Un violento nubifragio ha colpito nella notte la costa fermana, provocando gravi allagamenti a Porto San Giorgio. Dalle prime ore del mattino i vigili del fuoco sono intervenuti per liberare sottopassi, garage e scantinati invasi dall’acqua, con situazioni critiche soprattutto in piazza Gaslini. Sul posto operano anche protezione civile, polizia locale e il sindaco Vesprini per coordinare gli interventi. Smottamenti hanno interessato la zona collinare, con strade e garage sommersi da fango e detriti. Disagi e danni si registrano anche in altre aree della provincia, sia costiere sia interne.
I 21 punti del piano Trump per Gaza
In quella che appare come una netta inversione di rotta in merito ai futuri equilibri nel Medio Oriente, diversi media statunitensi e israeliani hanno diffuso i presunti dettagli del piano elaborato dal presidente USA Donald Trump per porre fine al conflitto di Gaza. Il progetto, articolato in 21 punti e discusso con alcuni alleati arabi a margine dell’Assemblea Generale dell’ONU, si fonderebbe su un approccio di realpolitik, combinando esigenze di sicurezza e pragmatismo con una cauta e sfumata apertura alla prospettiva di un futuro Stato palestinese. «Siamo molto vicini ad un accordo», ha annunciato Trump dopo aver illustrato il programma ai leader arabi (dal Qatar all’Arabia Saudita, dall’Egitto alla Turchia). Secondo i media ebraici, Hamas avrebbe dato un ok “di principio” agli Stati Uniti, ma non vi è ancora certezza che i suoi negoziatori abbiano già ricevuto i documenti da esaminare.
Il piano del presidente statunitense per Gaza prevede una serie di misure politiche, economiche e di sicurezza. Ecco la lista dei 21 punti diramata dagli organi di informazione americani e israeliani:
- 1) Trasformare Gaza in un’area libera da “estremismo e terrorismo”
- 2) Ricostruire completamente la Striscia.
- 3) Terminare la guerra appena le due parti accettano, e fermare le operazioni militari israeliane con l’inizio del ritiro graduale da Gaza.
- 4) Restituire tutti gli ostaggi vivi e i corpi dei morti entro 48 ore dall’accettazione pubblica dell’accordo da parte di Israele.
- 5) Rilasciare centinaia di prigionieri palestinesi condannati all’ergastolo e oltre 1000 detenuti dall’inizio della guerra, e consegnare i corpi di centinaia di palestinesi.
- 6) Concedere un’amnistia condizionata ai membri di Hamas che desiderano partire.
- 7) Far affluire aiuti a Gaza a un ritmo di almeno 600 camion al giorno, con la riqualificazione delle infrastrutture e l’ingresso di attrezzature per la rimozione delle macerie.
- 8) Distribuire gli aiuti attraverso le Nazioni Unite, la Mezzaluna Rossa e organizzazioni internazionali neutrali senza l’interferenza di alcuna parte.
- 9) Gestire Gaza da parte di un governo transitorio temporaneo di tecnocrati palestinesi sotto la supervisione di un’autorità internazionale guidata da Washington in collaborazione con partner arabi ed europei.
- 10) Creare un piano economico per la ricostruzione di Gaza.
- 11) Creare una zona economica con tasse e dazi ridotti.
- 12) Impedire lo spostamento forzato dei palestinesi.
- 13) Disarmare Hamas e impedirle di governare.
- 14) Fornire garanzie di sicurezza da parte di stati regionali per garantire l’impegno di tutte le parti.
- 15) Formare una forza di stabilità internazionale temporanea guidata da americani e arabi per supervisionare la sicurezza e addestrare la polizia locale.
- 16) Ritiro graduale dell’esercito israeliano.
- 17) Possibilità di attuare parzialmente il piano in caso di rifiuto di Hamas.
- 18) Impegno di Israele a non effettuare attacchi in Qatar.
- 19) Avviare programmi per smantellare il pensiero estremista.
- 20) Preparare la strada per la creazione di uno Stato palestinese in futuro.
