lunedì 17 Novembre 2025
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Austria: Alexander Schallenberg ha giurato, è il nuovo Cancelliere federale

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Alexander Schallenberg è il nuovo Cancelliere federale austriaco: nella giornata di oggi, infatti, ha giurato nelle mani del presidente federale Alexander Van der Bellen seguendo la formula di rito. Schallenberg, sedicesimo cancelliere dal dopoguerra ad oggi, ha preso il posto del suo predecessore Sebastian Kurz, che si è dimesso nel fine settimana poiché travolto dalle accuse di corruzione. A tal proposito Schallenberg, durante il suo primo statement dopo il giuramento, ha affermato: «Sono convinto che le accuse contro Sebastian Kurz siano false e che ciò sarà dimostrato».

Green Pass: Pd presenta mozione per scioglimento Forza Nuova e movimenti neofascisti

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È stata presentata in Senato, da parte del Pd, una mozione che impegna il Governo a «dare seguito al dettato costituzionale sul divieto di riorganizzazione del disciolto partito fascista e alla conseguente normativa vigente, adottando i provvedimenti di sua competenza per sciogliere Forza Nuova e tutti i movimenti politici di chiara ispirazione neofascista artefici di condotte punibili ai sensi delle leggi attuative della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione». A tal proposito, le presidenti dei gruppi Pd di Senato e Camera, Simona Malpezzi e Debora Serracchiani, hanno affermato che chiederanno che essa venga calendarizzata al più presto in aula. Una mozione simile, inoltre, è stata presentata dai senatori Riccardo Nencini (Psi) e Davide Faraone (Iv).

Taiwan: cosa sta succedendo nel teatro principe dello scontro tra Usa e Cina

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Che l’isola di Taiwan fosse soggetta a situazioni politiche contorte era cosa nota, tuttavia nelle ultimissime settimane il clima sembra si sia scaldato velocemente, con Stati Uniti e Cina che hanno intensificato toni e frequenza delle dichiarazioni ideologiche, delle esercitazioni militari e delle minacce amministrative riguardanti questa particolare area geografica.

Per capire i motivi di una simile escalation è necessario prendere atto di un presupposto essenziale: tecnicamente Taiwan non esiste. Quando si parla di Taiwan, si parla in verità della Repubblica di Cina (ROC), ovvero uno Stato non riconosciuto dalla Cina continentale, ma neanche dai membri permanenti dell’ONU o dall’Unione Europea. Gli USA, almeno formalmente, non riconoscono la sovranità di Taiwan.

Una situazione già di per sé complessa che negli ultimi mesi è stata acuita dalle rivoluzioni politiche di Hong Kong, storico baluardo dell’Occidente reclamato da Beijing, dalla gestione dell’uscita militare dall’Afghanistan, la quale è stata facilmente inquadrata come la dimostrazione empirica dell’inaffidabilità statunitense, e dall’aumento delle tensioni militari nell’Indo-Pacifico. Le veloci e frequenti evoluzioni del panorama geopolitico stanno portando dunque Taipei, sostenuta da Washington, e la Cina a rimettere in discussione lo status dell’isola.

In tal senso, di recente ha fatto clamore l’eclatante dimostrazione di forza ordinata dall’Amministrazione Xi Jinping in occasione dell’anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese: 149 jet militari si sono lanciati in reiterate incursioni aeree nella zona di difesa aerea di Taiwan. La strategia, chiaramente coercitiva, è stata dunque seguita da una proposta diplomatica, con Beijing che ha suggerito alla Repubblica di formalizzare i rapporti sotto il format del “una nazione, due sistemi”, ovvero l’impalcatura amministrativa che viene applicata anche a Hong Kong. L’Ufficio presidenziale di Taipei ha bruscamente rifiutato l’offerta.

In tutto questo gli USA non sono certo rimasti inermi a guardare, piuttosto stanno portando avanti da tempo delle manovre militari e strategiche che per delicatezza diplomatica sono assolutamente comparabili a quelle della controparte cinese, seppur non vengano reclamizzate con altrettanta enfasi. La cosa è evidente quando gli statunitensi organizzano operazioni di «routine» per cui navi da guerra vengono dispiegate nelle acque dell’area, tuttavia l’ingerenza semiocculta è decisamente più vasta e capillare.

