domenica 6 Luglio 2025
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Un quarto delle specie d’acqua dolce nel mondo è a rischio estinzione

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Secondo un’analisi realizzata dall’Unione internazionale per la conservazione della natura e pubblicata sulla rivista Nature, il 24% delle specie animali d’acqua dolce presenti nel mondo è ad alto rischio di estinzione. La ricerca, condotta dalla IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), si basa sull’analisi complessiva di 23.496 specie, mettendo in luce una crisi spesso ignorata. Le principali minacce all’esistenza della fauna d’acqua dolce derivano da inquinamento, soprattutto di origine agricola, presenza di strutture come dighe e invasione di specie aliene. Tra le aree più colpite vi sono il lago Vittoria, il lago Titicaca, lo Sri Lanka e i Ghati occidentali in India, regioni che ospitano molte specie endemiche. Anche i sistemi idrici sotterranei rivelano una biodiversità più minacciata del previsto, come dimostrato dall’alto numero di gamberi a rischio in Nord America.

Tra le specie ad alto rischio estinzione figurano animali iconici come l’anguilla europea e il gambero di fiume, ma anche moltissimi molluschi e invertebrati di cui si conosce poco a causa della carenza di studi. Secondo i dati, il 30% dei crostacei decapodi, il 26% dei pesci e il 16% delle libellule è a rischio. Dal 1.500 a oggi, almeno 89 specie d’acqua dolce si sono estinte, e altre 178 potrebbero aver subito la stessa sorte. Le cause del declino sono molteplici e interconnesse: inquinamento, cementificazione, costruzione di dighe, prelievo eccessivo di acqua, cambiamenti nell’uso del suolo, specie invasive e malattie. L’inquinamento, derivante principalmente da agricoltura e silvicoltura, colpisce oltre la metà delle specie minacciate, mentre le dighe bloccano le rotte migratorie di molti pesci. Habitat unici, come quelli caratterizzati da rocce calcaree, sono particolarmente vulnerabili, subendo pressioni estreme per sfruttamento e inquinamento. Un approccio frammentario nella gestione degli ecosistemi peggiora la situazione. Fiumi, laghi e zone umide non sono entità isolate, ma parti di un complesso sistema interconnesso che include bacini idrografici, piane alluvionali e variazioni stagionali dei livelli idrici.

Mentre la situazione delle altre specie terrestri riceve attenzione, quella degli animali d’acqua dolce resta invece in gran parte trascurata. «Finora, le politiche ambientali e le definizioni delle priorità di conservazione sono state stabilite soprattutto sulla base dei dati relativi ai tetrapodi terrestri – si legge all’interno dello studio –. Abbiamo le prove che questi dati non sono sufficienti a rappresentare le esigenze delle specie di acqua dolce né a raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati in fatto di biodiversità». Lo studio invita a cambiare rotta, proponendo soluzioni come il ripristino dei corsi naturali dei fiumi, la riduzione dell’inquinamento e la rimozione di dighe obsolete. Queste misure, oltre a proteggere la biodiversità, migliorano la gestione dei rischi idrogeologici e il benessere umano. Secondo IUCN, l’inclusione delle specie d’acqua dolce nelle strategie di conservazione è infatti essenziale per tutelare ecosistemi fondamentali sia per la natura sia per le persone. «La mancanza di dati non può più essere una scusa per l’inazione», ha dichiarato Catherine Sayer, principale autrice dello studio.

[di Stefano Baudino]

Mozambico, polizia spara su sostenitori del leader di opposizione: almeno un morto 

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Le forze di sicurezza in Mozambico hanno sparato ieri proiettili veri e gas lacrimogeni sui sostenitori del leader dell’opposizione Venancio Mondlane nel tentativo di impedire loro di raggiungere l’aeroporto della capitale per accoglierlo mentre tornava dall’esilio autoimposto. Almeno una persona sarebbe rimasta uccisa. I poliziotti hanno inseguito i manifestanti, alcuni dei quali hanno risposto lanciando sassi, mentre tentavano di aprire una breccia nell’autostrada principale che porta all’aeroporto di Mavalane. Mondlane ha dichiarato ai giornalisti che le elezioni del 9 ottobre sono state truccate in favore del candidato del partito al governo Frelimo, Daniel Chapo, che dovrebbe prestare giuramento il 15 gennaio.