- 21) Avviare un dialogo politico completo tra Israele e i palestinesi.
La proposta avanzata da Trump presenta, in maniera evidente, una contraddizione di fondo con alcuni diritti inalienabili del popolo palestinese sanciti dal diritto internazionale. Elementi come l’affidamento della Striscia a un governo di “tecnocrati palestinesi” sotto supervisione internazionale e l’esclusione categorica di Hamas da qualsiasi ruolo futuro, infatti, violerebbero il principio fondamentale di autodeterminazione. Questo diritto implica la libertà per un popolo di decidere autonomamente la forma del proprio governo e del proprio futuro politico. Il piano, di fatto, istituisce un’amministrazione transitoria che agirebbe per conto di potenze estere, in netto contrasto con i principi di sovranità e indipendenza che dovrebbero caratterizzare ogni Stato nazionale.
Tuttavia, il piano rappresenta anche un significativo “bagno di realtà” sia per Trump che per Netanyahu. Da un lato, Trump, per trovare una quadra con i paesi arabi – fondamentali per garantire la stabilità e l’efficacia di qualsiasi accordo – ha dovuto abbandonare l’idea, ventilata poche settimane fa, di una “Riviera di Gaza” e di uno spostamento forzato della popolazione, elaborando invece una proposta molto più strutturata. Dall’altro lato, anche Israele è chiamato a fare concessioni sostanziali: il piano prevede infatti il ritiro graduale dell’esercito, costringendo Netanyahu a rinunciare sia ai piani di una permanenza indefinita nella Striscia, sia alle mire estremiste di alcuni suoi ministri che prevedevano una conquista e una colonizzazione vera e propria di Gaza.
India, calca a comizio di attore-politico: 36 morti e 50 feriti a Karur
Almeno 36 persone sono morte e 50 sono rimaste ferite a Karur, nel sud dell’India, nella calca durante un comizio di Vijay, celebre attore indiano recentemente entrato in politica. Vijay parlava dal tetto di un camion a una folla di decine di migliaia di persone, quando alcuni partecipanti si sono sentiti male e sono svenuti: nonostante i soccorsi, molte vittime sono decedute prima di arrivare in ospedale, ha riferito il ministro della Salute del Tamil Nadu. I comizi di Vijay attirano sempre più persone da quando, nel 2024, ha fondato il suo partito Tamilaga Vettri Kazhagam, in opposizione al DMK e al BJP.
Gaza, media: “Almeno 70 morti nelle ultime ore, tra cui civili e un giornalista”
Continuano i raid israeliani nella Striscia e continua a salire il bilancio delle vittime palestinesi: almeno 70 dalla notte di oggi, sabato 27 settembre, tra cui vittime civili e il giornalista Mohammed al-Dayah colpito mentre si trovava in una tenda nel centro di Gaza. È quanto riferiscono i reporter di Al Jazeera e dell’agenzia Wafa, citando fonti mediche sul campo. Nel frattempo, Ali Larijani, importante funzionario della sicurezza iraniana ha invitato i paesi della regione a mettere da parte i disaccordi e a collaborare strettamente in risposta alle attività di Israele contro di loro.
I MAGA si spaccano su Israele, Tucker Carlson contro Trump: “controllato da Netanyahu”
Nel panorama instabile della destra americana, il fronte MAGA (Make America Great Again) mostra crepe fino a poco tempo fa impensabili. Dopo i malumori per l’insabbiamento del caso Epstein e le giravolte presidenziali, l’ultima scossa interna è arrivata da Tucker Carlson, figura storica del conservatorismo mediatico che, ospite nel podcast “System Update” del giornalista e Premio Pulitzer Glenn Greenwald, ha rotto gli indugi e ha accusato il presidente Donald Trump di essere “controllato da Netanyahu”, insinuando che il premier israeliano eserciti un’influenza indebita sulla politica statunitense. L’ex conduttore di Fox News ha rimproverato Trump per aver abbracciato decisioni filoisraeliane che, a suo giudizio, tradiscono il principio di “America First” e ha dichiarato: «Bibi [Netanyahu, ndr] se ne va in giro – questo è un fatto, non sto tirando a indovinare, perché ho parlato con persone a cui lo ha detto – se ne va in giro per il Medio Oriente, nella sua regione, nel suo stesso Paese e dice alla gente senza mezzi termini, lo afferma chiaramente: “Io controllo gli Stati Uniti. Io controllo Donald Trump”». Carlson ha chiarito che il suo attacco era rivolto più ai vertici del governo del proprio Paese che a Israele. Secondo lui, i leader statunitensi vengono sottoposti a un “rito di umiliazione” nel loro sostegno a Israele che da americano, non riesce e “sopportare”.
