Nel fine settimana, in Congo, le piogge torrenziali hanno causato inondazioni nella capitale Kinshasa, provocando la morte di circa 30 persone. La notizia arriva dal ministro della Salute provinciale, che ha informato l’agenzia di stampa Reuters che il bilancio è per ora provvisorio. Le piogge sono iniziate lo scorso venerdì e hanno causato danni ad abitazioni e infrastrutture. Il disastro arriva in un periodo particolarmente difficile per il Congo, alle prese con l’avanzata ribelle dell’M23, con cui il tavolo di trattative per un cessate il fuoco è ancora in fase di preparazione.
Gaza, Israele ha ucciso 46 palestinesi nelle ultime 24 ore
Non si fermano i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza. Soltanto nelle ultime 24 ore sono stati uccisi 46 palestinesi, tra cui diversi bambini. Le città più colpite sono state Gaza City, Khan Younis e Rafah. Da oltre un mese, Israele sta poi bloccando l’ingresso di cibo, carburante e medicinali all’interno della Striscia, esponendo la popolazione a gravi rischi, come denunciato anche dall’UNICEF nelle scorse ore. Nel frattempo, dopo l’ospitalità ricevuta in Ungheria in barba al diritto internazionale, il criminale di guerra Benjamin Netanyahu si sta dirigendo negli Stati Uniti, dove verrà accolto da Donald Trump.
Canada, effetto Trump: persi 33mila posti di lavoro
A marzo il Canada ha fatto registrare il primo calo dell’occupazione in tre anni. L’incertezza proveniente dagli Stati Uniti in termini di nuove tariffe e dazi ha portato le imprese a bloccare le assunzioni e a tagliare il personale, per una perdita netta di 33mila posti di lavoro. Prima dell’effetto domino lanciato dal presidente USA Donald Trump, le previsioni parlavano di un incremento di 10mila unità nell’occupazione canadese.
Il video che prova come la strage di medici da parte di Israele sia stata deliberata
Al contrario da quanto dichiarato in precedenza dall’esercito israeliano, i militari di Tel Aviv avrebbero deliberatamente aperto il fuoco su un convoglio umanitario composto da medici e vigili del fuoco regolarmente contrassegnati e con le luci di emergenza accese. A inchiodare le tesi diramate in precedenza dai portavoce israeliani – secondo cui i veicoli attaccati viaggiavano “in modo sospetto” e “a fari spenti” – è un video trovato sul cellulare di una delle vittime, le quali sono state sepolte dopo l’accaduto in una fossa comune a fine marzo. La registrazione, della durata di sette minuti e confermata dalla stampa americana, è stata presentata dalla Mezzaluna Rossa Palestinese in una conferenza stampa delle Nazioni Unite e mostra chiaramente come il convoglio sia stato attaccato deliberatamente nonostante stesse agendo in conformità alla regolamentazione, per l’ennesimo crimine di guerra israeliano compiuto in Palestina. Si tratta dell’attacco «più mortale a livello globale contro operatori umanitari appartenenti all’organizzazione dal 2017», ha commentato Dylan Winder, rappresentante della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa presso le Nazioni Unite, definendo il tutto «un oltraggio».
La vicenda, dettagliata proprio dalla Mezzaluna Rossa Palestinese, risale al 23 marzo scorso. Mentre le forze israeliane avanzavano sulla città di Rafah, a sud di Gaza, prima dell’alba di domenica scorsa, un’ambulanza è partita per evacuare i civili feriti dai bombardamenti israeliani, ma il suo equipaggio è stato colpito lungo la strada. Diverse altre ambulanze e un camion dei pompieri, quindi, si sono diretti sul posto nelle ore successive per soccorrerli insieme ad un veicolo delle Nazioni Unite, arrivando a un totale di diciassette persone. Poi il silenzio.