Le parole di Julian Assange sullo sfondo dell’incontro Meloni-Zelensky

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Mentre era in corso il bilaterale a Palazzo Chigi tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nella sera di ieri 9 gennaio, alcuni pacifisti romani hanno esibito davanti al Colosseo uno striscione con la celebre frase di Julian Assange, «Se le guerre possono essere avviate dalle bugie, allora possono essere fermate dalla verità». Una coincidenza non casuale.«La gente è stufa della guerra in Ucraina e anche delle bugie raccontate per avviarla e poi per sostenerla – è arrivata l’ora della verità,» spiega uno degli attivisti, Davide Dormino, lo scultore che ha realizzato il celebre gruppo bronzeo che raffigura Assange con Edward Snowden e Chelsea Manning, Anything to Say?

«Infatti, se non si ammette la verità, ossia che la presenza NATO in Ucraina sia percepita come una minaccia per la sicurezza della Russia, allora non si accetterà mai di trattare per dissipare quella minaccia e non ci sarà mai la pace». A questo proposito, Meloni ha detto a Zelensky che una pace giusta sarà semplicemente «quella sulla quale l’Ucraina è d’accordo». Allora basterebbe che l’Ucraina si dichiarasse d’accordo con la richiesta russa di non entrare nella NATO e di smantellare le installazioni NATO nel paese, e il conflitto terminerebbe subito. Sarebbero poi sufficienti accordi bilaterali per proteggere l’Ucraina da future incursioni russe. «Basta armi, serve la verità», ha concluso Dormino.

«Questa sera, mentre Meloni conferiva con Zelenski, noi attivisti abbiamo voluto rievocare al Colosseo la figura di Julian Assange, anche per un secondo motivo,» ha aggiunto un altro degli attivisti, Salvatore Barbera.«Il suo caso non è finito con la sua liberazione lo scorso giugno. Per essere completamente libero, Julian ha bisogno di una grazia presidenziale da parte di Joe Biden. Un gesto che contribuirebbe a smantellare l’anacronistico Espionage Act statunitense, ai sensi del quale Assange è stato ingiustamente incriminato. Il presidente statunitense non è potuto venire a Roma stasera, com’era previsto, ma, con il nostro striscione, vogliamo comunque chiedere alle autorità italiane di far presente, nelle loro comunicazioni con Washington, l’opportunità di una grazia per Assange e anche per Snowden e Manning. Ciò aiuterebbe a proteggere in futuro tutti i giornalisti d’inchiesta».

[di Patrick Boylan – autore del libro Free Assange e co-fondatore del gruppo Free Assange Italia]

Los Angeles: 10 i morti per gli incendi, decine di migliaia gli edifici distrutti

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Sale ad almeno 10 morti il bilancio delle vittime degli incendi che da giorni stanno bruciando a Los Angeles e che, ad oggi, hanno distrutto all’incirca 10 mila strutture. Secondo le autorità, il numero delle vittime è destinato a salire. Interi quartieri sono stati ridotti in cenere nella zona di Palisades, tra Santa Monica e Malibu, mentre i forti venti provenienti dal deserto contribuiscono ad alimentare le fiamme. Secondo l’agenzia AccuWeather, i danni si aggirano intorno ai 120-150 miliardi di dollari. Biden ha garantito che il governo federale rimborserà il 100% dei costi della rimozione dei detriti, dei rifugi e degli stipendi dei primi soccorritori per i prossimi 180 giorni.