Le sue accuse sono rimbalzate sui social che hanno amplificato l’impressione di una frattura ormai aperta con la Casa Bianca. La reazione nella base MAGA è stata immediata. Alcuni esponenti fedeli a Trump hanno denunciato Carlson come un “traditore”, mentre commentatori vicini a correnti più “non interventiste”, insofferenti al sionismo che soffoca ed eterodirige le politiche americane, hanno accolto le sue parole con favore, giudicandole un richiamo al realismo strategico. Il dibattito ha acquistato connotati personali quando Netanyahu stesso è intervenuto durante una conversazione con il commentatore politico di destra indiano-americano, Dinesh D’Souza per rispondere direttamente alle accuse, definendole “false e irresponsabili”. Dopo aver difeso il suo Paese («Siamo la Silicon Valley in Medio Oriente, una società democratica di fronte a enormi attacchi da parte di Paesi che vogliono annientarci ogni giorno»), il premier israeliano ha ribadito la propria legittima autonomia e ha respinto qualsiasi insinuazione di manipolazione politica degli Stati Uniti. Netanyahu ha poi proseguito rivolgendosi direttamente a Carlson: «Chi sta difendendo Tucker Carlson? Sono persone che gridano “Morte all’America!”» e ha concluso spiegando che «Il presidente Donald J. Trump è il più grande amico che Israele abbia mai avuto. Capisce che stiamo combattendo un nemico comune. L’Iran vuole distruggervi. Noi gli ostacoliamo la strada. Sono molto orgoglioso del fatto che Israele sia in prima linea in questa battaglia di civiltà contro la barbarie che minaccia tutte le società libere». La veemenza delle parole di Netanyahu non ha spento le tensioni: al contrario, ha trasformato la polemica in uno scontro di leadership all’interno del MAGA. Alle tensioni personali si somma un confronto sui princìpi politici. Carlson ha argomentato che il coinvolgimento statunitense nelle operazioni in Medio Oriente, favorito da Trump, è stato eccessivo e controproducente: un’adesione quasi automatica alle richieste israeliane che ha esposto gli Stati Uniti a rischi strategici. In un recente discorso, ha ricordato la figura di Charlie Kirk, sostenendo che l’influencer conservatore era “scioccato” dall’uso che Netanyahu faceva dell’influenza americana per guidare il suo piano di espansione. Le sue affermazioni sono state giudicate da molti come evocazioni di teorie cospirative sul potere ebraico, dando adito ad accuse di antisemitismo. Le contestazioni si sono acuite quando, durante la commemorazione funebre per celebrare Kirk, Carlson ha evocato immagini che alcuni hanno letto come antisemite, parlando di uomini in una «stanza illuminata da lampade che mangiano hummus» mentre complottano. Le accuse non sono rimaste confinate ai media, ma il nodo centrale resta la reinterpretazione del progetto “America First” che Trump incarna. Carlson sostiene che il tycoon abbia tradito quella visione accettando una subordinazione implicita alle strategie israeliane e alle lobby sioniste. Altri esponenti della base MAGA, come Marjorie Taylor Greene e Matt Gaetz mostrano una maggiore avversione all’ingerenza militare statunitense in Medio Oriente, riscoprendo istanze “non interventiste” che Trump aveva cavalcato a corrente alternata.
