venerdì 21 Novembre 2025
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Cina: bufera durante maratona, 21 morti

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In Cina, a causa di una bufera di eccezionale portata 21 persone hanno perso la vita. Queste ultime stavano partecipando ad una maratona in montagna nella Foresta di pietra del Fiume Giallo, nella provincia nord-occidentale del Gansu. I restanti 151 partecipanti, invece, sono stati messi in salvo, ma 8 di questi sono stati trasportati in ospedale poiché rimasti feriti.

L’insostenibile ciclo della plastica

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Più della metà della plastica usa e getta utilizzata nel mondo è fabbricata a partire da polimeri - le molecole alla base di ogni materiale plastico - prodotti da appena venti aziende. Tra queste figurano sia società statali che multinazionali, compresi diversi giganti del petrolio e del gas. Un settore in prima linea nell’inquinamento dei mari e, poiché ancora fortemente vincolato alle fonti fossili, responsabile in parte anche della crisi climatica. A svelare i retroscena della produzione degli imballaggi monouso è stato un rapporto redatto dalla Fondazione Minderoo, organizzazione australia...

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Congo: esplode vulcano Nyiragongo, migliaia di persone evacuate

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Migliaia di persone sono fuggite dalla città di Goma, nella Repubblica democratica del Congo, a causa dell’esplosione del vulcano Nyiragongo avvenuta ieri sera. Esso è infatti situato a pochi chilometri da Goma e la lava si è avvicinata all’aeroporto della città. Per questo, il governo ha ordinato l’evacuazione, ma già prima dell’annuncio ufficiale le persone avevano iniziato a scappare. Si tratta di uno dei vulcani più pericolosi del mondo, la cui eruzione nel 1977 causò la morte di oltre 600 persone.

La crisi climatica sta già causando più sfollati delle guerre

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Le persone costrette ad abbandonare i luoghi in cui vivono a causa di disastri naturali e ambientali sono già oggi in numero superiore di circa tre volte a quelle spinte a sfollare dalle guerre. Il Global Report on Internal Displacement, pubblicato nel 2021 dal Norwegian Refugee Council, mostra uno scenario piuttosto cupo, che spinge a riflettere sulla realtà sempre più evidente dei rifugiati climatici, persone costrette ad abbandonare le proprie terre a causa delle conseguenze del surriscaldamento globale. Nel 2020, ci sono stati 40,5 milioni di nuovi sfollati all’interno dei confini nazionali (si tratta del dato più alto degli ultimi 10 anni), distribuiti in 149 paesi. Nella maggior parte dei casi, la causa sono i disastri ambientali.

Gli sfollamenti sono causati da conflitti (9,8 milioni di sfollati) o da disastri (30,7 milioni di sfollati). I conflitti sono causa principale degli sfollamenti in Africa e nel Medioriente (soprattutto in Siria, Congo, Colombia, Yemen e Afghanistan). I disastri, invece, sono responsabili della buona parte degli sfollamenti nel continente asiatico (e in particolare Afghanistan, India e Pakistan). Nel 2020, ci sono nel mondo un totale di 55 milioni di sfollati, di cui 20,5 milioni di bambini. Il 95% di questi si trova in paesi vulnerabili. Molti sono già stati sfollati altre volte nel corso della loro vita.

Tutte le cifre sono in costante aumento, ma particolare attenzione meritano i dati sui disastri naturali. Questi hanno visto un aumento piuttosto impressionante negli ultimi anni. Nel 98% dei casi, le cause sono di natura climatica. Parliamo di cicloni, uragani, tifoni, tempeste, alluvioni, incendi, eruzioni vulcaniche, che distruggono case e villaggi e costringono le persone ad evacuare, ma anche di siccità e di temperature estreme. Ovviamente tutto questo ha anche un costo economico piuttosto importante: solo nel 2020, parliamo di 20,5 miliardi di dollari.

Anche l’Europa, seppure in misura minore, è stata colpita. Il 2020 è stato l’anno più caldo mai registrato, con una temperatura media di 0,4° superiore rispetto all’anno precedente. Proprio questo aumento di temperatura ha causato numerose tempeste ed alluvioni che hanno costretto intere cittadine ad evacuare.

Un dato particolarmente importante riguarda il legame tra i conflitti e i disastri. Anche se questi hanno un forte carattere regionale (alcune aree del mondo sono particolarmente vessate da conflitti, altre da disastri ecologici), i due fattori sono spesso collegati. Le condizioni climatiche, per esempio, possono far scarseggiare l’acqua e quindi innestare nuovi conflitti o esasperare conflitti precedentemente esistenti. Ma anche il contrario può avvenire: un conflitto può causare uno spostamento verso zone del paese più esposte a disastri.