I paradisi fiscali costano all’Italia 10 miliardi di euro all’anno

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Ogni anno l’Italia perde almeno 10 miliardi di euro a causa del trasferimento di ricchezze e profitti verso i paradisi fiscali, pratica assai diffusa tra multinazionali e super-ricchi. È quanto attesta un report della CGIA di Mestre, la quale, riprendendo un recente studio del World Inequality Lab, evidenzia come alcuni micro-Stati europei siano tra i principali beneficiari di questa fuga fiscale. Il Principato di Monaco, il Lussemburgo, il Liechtenstein e le Channel Islands occupano infatti le prime quattro posizioni nella classifica globale, seguiti dalle Bermuda. Tali Paesi, con popolazioni ridotte ma redditi pro capite molto elevati, attraggono migliaia di imprenditori, celebrità e sportivi italiani, offrendo loro regimi fiscali altamente agevolati, ma al contempo sollevando numerosi interrogativi sull’etica di chi sfrutta le disparità fiscali globali per ridurre il proprio contributo.

All’interno del suo report, CGIA spiega che circa 8.000 italiani hanno spostato la residenza a Monaco per evitare tasse su redditi e immobili. Il Lussemburgo ospita invece sei banche italiane, numerosi fondi d’investimento, istituti assicurativi e multinazionali che operano in Italia senza versare contributi fiscali adeguati. «Quando questi elusori fanno profitti miliardari senza pagare le tasse nel nostro Paese, non fanno altro che impoverirci», si legge nel rapporto della CGIA, la quale ricorda che le multinazionali che operano in Italia utilizzano infrastrutture e servizi pubblici, come strade, porti, sanità e istruzione, senza pagare le imposte dovute, ricevendo spesso incentivi pubblici per insediarsi e, in caso di crisi, accedendo agli ammortizzatori sociali finanziati dall’INPS. Tuttavia, il loro contributo fiscale è minimo rispetto ai benefici ricevuti. «Tutto ciò fa diminuire la base imponibile su cui si applicano le aliquote fiscali e conseguentemente anche il gettito che finisce nelle casse dell’erario. Risultato? Le disuguaglianze aumentano e la povertà cresce; gli altri contribuenti devono pagare di più per servizi spesso insoddisfacenti», scrive CGIA, che rileva come, nel 2022, le 25 principali multinazionali del web in Italia abbiano generato 9,3 miliardi di euro di fatturato, pagando appena 206 milioni in tasse.

Le multinazionali rappresentano una parte significativa dell’economia italiana, con 3,5 milioni di addetti e un fatturato di 1.975 miliardi di euro, pari al 45,7% del totale delle imprese private. In regioni come il Lazio, questa quota raggiunge il 66,9%. Tuttavia, il loro apporto fiscale rimane marginale, alimentando il dibattito sull’equità del sistema fiscale. Per contrastare l’elusione fiscale, dal 2024 è entrata in vigore la Global Minimum Tax (GMT), con un’aliquota minima del 15% per le multinazionali. Gli effetti finanziari, però, sono limitati: l’Italia prevede di incassare 381 milioni di euro nel 2025, cifra che potrebbe salire a 500 milioni entro il 2033. Alcuni Stati europei, come Estonia, Lettonia e Malta, hanno ottenuto proroghe, mentre Cipro e Portogallo sono sotto pressione dall’UE per adeguarsi.