Ora, quella stessa base che ha sostenuto il Presidente americano, ora si divide: da un lato quanti interpretano l’alleanza con Israele come un pilastro dell’identità conservatrice, dall’altro quanti ritengono che la priorità nazionale imponga autonomia di giudizio dalle pressioni estere e condannano la ferocia del governo Netanyahu. In questo contesto, la posizione di Carlson assume una portata simbolica: non è solo uno sfogo di un giornalista deluso dalle politiche intraprese da Washington, ma una dichiarazione di dissenso che mette in crisi l’unità ideologica del movimento. Quella che sembrava una coalizione monolitica deve fare i conti con la complessità di una destra che non è più un blocco uniforme, ma un campo di tensioni interne e contraddizioni che oggi emergono con chiarezza inattesa. Trump aveva già rigettato le accuse di Carlson come “infondate” all’indomani dell’attacco all’Iran: il presidente USA aveva riaffermato di essere lui stesso l’artefice del concetto “America First”, dunque, il solo interprete legittimo del suo significato e aveva sottolineato che la lotta all’Iran – strettamente connessa al conflitto israelo-iraniano – è nei «veri interessi americani», difendendo la scelta di sostenere le operazioni israeliane. Il dibattito, tuttavia, ha ormai varcato la sfera delle alleanze strategiche ed è diventato un banco di prova per l’identità futura del MAGA e del conservatorismo americano. Le divisioni che emergono e che si sono acuite anche per il caso Epstein, investono non solo i singoli rapporti personali, ma le fondamenta del consenso. Se Trump vuole mantenere il controllo del movimento, dovrà conciliare due anime che guardano al mondo con lenti diverse: chi crede nell’alleanza incondizionata con Israele e chi, più scettico, ritiene che l’America non debba essere subordinata a interessi altrui. Carlson ha gettato il guanto di sfida sul tavolo pubblico: la leadership MAGA dovrà gestirlo o rischiare una spaccatura irreparabile.
Mondiali di pallavolo, l’Italia batte la Polonia e vola in finale
La nazionale italiana di pallavolo maschile ha battuto la Polonia in tre set per 25-21, 25-22, 25-23 e accede quindi alla finale. La Polonia si è dimostrata un avversario di valore, ma l’Italia ha giocato con lucidità nei momenti importanti. La Polonia parte bene in tutti e tre i set, vola 12-7 nel terzo. Ma l’Italia c’è, rimonta e chiude 25-23. Gli azzurri, dopo l’ottima prestazione di oggi, sfideranno la Bulgaria – che ha già sconfitto la Repubblica Ceca per 3-1 in semifinale – domani, domenica 28 settembre, alle 12:30.
La strage silenziosa di cani randagi in Marocco in vista dei Mondiali di Calcio del 2030
Una strage silenziosa si sta consumando in Marocco: migliaia di cani randagi sarebbero stati uccisi, avvelenati e bruciati, sotto l’occhio distratto della politica e delle istituzioni internazionali. Secondo le denunce delle associazioni animaliste marocchine e internazionali, in occasione del Campionato Mondiale di Calcio del 2030, che si terrà in vari Paesi (Spagna, Portogallo, Uruguay, Paraguay, Argentina e Marocco), il governo di Rabat starebbe perpetrando uno sterminio di cani con l’obiettivo di «abbellire» le città che ospiteranno la competizione calcistica.
Attraverso una petizione, la People for the Ethical Treatment of Animals (PETA), associazione che si occupa attivamente di diritti per gli animali, ha accusato lo stato nordafricano di voler compiere un massacro in occasione dei mondiali e sterminare il «99% dei cani randagi (circa tre milioni) in tutto il paese».
Secondo le accuse, le autorità starebbero applicando metodi inumani per sbarazzarsi di questi animali; ad alcuni cani viene sparato indiscriminatamente in strada, sotto gli occhi delle persone presenti, altri sono bruciati vivi, mentre altri ancora vengono avvelenati attraverso l’uso di sostanze come la stricnina, altamente tossica e da tempo resa illegale in Europa. I cuccioli invece sarebbero separati dalle madri e chiusi in gabbie senza cibo né acqua e fatti morire di stenti.
