della California Gavin Newsom, a una stazione dei vigili del fuoco di Santa Monica, dove ha ricevuto un aggiornamento sugli sforzi antincendio.

[di Dario Lucisano]