venerdì 21 Novembre 2025
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Covid, appello di 40 scienziati inglesi: no alla vaccinazione dei bambini

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Un gruppo formato da oltre 40 medici, ricercatori e docenti universitari inglesi ha recentemente inviato una lettera alla MHRA (l’Agenzia regolatoria dei medicinali del Regno Unito) in cui vengono espressi dubbi e perplessità sulla sicurezza e sulla necessità delle vaccinazioni anti Covid nei bambini. In tal senso, i firmatari hanno fatto riferimento ad alcuni documenti governativi trapelati di recente, i quali suggeriscono che «l’implementazione del vaccino Covid-19 nei bambini di età superiore ai 12 anni è già pianificata per settembre 2021» e la possibilità che i bambini dai 5 anni in su si vaccinino «si concretizzerà in estate nella peggiore delle ipotesi».

Nello specifico gli autori del testo ritengono che se da un lato i potenziali benefici sono chiari per gli anziani e le persone vulnerabili, dall’altro non lo sono per i bambini, nei confronti dei quali «l’equilibrio tra benefici e rischi sarebbe molto diverso». Infatti, «nessun bambino sano sotto i 15 anni è morto durante la pandemia nel Regno Unito ed i ricoveri in ospedale o in terapia intensiva sono estremamente rari. La maggior parte di essi non ha sintomi o ne ha di molto lievi». Successivamente, nella lettera viene affrontato il tema della sindrome “long-Covid”, caratterizzata dal protrarsi dei sintomi e delle complicazioni della malattia per un periodo di tempo maggiore rispetto a quello dell’infezione acuta. Tale sindrome è infatti stata «citata come motivo per vaccinare i bambini», tuttavia secondo i ricercatori «ci sono pochi dati concreti». Inoltre, quest’ultima «sembra essere meno comune e molto più breve rispetto agli adulti e nessuno degli studi sul vaccino ha valutato questo aspetto».

Oltre a tutto ciò, i firmatari invitano a non ripetere gli errori commessi in passato, verificatisi quando i vaccini sono stati immessi sul mercato in fretta. In tal senso, essi fanno riferimento al vaccino per l’influenza suina “Pandemrix”, ed a quello contro la dengue, il “Dengvaxia”. Infatti, il primo «fu lanciato dopo la pandemia del 2010 e provocò oltre mille casi di narcolessia in bambini e adolescenti, prima di essere ritirato», mentre il secondo «fu distribuito ai bambini prima dei risultati completi della sperimentazione, e 19 di loro morirono per un possibile potenziamento anticorpo-dipendente (ADE), ed anch’esso fu ritirato». Infine, i medici affrontano anche il tema dell’immunità, affermando che se quest’ultima verrà acquisita naturalmente, «darà una migliore, più ampia e duratura copertura rispetto alla vaccinazione». Inoltre, «i bambini non hanno bisogno della vaccinazione per sostenere l’immunità di gregge», in quanto «già due terzi della popolazione adulta ha ricevuto almeno una dose di vaccino ed i bambini non trasmettono così facilmente la Sars Cov 2 come gli adulti».

Dunque i firmatari ritengono che, sulla base di quanto riportato, le attuali evidenze disponibili sul rapporto rischi-benefici non giustifichino la «somministrazione di sieri sperimentali ai bambini, i quali non hanno praticamente alcun rischio legato al Covid, mentre si troverebbero di fronte a rischi noti e sconosciuti derivanti dai vaccini».

Nonostante tutto ciò, però, anche l’Europa sembra essere vicina ad un’approvazione dei vaccini per i bambini. In tal senso il Ministro della Salute, Roberto Speranza, ha recentemente dichiarato che probabilmente «il 28 maggio l’Ema darà l’ok al vaccino Pfizer anche per la fascia 12-15 anni». Inoltre, alcune aziende farmaceutiche hanno iniziato gli studi sui vaccini nei confronti dei bambini ancora più piccoli. A tal proposito, l’azienda farmaceutica Pfizer ha affermato che spera di «ricevere l’autorizzazione per la vaccinazione dei bambini tra 6 mesi e 11 anni entro l’inizio del 2022».

[di Raffaele De Luca]

Eruzione vulcano Nyiragongo: 15 morti ed oltre 170 bambini dispersi

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Il bilancio provvisorio in seguito all’eruzione del vulcano Nyiragongo, avvenuta sabato sera nell’est del Congo, è di 15 morti. Tale numero sembra però destinato a salire man mano che le autorità raggiungeranno le zone più colpite. Inoltre, secondo quanto riportato dalla Bbc, l’Unicef ha affermato che più di 170 bambini risultano dispersi, mentre altri 150 sono stati separati dalle famiglie in seguito all’esplosione del vulcano. A tal proposito, l’organizzazione ha comunicato che verranno creati dei centri proprio per aiutare i minori non accompagnati.

