domenica 23 Novembre 2025
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Indonesia: inondazioni provocano almeno 70 morti

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Almeno 70 persone hanno perso la vita dopo che inondazioni e frane hanno improvvisamente colpito l’Indonesia ed il vicino Timor orientale. Lo si apprende dalle parole del portavoce dell’agenzia indonesiana per la gestione dei disastri, Raditya Djati, che ha dichiarato all’emittente MetroTV che sono state riportate 55 morti, le quali si aggiungono ai 16 corpi che erano già stati trovati. Tuttavia, quest’ultimo ha anche sottolineato come tale cifra sia provvisoria e destinata a crescere e, in tal senso, sono una quarantina le persone ancora disperse.

Tennis: Sinner perde la finale del Master 1000 di Miami

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Si ferma in finale il sogno del giovane tennista italiano Jannik Sinner. La promessa ha ceduto al polacco Hurkacz in due set (7-6, 6-4). Una partita combattuta dalla quale Sinner è uscito a testa alta. Sinner è il più giovane tennista azzurro arrivato alla finale di un Master 1000 e da lunedì salirà al numero 22 del ranking mondiale ATP.

L’Olanda ha sospeso nuovamente il vaccino AstraZeneca

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Nuova sospensione del vaccino anti-Covid per tutte le età in Olanda. La decisione segue la sospensione effettuata due giorni fa per le persone di età inferiore a 60 anni, dopo che c’erano state alcune segnalazioni di gravi effetti collaterali. Secondo la stampa olandese la sospensione anche per gli over 60 è stata disposta per “evitare lo spreco di fiale”.

Giordania: tentato colpo di stato, arresti a corte

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Nella notte sono stati arrestati 20 personaggi eccellenti in Giordania, molti dei quali appartenenti alla cerchia del re Abdallah II, accusati di aver ordito un colpo di stato per destituire il sovrano. Una situazione ancora non del tutto chiara. Hamzah, ex principe ereditario e fratellastro del Re Abdullah, non sarebbe agli arresti ma gli sarebbe stato “intimato” di astenersi da spostamenti.

Giappone: riprende la caccia alla balene

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Il Giappone ha autorizzato la ripresa della caccia alle balene per fini commerciali, per il terzo anno consecutivo dopo che il paese, nel 2019, si è ritirato dalla Commissione internazionale per la caccia ai cetacei (Iwc). Quattro navi sono già salpate e potranno pescare fino a 120 balenottere nella costa di Sanriku, sul versante nord orientale del Paese. Forti proteste della associazioni animaliste

Due delfini nel Canal Grande: l’assenza delle navi fa rinascere la laguna di Venezia

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Qualche giorno fa un insolito avvistamento ha allietato la giornata di alcuni passanti a Venezia: due delfini nuotavano tranquillamente nel bacino di San Marco. I due cetacei, che hanno nuotato dal canale della Giudecca fino al Canal Grande, sono stati segnalati da alcuni meravigliati passanti alla Sala Operativa della Capitaneria di Porto di Venezia, la quale ha provveduto ad inviare subito alcuni specialisti sul posto, al fine di controllare lo stato di salute dei due animali. Questi non sono apparsi disorientati o sofferenti ma, al contrario, tranquilli e alquanto curiosi di avventurarsi in acque solitamente stracolme di imbarcazioni e turisti.

Non è la prima volta che dei delfini vengono avvistati a Venezia, anzi un tempo era fenomeno piuttosto comune, ma a causa del turismo di massa, del traffico navale e dei rumori era da decenni che delfini non si vedevano tra i canali della città. Lo ha reso di nuovo possibile il crollo del turismo e del traffico navale durante il lockdown. Come in altri posti d’Italia, dove in questi mesi orsi, lupi, anatre, conigli, volpi, caprioli, delfini hanno potuto riconquistare spazi di habitat dove da tempo le attività umane li avevano allontanati. Tornando alla laguna di Venezia, negli ultimi mesi le acque che costeggiano la Serenissima sono limpide e pulite come non succedeva da tempo. A rilevarlo è stata una ricerca realizzata grazie alle immagini dei satelliti Sentinel-2 della missione Copernicus, programma europeo per l’osservazione satellitare della Terra.

Secondo quanto rivelato dalla ricerca, l’elevata trasparenza dell’acqua è una condizione temporanea legata alla combinazione di fattori naturali stagionali, ma anche agli effetti delle restrizioni per il contenimento del virus. In questo periodo storico infatti, è avvenuta una considerevole diminuzione della quantità di scarichi urbani, dovuta alla mancanza del carico turistico che di solito invade la città in maniera pressoché continua. Il confronto tra le immagini a colori del centro storico di Venezia e i canali adiacenti, acquisite dal satellite nei giorni 20 febbraio e 19 marzo 2020, ovvero prima e dopo l’applicazione delle restrizioni alla mobilità, ha infatti evidenziato una quasi totale riduzione del traffico navale, visibile dalle scie delle imbarcazioni, nei canali cittadini e lungo i canali a nord di Venezia. La sfida futura ora sarà quella di riuscire a garantire la biodiversità della laguna anche al di fuori dei periodi di lockdown, senza che l’assalto del turismo mordi e fuggi alla città ricominci come un tempo.

[di Eugenia Greco]

Covid: in Svizzera scontri durante proteste contro restrizioni

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A San Gallo, nel nord-est della Svizzera, ieri notte centinaia di adolescenti hanno protestato contro le misure anti Covid e si sono verificati degli scontri con le forze dell’ordine. I manifestanti hanno lanciato delle bottiglie Molotov contro gli agenti, i quali hanno risposto utilizzando gas lacrimogeni e proiettili di gomma. In seguito agli scontri varie persone sono rimaste ferite e le forze dell’ordine hanno arrestato una ventina di ragazzi. Lo ha riferito la Radio svizzera italiana.