A questa denuncia si sono aggiunte le testimonianze e il materiale foto e video diffuso dalla International Animal Coalition (IAWPC), che già da anni denuncia trattamenti aberranti applicati dal Marocco verso i cani randagi. La mattanza starebbe avvenendo nelle principali città del paese, generalmente interessate da un flusso turistico costante e in questo caso dai preparativi della competizione.
Le autorità marocchine hanno negato i fatti e hanno affermato di agire secondo la legge; difatti nel 2025 il governo di Rabat ha approvato il disegno di legge 19-25 attraverso il quale si rinnova l’impegno nel contrastare il fenomeno del randagismo. Le misure prevedono sanzioni pecuniarie fino a 3000 dirham per coloro i quali vengono sorpresi a sostentare e prestare assistenza a cani in contesti pubblici. A questo si aggiunge l’obbligo di registrare i propri animali domestici su una piattaforma elettronica e fornire le documentazioni sanitarie. Alla base di queste nuove restrizioni ci sarebbe l’intento di arrestare la diffusione di malattie come la rabbia e diminuire l’insicurezza generale nelle strade.
Nonostante queste nuove misure, il governo nell’articolo 36 del medesimo disegno legge inasprisce le sanzioni e le pene detentive – fino a sei mesi di carcere – per chi tortura, uccide o ferisca intenzionalmente gli animali randagi.
Per monitorare e risolvere il problema del randagismo, il governo avrebbe dato vita ad una rete di rifugi e canili nei quali gli animali, dopo essere stati catturati, vengono diretti per essere sterilizzati, vaccinati e nutriti. Quest’ultima misura, perno sul quale si fonda la nuova legge, è stata utilizzata come risposta alle denunce ed in particolar modo alle accuse che affermano come le autorità catturino i cani per poi ucciderli in strutture definite “rifugi”.
Alla disumanità delle esecuzioni sommarie si aggiunge il pericolo dell’utilizzo di armi da fuoco in luoghi pubblici: la IAWPC afferma come siano state numerose le persone ferite da proiettili indirizzati agli animali e che molti bambini sono stati costretti al trauma di vedere i cani uccisi violentemente.
Le denunce mosse dalle associazioni animaliste hanno trovato inizialmente eco grazie ad un articolo della CNN, che è riuscito ad attirare l’attenzione del Parlamento Europeo. Attraverso un’interrogazione scritta diretta alla Commisione Europea presentata nel maggio del 2025 dall’eurodeputato del Partito Popolare Europeo (PPE) Fulvio Martusciello, si fa richiesta alla Commissione di valutare azioni a riguardo, facendo riferimento al partenariato strategico tra l’Unione e il Marocco e alla partecipazione di stati europei all’interno della competizione calcistica. Nonostante la richiesta, al momento l’interrogazione si è risolta con un nulla di fatto.
Se l’Europarlamento, seppur timidamente, ha dimostrato una parvenza di interesse in merito alla questione, il silenzio più assordante viene indubbiamente dalla FIFA.
Nonostante le accuse e le incursioni di attivisti durante lo svolgimento di alcune partite di calcio, il presidente della federazione calcistica Gianni Infantino ha deliberatamente preferito il silenzio. Difatti la FIFA non solo non ha risposto alle richieste di chiarimenti mosse dalle associazioni animaliste, ma continua a mostrare aperto sostegno al paese organizzatore, come dimostrato dai recenti viaggi di Infantino per presenziare alle inaugurazioni degli stadi di Rabat e Tanger.
Non è la prima volta che la FIFA evita sfrontatamente di prendere posizione sulle accuse mosse da collettivi e associazioni nei confronti dei paesi organizzatori del mondiale di calcio. Già nel 2022 Infantino non si pronunciò sulle gravi violazioni dei diritti umani imposte dal Qatar sui lavoratori impiegati nella costruzione delle infrastrutture e degli stadi per la competizione. Anche in quest’occasione la federazione sembra non voler minimamente disturbare l’elefante nella stanza.