Gli USA hanno addestrato membri dei cartelli narcos messicani

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Un memo classificato del Dipartimento di Stato USA, pubblicato da Wikileaks, indicava la probabilità che l’Esercito USA avesse addestrato appartenenti al cartello della droga conosciuto come Los Zetas. Gli Zeta furono esecutori del cartello del Golfo che reclutò disertori dal Gruppo delle Forze Speciali Aviotrasportate del Messico (GAFE). Formatisi nel 1986 come forza d’élite di reazione rapida specializzata in contro-insurrezione e guerra non convenzionale, i GAFE ricevettero la loro prima esperienza di combattimento in Chiapas, nella lotta contro l’Esercito zapatista di liberazione nazionale (EZLN), quando il North American Free Trade Agreement (NAFTA) entrò in vigore nel 1994.

Alcuni Zeta furono addestrati dagli Stati Uniti nella Scuola delle Americhe (dal 2001, Istituto dell’emisfero occidentale per la cooperazione alla sicurezza), a Fort Benning, mentre altri a Fort Bragg, con i Berretti Verdi. Secondo il tenente colonnello Craig Deare, ex accademico del Center for Hemispheric Defense Studies, sarebbero più di 500 i GAFE addestrati negli USA con le forze speciali: guerra non convenzionale, contro-insurrezione, antiterrorismo e guerriglia.

Nel 1997, Arturo Guzmán Decena, un GAFE meglio conosciuto come El Zeta-uno (Z-1), diserta insieme ad altri membri del Gruppo delle Forze Speciali Aviotrasportate del Messico e si unisce al cartello del Golfo comandato da Osiel Cárdenas Guillen. L’addestramento avanzato e l’applicazione delle tattiche militari da parte degli Zetas furono la giustificazione del Presidente Felipe Calderón, nel 2006, per schierare 20.000 militari e aprire l’interminabile stagione della guerra frontale ai cartelli della droga. Una spirale di violenze terrificante con uccisioni di massa e raccapriccianti esposizioni di corpi o parte di essi, con la corruzione endemica delle istituzioni e delle forze di polizia: è ciò che Laurie Freeman chiama “Stato d’assedio“.

Secondo comunicazioni interne della DEA, gli Zeta avrebbero reclutato diverse persone latinoamericane addestrate in precedenza dalle Forze Speciali USA. I Kaibile guatemaltechi erano tra questi: responsabili in Guatemala del genocidio di 200.000 Maya e addestrati e finanziati dagli Stati Uniti. Dopo la Guerra Fredda, i Kaibile furono riproposti per combattere le nuove minacce alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti: droga e terrorismo.

Così, mentre l’Esercito messicano aveva intrapreso una guerra contro i cartelli narcos gli USA avevano deciso di combattere la propria guerra. Due documenti, uno del 2007 e uno del 2008, dimostrano che gli USA hanno implementato una tattica di guerra coperta, appoggiandosi anche a gruppi clandestini, mercenari e organizzazioni locali ben addestrate che sappiano operare in piccoli gruppi.

Dal 2008, con il Piano Mérida, gli Stati Uniti hanno speso 1,6 miliardi di dollari per aiuti e formazione militare nell’ottica della War on Drug. Dal 2009 fa la propria comparsa il Cártel de Jalisco Nueva Generación (CJNG), meglio conosciuto come “Matazetas” (o “Zeta-killers”). Quest’organizzazione paramilitare dice di voler proteggere il popolo dalla violenza dei Los Zetas. Una mail della società di intelligence privata Stratfor chiama in causa un coinvolgimento del Marine Force Recon (MFR) degli Stati Uniti in Messico.

In tal modo si alimenta la guerra tra organizzazioni che diventano sempre meglio armate e dotate di conoscenze militari all’avanguardia – come il CJNG – che a loro volta combattono con l’Esercito messicano che però dovrebbe essere sostenuto e aiutato – anziché sostanzialmente ostacolato – dal governo statunitense, per riuscire a fermare il traffico di droga e le violenze che corrono lungo il confine.

Aristóteles Sandoval, ex Governatore di Jalisco, assassinato il dicembre scorso, ha rivelato che il CJNG reclutava colombiani con addestramento ed esperienza militare e di guerriglia e che le autorità statali fossero a conoscenza della loro presenza a Jalisco dal 2013. Nel giugno 2020, la Financial Intelligence Unit messicana, in coordinamento con il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, ha congelato oltre 1 miliardo di dollari in attività legate al CJNG nell’Operazione Blue Agave.

