mercoledì 29 Ottobre 2025
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Boeing non sarà processata per aver causato 346 vittime in due disastri aerei

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Tra il 2018 e il 2019, due gravi incidenti aerei che hanno coinvolto velivoli Boeing hanno causato la morte di 346 persone. All’origine delle tragedie, le modifiche apportate dall’azienda ai propri aeromobili con l’obiettivo di contenere i costi. A poche settimane dall’apertura del processo che dovrebbe giudicare le responsabilità dell’impresa, tuttavia, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sembra essere pronto a siglare un accordo per chiudere la questione, il quale eviterebbe a Boeing qualsiasi conseguenza penale per i crimini commessi.

A rivelare la possibilità dell’intesa è stata inizialmente Reuters, seguita poi dalla pubblicazione di documenti datati 23 maggio che confermano il raggiungimento di un accordo tra il Governo e l’azienda. In base ai termini stabiliti, Boeing non dovrà dichiararsi colpevole per le stragi, ma si limiterà ad ammettere di aver ostacolato le indagini. A ciò si aggiunge l’impegno a “pagare o investire” 1,1 miliardi di dollari, oltre a organizzare un incontro con i familiari delle vittime, affinché questi possano esprimere direttamente alla dirigenza l’impatto umano delle loro scelte aziendali. La formalizzazione dell’accordo è attesa nei prossimi giorni, con la conseguente “pronta” archiviazione del procedimento penale, un iter che anticiperebbe così l’apertura ufficiale del processo, prevista per il 23 giugno.

Ma c’è di più: l’importo pattuito non andrà interamente a risarcire i danni causati. Dei 1,1 miliardi di dollari, 444 milioni saranno destinati a un fondo da distribuire tra le famiglie delle vittime, 243 milioni rappresenteranno una sanzione versata allo Stato, mentre i restanti 455 milioni verranno reinvestiti da Boeing in programmi interni di sicurezza e controllo qualità. In altre parole, una quota significativa della somma discussa tornerà direttamente nelle casse dell’azienda stessa, sotto forma di miglioramento operativo.

Facendo riferimento ai carteggi, le famiglie delle vittime sembrano aver abbracciato con decisione questa soluzione, tuttavia le testimonianze raccolte dalla BBC raccontano una scena diversa, descrivendo insoddisfazione e frustrazione. Un senso di impotenza e fatalismo che è ben comprensibile: la saga di Boeing è lunga e torbida, tuttavia la vicenda giuridica si prestava a una soluzione netta, creando un contrasto con la decisione di intraprendere un accordo tanto accomodante.

Boeing è in attesa di giudizio per la caduta di due velivoli 737 MAX. Il primo incidente, avvenuto il 29 ottobre 2018, ha mietuto 189 vite, il secondo, del 10 marzo 2019, ne ha reclamate altre 157. Dalle indagini è emerso che il 737 MAX era stato costruito male, con un sistema di assistenza al pilotaggio difettato e con l’intenzione esplicita di circumnavigare controlli e obblighi di legge. Nonostante le smentite dell’impresa, i dipendenti hanno ammesso in molteplici occasioni di aver eseguito forme di frode criminale su pressioni della dirigenza. “Dio non mi ha perdonato per l’insabbiamento che ho fatto l’altra sera”, si legge in una delle email analizzate dagli investigatori.

L’intera faccenda è inoltre ammantata di profondi conflitti di interessi. Boeing è tra le molteplici realtà che hanno simbolicamente sostenuto l’insediamento del Presidente USA Donald Trump con una donazione di un milione di dollari. Più recentemente, il CEO dell’azienda, Kelly Ortberg, è stato al centro di un accordo per la vendita di 160 jet a Qatar Airways, inoltre l’azienda è stata in qualche modo coinvolta anche nella donazione, proprio da parte del Qatar, di un nuovo Air Force One, il quale ha preso la forma di un Boeing 747-8 ultra accessoriato.

Più significativamente, Boeing è un’azienda che ha in atto appalti miliardari con la Difesa statunitense. Il suo ruolo, seppur a tratti deludente, viene considerato cruciale per i programmi spaziali a stelle e strisce, inoltre lo scorso marzo è stato siglato un nuovo contratto per la progettazione dei jet militari di prossima generazione. In questa prospettiva, bisogna dunque rimarcare che una condanna criminale può giustificare la sospensione o la cancellazione dei contratti governativi.