Il Marocco ancora una volta ha la possibilità di agire indisturbato sotto gli occhi di tutti: questo mondiale si celebrerà con la collaborazione delle istituzioni europee mentre il governo di Rabat impone un’apartheid sulla popolazione saharawi, mentre le carceri si riempiono di dissidenti accusati senza prove e mentre si verifica una mattanza di cani randagi motivata «dall’abbellimento delle città» pronte ad accogliere tifosi più o meno coscientemente ignari di tutto.
Cassino, scoperta in un bunker enorme fabbrica clandestina di sigarette
La Guardia di finanza di Ancona ha scoperto a pochi chilometri da Cassino (Frosinone) un’imponente fabbrica clandestina di sigarette, nascosta in un bunker sotterraneo di oltre 3.200 mq accessibile tramite un sofisticato congegno idraulico. L’impianto, completamente invisibile dall’esterno, era dotato di tre linee di lavorazione e confezionamento, capace di produrre oltre 7 milioni di sigarette al giorno (2,7 miliardi l’anno). All’interno sono state sequestrate circa 150 tonnellate di sigarette di contrabbando, 170 tonnellate di precursori, 12 milioni di cartoncini contraffatti, 15 milioni di filtri e numerosi macchinari industriali per la lavorazione del tabacco. L’operazione ha permesso di sottoporre a sequestro beni per un valore di oltre 53 milioni di euro
“Gabbiani”, una poesia di Vincenzo Cardarelli (1942)
Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
I due orizzonti del poeta moderno sono, il primo, la sua posizione nel mondo, diciamo pure l’autobiografia, il secondo, il lavoro con il linguaggio: la poesia insomma come gioco, il cui meccanismo, scriveva Jurij Lotman, consiste nella costante coscienza della possibilità di altri significati, diversi da quelli che vengono immediatamente recepiti.
I significati “scintillano”, secondo Lotman, perché quelli attuali, presenti, si rifrangono su altri che possono scaturire dalla visione dei lettori o che i versi contengono impliciti, pronti a manifestarsi.
Sul lato autobiografico Cardarelli è stato esplicito. In un suo scritto osserva che il poeta, lui, è nato povero «ed è rimasto tale, per orgoglio di casta» e che «ad ogni nuovo inverno si ritrova esposto al freddo, senza panni sufficienti, come l’uomo delle caverne. E la sua caverna è una camera d’affitto, dove egli vive la vita mortificata e servile del subinquilino… Impossibile, dunque, per lui, cambiare alloggio, muoversi, viaggiare, sottrarsi, anche per breve periodo, alla tirannia del domicilio».
La sua vita reale, tuttavia, nomade ma solitaria trova riscontro nell’inquietudine dei gabbiani, nello sfiorare la realtà per acciuffarne un senso come preda.
Il linguaggio della poesia permette al mondo descritto – e dunque anche al poeta – di uscire dai propri confini, di trasformare la percezione fisica del “mare” in un immaginifico “destino” illimitato. Il ritmo dei versi che prima vede “loro/volo/sfioro” e “nido/cibo” a formare due sequenze allitteranti, sospese poi nella quiete, produce un cambio di registro, traduce le immagini in uno scopo, in una visione: “balenando in burrasca” genera una immagine luminosa dentro l’oscurità della tempesta.
La creazione artistica si innalza fotograficamente in una luce sfolgorante. «Il vero amore è una quiete accesa»: scriveva Giuseppe Ungaretti (in Silenzio in Liguria) e Montale ne La bufera : «il lampo che candisce/ alberi e muro e li sorprende in quella/ eternità d’istante».
Dire ‘vita’ per il poeta è dire appunto burrasca in una eternità, breve ma dirompente, che esce dai limiti dell’ordinario, gelosa quasi di scintillanti segreti immaginari.