Che il continente europeo avesse un enorme problema con l’evasione fiscale è stato attestato lo scorso novembre anche dall’Ong Tax Justice Network, che in un rapporto ha evidenziato come l’Europa ospiti molte delle giurisdizioni più permissive in tema di tassazione, rendendola un rifugio per grandi aziende, ricchi professionisti e organizzazioni criminali che vogliono evadere il fisco. Svizzera, Paesi Bassi, Jersey, Irlanda e Lussemburgo figurano infatti tra i primi dieci “paradisi fiscali” a livello globale, con l’Irlanda che ha fatto segnare un netto peggioramento della sua situazione rispetto agli scorsi anni, avendo mantenuto normative poco stringenti sull’abuso fiscale. Complessivamente, ha rilevato Tax Justice Network, l’Unione Europea contribuisce a un terzo delle perdite fiscali mondiali. L’Ong ha sottolineato come «tutti e tre i paradisi fiscali» che ricoprono le posizioni più alte della classifica – ovvero Isole Vergini Britanniche, Cayman e Bermuda – «sono attualmente classificati come “non dannosi” dall’OCSE, un piccolo club di Paesi ricchi e paradisi fiscali che ha svolto il ruolo di regolatore mondiale de facto in materia fiscale per oltre 60 anni», che classifica invece come “dannoso” solo Trinidad e Tobago. Secondo quanto riportato dal Tax Justice Network nel 2023, si prevede che nei prossimi 10 anni i Paesi «perderanno 4,8 trilioni di dollari a causa dei paradisi fiscali se manterranno la rotta indicata dall’OCSE».

[di Stefano Baudino]

Meloni incontra Zelensky a Palazzo Chigi e ribadisce l’appoggio “a 360 gradi” all’Ucraina

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Dopo aver partecipato alla riunione svoltasi a Ramstein (Germania) del Gruppo di contatto per la difesa militare ucraina, dove ha ribadito la richiesta di truppe occidentali su suolo ucraino, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è volato ieri sera in Italia per incontrare la premier Giorgia Meloni. Al centro del colloquio, il sostegno alla difesa di Kiev, la conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina in Italia, l’integrazione euro-atlantica e la cooperazione nel G7. Come riportato da una nota di Palazzo Chigi, Meloni ha ribadito «il sostegno a 360 gradi» che l’Italia «assicura e continuerà ad assicurare» alla «legittima difesa» dell’Ucraina, per «mettere Kiev nelle migliori condizioni possibili per costruire una pace giusta e duratura». Questa mattina Zelensky sarà ricevuto al Quirinale dal Capo dello Stato Sergio Mattarella.

Il comunicato rilasciato da Palazzo Chigi non rilascia ulteriori dettagli sul contenuto del colloquio tra i due leader. Qualche dettaglio in più lo fornisce il presidente ucraino, che sul proprio profilo X esprime gratitudine all’Italia «per il suo costante sostegno alla Difesa aerea dell’Ucraina». «Oggi ci siamo concentrati sul rafforzamento del nostro scudo aereo, sulla collaborazione con i partner per avvicinare la pace e sulla collaborazione negli sforzi di ricostruzione che andranno a vantaggio di entrambe le nostre nazioni, creando posti di lavoro, stimolando le nostre economie e promuovendo lo sviluppo sociale», riporta il leader ucraino. Quest’anno, infatti, la Conferenza per la Ricostruzione dell’Ucraina – la quarta dall’inizio della guerra, nel corso della quale governi, istituzioni finanziarie, organizzazioni internazionali e imprese si spartiscono la torta della ricostruzione del Paese una volta finito il conflitto – si terrà a Roma. E, come già annunciato durante la conferenza stampa di inizio anno, il governo Meloni rinnova il proprio pieno sostegno a Kiev, anche a una eventuale adesione alla NATO.

Solamente poche ore prima, il presidente ucraino si era unito ai colloqui del Gruppo di Contatto per la Difesa dell’Ucraina (Ukraine Defense Contact Group, UDCG), l’alleanza dei Paesi NATO degli altri Stati che sostengono attivamente Kiev nella guerra contro la Russia. Punto focale dell’incontro, svoltosi nella base NATO di Ramstein, in Germania, sono state le modalità con le quali continuare a garantire il pieno supporto a Kiev. «Dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che l’Ucraina abbia ciò di cui ha bisogno, in termini di addestramento ed equipaggiamento» ha dichiarato a margine dell’incontro Mark Rutte, per la prima volta presente in qualità di nuovo segretario generale dell’Alleanza Atlantica. Gli Stati Uniti hanno confermato l’invio di un ulteriore pacchetto di aiuti del valore di 500 milioni di dollari, l’ultimo autorizzato da Biden prima dell’ufficiale passaggio in carica del neo-eletto presidente Donald Trump, il prossimo 20 gennaio, e di un eventuale cambio di rotta nella politica statunitense in merito al conflitto. Il pacchetto comprende, tra le altre cose, missili per la difesa aerea, munizioni aria-terra, attrezzature di supporto per gli F16, armi leggere e munizioni. Secondo quanto riportato da Reuters, tuttavia, Zelensky avrebbe dichiarato che gli aiuti concordati nel corso del vertice ammontano a 2 miliardi di dollari.