Il rischio maggiore è quindi legato all’affermazione di organizzazioni paramilitari (o ad una evoluzione dei cartelli narcos in tali organizzazioni) che, oltre al traffico di droga, si possano concentrare anche sul controllo effettivo – non solo di sostanza – del territorio. In tal modo, nel Messico che ha già sperimentato decine di migliaia di morti a causa del narcotraffico, delle guerre intestine e con lo Stato, si potrebbe vivere lo scenario già vissuto da diversi paesi latino-americani con un‘escalation ancor maggiore della violenza che già segna profondamente il paese.

[di Michele Manfrin]

Global Health Summit: gli interessi di Big Pharma prima di tutto

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Nonostante i grandi annunci che lo hanno preceduto, il Global Health Summit del G20 è stato un vero flop. Il summit che si è tenuto a Roma – organizzato dall’Italia con la Commissione Ue – è culminato con l’approvazione della “Dichiarazione di Roma”, una sorta di vademecum di 16 principi al quale Paesi del G20, Ue e organizzazioni internazionali sono arrivate dopo un lungo lavoro diplomatico. All’appuntamento, presieduto dal Primo Ministro Mario Draghi e dalla Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, hanno partecipato i leader del G20, oltre che Mario Monti, Stella Kyriakides, Paolo Gentiloni, Tedros Ghebreyesus e l’onnipresente Bill Gates. Presenti inoltre i leader delle organizzazioni internazionali e regionali come Onu, Oms, Banca mondiale, Fmi, Ocse, Unione africana, Asean, Omc e Fao.

Se vi aspettavate che fosse presa una decisione in merito alla sospensione dei brevetti dei vaccini, in nome dell’equità globale, sarete delusi di sapere che niente è stato deciso e che quel poco che è stato deciso non è stato mosso dalla volontà di occuparsi in maniera risoluta del diritto universale alla salute. Gli interessi economici sono ancora ciò che domina su tutto.Non una parola nemmeno sulle strategie legate alle cure domiciliari: nonostante laddove applicate abbiano mostrato risultati incoraggianti, l’unica strategia globale rimane quella legata alle vaccinazioni di massa.

Mario Draghi, in apertura del summit, ha dichiarato: «Dobbiamo vaccinare il mondo e farlo rapidamente». Ursula Von der Leyen ha annunciato che l’Unione Europea fornirà 100 milioni di vaccini ai paesi a basso reddito. Una goccia nel mare se si considera che ciò si traduce in 50 milioni di vaccinati: in Africa, per fare un esempio, vivono 1,3 miliardi di persone. La Presidente della Commissione Ue ha anche detto: «obiettivo di questo vertice è mettere sotto controllo la pandemia ovunque, assicurare che i vaccini vengano dati a tutti, ovunque, attraverso le esportazioni ma anche condividendo la capacità di produzione». Niente sospensioni di brevetti o clamorose decisioni che possano realmente sconvolgere l’approccio fin ora avuto.

Il diritto universale alla salute non viene mai citato neanche una volta. Il vero volto del vertice e dei suoi partecipanti è rivelato dal fatto che la “Dichiarazione” insiste affinché tali questioni vadano affrontate, nei prossimi mesi, nel quadro delle regole del WTO (l’Organizzazione mondiale per il commercio). Niente Nazioni Unite, niente Oms, soltanto regole e dibattiti inerenti al commercio internazionale. Oltre a ciò, al summit si è sostanzialmente deciso di non decidere: tutto viene rimandato al dibattito dei prossimi mesi e ai successivi incontri. L’unica cosa certa è che la pandemia globale (paragonata spesso ad una guerra) deve essere gestita secondo i canoni del mercato.

Nella “Dichiarazione” si parla spesso di «accesso equo e a prezzo abbordabile» agli strumenti di lotta contro la pandemia di Covid-19 (vaccini, trattamenti medici, diagnostica e strumenti di protezione individuale). Insomma, principio e obiettivo capitalistico secondo le classiche regole del mercato. L’unico diritto salvo è quello legato ai brevetti di proprietà delle multinazionali farmaceutiche.

[di Michele Manfrin]

Covid-19: la Cina nega fuga da laboratorio Wuhan

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«L’ultimo rapporto sul tema non è veritiero», ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, durante la conferenza stampa su quanto pubblicato dal Wall Street Journal – in base a fonti dell’intelligence Usa – secondo cui tre ricercatori del Wuhan Institute of Virology si erano ammalati a novembre 2019.

