sabato 15 Novembre 2025
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Corruzione ai concorsi per polizia e forze armate, 14 arresti a Napoli

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La Polizia Penitenziaria ha dato esecuzione a 14 misure cautelari nei confronti di altrettanti individui accusati dalla Procura di Napoli di corruzione. Nello specifico si ritiene che, in cambio di somme di denaro, essi abbiano promesso e poi agevolato alcuni partecipanti ai concorsi per il reclutamento nei Corpi delle Forze Armate e nella Polizia Penitenziaria, aiutandoli nello specifico a superare le prove psico-attitudinali. Le indagini hanno portato alla luce una trama di episodi corruttivi che hanno visto protagonisti, tra la fine del 2020 e la prima metà del 2021, due agenti della Polizia penitenziaria.

L’Europa ha chiesto all’Italia di proteggere i dati dei massoni siciliani

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“La Commissione ha trasmesso alle autorità italiane una richiesta formale di chiarimenti al fine di valutare la compatibilità della Legge n.18 del 12 ottobre 2018 con il diritto dell’Ue, compresi i diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali”: è questa la conclusione della Commissione per le petizioni dell’Unione Europea in merito alla richiesta di abrogazione della legge approvata dall’Assemblea Regionale Siciliana il 12 Ottobre 2018, che aveva istituito l’obbligo per i parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana (Ars) di dichiarare la loro eventuale affiliazione alle logge massoniche. L’intervento della Commissione era stato richiesto da un cittadino italiano (A.M.), assistito dall’avvocato del foro di Catania Salvatore Ragusa, sulla base dell’idea che “l’obbligo di presentare una dichiarazione sull’eventuale appartenenza ad associazioni massoniche sia in palese contrasto con la Costituzione italiana e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”, essendo state a suo parere infrante “varie disposizioni, in materia di dignità, rispetto della vita privata, libertà di pensiero, di coscienza, di espressione, di riunione e associazione e di non discriminazione”.

La Commissione ha dunque risposto presente e riconosciuto, in prima battuta, la legittimità dell’appello con un documento datato 22 luglio 2021. Di conseguenza, ha richiesto ufficialmente chiarimenti allo Stato italiano sul contenuto del provvedimento, evidenziando come la Legge debba essere “proporzionata alla finalità legittima perseguita” e i dati trattati debbano essere “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto a tali finalità”. Secondo la Commissione, infatti, “Il trattamento dei dati personali può essere lecito solo se rispetta i diritti e le libertà riconosciuti dalla Carta, compresa la non discriminazione, nonché la libertà di pensiero, di coscienza e di religione e la libertà di riunione e di associazione”.

La legge era stata approvata tre anni fa dall’Assemblea regionale siciliana grazie ad un accordo tra la componente di centro-sinistra e il Movimento 5 Stelle. Il provvedimento aveva statuito che “Entro quarantacinque giorni dall’insediamento, i deputati dell’Ars, il Presidente della Regione ed i componenti della Giunta regionale sono tenuti a depositare, presso l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea regionale siciliana, una dichiarazione, anche negativa, sull’eventuale appartenenza a qualunque titolo ad associazioni massoniche o similari che creano vincoli gerarchici, solidaristici e di obbedienza, precisandone la denominazione, qualora tale condizione sussista”. Un emendamento presentato dal Movimento 5 Stelle e approvato dall’Assemblea aveva esteso tale obbligo anche ai consiglieri e alle giunte comunali.

Il nome del primo firmatario della legge è quello di Claudio Fava, presidente della Commissione regionale antimafia e figlio del giornalista Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984. Un provvedimento che ha un obiettivo chiaro: garantire la trasparenza della classe dirigente in Sicilia, terra che più di tutte ha subito gli effetti nefasti delle pericolose infiltrazioni della criminalità organizzata nell’ambiente delle logge, che per decenni ha costituito uno dei più significativi punti di contatto tra mafia, settori deviati delle istituzioni e organizzazioni eversive. “Nonostante le fortissime pressioni in senso contrario, abbiamo affermato un dovere di trasparenza e di responsabilità che adesso andrebbe esteso a tutte le cariche elettive in Italia”: così commentò il presidente della commissione Antimafia in seguito all’approvazione della norma.