La maggior parte degli sfollamenti avvengono all’interno dei confini interni dei paesi, per cui è chiaro che i governi devono agire fermamente per aiutare la popolazione locale. È anche vero però che vista la scala del fenomeno e la sua diffusione, è necessaria anche una risposta globale, di cooperazione internazionale. Soprattutto in questo momento, in cui la pandemia ha ulteriormente complicato la situazione degli sfollati attuali, creando oltretutto nuove situazioni emergenziali.

[di Anita Ishaq]

L’Ue spende milioni di euro l’anno per promuovere il consumo di carne

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I fondi europei vengono utilizzati per promuovere ampiamente il consumo di prodotti di origine animale. È quanto si apprende da un’analisi di Greenpeace condotta sui progetti approvati nell’ambito del programma europeo di promozione dei prodotti agricoli nell’ultimo quinquennio. Nello specifico, la Commissione europea ha speso almeno 252 milioni di euro in 5 anni per promuovere il consumo di carne e di altri prodotti di origine animale, ossia il 32% del totale dei fondi disponibili per tale programma (776,7 milioni di euro). Inoltre, solo il 19% degli stessi è stato speso per incentivare un’alimentazione a base di frutta e verdura, ed una percentuale ancora minore è stata utilizzata per la promozione del biologico tra il 2016 ed il 2019: il 9%, di cui solo l’1% a favore di carne e latticini biologici.

Se si guardano i numeri del nostro Paese, poi, è ancora più evidente quale sia il modo principale in cui viene investito questo denaro. Infatti, più di un terzo dei fondi europei assegnati all’Italia sono stati spesi per promuovere carne e latticini “nostrani” sia all’interno del nostro paese che all’estero. Più del doppio di quanto destinato alla frutta e alla verdura, per le quali è stato sborsato solo il 17% del totale a disposizione. Infine al biologico è stato riservato uno scarso 6%.

Questi investimenti dell’Unione europea, però, sono in contrasto con il suo obiettivo di promuovere un sistema alimentare «equo, sano e rispettoso dell’ambiente» contenuto nella strategia Farm to fork. L’Europa così facendo si sta rendendo protagonista di un atteggiamento ambivalente nei confronti dell’ambiente, in quanto mentre da un lato mira a tutelarlo, dall’altro finanzia ciò che causa un notevole inquinamento. A tal proposito, un recente rapporto del thinktank di Chatham House ha rilevato che solo mangiando molta meno carne riusciremo a salvare il pianeta e la biodiversità: il sistema alimentare globale costituisce infatti la principale minaccia per l’86% delle 28.000 specie a rischio di estinzione. Inoltre, circa il 30% di tutte le emissioni di gas serra derivano da esso.

Tuttavia, va detto che la Commissione Ue sta attualmente riesaminando la politica sulla promozione dei prodotti agricoli e una nuova proposta è attesa per l’inizio del 2022. È chiaro che, se si desidera davvero proteggere l’ambiente, gli investimenti nel settore della carne e dei prodotti di origine animale debbano essere aboliti.

[di Raffaele De Luca]

Marte: il rover cinese Zhurong ha iniziato l’esplorazione

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Questa mattina alle ore 10:40 di Pechino (le 4:40 in Italia), il rover cinese Zhurong è sceso dalla piattaforma di atterraggio sulla superficie marziana ed ha iniziato ad esplorare il pianeta. Lo ha reso noto l’agenzia cinese Xinhua sulla base di un annuncio della Cnsa, la China National Space Administration. L’esplorazione durerà almeno 3 mesi: il rover registrerà il paesaggio con immagini tridimensionali ad alta risoluzione, analizzerà la composizione materiale della superficie di Marte e rileverà la sua struttura sub-superficiale e magnetica con lo scopo di cercare tracce di ghiaccio d’acqua.

Serve migliorare ma il primo obiettivo è raggiunto: il 17% del Pianeta è protetto

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Oggi si può affermare che importanti progressi sono stati compiuti nella preservazione del nostro pianeta. Il Protected Planet Report 2020, rapporto biennale pubblicato col contributo di National Geographic Society, riporta i traguardi raggiunti in relazione all’Aichi Biodiversity Target 11, l’obiettivo globale decennale richiedente la conservazione di almeno il 17% delle aree terrestri e di acque interne, e il 10% delle aree costiere e dell’ambiente marino. Il rapporto indica che il 16,64% degli ecosistemi terrestri e delle acque interne, e il 7,74% delle acque costiere e oceaniche sono attualmente aree protette e conservate, mostrando che negli ultimi dieci anni, la superficie terrestre preservata è aumentata di oltre 21milioni di Km2. Considerando che molte aree protette della Terra restano non dichiarate, quando anche i dati di queste saranno resi disponibili, verrà chiaramente dimostrato il superamento dell’obiettivo di protezione del 17%.