Ecco dunque che la Casa Bianca ha venduto a Tawian equipaggiamento militare per 5 miliardi di dollari nel solo 2020, evidenziando una tendenza bellico-strategica che peraltro non si è arrestata neppure con l’avvento di Joe Biden al potere. Parallelamente è inoltre emerso che Taipei stia già ospitando truppe speciali degli USA, dimostrando un’accoglienza mirata all’addestramento del proprio esercito.

Ambo le parti, insomma, stanno facendo il possibile per non abbassare i toni dello scontro diplomatico. Non resta che consolarsi del fatto che, almeno per ora, non sembra che sussistano i presupposti di una guerra vera e propria, anche perché i piani di sbarco previsti dalla Cina dovrebbero essere pronti solamente nel giro di tre anni. Biden ha inoltre dichiarato di aver trovato un punto d’accordo con l’omologo cinese. Un patto che tuttavia non risulta formalizzato e che somiglia più che altro a un patto tra “gentiluomini” affinché nessuno oltrepassi la proverbiale linea rossa in questo gioco di guerra.

[di Walter Ferri]

Sciopero generale dei sindacati di base, cortei e manifestazioni in tutta Italia

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Disagi nei trasporti sono stati registrati per lo sciopero nazionale indetto da Cobas e da tutti i sindacati di base per 24 ore. Nella Capitale i trasporti sono andati in tilt, complice il maltempo, con diverse linee della metro chiuse o a servizio ridotto. Disagi per il traffico sono stati registrati anche a Milano, mentre a Napoli alcuni attivisti hanno bloccato l’ingresso alle autostrade e alla zona commerciale del porto. Alitalia ha cancellato 127 voli nazionali e internazionali. Le proteste riguardano principalmente le politiche del governo Draghi, compresa l’obbligatorietà del Green Pass sul luogo di lavoro a partire dal 15 di ottobre.

Monthly Report: Cannabis, 60 anni di proibizionismo possono bastare?

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Oggi fanno la Marijuana in sigarette, non lo sapete? Oh, sì, sempre più sigarette di Marijuana sono sul mercato. La Marijuana, che viene già chiamato fumo assassino negli uffici della polizia. La polizia sa tutto sul fumo assassino. Ogni volta che un crimine particolarmente crudele è commesso, per cercare il responsabile la polizia comincia a dare la caccia ai consumatori di fumo assassino della zona. Chiedete ai poliziotti, vi racconteranno storie sui crimini dei fumatori assassini, capaci di bloccare il sangue più caldo nelle vene più tranquille. La prima sigaretta di fumo assassino dona sogni strani e stranamente belli, ma dopo le prime sigarette ci vuole sempre più fumo per riprodurre il sogno e improvvisamente i nervi torturati cedono e il fumatore omicida deve tagliare e accoltellare, picchiare e sparare, per soddisfare la fame tormentata creata dalla droga”.

Rileggere al giorno d’oggi queste righe fa sorridere ed è probabile che nemmeno il più fervente proibizionista oserebbe tanto. Sono di un quotidiano statunitense e l’anno di pubblicazione è il 1931. In quegli anni si scatenò una violentissima campagna su tutti i mezzi di stampa contro la cannabis, all’epoca ancora legale come sempre lo era stata nella storia dell’umanità. Di articoli come questo, praticamente fatti in fotocopia, ne uscirono a centinaia. Fu la prima campagna di fake news ad ampio raggio, portata avanti dal grosso dell’industria dell’epoca ed orchestrata dal governo americano tramite il Federal Boreau of Narcotics, che con i fondi statali produsse anche un film volto a terrorizzare il popolo americano sulla terribile nuova droga chiamata marijuana. All’epoca la canapa aveva un ruolo centrale nell’economia del paese e nella vita delle famiglie: ci si facevano i vestiti, la carta, la farina, l’olio, il mangime per gli animali, le vele delle navi, le lenzuola e molto altro. Henry Ford aveva addirittura brevettato un’auto costruita in fibra di canapa e alimentata con il bioetanolo estratto dalla stessa pianta. Gli armadietti dei medicinali degli americani e non solo erano pieni di rimedi per la salute a base di cannabis, i cui benefici contro una lunga lista di problemi di salute erano inclusi nelle farmacopee del mondo intero e pubblicizzati sui giornali. La campagna di demonizzazione servì a cambiare le carte in tavola, liberando il mercato per le nascenti industrie delle fibre plastiche, del petrolio e dei medicinali. Al punto che diversi ricercatori, non senza indizi, ritengono che le ragioni del proibizionismo vadano ricercate proprio nell’attività di lobby di queste industrie sul governo americano dell’epoca.