Canale di Suez: Egitto chiederà risarcimento da 1 miliardo di dollari

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L’Egitto chiederà un risarcimento da 1 miliardo di dollari per il blocco di una settimana del canale di Suez causato dall’incagliamento della nave portacontainer Ever Given. L’importo si basa sulle spese per l’operazione di salvataggio, sui costi del traffico bloccato e sulle tariffe di transito. Lo ha annunciato il generale Ossama Rabei, capo dell’Autorità che gestisce il canale, il quale non ha però specificato da chi dovrebbe essere pagato il risarcimento. In tal senso, sono ancora in corso le indagini sul motivo dell’incidente.

“Sono dei bulli”: le assurde clausole chieste da Pfizer ai paesi sudamericani per i vaccini

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Garanzia in beni sovrani del patrimonio nazionale, ipoteca di ambasciate, edifici e basi militarì, sono alcune delle clausole che la Pfizer ha chiesto di inserire nei contratti per la fornitura dei vaccini anti-Covid a Perù, Argentina e Brasile, allo scopo di far fronte ad eventuali richieste danni. A rivelarlo un’inchiesta condotta dall’organizzazione indipendente britannica Bureau of Investigative Journalism con la collaborazione del quotidiano peruviano Ojo Público. L’inchiesta intervista anche un funzionario che ha partecipato alle trattative per i contratti sui vaccini, definendo l’atteggiamento al tavolo dei rappresentanti della multinazionale americana «bullismo di alto livello» e raccontando come il governo si sia sentito «sotto ricatto» per poter ottenere i vaccini. 

Nel caso del Perù, l’azienda Pfizer ha richiesto l’inserimento nel contratto d’acquisto di una clausola che la esonera da ogni responsabilità per possibili effetti negativi causati dal vaccino e che esclude inoltre, qualsiasi richiesta di danni dovuti a ritardi nelle consegne dei lotti esigendo che vengano attuate le necessarie norme di legge per ottemperare a tali richieste.

L’Argentina, a metà del 2020, cedendo al richieste, aveva accettato di stipulare un’assicurazione internazionale, chiesta dai negoziatori Pfizer come tutela nel caso di eventuali cause contro i vaccini. Tuttavia per la multinazionale non è stato sufficiente e in successivo round di trattative ha chiesto al governo argentino di mettere come garanzia l’ipoteca di beni sovrani, incluse banche federali, edifici di ambasciate e basi militari. Inoltre gli emissari della multinazionale pretendevano che le clausole contrattuali sollevassero la Pfizer non solo da qualsiasi responsabilità sui possibili effetti collaterali dei vaccini, ma addirittura anche su eventuali errori commessi dall’azienda stessa che potesse causare danneggiamenti, alterazioni del prodotto o di errori nelle spedizioni. Il tutto con un accordo di riservatezza. Valutando tali richieste, l’allora ministro della Salute Ginés García González, aveva dichiarato pubblicamente «Pfizer si è comportata male con l’Argentina», riferendosi al fatto che la popolazione – che ad oggi conta più 2 milioni e 300mila casi e oltre 55mila morti – era stata utilizzata per le sperimentazioni cliniche del vaccino sul quale adesso per il mancato accordo non può contare per combattere la pandemia. Le stesse richieste sono state rivolte da Pfizer al ministero della Salute del Brasile pretendendo come garanzia la costituzione di un deposito cauzionale presso un conto bancario estero. A gennaio, nonostante il numero dei contagi e dei decessi fosse fuori controllo, il Ministero ha rifiutato le richieste definendole «offensive».

Le trattative insolite e difficili nei negoziati per le condizioni di fornitura dei vaccini hanno portato a mesi di ritardo negli accordi con alcuni paesi. Argentina e Brasile non hanno accettato le vessatorie richieste e hanno deciso di rifiutare il vaccino Pfizer, scegliendo lo Sputnik russo e il vaccino della azienda farmaceutica cinese CanSino Biologics. Ad oggi si conoscono accordi della Pfizer per forniture con più di 100 organizzazioni sovranazionali e con nove paesi dell’America Latina: Cile, Colombia, Costa Rica, Repubblica Dominicana, Ecuador, Messico, Panama, Uruguay e Caraibi. I termini di questi accordi rimangono ancora sconosciuti.

Non possiamo sapere se clausole di questo tipo siano state accettate anche dall’Unione Europea, per la semplice ragione che i contratti non sono stati resi pubblici e non li hanno potuti prendere in visione neppure i parlamentari europei. Solo il contratto per le forniture del vaccino AstraZeneca è stato divulgato, ma con intere pagine coperte da omissis al fine di cancellarne le parti sensibili. Mentre le altre aziende fornitrici (Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson) hanno imposto la totale riservatezza sul contenuto dei contratti. 

[di Federico Mels Colloredo]

Birmania: 550 vittime da inizio proteste anti golpe

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Sono 550 le persone che hanno perso la vita in Birmania da quando sono iniziate le proteste contro il colpo di stato del 1 febbraio messo in atto dalle forze armate. Lo ha riportato la Ong Associazione di assistenza ai prigionieri politici (Aapp), la quale dichiara che tra le vittime vi sono 46 bambini. Inoltre, 2751 è il numero dei detenuti in carcere e 38 di questi sono stati condannati. In tal senso, nella giornata di ieri sono stati emessi altri 126 mandati di arresto.