Dopo ben cinque giorni di negoziato con l’esercito israeliano per concordare un passaggio sicuro per cercare le persone scomparse, la squadra di recupero ha trovato 15 morti – otto membri dell’equipaggio dell’ambulanza della Mezzaluna Rossa e paramedici, sei soccorritori della difesa civile e un dipendente delle Nazioni Unite -con la maggior parte dei loro corpi gettati in una fossa comune. Da lì, è partito un reciproco scambio di accuse: da una parte le organizzazioni umanitarie hanno accusato Israele di aver «ucciso operatori umanitari che non avrebbero mai dovuto essere attaccati», mentre dall’altra l’esercito di Tel Aviv, tramite il tenente colonnello e portavoce militare Nadav Shosani, ha riferito che «nove delle persone uccise erano militanti palestinesi» e che «le forze israeliane» non avrebbero «attaccato casualmente» un’ambulanza, ma che diversi veicoli «sono stati identificati mentre avanzavano in modo sospetto» senza fari o segnali di emergenza verso le truppe israeliane, costringendoli a sparare.
Tuttavia, ad inchiodare tali affermazioni è stato un video pubblicato a circa due settimane di distanza in una conferenza stampa delle Nazioni Unite dalla Mezzaluna Rossa Palestinese, il quale mostra che quanto accaduto sarebbe in realtà l’opposto: gli operatori umanitari erano facilmente riconoscibili e avevano le luci di emergenza accese quando sono stati attaccati all’improvviso dall’esercito israeliano, che ha sparato senza sosta per oltre 5 minuti consecutivi. La registrazione è stata confermata anche dal New York Times, che ha verificato la posizione e la tempistica del video confermandone l’autenticità con immagini satellitari. Nebal Farsakh, portavoce della Mezzaluna Rossa Palestinese, ha dichiarato che il paramedico che ha realizzato il video e che si sente pregare e chiedere aiuto per circa 7 minuti è stato ritrovato nella fossa comune con un proiettile in testa, aggiungendo che il suo nome non è stato ancora reso noto perché i parenti che vivono a Gaza sono preoccupati per le ritorsioni israeliane. «I loro corpi sono stati presi di mira da una distanza molto ravvicinata», ha dichiarato il dottor Younis Al-Khatib Khatib, presidente della Mezzaluna Rossa Palestinese, aggiungendo che Israele non ha fornito informazioni su dove si trovassero i medici scomparsi per giorni: «Sapevano esattamente dove si trovavano perché li hanno uccisi. I loro colleghi erano in agonia, le loro famiglie erano in agonia. Ci hanno tenuto per otto giorni al buio».
Dylan Winder ha affermato che a livello globale non accadeva nulla di simile dal 2017 e ciò, unito al fatto che il medico legale Ahmad Dhair esaminando i corpi ha dichiarato che quattro dei cinque operatori umanitari analizzati sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco multipli, tra cui ferite alla testa, al busto e alle articolazioni, rende tutt’altro che incerto ipotizzare che quanto accaduto possa rappresentare l’ennesimo crimine di guerra. Il diritto internazionale, infatti, come le Convenzioni di Ginevra e i Protocolli Aggiuntivi, stabilisce chiaramente che il personale medico «deve essere rispettato e protetto in ogni circostanza», in particolare se chiaramente identificabile attraverso abbigliamento adeguato e segnali distintivi come luci di emergenza.
Il video, così come le altre testimonianze raccolte negli anni, rivela il vero volto delle Forze di difesa israeliane (IDF) che nei giorni scorsi avevano dichiarato l’intenzione di voler avviare un’indagine sull’accaduto. Tuttavia, visti i precedenti, le aspettative non potevano essere particolarmente elevate.
[di Roberto Demaio]
USA, revocati i visti a cittadini Sud Sudan
Va avanti la politica statunitense della revoca dei visti e delle conseguenti deportazioni. Dopo aver colpito più di trecento studenti stranieri che l’anno scorso avevano partecipato alle manifestazioni a favore della Palestina, il segretario di Stato Marco Rubio ha annunciato la revoca di tutti i visti concessi ai cittadini del Sud Sudan, accusando il Paese africano di avere rifiutato il rimpatrio dei propri cittadini soggetti a ordini di espulsione dagli Stati Uniti.