Quale che sia la verità, è interessante e istruttivo notare come pochi anni di terrorismo mediatico bastarono per convincere la popolazione non solo ad accettare, ma addirittura a desiderare la messa al bando totale di una pianta. Non dei suoi fiori psicoattivi si badi bene, proprio di tutte le parti della pianta di canapa. Esattamente come se per vietare il vino si vietasse la coltivazione della vigna. Da allora è passato quasi un secolo ma, le scelte fatte in quell’epoca influiscono ancora sulle nostre vite e sul pianeta. Tutto quello che leggerete nelle prossime pagine è stato reso possibile dalle menzogne diffuse dalla grande stampa dell’epoca, ieri come oggi irrimediabilmente al soldo del potere politico ed economico. Un dato che dovrebbe fare riflettere, tanto più di questi tempi.

L’obiettivo di questo terzo numero del mensile de L’Indipendente è proprio quello di portarvi a conoscere la verità su una pianta tanto demonizzata. Cosa hanno provocato, in Italia e nel mondo, decenni di proibizionismo? Come e perché molti Stati stanno attuando una via di uscita dalla “guerra alla droga”? Cosa succede a livello sociale e sanitario dove la cannabis diventa legale? Quali interessi economici si muovono dietro la legalizzazione? Ed ancora: la cannabis è veramente una medicina? E sul serio la canapa industriale potrebbe sostituire molte materie prime e contribuire efficacemente a migliorare l’ambiente?

Il mensile, in formato PDF, può essere scaricato dagli abbonati a questo link: lindipendente.online/monthly-report/

Polonia, migliaia di antisovranisti in piazza contro la Polexit

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Migliaia di cittadini polacchi si sono riversati nelle piazze per protestare contro l’ipotesi di Polexit. In piazza c’era anche il leader dell’opposizione politica Donald Tusk, che vuole una Polonia “europea e democratica”. La settimana scorsa la Corte costituzionale polacca ha sancito la prevalenza di alcune norme nazionali su quelle europee, avviando quindi la Polonia verso l’uscita dalla cooperazione giudiziaria con l’UE: si tratta di uno scenario sino ad ora inedito. Secondo i sondaggi, la maggior parte dei polacchi è favorevole alla permanenza nell’Unione, ma le tensioni tra il partito populista PiS e Bruxelles, in particolare sullo stato di diritto, si stanno facendo sempre più gravi.

Il viaggio delle auto vecchie e pericolose che inquinano l’Africa (e il pianeta)

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Circa 14 milioni di auto vecchie e ad alto tasso inquinante continuano ad essere esportate dai paesi ricchi a quelli considerati in via di sviluppo. Tra il 2014 e il 2018 più della metà di questi veicoli è stata inviata in Africa. Sono dati riportati e analizzati da un report stilato dal Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), secondo cui nonostante lungo il continente africano non ci siano ancora strade e infrastrutture adeguate e organizzate come in altre zone del mondo, il traffico su gomma si sta sviluppando sempre di più.

Milioni di auto, furgoni e minibus usati, provenienti prevalentemente da Europa, Stati Uniti e Giappone, stanno di fatto ostacolando gli sforzi per combattere il cambiamento climatico. I mezzi esportati, infatti, contribuiscono all’inquinamento atmosferico perché spesso sono di scarsa qualità e per niente adatti a superare i test di idoneità alla circolazione (a cui, per questo, non vengono assolutamente sottoposti).

Si stima che, nel solo 2019, dal porto di Anversa abbiano preso il largo circa 320mila veicoli di seconda mano destinati a raggiungere l’Africa occidentale. Un numero in costante aumento, da anni.

Ad esempio la Guinea ha importato, nel 2018, un totale di 67.313 veicoli. Il 64% di questi proveniente dal Belgio e il 97% molto usato (e abbastanza mal messo). Cifre alte se si pensa alla mancanza di strade percorribili e alle poche persone istruite a guidare una vettura. Si tratta per lo più di auto che secondo gli standard europei non potrebbero essere vendute e nemmeno esportate: dovrebbero, insomma, finire dritte da un’autodemolizione.

Infatti gli esperti hanno rilevato che l’80% di queste auto non rispetta gli standard di sicurezza e ambiente nel paese da cui sono state esportate, finendo per avere un grosso impatto sulla salute degli individui e sull’ambiente circostante nei paesi di arrivo. I mezzi emettono particolato fine e ossidi di azoto, considerati fra le principali fonti di inquinamento atmosferico in molte città. Più in generale il settore trasporti è considerato fra quelli maggiormente inquinanti: quasi un quarto delle emissioni di gas serra proviene dagli spostamenti e dal traffico su strada.