Corea del Sud, si schianta aereo della Marina: 4 morti

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Un aereo da pattugliamento marittimo sudcoreano si è schiantato stamane poco dopo il decollo nei pressi di una base militare nella città meridionale di Pohang. La Marina ha riferito che sono rimasti uccisi tutti e quattro i membri dell’equipaggio. Il velivolo è precipitato circa sei minuti dopo aver lasciato l’aeroporto per una missione di addestramento. I filmati dei testimoni trasmessi dalla televisione YTN mostrano l’aereo virare a bassa quota, poi una colonna di fumo e fuoco dopo lo schianto. I resti dei membri dell’equipaggio sono stati recuperati e non sono state segnalate vittime civili. Sull’incidente è stata aperta un’indagine.

Il governo Meloni dice no alle sanzioni contro Israele e conferma la cooperazione militare

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Mentre l’Unione Europea, tra forti frizioni e con immani ritardi, cerca di passare dalle parole ai fatti per fermare la carneficina a Gaza, il governo italiano continua a tenere una posizione sempre più ipocrita e isolata nei confronti del genocidio in atto. A parole, Antonio Tajani invoca il cessate il fuoco, esprime «indignazione» per i civili uccisi, condanna l’espulsione dei palestinesi da Gaza. Ma nei fatti non cambia nulla: l’Italia è tra i pochissimi Paesi europei – insieme all’Ungheria – che non ha mai pronunciato un atto concreto di rottura con il governo Netanyahu. Nessuna sanzione, nessun ritiro dell’ambasciatore, nessun riconoscimento dello Stato palestinese. Anzi, mentre Bruxelles alza finalmente la voce, l’Italia rinnova tacitamente il Memorandum militare con Tel Aviv, piazzandosi accanto all’Ungheria tra i più tenaci sostenitori di Israele in Europa.

Le parole di Tajani – ed è tutto dire – sono state ad oggi le più critiche pronunciate dal governo italiano nei confronti di Israele. Ma sono rimaste parole. Anzi, l’Italia continua ad opporsi a tutte le misure proposte dall’UE e agli appelli lanciati da frange sempre più ampie della società civile. In Parlamento, Tajani ha enunciato la lista degli aiuti umanitari offerti dall’Italia alla popolazione palestinese: pacchi alimentari, evacuazioni, cure per i bambini. Ma tutto questo, sottolineano le opposizioni, suona come un alibi. Peppe Provenzano (PD) ha parlato di «parole buone 50mila morti fa», mentre Ricciardi (M5S) ha accusato frontalmente Meloni, Tajani e Salvini di essere «complici di uno sterminio». Il ministro degli Esteri ha affermato che «è essenziale mantenere aperto ogni canale con le autorità israeliane»: più che una posizione di equilibrio, la linea del governo appare come un equilibrismo a senso unico. Come da copione, nel corso dell’audizione Tajani si è giocato anche la solita carta del pericolo antisemita: «Dico a chi fomenta l’antisemitismo per piccole, miopi convenienze di bottega “Fermatevi ora!”», ha affermato.

La contraddizione più evidente resta quella del Memorandum d’intesa con Israele, che stabilisce una fitta rete di cooperazione tra l’Italia e lo Stato Ebraico nel comparto militare e della difesa. Nonostante la devastazione in corso a Gaza, l’Italia conferma che l’accordo con Israele non solo non sarà sospeso, ma sarà automaticamente rinnovato nell’aprile 2026. La linea ufficiale, espressa nel question time del pomeriggio dal ministro per i rapporti con il parlamento Ciriani, è quella del mantenimento di uno «strumento di dialogo». Un punto su cui l’opposizione fa sentire la sua voce, ricordando che il commercio di armi tra Italia e Israele nel 2024 è quintuplicato. «Ci parlate dell’assistenza ai bambini palestinesi, poi fornite supporto militare e logistico a chi li bombarda», ha attaccato in Aula il leader dei Verdi Angelo Bonelli.