A contestare vigorosamente la legge furono le forze di centro-destra: l’On. Catalfamo di Fratelli d’Italia protestò per la presunta incostituzionalità della norma, mentre l’On. Eleonora Lo Curto dell’Udc, allineandosi a tale giudizio, difese espressamente la dignità delle tradizioni massoniche: “Diciamo no ad una legge che attacca indiscriminatamente la massoneria, che ha una storia alle spalle anche positiva, stiamo legiferando sul nulla perché questa norma è incostituzionale, questa legge non doveva arrivare in aula, non c’è nulla nello statuto del Goi che vada contro la legge italiana e contro la costituzione. Sono cattolica, non sono lesbica, cosa aggiungo ai cittadini su di me se dico che sono o meno massone?”. E’ curioso constatare come il nominativo di Pasquale Surace, coniuge dell’Onorevole, fosse stato individuato come “maestro in sonno” appartenente alla loggia massonica “Abele Damiani” della città di Marsala: il suo nome era infatti presente nelle liste degli appartenenti alle logge massoniche trapanesi che la commissione nazionale antimafia si procurò nella cornice di un’inchiesta incentrata sui legami tra mafia, politica e massoneria.

In ogni caso, accompagnato dal prevedibile plauso della loggia massonica Grande Oriente d’Italia (il cui Presidente Stefano Bisi, nel 2018, definì la norma approvata dall’Ars “mostruosa sul piano giuridico e morale”), l’intervento europeo ha rimesso tutto in discussione.

[di Stefano Baudino]

Tunisia, non si fermano le proteste popolari contro il presidente Kais Saied

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Sono migliaia i tunisini che da giorni protestano contro il presidente Kais Saied e il suo modo di gestire il paese al grido di “Fermate Kais Saied, libertà!”. La loro marcia verso il Parlamento è stata bloccata da centinaia di poliziotti che hanno impedito l’accesso al palazzo del Bardo, nella capitale, e il cui operato ha generato tensioni e scontri. I manifestanti chiedono a gran voce un regime democratico e nuove elezioni, questa volta libere e volute.

“Non accetteremo un nuovo dittatore, non ci tireremo indietro”, ripetono i tunisini. “Siamo sotto il governo di un solo uomo dal 25 luglio. Rimarremo qui fino a quando non apriranno le strade e porranno fine all’assedio”, ha ribadito all’agenzia di stampa Reuters Jawher Ben Mbarek, uno dei leader delle proteste.

Saied ha preso definitivamente il potere con un colpo di stato, interrompendo quello che per la Tunisia sembrava essere un buon periodo per avviare un’efficace transizione democratica. Quello di Saied, un uomo estraneo all’ambito militare (al contrario di molti dittatori) e proveniente invece dall’universo scolastico (ex professore di diritto costituzionale), doveva essere un totale cambio di rotta politico. A suo dire, si sarebbe impegnato a combattere la corruzione. Tuttavia, a quattro mesi dal colpo di stato, non vi è ancora alcun piano alle porte che preveda, ad esempio, dialogo con i partiti e una strategia economica solida, in un paese ancora sommerso dai debiti. Anzi, al contrario, poco dopo la presa di potere alcuni politici e funzionari sono stati rinchiusi ai domiciliari o obbligati a rimanere nel paese. Misure ora in gran parte revocate, ma emblematiche di un clima di privazione e restrizioni. Destino subìto anche da due emittenti televisive vicine ai principali partiti: chiuse per esercizio senza licenza.