Jane Akumu, esponente dell’UNEP, ha raccontato che alcuni paesi africani non hanno uno standard di classificazione solido e ben definito in materia di auto importate. “In circa 30 paesi africani non esistono limiti di età per le auto. Quindi, qualsiasi tipo di auto, di qualsiasi epoca può entrare”. Infatti nel 2017 l’età media di un veicolo diesel importato in Uganda era di oltre 20 anni. Auto che, oltre ad essere ormai vecchie e malandate, risultano mancanti di alcuni pezzi importanti. La maggior parte delle auto è stata manomessa prima di essere importata per rimuovere parti (potenzialmente) di valore, rivendibili, ad esempio, nel mercato europeo. Queste parti spesso vengono sostituite con alternative economiche, che rendono la vettura ancora più pericolosa da usare.

In Marocco e in Kenya la crescente consapevolezza della potenziale mortalità dei veicoli introdotti nei propri territori ha portato ad un cambio di rotta: un incremento di regolamenti e restrizioni a cui sottoporre i veicoli prima di introdurli nel paese. Hanno applicato, ad esempio, alcuni limiti di età accettando solo auto fra i 5 e gli 8 anni. Un passo importante ma non sufficiente, soprattutto perché, come sostiene UNEP, “Da un lato, non è etico che questi paesi sviluppati esportino veicoli che non sono idonei alla circolazione sulle proprie strade e dall’altra perché i paesi importatori hanno aspettato così tanto tempo per mettere in atto degli standard minimi?”. Per affrontare davvero il problema è necessario, in sintesi, agire da entrambe le parti.

Nel marzo 2020 la Commissione Europea, attraverso la sua rappresentante Ursula von der Leyen, ha presentato un piano di economia circolare e tutela ambientale, definito “uno dei pilastri del green deal europeo.” Nel documento si legge che uno degli obiettivi più importanti, a cui è finalizzato il piano, è raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Esportare mezzi altamente inquinanti al di là del mare di certo non contribuirà a rispettare le promesse prese.

[di Gloria Ferrari]

Afghanistan, primi colloqui con delegazione USA

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Si è tenuto domenica il primo incontro faccia a faccia tra ufficiali statunitensi e talebani. Ned Price, portavoce del Dipartimento di Stato, ha riportato che il focus dell’incontro sono stati il transito sicuro per cittadini americani, stranieri e afghani sul territorio, i diritti umani (inclusa la piena partecipazione delle donne alle attività in società) e il terrorismo. Il timore è infatti che l’Afghanistan diventi una zona d’appoggio per Al Quaeda o altri gruppi estremisti. È stato discusso anche l’ingente aiuto umanitario che gli Stati Uniti forniranno alla popolazione afghana. Il portavoce dichiara che sono stati presi impegni concreti, ma non è stata riconosciuta legittimità al governo talebano.

Corteo No Green Pass: 12 arresti, decapitati i vertici di Forza Nuova

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Nel corso della notte 12 persone sono state arrestate per aver preso parte agli scontri avvenuti ieri al corteo contro il green pass a Roma. Tra di essi ci sono Giuliano Castellino, responsabile nazionale di Forza Nuova, e Roberto Fiore, fondatore e leader storico del movimento neofascista. Il partito di estrema destra, come da abitudine, avrebbe infatti infiltrato il corteo cercando di prendere la testa della parte che si è staccata andando ad assediare la CGIL. Intanto il deputato del PD Emanuele Fiano ha annunciato: «Domani presenteremo una mozione urgente alla Camera per chiedere lo scioglimento di Forza Nuova e degli altri movimenti dichiaratamente fascisti».

Guerra alla droga: un fallimento lungo mezzo secolo

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Da quando, durante una conferenza stampa del 18 giugno del 1971, l'allora presidente Nixon inneggiò al proibizionismo, la droga non ha mai smesso di essere un "nemico pubblico" per gli Stati Uniti. E la cannabis non ha mai fatto eccezione. A seconda del momento storico, la "guerra alla droga" è stata usata per vari scopi. Come strumento di controllo sociale, quando negli anni '30 e '40 i poliziotti andavano a scovare i consumatori nei quartieri più poveri, abitati prevalentemente da afroamericani. Come strumento politico, durante la guerra fredda, quando veniva additata come mezzo usato dai co...

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