La spaccatura tra Roma e il resto dell’Europa si fa ogni giorno più evidente, in particolare da quando Israele ha manifestato il piano di occupazione della Striscia di Gaza. Con grave ritardo, ora la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen si è decisa a parlare di azioni «abominevoli» perpetrate da Israele, mentre Kaja Kallas, commissaria UE agli esteri, ha denunciato la sproporzione dell’uso della forza e la strage di civili. La Spagna, assieme a Irlanda, Belgio e Olanda, è in Europa il Paese più critico nei confronti delle azioni del governo Israeliano. Madrid spinge per sanzioni, embargo sulle armi e sospensione dell’accordo commerciale. Ma Germania, Italia e Polonia frenano. Il risultato è un’Europa divisa, paralizzata da chi – in particolare il governo Meloni – preferisce preservare i «canali di dialogo» piuttosto che difendere il diritto internazionale.

Nel frattempo, la scorsa settimana un gruppo di 10 giuristi italiani ha presentato una diffida formale al governo Meloni, sollecitando l’interruzione del rinnovo automatico del Memorandum di cooperazione militare con lo Stato Ebraico. Secondo i firmatari –  tra cui Ugo Mattei, Fabio Marcelli e Domenico Gallo – l’accordo rischia infatti di violare numerosi articoli della Costituzione italiana, oltre a rappresentare un sostegno implicito a crimini internazionali. Eppure, stando alle reazioni del governo, tale appello è destinato a rimanere lettera morta.

Incendi in Canada: migliaia persone da evacuare

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Il Canada sta venendo investito da un’ondata di incendi incendi boschivi nelle aree centrali e occidentali del Paese. Per fare fronte alla crisi, la provincia canadese di Manitoba ha dichiarato lo stato di emergenza e ha esortato i residenti nelle zone settentrionali e orientali della regione a evacuare. Il premier del Manitoba, Wab Kinew, ha dichiarato in una conferenza stampa che 17.000 persone devono essere evacuate rapidamente. Molte saranno ospitate nei campi da calcio e nei centri comunitari di Winnipeg e di altre città, con l’aiuto delle forze armate federali. Anche la provincia dell’Alberta è stata costretta a evacuare i residenti dei centri colpiti.

L’università di Bologna reprime gli studenti che protestano: 10 denunce per l’occupazione di un’aula

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Dieci studenti dell’Università di Bologna sono stati denunciati per aver occupato un’aula inutilizzata. La notizia arriva dal collettivo studentesco Cambiare Rotta, che sostiene che l’esposto sarebbe stato presentato dalla stessa Università. L’occupazione, spiega il collettivo, risale al 25 novembre scorso, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Le denunce sono arrivate ad alcuni candidati alle elezioni studentesche proprio a una manciata di giorni prima della chiusura della campagna elettorale: un atto «repressivo», denunciano gli studenti, che attaccherebbe la «democrazia» universitaria. Dopo l’arrivo delle denunce, gli studenti hanno lanciato una raccolta firme per chiedere il ritiro immediato delle querele al rettore Giovanni Molari, alla quale hanno partecipato alunni e docenti dell’ateneo; mentre la campagna continua, la richiesta è stata inoltrata a Molari, che è stato invitato ad affrontare la questione a un incontro organizzato dagli stessi studenti per domani, venerdì 30 maggio, in rettorato.

Le denunce agli studenti sono arrivate lo scorso 7 maggio. «L’Università ha deciso di denunciarci dopo aver liberato e restituito agli studenti uno spazio lasciato all’incuria e all’abbandono dallo stesso Ateneo», hanno dichiarato all’indomani della notifica gli studenti di Cambiare Rotta. «Uno spazio che abbiamo deciso di riaprire il 25 novembre, nella Giornata contro la violenza sulle donne e in un ateneo nel quale le violenze e i ricatti non sono da meno». Quel giorno, gli studenti avevano occupato uno spazio in via Belmeloro abbandonato da oltre cinque anni, in un’iniziativa, spiega il collettivo, simbolica non solo per lo stato di abbandono dell’aula, ma anche per la scelta della data. Le denunce sono arrivate ai candidati per le elezioni studentesche a sei giorni dalla chiusura della campagna elettorale. Una misura «repressiva», denunciano gli studenti, che mirerebbe a delegittimare la lotta studentesca in un clima di crescente tensione dentro e fuori l’ateneo: «La chiusura degli spazi di agibilità politica si fa sempre più stretta e proprio nel momento in cui viene fatto diventare legge il DL Sicurezza», dichiarano infatti gli studenti.