Per Saied si prospetta un periodo difficile, con un’opposizione che acquista forza giorno dopo giorno e un popolo, quello tunisino, non più disposto a rinunciare alla democrazia. La riconquista della libertà non sarà facile, soprattutto dopo le ultime manovre del presidente che, il 25 luglio scorso, ha assunto su di sè l’autorità esecutiva. Decisione a cui hanno fatto seguito una serie di “misure straordinarie” come la rimozione dal suo incarico del primo ministro di Hichem Mechichi e la sospensione dell’attività del Parlamento (prorogata ancora il 22 settembre). Azioni che Saied ha commentato come necessarie per salvare le istituzioni statali tunisine e i diritti del popolo stesso.

“Vogliono tornare al normale processo legislativo. Vogliono tornare alla Costituzione del 2014. Vogliono che Kais Saied si dimetta e che si tengano nuove elezioni”, ha detto ad Al Jazeera la giornalista Elizia Volkmann. Secondo gli economisti il debito del paese è pari a circa il 90 per cento del prodotto interno lordo e il valore della valuta locale (il dinaro) è diminuito. Come ha detto al Manifesto Ben M’barek, costituzionalista e docente, “Penso che Saied non abbia i mezzi per continuare e il suo colpo di Stato sia condannato. La situazione economica e finanziaria del Paese è catastrofica”.

[di Gloria Ferrari]

Migranti: 10 morti al largo della Libia

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Nella giornata di ieri 10 migranti hanno perso la vita al largo della Libia. In seguito ad una richiesta di soccorso effettuata da parte di Alarm Phone, infatti, la Ong Medici senza frontiere ha raggiunto – tramite la nave “Geo Barents” – un’imbarcazione di fortuna sovraffollata che si trovava precisamente a 30 miglia dalla costa libica. Tuttavia, come comunicato da Medici senza frontiere tramite un tweet, mentre 99 persone sono state salvate altre 10 sono appunto state trovate morte sul fondo dell’imbarcazione.

Migranti: Polonia costruirà muro al confine con Bielorussia

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Nel mese di dicembre la Polonia comincerà a costruire un muro al confine con la Bielorussia. A comunicarlo è stato il governo di Varsavia, nel pieno della crisi migranti con Minsk. Il ministro dell’Interno, Mariusz Kaminski, ha in tal senso spiegato che i lavori andranno avanti 24 ore al giorno su tre turni.

Il Parlamento discute l’estensione del Green Pass, ma in aula non c’è nessuno

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Nella giornata di ieri si è tenuta nell’Aula della Camera la discussione generale sulla conversione in legge del decreto-legge sull’estensione del Green Pass nei luoghi di lavoro, ma il numero di deputati presenti è stato davvero esiguo. Come si può facilmente verificare guardando la diretta della seduta, infatti, le sedie dell’Aula erano quasi tutte vuote ed a prendere la parola sono stati circa 10 deputati. A tal proposito, la scarsa partecipazione alla discussione è stata sottolineata anche da Nomfup – un blog il cui fondatore è il deputato del Partito Democratico Filippo Sensi (che ha preso parte alla discussione) – il quale ha commentato la situazione in diretta tramite un tweet in cui ha parlato di 6 deputati presenti.

Ad ogni modo, la scarsa attenzione dei deputati alla questione non sorprende, ed è probabilmente anche sintomo del fatto che il Parlamento è stato sostanzialmente esautorato per ciò che concerne la discussione riguardante il Green Pass. Basterà ricordare che negli scorsi giorni è stata posta su tale decreto-legge la questione di fiducia al Senato, che ha confermato la stessa, ed oggi – giorno successivo alla discussione sopracitata – è stata posta la fiducia nell’Aula della Camera. Ad annunciarlo all’Assemblea di Montecitorio, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Ansa, è stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà.

Tutto ciò però fa emergere non pochi dubbi sulla democraticità dei processi in corso, dato che l’aver posto la questione di fiducia sia al Senato che alla Camera è sinonimo del fatto che il decreto – che disciplina la normativa più restrittiva d’Europa in materia di Green Pass – sarà convertito in legge senza che alcun ramo del Parlamento abbia potuto dibatterne ed emendare i contenuti.