[di Valeria Casolaro]

Sciopero dei trasporti: inizia il primo venerdì nero dell’anno

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È iniziato il primo venerdì nero del 2025 sul fronte scioperi. Dalle 21 di ieri, si fermano infatti per 24 ore i lavoratori aderenti al Cub trasporti di Rfi addetti della manutenzione ferroviaria e i ferrovieri dei Cobas lavoro privato e del Coordinamento ferrovieri e dell’Assemblea nazionale lavoratori manutenzione Rfi. Coinvolto anche il trasporto aereo, con l’astensione dei lavoratori dei Cub a Linate e Malpensa, della Flai Ts a Venezia e della Filcams Cgil a Pisa. Per 4 ore si ferma anche il trasporto locale, con modalità diverse da città a città. Possibili disagi anche nella scuola per lo sciopero proclamato dalla Confederazione sindacale lavoratori europei autonomi (Csle).

 

La Thailandia non accetterà più i rifiuti in plastica dei Paesi ricchi

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La Thailandia ha ufficialmente vietato l'importazione di rifiuti plastici provenienti dai Paesi più ricchi del mondo: una decisione storica frutto di anni di pressione da parte degli attivisti. Il provvedimento mira a contrastare l’inquinamento e a tutelare la salute dei cittadini, ponendo fine a un fenomeno che per decenni ha trasformato il Paese in una delle principali destinazioni dei rifiuti plastici provenienti da Stati Uniti, Regno Unito, Giappone ed Europa. Condizione che si è aggravata nel 2018, quando la Cina, fino ad allora il maggiore importatore mondiale di plastica, ha imposto un ...

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Pensioni, CGIL: “Cambiano requisiti dal 2027”, l’INPS smentisce

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La CGIL ha denunciato oggi che l’INPS, con modifiche unilaterali e senza comunicazioni ufficiali, avrebbe aumentato l’età minima per la pensione di vecchiaia dal 2027 a 67 anni e 3 mesi (e a 65 anni e 5 mesi dal 2029), nonché i contributi per la pensione anticipata a 43 anni e 1 mese (e a 43 anni e 3 mesi dal 2029). Il sindacato ha manifestato «profonda preoccupazione» per il rischio di nuovi esodati e una mancanza di tutela per molti lavoratori. Subito dopo l’uscita della nota della CGIL, l’INPS ha però reagito smentendo l’applicazione di nuovi requisiti pensionistici e garantendo che le certificazioni saranno redatte in base alle tabelle attualmente pubblicate.

Libano, eletto presidente il capo dell’esercito Aoun

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Nella giornata di oggi, il parlamento del Libano ha eletto come nuovo presidente il capo dell’esercito Joseph Aoun. Il generale 60enne, che è un cristiano maronita, gode del sostegno delle forze occidentali e dei paesi arabi del Golfo ostili all’Iran. La carica era rimasta vacante per più di due anni. Aoun ha ottenuto il voto di 99 deputati su 128. «Lancerò rapidamente le mie consultazioni per la formazione di un governo. Con Parlamento e governo raddrizzeremo l’amministrazione per ridare prestigio allo Stato e mettere in piedi un’amministrazione moderna ed efficiente», ha annunciato Aoun in un discorso alla Camera.