Qualche giorno dopo l’arrivo delle notifiche, l’11 maggio, Cambiare Rotta ha lanciato un appello alla cittadinanza per promuovere la richiesta di ritiro immediato delle denunce ai candidati, che nell’arco di due settimane ha raggiunto oltre 700 firme. Tra queste, quelle di studenti, ma anche di docenti, avvocati e lavoratori esterni all’università. Gli studenti hanno anche continuato a promuovere incontri e campagne sui temi su cui si sono sempre espressi, come per esempio contro il DL Sicurezza, che ha recentemente ottenuto la fiducia alla Camera dei Deputati in vista del voto finale. Il 27 maggio, in occasione dell’arrivo della premier a Bologna, hanno organizzato un corteo di protesta per contestare, oltre al DL Sicurezza, le politiche di riarmo dell’Unione Europea e il ruolo italiano nel genocidio in Palestina, bruciando una bandiera dell’UE. Nel frattempo, la raccolta firme ha ottenuto più adesioni e il collettivo ha indetto un incontro pubblico presso il rettorato, che si terrà domani a partire dalle 17, invitando il rettore a partecipare per fornire spiegazioni sulle denunce presentate contro gli attivisti.

Una Corte federale degli Stati Uniti ha bloccato i dazi di Trump

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Un tribunale federale statunitense ha bloccato l’entrata in vigore dei dazi del presidente Trump. La decisione della Corte, di preciso, giudica illegittima la tariffa generalizzata del 10% su tutte le merci in entrata nel Paese, emanata sulla base dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA). L’IEEPA è una legge del 1977 che regola l’imposizione di sanzioni in situazioni di emergenza, e che, sostiene il tribunale, sarebbe stata utilizzata in maniera illegittima dall’amministrazione Trump. Rimangono fuori dalla decisione della Corte i dazi per cui Trump non ha fatto ricorso all’IEEPA, come alcuni di quelli contro la Cina (non quelli generali) o quelli del 25% su acciaio e alluminio. «La Corte non si pronuncia sulla saggezza o sulla probabile efficacia dell’uso dei dazi da parte del Presidente come leva finanziaria», si legge nel comunicato del collegio formato da tre giudici. «Tale uso è inammissibile non perché sia ​​insensato o inefficace, ma perché la legge federale non lo consente». L’amministrazione Trump ha ora 10 giorni di tempo per adeguarsi all’ordine del tribunale.

La decisione della Corte del Commercio Internazionale è stata annunciata ieri, mercoledì 28 maggio. Essa giunge in risposta a una causa intentata dallo studio legale senza scopo di lucro Liberty Justice Center per conto di cinque piccole imprese che importano merci dai Paesi colpiti dai dazi. Di preciso, la Corte ha stabilito che l’IEEPA, che Trump ha invocato come legge d’emergenza per emanare le tariffe, non conferisce al presidente l’autorità unilaterale di imporre dazi sui vari Paesi del mondo. Con tale sentenza, vengono bloccate la tariffa universale del 10% su tutte le merci in entrata e quelle contro i Paesi che avevano annunciato contromisure, come quelle generali sui prodotti cinesi. La Corte, inoltre, ha bloccato le tariffe imposte dall’amministrazione Trump a Cina, Messico e Canada, contro quello che il presidente ha definito «flusso inaccettabile di droga e immigrazione illegale negli Stati Uniti»; il motivo del blocco di queste ultime, tuttavia, non c’entra con l’IEEPA, e ha a che fare con vizi di forma. Secondo la Corte, infatti, gli ordini legati a tali tariffe non affronterebbero direttamente il problema per cui sono stati emanati. La sentenza del Tribunale non tocca le tariffe su acciaio e alluminio e quelle sulle auto, che sono state emanate sulla base di un’altra legge.