[di Raffaele De Luca]

Il Tamigi riprende vita: squali e foche tornano nelle acque del fiume

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Il Tamigi, tra i fiumi più famosi d’Europa e simbolo di Londra, una delle metropoli più grandi del mondo, era stato dichiarato “biologicamente morto” alla fine degli anni Cinquanta, a causa dei numerosi anni di inquinamento industriale e cittadino che avevano ucciso il suo ecosistema. Oggi, fortunatamente, è tornato a vivere, diventando la casa di numerose specie acquatiche. Il corso d’acqua, che scorre per 346 chilometri nell’Inghilterra meridionale, è diventato l’habitat ideale per 125 specie di pesci, tra cui il cavalluccio marino e l’anguilla, ma anche di foche e di 90 tipi di uccelli acquatici. Ma ciò che più sorprende, è che il Tamigi sia diventato dimora anche di alcune varietà di squali che si rifugiano nell’estuario per partorire. Nello specifico, attualmente, si trova lo squalo spinarolo, specie a rischio anche per via della pesca eccessiva; il palombo stellato e la canesca.

Se oggi il Tamigi è un luogo pullulante di biodiversità, lo si deve alla Zoological society of London, società impegnata da tempo nel ripristino del prezioso ambiente naturale. Questa, infatti, oltre a dedicarsi alla tutela degli animali – come la migrazione delle anguille e il monitoraggio dei pesci più giovani – si impegna a mantenere l’ambiente fluviale pulito. Attualmente, per esempio, sta cercando di fare vietare a Londra la vendita di acqua nelle bottigliette di plastica e si sta occupando del trattamento delle acque reflue. Grazie a tutte queste azioni, si legge nel rapporto, la qualità dell’acqua è migliorata, con concentrazioni di ossigeno disciolto che mostrano un aumento dal 2007 al 2020. Una situazione che si vuole preservare se non addirittura migliorare. Nel 2025, infatti, è prevista l’apertura di una rete fognaria sotterranea – chiamata Thames Tideway Tunnel-, che si estenderà per 25 chilometri e contribuirà, ripulendo il fiume da liquami grezzi e rifiuti, a salvaguardare la sua biodiversità.

[di Eugenia Greco]

India: semi lockdown a New Delhi a causa dell’inquinamento

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A New Delhi, la capitale dell’India, per tutta la settimana a causa dell’inquinamento i cittadini dovranno rispettare un semi lockdown, con uffici chiusi e milioni di dipendenti che dovranno lavorare in smart working. A riportarlo è l’agenzia di stampa Ansa, la quale specifica che la misura è stata imposta dalla Corte suprema da un lato per tutelare la popolazione dall’inquinamento e dall’altro per far diminuire il traffico. Il provvedimento, inoltre, si affianca alla chiusura delle scuole ed al blocco dei cantieri edili per quattro giorni.

I lavori per il TAV in Val di Susa consumano ogni giorno acqua per 23.000 persone

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Dall’inizio dei lavori per il TAV Torino-Lione (nel 2014), al dicembre 2018, sono fuoriusciti dall’area del cantiere 9 milioni m³ di acqua, per una media annua di 1,85 milioni m³) a causa dei lavori di costruzione. Una quantità d’acqua che sarebbe sufficiente per i consumi di ben 23.000 cittadini italiani (considerando i dati Istat sul consumo pro capite). È quanto calcolato in base al Bilancio ambientale del cunicolo esplorativo de La Maddalena, predisposto da TELT sas, l’azienda che si occupa della realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione).