Il Protected Planet Report 2020 però, specifica che, nonostante i buoni risultati ottenuti, ci sono ulteriori obiettivi da raggiungere. Il primo è migliorare la qualità delle aree protette per ottenere dei cambiamenti positivi, sia per le persone che per la natura. Questo perché la biodiversità è sempre a rischio e continua a diminuire, anche all’interno delle zone preservate. Inoltre queste ultime, ove possibile, devono essere ben collegate tra loro, al fine di consentire agli animali di spostarsi e, di conseguenza, ai processi ecologici di funzionare. Tuttavia, stando ai dati, meno dell’8% del territorio è sia protetto che connesso.

Un altro punto importante del rapporto riguarda le gestione delle aree. Nello specifico si richiede di identificarle, tenendo anche conto delle popolazioni indigene, delle comunità locali e delle entità private, riconoscendone i diritti ma anche le responsabilità. Non solo. Viene inoltre specificato quanto sia importante considerare gli sforzi di conservazione dei nativi, poiché sono i primi custodi delle aree protette e quindi fondamentali per il futuro dell’ambiente. È quindi anche necessario gestire in modo equo questi territori e fare in modo che i costi di conservazione non gravino sulle popolazioni locali.

Questi punti rientrano nel prossimo grande obiettivo che le comunità internazionali dovranno impegnarsi a raggiungere, il quale verrà trattato durante la Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, che si terrà prossimamente a Kunming (Cina): garantire la preservazione del 30% di terra, acqua dolce e marina, entro il 2030.

[di Eugenia Greco]

Terremoto in Cina: 3 morti e 27 feriti

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3 persone hanno perso la vita ed altre 27 sono rimaste ferite: è questo il bilancio attuale del terremoto che si è verificato nella giornata ieri in Cina. Le vittime sono state causate da una scossa di magnitudo 6.4 che ha colpito la regione dello Yunnan, nel sudovest della Cina. Nello specifico, secondo i dati del China Earthquake Networks Center essa è stata registrata nella contea di Yangbi Yi ad una profondità di 10 chilometri.

Pakistan: esplosione a manifestazione filopalestinese, 6 morti

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In Pakistan una bomba è esplosa durante una manifestazione filopalestinese ed ha provocato la morte di 6 persone , mentre altre 13 sono rimaste ferite. Nello specifico, l’esplosione è avvenuta nella città di Chaman, a ridosso del confine con l’Afghanistan: si tratta di una zona in cui operano le milizie armate jihadiste. L’attacco è stato effettuato tramite una motocicletta imbottita di esplosivo, la quale è deflagrata tra la folla.

Italia, la legge sull’export di armi è sotto attacco

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Dopo che nel mese di gennaio 2021 il governo italiano ha deciso di revocare 6 autorizzazioni per l’esportazione di missili e bombe aeree verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, vi è stata la reazione del settore della difesa, che ha ribadito l’importanza dell’industria militare e delle esportazioni di armi per l’economia del Paese mettendo nel mirino la legge 185 del 1990 sull’export militare. A tal proposito nella relazione annuale del Ministero della Difesa il Capo di Stato maggiore, Enzo Vecciarelli, ha sottolineato la «perplessità ed il rammarico» per le limitazioni dell’export verso Arabia Saudita ed Emirati ed ha dichiarato che tali attività rappresentino «una voce del bilancio nazionale di assoluto rilievo». Inoltre, il mese scorso il Tar del Lazio ha respinto il ricorso che era stato presentato dalla Rwm (azienda che produce materiale militare in Sardegna), giudicando «molto seri i rischi che gli ordigni oggetto delle autorizzazioni avrebbero potuto colpire la popolazione civile yemenita» e ribadendo che la salvaguardia e l’incolumità della popolazione civile debbano prevalere sull’interesse economico privato.

Ma reazioni del genere non dovrebbero proprio esservi, in quanto la revoca di queste autorizzazioni è stata giustamente attuata in ossequio alla legge 185 del 1990, che prevede il divieto di fornire armi ai Paesi «la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione» o che violino i diritti umani. Eppure l’Italia sta continuando a vendere armi ai paesi che non rispettano tali diritti, come ad esempio l’Egitto, infrangendo tale disposizione. Proprio per questo, 33 organizzazioni impegnate nella promozione della pace, del disarmo e della protezione umanitaria hanno lanciato un appello in cui si chiede al governo di «ribadire l’importanza di osservare le norme stabilite dalla Legge 185/90» ed al Parlamento di «analizzare con attenzione le relazioni governative sulle esportazioni di sistemi militari».

[di Raffaele De Luca]