Con la sua sentenza, la Corte ha dato alla Casa Bianca 10 giorni di tempo per completare l’iter burocratico per la sospensione dei dazi, ma è molto probabile che l’amministrazione Trump presenti ricorso in appello. Da quanto riporta l’emittente britannica BBC citando un ex alto funzionario di un’agenzia doganale statunitense, nel periodo che precede l’eventuale aggiustamento normativo da parte dell’esecutivo, i dazi rimarranno in vigore. Il funzionario ha inoltre spiegato che se gli eventuali procedimenti degli altri tribunali dovessero confermare la sentenza della Corte per il commercio internazionale, le aziende che hanno dovuto pagare dazi riceveranno il rimborso degli importi versati con gli interessi. Le decisioni della Corte per il commercio internazionale, di preciso, possono essere impugnate presso la Corte d’appello degli Stati Uniti per il circuito federale di Washington, e presso la Corte suprema degli Stati Uniti.

I dazi di Trump sono stati annunciati in occasione di quello che il presidente USA ha definito Liberation Day (giorno della liberazione), lo scorso 2 aprile. Quel giorno, Trump ha annunciato tariffe specifiche per decine di Paesi del mondo, e una tariffa generalizzata del 10% su tutti i prodotti in entrata negli Stati Uniti. Dopo l’annuncio dei dazi, che ha ricevuto una ondata di condanna a livello globale, i mercati di tutto il mondo sono crollati, alcuni Paesi hanno annunciato contromisure e altri hanno aperto le trattative con Trump. Tra i Paesi che hanno annunciato ritorsioni, figura in prima fila la Cina, con cui Trump ha avviato un lungo braccio di ferro fatto di rialzi e contro-rialzi. Lo scontro commerciale è terminato lo scorso 12 maggio, quando i due Paesi hanno annunciato di avere trovato un primo accordo sulle tariffe.

Svizzera, frana seppellisce villaggio di Blatten: un disperso

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Una frana causata dal crollo di un’enorme porzione del ghiacciaio Birch ha travolto il villaggio svizzero di Blatten, nel Canton Vallese, distruggendone circa il 90%. I 300 abitanti erano stati evacuati il 19 maggio, evitando vittime, ma un uomo di 64 anni risulta disperso. Il crollo ha generato un terremoto di magnitudo 3.1 e ostruito il fiume Lonza, alimentando il rischio di inondazioni. L’area è presidiata dall’esercito e sotto costante osservazione. Le immagini mostrano edifici sommersi da fango e detriti. Le autorità non escludono nuovi crolli o ulteriori evacuazioni.

USA, Musk lascia il suo incarico governativo

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Elon Musk ha annunciato le proprie dimissioni dal Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE), il dipartimento del governo statunitense creato per tagliare le spese federali. L’annuncio è stato dato ieri sera con un post su X, la piattaforma social di sua proprietà, e arriva dopo settimane di indiscrezioni sulle sue imminenti dimissioni. In precedenza, Musk aveva avvertito che si sarebbe dedicato maggiormente sulla gestione delle sue aziende Tesla e SpaceX. In questi quattro mesi di incarico, Musk ha smantellato decine di agenzie e programmi governativi, riducendo notevolmente il numero di dipendenti federali. Tra i tagli più ingenti, quelli all’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale USAID.

Una cintura verde protegge Ouagadougou dalla desertificazione e dal caldo estremo

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Nel cuore sempre più arido dell’Africa Occidentale, una rivoluzione verde sta prendendo forma. Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, ha da tempo intrapreso un coraggioso percorso di rinascita urbana e ambientale: la realizzazione di una cintura verde composta da orti, alberi e riserve d'acqua che sta ridisegnando il volto della città, offrendo una risposta concreta ai cambiamenti climatici e alle frequenti crisi alimentari. Il progetto, nato negli anni Settanta per contrastare la desertificazione, proteggere il suolo e produrre cibo, ha visto un rallentamento dopo i primi mille ettari riq...

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Canarie, migranti incidente su un barcone: 7 morti

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Una barca con a bordo 180 persone migranti si è ribaltata mentre i soccorritori la scortavano verso un porto nelle Isole Canarie, in Spagna, causando la morte di sette persone. L’incidente è avvenuto oggi mentre la guardia costiera stava terminando le operazioni di soccorso per accompagnare l’imbarcazione di fortuna a La Restinga, il porto più meridionale dell’arcipelago, sull’isola di El Hierro. Da quanto si apprende, molte delle persone a bordo dell’imbarcazione si sarebbero spostate sullo stesso lato della barca per permettere lo svolgimento delle operazioni di trasferimento, causando il rovesciamento del mezzo. Sono morte due bambine, un’adolescente e quattro donne adulte.