Non utilizzabile per scopi di cantiere, l’acqua che esce dal depuratore a valle del cunicolo finisce quindi nel fiume piemontese Dora Riparia, dando vita a un significativo dispendio energetico e non solo. Depurare e raffreddare l’acqua prima che venga immessa nel fiume (come previsto dalla legge così da non alterarne il normale equilibrio) costa energia ed emette inquinanti. L’impatto sulla risorsa idrica è reale, vista l’alterazione del naturale ciclo che questa dovrebbe compiere. Ruscelli stagionali, pozze, sorgenti cancerizzanti, stagni, torbiere d’alta quota possono essere compromessi con ripercussioni su flora e fauna e sui pascoli, ma anche borgate e rifugi rischiano di non avere più risorse idriche – sostituibili, sì, ma con ingenti costi tanto economici quanto ambientali -. E se i rischi sopraelencati sono vividi già solo con degli interventi “insignificanti” (se paragonati all’opera completa da effettuare), è necessario riconsiderare il progetto intero, come indicano gli ormai trenta anni di proteste (speso represse in malo modo) in Val di Susa.

Da considerare poi che la galleria attualmente utilizzata per i lavori è una galleria geognostica (ovvero di test) e quindi meno lunga e profonda di quella principale ancora da costruire, che misurerà ben 57 km. Plausibile quindi che le perdite diverranno proporzionalmente maggiori. La stessa TELT, infatti,  valuta perdite d’acqua tra i 60 e i 120 m³ l’anno, equivalente al fabbisogno di, rispettivamente 750.000 e 1.500.000 di persone. I rischi relativi a lavori tanto impattanti a livello territoriale erano già stati previsti dall’inizio del progetto, comunque approvato dalle autorità competenti. Anzi, nonostante una chiara e progressiva, dimostrativamente rischiosa ripercussione sul territorio, il Governo Draghi ha, quest’anno, sbloccato i lavori in Val di Susa mentre in estate sono stati aggiunti tre miliardi di euro per la prosecuzione del TAV Torino-Lione.

[di Francesca Naima]

Le truffe sul reddito di cittadinanza all’analisi dei dati: la grande fuffa

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Siamo passati dall’aver sconfitto la povertà all’insofferenza verso la povertà? A ripassare le dichiarazioni più disparate sul Reddito di Cittadinanza sembrerebbe di sì. Ma qualche approfondimento sui dati del Reddito di Cittadinanza, forse, può aiutare a capire meglio senza finire sempre nelle polemiche di quart’ordine. Chi lo prende? Dove vive? E, soprattutto, è un problema così diffuso quello delle truffe o solo un’arma politica usata a sproposito da chi avversa la misura? E ancora, cosa ci rivelano le indagini della Guardia di Finanza e dei Carabinieri? Domande che non faremo ai cosiddetti esperti né tantomeno ai politici, ma ai numeri.

Avere la dimensione reale della platea completa, ma soprattutto dove vive questa platea, aiuta anche a capire cosa significano le notizie di cronaca riguardo, ad esempio, le truffe di cui abbiamo letto nei giorni scorsi. Di che percentuali parliamo? E perché, ad esempio, la mega truffa è stata scoperta in Lombardia; una delle regioni più ricche e con più occupati d’Italia?

Chi percepisce il Reddito e quante sono le truffe

Pasquale Tridico, presidente dell’Inps ha detto all’Ansa: «Su oltre tre milioni di persone interessate (in media 1,5 milioni di nuclei – ndr) due terzi sono minori, disabili e anziani. Il 75% delle persone interessate dal Reddito non ha mai lavorato e chi lo ha fatto ha avuto poche settimane di lavoro». L’altro terzo è composto da persone con tassi di scolarizzazione molto bassi e non in grado di essere stabilmente occupati. Inoltre un dato della Guardia di Finanza rivela che il pericolo di truffe si aggira su una percentuale non superiore all’1%. Questo significa che in un anno su oltre un milione e mezzo di nuclei percettori si può avere una quantità di truffatori poco superiore a 20.000 unità. È così difficile prevenire e controllare una media così bassa di possibili casi sospetti? Fonti Inps contano i nuclei “decaduti dal diritto”, dall’aprile 2019 al settembre 2021, in 583.000. Tra le motivazioni più frequenti “l’accertamento per mancanza del requisito di residenza/cittadinanza” e casi in cui cambia la composizione del nucleo famigliare. Questo su una platea di circa 4 milioni di nuclei interessati dal 2019 ad oggi.