Roma, manifestazione contro il riarmo: “80.000 in piazza”
È iniziata alle ore 13:00 di oggi, sabato 5 aprile, la manifestazione “No al riarmo” promossa dal Movimento 5 Stelle, ed è giunta fino ai Fori Imperiali con numerosi interventi dal palco. Tra gli slogan “no al piano di riarmo Ue” e invece investimenti per la sanità pubblica che, secondo i pentastellati “rischia il collasso”. «Numeri inaspettati, oltre ogni più rosea aspettativa. Oltre 80.000 persone già in piazza», dichiarano gli organizzatori, che manifestano anche insieme ad Alleanza Verdi-Sinistra e anche una delegazione del Partito Democratico. Assenti invece i partiti Italia viva e Azione: «La piazza di oggi è fatta da coloro che sostengono le ragioni di Putin», ha commentato Carlo Calenda.
È uscito il terzo numero del mensile de L’Indipendente
L’Indipendente torna questo mese con il terzo numero del nuovo mensile: 80 pagine di contenuti esclusivi in una rivista rilegata da leggere e conservare. Inchieste che svelano i lati oscuri del potere e dell’industria, guide per un consumo critico, reportage e approfondimenti per comprendere il mondo che ci circonda. L’inchiesta di copertina di questo numero rappresenta perfettamente quel tipo di inchieste che su L’Indipendente possiamo fare a differenza di altri media, grazie al fatto di non ospitare alcuna pubblicità e quindi non essendo influenzabili da alcun potere economico: un dettagliato lavoro che denuncia come la multinazionale Solvay, colosso della chimica, riempia di sostanze tossiche i terreni e le acque dei territori vicini ai suoi stabilimenti in Toscana e Piemonte, costituendo un grave pericolo per la sicurezza dei cittadini nel complice disinteresse delle autorità italiane.
Il mensile de L’Indipendente ha come sottotitolo i tre pilastri che ne definiscono la cifra giornalistica: inchieste, consumo critico, beni comuni. Ogni parola è stata scelta con cura, racchiudendo ciò che vogliamo fare e che, a differenza di altri media, possiamo fare, perché non abbiamo padroni, padrini o sponsor da compiacere.
Questi tre punti cardinali rappresentano il nostro impegno per il giornalismo che crediamo necessario: inchieste (per svelare i lati nascosti della politica e dell’economia), consumo critico (per vivere meglio, certo, ma anche per promuovere scelte consapevoli capaci di colpire gli interessi privilegiati) e beni comuni (perché la nostra missione è quella di leggere la realtà nell’interesse dei cittadini e non delle élite oligarchiche che controllano i media dominanti). Al suo interno ci saranno poi, naturalmente, approfondimenti sull’attualità e sui temi che caratterizzano da sempre la nostra agenda: esteri, geopolitica, ambiente, diritti sociali.
Questi sono solamente alcuni degli argomenti che potrete ritrovare nel nuovo numero:
- Solvay, la fabbrica dei veleni: Scarichi a mare, patologie sospette, PFAS nell’acqua potabile. Una multinazionale belga minaccia ambiente e cittadini italiani, ma nessuno fa niente…
- Le multinazionali all’assalto dell’Ucraina: Una ricchezza ben più vasta delle terre rare di cui tanto si parla, quella dei terreni agricoli, sta diventando incetta di multinazionali e fondi speculativi.
- La verità sul latte a lunga conservazione: Molti pensano che tra latte UHT e fresco non vi siano differenze, e d’altra parte decenni di pubblicità ci hanno portato a crederlo. Ma è davvero così?
- La macchina della propaganda europea: La Commissione UE usa i fondi comunitari per sostenere progetti di propaganda appaltati a ONG e centri studi. Una macchina costosa, opaca e pericolosa per la democrazia…
- Val di Non, un data center nella montagna: Nasce in trentino un enorme centro dati incastonato in una montagna. Azienda e amministratori giurano che è tutto apposto, ma i dettagli sono quanto mai oscuri.
- Il boicottaggio lascia nuda la nazionale israeliana: Adidas, Puma, l’italiana Erreà e Reebok: il boicottaggio per la Palestina sta impedendo alla nazionale di calcio israeliana trovare un’azienda disposta a produrne le magliette.
La nuova rivista de L’Indipendente è acquistabile (in formato cartaceo o digitale) sul nostro shop online, ed è disponibile anche tramite il nuovo abbonamento esclusivo alla rivista, con il quale potreste ricevere la versione cartacea a casa ogni mese per un anno al prezzo di 90 euro, spese di spedizione incluse. Per riceverlo basta consultare la pagina: lindipendente.online/abbonamenti.