Lavorare troppo fa male alla salute, uno studio lo conferma

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Uno studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista accademica Environment International. A condurlo, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). Lo studio si è svolto tra il 2000 e il 2016, in 194 paesi e ha come oggetto gli effetti delle lunghe ore di lavoro sulla salute. Il risultato, forse non sorprendente in sé, è che troppo lavoro ha effetti deleteri sulla salute: vi è un maggior rischio di coronaropatie e infarto per chi lavora più di 55 ore alla settimana rispetto a chi lavora le normali 35-40.

I lunghi orari di lavoro sono una piaga a livello globale: nel 2016, 488 milioni di persone vi sono state esposte. Si tratta dell’8,9% della popolazione mondiale, una percentuale che è andata aumentando negli anni. Tra il 2000 e il 2016, ha registrato un aumento del 29% e ha causato più di 745.000 morti (secondo le stime di OMS e OIL). Le vittime sono soprattutto gli uomini di età tra i 30 e i 35 anni. Nel 3,4% dei casi le cause di decesso sono le coronaropatie, nel 6,9% gli infarti. Secondo lo studio, a mediare tra il lavoro e le patologie sarebbero due fattori possibili: le risposte fisiologiche (l’attività nervosa, la risposta del sistema immunitario, l’aumento nella pressione sanguigna e la fibrillazione atriale) e quelle comportamentali (il fumo, il consumo di alcol, la sedentarietà, i disturbi del sonno, l’adozione di una dieta squilibrata).

Alcune regioni del globo sono più esposte a queste problematiche: l’Europa relativamente poco, probabilmente per la maggiore regolamentazione del lavoro, l’Africa e l’Asia sono invece i continenti più colpiti. Si registra però una diminuzione graduale in Africa e invece un aumento in Asia, soprattutto nella regione più orientale e meridionale. Il Sud-Est asiatico, come anche il Pacifico occidentale, sono più colpiti anche dai decessi: in proporzione, questi sono in numero maggiore rispetto all’Africa.

Lo studio evidenzia che con le crisi tendono ad aumentare anche le ore di lavoro. La pandemia è uno di questi momenti: causa morti non solo dirette, ma anche indirette, soprattutto perché il lavoro da remoto tende a cancellare i confini tra lavoro e vita privata e a favorire quindi un regime sregolato. La soluzione, secondo OMS e OIL, è la diffusa regolamentazione del lavoro, che ponga limiti rigidi al numero di ore di lavoro settimanali per favorire la salute dei cittadini.

Birmania: Aung San Suu Kyi in aula

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La leader deposta birmana, Aung San Suu Kyi, è comparsa in tribunale per la prima volta dal colpo di stato dello scorso febbraio. «Il partito estromesso esisterà fino a quando esisterà il popolo», ha detto in aula il premio Nobel per la pace. Lo ha riportato il suo avvocato, Min Min Soe.

4,2 milioni di multa a Ryanair

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L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha irrogato una sanzione di 4,2 milioni di euro a Ryanair per pratiche commerciali scorrette. L’Antitrust ha stabilito che la società, venute meno le limitazioni agli spostamenti legate al Covid-19, non aveva rimborsato i consumatori. Stessa sorte era toccata a Easy Jet per 2,8 milioni di euro e Volotea per 1,4 milioni di euro.

Ungheria: Corte costituzionale abroga “legge schiavitù” voluta da Orban

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La Corte costituzionale ungherese ha accolto il ricorso dei sindacati ed ha giudicato incostituzionale la cosiddetta “legge schiavitù”, che prevedeva un aumento del tetto degli straordinari a 400 ore l’anno e stabiliva che il pagamento potesse avvenire con un ritardo anche di tre anni. Nello specifico, la Corte ha stabilito che nessuno potrà essere licenziato se rifiuta di fare gli straordinari e che questi ultimi debbano essere pagati entro l’anno. La legge fu fortemente voluta dal governo Orban e, nonostante il fatto che migliaia di ungheresi scesero in piazza per protestare, fu approvata nel 2018.

Precipita cabina funivia Stresa-Mottarone: 9 morti e 2 feriti

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In Piemonte, una cabina della funivia che collega la città di Stresa con il monte Mottarone è precipitata questa mattina. Secondo una prima ricostruzione, al suo interno vi erano 11 persone, di cui 9 hanno perso la vita. Altre 2, invece, sono rimaste gravemente ferite: si tratta di due bambini che, tramite le eliambulanze, sono stati portati in codice rosso all’ospedale Regina Margherita di Torino. Si ritiene che la fune dell’impianto sia ceduta poco prima dell’ultimo pilone, in uno dei punti in cui è maggiore la distanza da terra.