Distribuzione dei percettori di reddito di cittadinanza nelle Regioni [dati Inps, elaborazione grafica L’Indipendente]
Comparando soltanto questi dati è evidente che stiamo dibattendo del nulla. Chiaro che la truffa, così come qualsiasi altro comportamento illecito, va perseguita e i responsabili, anche se si contassero con le dita di una mano, indubbiamente vanno sanzionati. Ma se cerchiamo di guardare al fenomeno nella sua dimensione reale dobbiamo andare su un’altra scala di osservazione.

Cosa ci dicono i dati sul RDC

Inutile aggiungere che i dati vanno sempre interpretati e comparati in modo critico. Di per sé sono muti. Per farli “parlare”, costringerli a dire di più, a confessare ciò che non appare nell’immediato, occorre fare qualche sforzo. In un caso come questo del Reddito di Cittadinanza è scontato che dobbiamo compararli ai dati dell’occupazione, se partiamo dal principio che stiamo tentando di lenire i problemi della povertà economica per mancanza di lavoro e quindi di reddito. Noi italiani sappiamo – per costituzione – che le regioni del Sud sono più povere di quelle del Nord e soffrono più di altre della disoccupazione di breve e lungo termine. In effetti la fotografia che l’Istat ci restituisce riguardo gli occupati dai 15 anni in su, per regione, ce le elenca inesorabilmente da anni: sotto la media italiana ci sono la Liguria, l’Abruzzo, la Basilicata, il Molise, la Sardegna, la Puglia, la Campania, la Calabria e la Sicilia. Niente di sorprendente.

Tasso di occupati per Regione [dati Istat, elaborazione grafica L’Indipendente]
Ora se le cose andassero per il verso giusto, a questa classifica dovrebbe corrispondere la classifica di intervento per l’inclusione sociale distribuito similmente almeno tra la maggioranza delle regioni più povere e con più disoccupati. Quindi calcoliamo dai dati dell’ultimo Report dell’Inps disponibile la distribuzione percentuale per regioni dei nuclei richiedenti Reddito/Pensione di Cittadinanza del 2020 (perché è l’unico anno completo). Risultato? La corrispondenza è quasi univoca.

Rapporto tra numero percettori Reddito di Cittadinanza/Pensione di cittadinanza rispetto alla popolazione residente [dati Istat, elaborazione grafica L’Indipendente]
Il reddito/pensione, infatti, va dove deve andare – almeno in linea di principio secondo i nostri presupposti di indagine – ma qualcosa non torna per la Lombardia e il Lazio (probabilmente per Milano e Roma, città con milioni di abitanti) e non torna per le regioni più piccole (Liguria, Abruzzo, Basilicata e Sardegna). È evidente che c’è qualche distorsione nella distribuzione – e questo spiegherebbe anche perché le forze dell’ordine hanno trovato la truffa, relativamente più diffusa, in Lombardia – e soprattutto indicherebbe che se c’è da discutere sul tentativo di inclusione sociale non è sulle truffe o percentuali di ipotetiche truffe, che appaiono evidentemente fisiologiche, ma sui meccanismi di distribuzione che, invece, dovrebbero essere raffinati per andare a lenire le situazioni di vera povertà ed esclusione sociale. Al netto del fatto che l’Inps è autorizzata a fare verifiche più approfondite, incrociando le informazioni contenute nelle banche dati di Regioni, Comuni, Aci, Agenzie delle Entrate, ministero della Giustizia e non solo, più che di truffa diffusa siamo, al solito, finiti alla fuffa.

[di Antonio Gesualdi]